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Autore: blackjessamine    02/07/2019    4 recensioni
Ufficio Misteri, 31 dicembre 1998: mentre l'anno della guerra e della pace vive i suo ultimi minuti, un gruppo di Indicibili scopre che una Soglia altro non è che un passaggio, e che dove si può andare avanti, si può tornare indietro.
Un grosso cane nero – apparentemente molto debole, ma innegabilmente vivo – viene estratto dalle macerie di un arco di pietra.
E mentre l'anno della morte e della rinascita volge al termine, i rimpianti si fanno leggeri, pronti ad essere spazzati via dalla speranza di una seconda possibilità.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Harry Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pas de Deux '
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Capitolo 18
So never mind the darkness, we still can find a way








La luce obliqua di quel mattino dorato filtrava come una lama da uno spiraglio lasciato dalle tende  non perfettamente accostate, e scivolava come una torcia fastidiosa sul viso di Sirius. Ciò che lo convinse a voltarsi e aprire gli occhi, però, fu il discreto ondeggiare del materasso al suo fianco, mentre Alhena, con movimenti lenti, cercava di liberarsi dall'intrico delle coperte che le avviluppavano le gambe.
Sirius voltò appena il capo, con gli occhi socchiusi, e rimase a guardare la figura snella di Alhena sollevarsi dal letto e stagliarsi, esile e aggraziata, contro la luce dorata del primo mattino. I suoi capelli portavano ancora addosso il disordine della notte, ed erano una nuvoletta vaporosa che catturava i bagliori del sole circondandole il capo come una buffa aureola. Indossava solo una maglietta di un gruppo rock babbano troppo grande per lei, e si muoveva scalza  e con circospezione per la stanza minuscola, cercando di non fare rumore: anche conciata così, conservava una grazia nei movimenti innata. Sirius sorrise: quando l'aveva conosciuta, aveva detestato ogni suo movimento elegante, aveva detestato la sua schiena dritta e il suo portamento impeccabile, scambiandolo per viziata pienezza di sé. Ora, invece, si accontentava di restarsene sdraiato su un materasso gibboso nella peggior bettola di tutta la Scozia - Alhena l'aveva pur detto che sarebbe stato meglio prenotare una stanza in anticipo - e di guardarla muoversi piano per sentirsi felice.
Sirius rimase disteso in silenzio, ascoltando lo scorrere dell'acqua nel piccolo bagno di fianco alla loro stanza, fino a quando Alhena non riemerse  avvolta in un morbido accappatoio di spugna azzurra. 
"Non mi saluti nemmeno?" domandò lui, soffocando uno sbadiglio.
Alhena gli rivolse un sorriso un po' sghembo, scuotendo la testa.
"Pensavo fossi ancora nel mondo dei sogni..."
"Quasi... e comunque, tu che leggi i libri babbani, non lo sai che per svegliare qualcuno serve un bacio?"
Alhena scosse la testa, fingendosi esasperata, ma Sirius la conosceva fin troppo bene: i suoi occhi chiari erano illuminati da un sottile entusiasmo, ed era evidente che aveva voglia di stare al gioco.
Scostandogli i capelli dal viso, Alhena si chinò piano su di lui, regalandogli un bacio lieve. Non appena le loro labbra si sfiorarono, Sirius le circondò le spalle sottili, attirandola a sé e facendola cadere sul letto accanto a lui.
Alhena rise e protestò, ma assecondò docilmente il movimento con cui Sirius la fece rotolare sotto di lui, affondandogli le dita sottili nella schiena.
Il movimento permise ai lembi dell’accappatoio di Alhena di scostarsi, rivelando la sua pelle  candida e profumata di sapone.  Sirius scese a baciarle il collo candido,  carezzandole piano i fianchi sottili e tracciando con la punta delle dita infiniti percorsi sul suo ventre compatto. 
“Sei impossibile… mi sono appena  fatta la doccia!” mormorò lei con la voce arrochita, schiudendosi sotto il suo tocco come un fiore sotto il sole del mattino.
“Vorrà dire ne faremo un’altra… insieme…”
“Se la metti così…”
Alhena si liberò con un gesto deciso di ciò che le restava addosso del suo accappatoio,  per poi attirare Sirius in un bacio capace di far dimenticare loro qualsiasi cosa. 

Il sole era ormai alto sull’isola di Papa Stour, e riempiva la piccola stanza della locanda Cardo Selvatico di luce abbagliante, che pioveva sui corpi stanchi e accaldati di Alhena e Sirius.
Un languore appagato rendeva le loro carezze pigre, e Sirius si ritrovò a pensare che, in fondo, non ci fosse molto altro al mondo degno di ricevere le sue attenzioni.
“il bacio ha funzionato, caro il mio bell’addormentato, o hai bisogno di fare un altro tentativo?”
La voce di Alhena, giocosa e venata di ironia, giunse ovattata alle orecchie di Sirius. Lui le carezzò piano la schiena nuda, stupendosi di quanto quel gesto, ormai, gli fosse diventato familiare.
“Dammi tregua, non ho più vent’anni…”
Alhena si sollevò su un gomito, fissando i suoi grandi occhi chiari in quelli di Sirius con espressione falsamente indispettita.
“Ma che tregua, come se fossi stata io a cominciare!”
Sirius l’attirò a sé in un abbraccio serrato, affondando le dita nei capelli alla base della sua nuca. 
“Comunque, sì, direi che questa è la sveglia migliore. Che devo fare per avere una sveglia così ogni mattina?”
“Andiamo a vivere insieme”. 
Le parole erano sgorgate dalla voce di Alhena con una naturalezza estrema, ma non appena furono pronunciate, entrambi si irrigidirono. Rimasero in silenzio a lungo, fino a quando Alhena, dolcemente, si divincolò dalla stretta di Sirius. Senza guardarlo negli occhi, la ragazza mormorò:
“Dico davvero. L’hai detto anche tu che l’Uccello Vermiglio comincia ad andarti stretto, e Ballincollig ti piace… ormai è completamente disinfestata, bisogna solo decidere che cosa farne”.
Sirius rimase immobile ancora a lungo, lasciando che il significato di quelle parole penetrasse davvero nella sua mente. La loro storia era iniziata con una convivenza forzata, quando ancora non si conoscevano né si sopportavano molto. Era cominciata quando Sirius era rinchiuso in casa, quando la tensione rendeva pericolosa anche la conversazione più banale, ma la condivisione degli spazi li aveva obbligati a maturare forse troppo in fretta. 
Da quando avevano ritrovato un loro equilibrio, poi, non erano poi tante le notti che avevano trascorso separati. Spesso era Alhena a dormire all’Uccello Vermiglio, altre volte  era Sirius a restare a Dublino; nelle ultime settimane era anche capitato che i due passassero la notte nel soggiorno della grande dimora di Ballincollig, nella tenuta dei Macnair che Alhena stava con tanta dedizione ristrutturando. Era una tenuta ampia e solida, che una squadra di Magitraslocatori e Disinfestatori – con l’aiuto e la supervisione di Bill Weasley, che dei Macnair proprio non si fidava – aveva ripulito da bestie impagliate, cimeli di famiglia impregnati di magia oscura e qualunque oggetto potesse apparire pericoloso. Una volta svuotata di quasi tutto e privata dei pesanti tendaggi scuri che la madre di Alhena aveva fatto apporre ad ogni finestra, la dimora si era rivelata una casa molto bella e piena di potenziale, immersa nel verde e circondata da un ampissimo giardino che Alhena stava già progettando di riempire di alberi da frutto e fiori. 
Avevano trascorso quasi tutte le notti assieme, Alhena e Sirius, ma la loro storia sembrava sempre reggersi in punta di piedi, sembrava che ogni giorno di ritrovassero assieme per caso, senza programmi, senza progetti, senza alcuna certezza che non fosse quel bisogno che li portava a cercarsi, ancora e ancora. 
Vivere assieme, decidere esplicitamente di vivere assieme, guardarsi in faccia e prendersi l’impegno l’uno con l’altra di condividere d’ora in poi la quotidianità, era una cosa tutta nuova. Una cosa nuova, che li portava a mettersi in gioco con una serietà che, forse, non avevano mai provato, non a livello conscio, per lo meno. 
Serviva stabilità, per fare un passo del genere: sicurezza e serenità, e la voglia di dare alla propria vita una direzione salda, una direzione  fatta di concretezza.
“Sirius, ti prego, di’ qualcosa”.
Alhena aveva una vocina sottile sottile, spezzata dall’incertezza.
Sirius l’attirò di nuovo a sé, baciandole la fronte: non lo sapeva se avrebbe mai trovato la serenità necessaria per vivere il lento trascorrere dei piccoli drammi quotidiani. Ma se pensava al suo futuro, se pensava a cosa volesse dire comprare una casa, trovare la propria dimensione ogni giorno, vivere  non più trasportato dal flusso stordente degli avvenimenti, non riusciva a immaginarsi senza la mano di Alhena nella sua.
“Sì che ci vengo a vivere con te, ragazzina”.
Le labbra di Alhena furono sulle sue, e in quel bacio Sirius assaporò tutto quello che forse non erano capaci di dirsi, ma che c’era, palpabile, forte, luminoso come il sole che riscaldava quella stanza

 
***

Allora? Cosa vuoi fare?”
Alhena si strinse nelle spalle, osservando con attenzione la vista che si stendeva ai loro piedi: si trovavano sulla sommità di un pendio coperto di erba fresca e verdissima, da dove potevano dominare l’intero territorio della Sagra del Vello.
L’attrazione principale, chiaramente, era un enorme recinto circondato da alti spalti di legno: seppur a una certa distanza, Sirius e Alhena riuscivano a scorgere il rapido caracollare di pecore tozze, appesantite dal grande fardello di lana iridescente che catturava i bagliori del sole.  Tutto attorno al recinto, in mezzo a una distesa di erica fiorita che sembrava tingere ogni cosa di un rosa intenso, sorgeva un dedalo di tende, stand di allevatori, banchetti che mettevano in mostra tessuti pregiati, capi d’abbigliamento mirabilmente tessuti dalle rinomate tessitrici del nord e preziosi manufatti di artigianato locale.  Al capo opposto della fiera, vicino alla scogliera a picco su un mare verde bottiglia, c’era un ampio pergolato di legno sotto cui facevano bella mostra di sé lunghi tavolacci: tutto attorno, si levavano i fumi invitanti delle leccornie gastronomiche più diffuse; il profumo di pecora fritta, accompagnato dalla fresca brezza che soffiava dal mare, arrivava stuzzicante e invitante fino ai loro stomaci brontolanti.
Il lento e intenso risveglio di quella mattina aveva fatto sì che Alhena e Sirius perdessero la colazione del Cardo Selvatico, e quando finalmente, dopo una lunga scarpinata per i pascoli, riuscirono a raggiungere il centro nevralgico della fiera, era ormai orario di pranzo. 
“Innanzitutto, accaparriamoci un benedetto piatto di pecora fritta, e poi potremmo fare un giretto… guardarci attorno… fare due chiacchiere con qualcuno del posto. Ti va?”
Sirius aveva rinunciato a cercare di scoprire che cosa avesse in mente Alhena: la conosceva abbastanza da spere con certezza che, non appena anche lei fosse riuscita a fare del tutto chiarezza fra le sue idee, gli avrebbe finalmente parlato in maniera chiara. 
Intanto, l’idea di riempirsi lo stomaco lo soddisfaceva a pieno. 
E poi, a guardarla da vicino, pecore o non pecore, quella festa non sembrava tanto male.

Alhena fece una giravolta su sé stessa, facendo ondeggiare con grazia le pieghe della gonna che si sollevò scoprendole le ginocchia pallide. 
“Com’è?”
Sirius si strinse nelle spalle: era bello, quel vestito, di un bel blu Corvonero, come aveva sottolineato Alhena. Le stava bene, ovviamente, e anche un occhio inesperto come quello di Sirius poteva riconoscere la superiorità di quella lana – così sottile, morbida, tanto leggera da sembrare quasi seta, mentre ondeggiava seguendo i passi di Alhena, eppure calda e compatta – eppure niente avrebbe potuto convincerlo che un vestito potesse valere davvero tutti i galeoni che il giovane sarto dal sorriso troppo bianco e gli occhioni troppo verdi pretendeva.
“Carino”.
Alhena sollevò un sopracciglio, incredula.
“Carino? È…”
“La signorina è un fiore, e la sua bellezza non fa che sbocciare, così… vede come i suoi colori risaltano?”
La familiarità con cui il giovane sarto scostò i capelli dal viso di Alhena fece rimpiangere a Sirius d’essersi fermato al grande banchetto di quell’uomo. Sirius aveva solo visto dei grossi e soffici gomitoli di lana dai colori sorprendentemente vividi, e aveva pensato che Molly Weasley li avrebbe apprezzati – che fosse la volta buona che il povero Ron avrebbe potuto ricevere un maglione di un bel color lapislazzulo, invece che marrone? – e, quando aveva proposto ad Alhena di fermarsi a dare un’occhiata, non avrebbe certo pensato di ritrovarsi a guardare gli occhi di quell’uomo dal sorriso tanto ampio quanto viscido soffermarsi con fin troppa soddisfazione sulle ginocchia scoperte di Alhena.
“Vedo, vedo”, mormorò Sirius, pensando che, se solo si fosse presentato sotto forma di Felpato, un bel ringhio non glielo avrebbe levato nessuno.
“Abbiamo anche una splendida mantella che gli si accompagna perfettamente… è un filato più spesso, ed è stato tessuto assieme ad un Incanto della Salute: previene raffreddori, tossi e malanni di…”
“No, grazie, va bene così. Prendo solo il vestito, oltre ai gomitoli che mi ha preparato”.
Alhena si scostò bruscamente dal sarto, con grande sollievo di Sirius: non osava nemmeno pensare a quanto potesse costare una mantella del genere, e l’idea di regalare tutti quei soldi a quell’uomo non gli piaceva per niente. 

La Sagra delle Pecore Vello Magico delle Shetland, Sirius scoprì, era una piccola oasi di pace: i visitatori erano tanti, ma la maggior parte di loro erano famiglie del Nord che, per un motivo o per l’altro, gravitavano attorno al mondo dell’allevamento ovino. C’era poi qualche zoologo sovreccitato, c’era gente del posto, e un buon numero di curiosi  che, però, si erano subito calati nell’atmosfera di serena festosità del posto. I Territori del Nord, Sirius aveva scoperto, erano stati una strenua roccaforte di libertà, durante la guerra: un po’ grazie alla conformazione del territorio, che rendeva difficile una conquista nemica, un po’ per via della forza e della tenacia dei suoi abitanti, quelle isole sferzate dal vento avevano opposto una incrollabile e fiera resistenza all’avanzata dell’Oscuro Regime. Ad un anno dalla ritrovata libertà, sembrava che quegli uomini burberi avessero deciso di dare libero sfogo alla loro ben celata allegria, concedendosi una Sagra come non se n’erano mai avute: la festa era stata anticipata di qualche mese, perché potesse coincidere con l’anniversario della Battaglia di Hogwarts – e perché, quell’anno, il clima particolarmente mite e mediterraneo esigeva una tosatura anticipata – e pareva che ogni allevatore ritenesse la buona riuscita della Sagra una missione personale. Se mai tra quegli uomini ci fosse stata della burbera diffidenza nei confronti dei turisti curiosi e totalmente lontani dal mondo delle pecore, quell’anno era stata completamente seppellita.
Sirius e Alhena si ritrovarono a passare il loro tempo fra un banchetto e l’altro, coinvolti il lunghissime e appassionate conversazioni attraverso le quali allevatori e tessitori cercavano di spiegare loro tutti i segreti delle Pecore Vello Magico. Se qualcuno riconosceva Sirius, non si rivolgeva a lui con la morbosa curiosità che lui aveva imparato a detestare, ma lo faceva con una simpatia sincera, dimostrando tutta la sua solidarietà e il suo appoggio. Un vecchio tanto secco e curvo da parere un vecchio tronco contorto, barricato dietro uno stand di formaggelle freschissime, insistette per costringere Sirius a portarsi via un otre pieno di latte appena munto a cui lui aveva aggiunto un “ingrediente segreto”, perché certi demoni si possono combattere in un modo solo. L’ingrediente segreto si rivelò un non meglio identificabile distillato alcolico dalla gradazione indefinibile, che rendeva il latte dolciastro e caldo, scaldava il petto e alleggeriva il cuore. 
La donna che confezionava deliziosi animali di pezza e bambole di stoffa e che vendette loro un buffissimo montone arancione che sarebbe presto andato a d arricchire la crescente collezione di peluches di Teddy li sentì discutere se Blanka fosse o meno grande abbastanza per ricevere una bambola di pezza e, mentre loro non guardavano, aggiunse al pacchetto con il montone un’intera famiglia di bambolotti. 
Sirius, scuotendo  la testa, si ritrovò a osservare Alhena rigirarsi fra le dita piccoli cerchietti metallici dalle forme elaborate, mentre una buffa vecchina sdentata raccontava con dovizia di particolari la funzione e il significato di ogni singolo amuleto.
Era chiaro che la ragazza non credesse a una singola parola di quella strana donna, ma era troppo educata per sottrarsi alla conversazione, e così si ritrovò ad annuire, fingendo di vedere benissimo quei due gradi di differenza negli angoli delle rune che indicavano “protezione dalle cadute” e “protezione dalle cadute accidentali”. 
Improvvisamente, qualcosa di umido e caldo sfiorò le gambe di Sirius: un agnellino, una creatura non più grande di un gatto, belava sommessamente, cercando di afferrare fra i denti la stoffa dei suoi pantaloni.
“E tu chi sei?”
Domandò lui, abbassandosi a guardare  gli occhioni scuri dell’animale che, per nulla intimorito, gli si avvicinò ancora di più.
La vecchina si sporse appena oltre il suo banchetto, e quando vie l’agnello, sorrise, soddisfatta.
Sirius, che con una pecora non aveva mai avuto a che fare, carezzò incerto la testolina della bestia, che rispose con un flebile belato. Il suo vello era corto e ricciuto, ma di una morbidezza senza paragoni. Le dita dell’uomo affondarono nella lana, mentre i suoi occhi erano quasi incantati dal  lieve  riflesso dorato che illuminava il vello dell’animale. 
“Ma come sei bellino…”, mormorò Alhena, chinandosi anche lei sull’animale e regalandogli una lieve carezza.
“Guarda che i pascoli sono un po’ più in là, che ci fai qui?”
La vecchina, completamente dimentica dei suoi amuleti, aveva fatto il giro del banchetto, e osservava l’agnellino con le mani sui fianchi e un ghigno soddisfatto dipinto in volto.
“Ah, avete conosciuto Neilina! Che strano, di solito gli umani le fanno paura”.
Non appena udì la sua voce, con un saltello agile delle sue zampette sottili l’agnellino si ritrovò fra le gambe della vecchia. 
“Non ce l’ha un gregge, lei. È nata prematura, e  sua madre non l’ha voluta allattare.  Il suo allevatore , quell’idiota che ha sposato mia figlia, dice che non farà mai buona lana, e così me la sono presa io. Ci facciamo compagnia, e guardate un po’ che bella signorina sta diventando!”
Sirius era perplesso: se quel pelo non avrebbe mai dato buona lana, si chiese come doveva essere accarezzare un agnello da primo premio.
Neilina strofinò il suo musetto scuro contro gli stivaletti della donna, e poi tornò a cercare di mordere la stoffa dei pantaloni di Sirius. 
La vecchia rimase a osservarli per un po’, con la fronte corrucciata e poi, con espressione decisa, annuì, e prese a frugare nella scollatura generosa.
Alhena e Sirius si lanciarono un’occhiata sconcertata, cercando di non scoppiare a ridere. 
Trionfante, la donna estrasse un sacchettino di pelle raggrinzita, molto lisa e di uno strano color petrolio dai riflessi cangianti.
“Non capita spesso che Neilina faccia queste feste a degli umani. Significa che siete delle brave persone, quindi credo meritiate un dono”.
La donna porse il sacchettino a Sirius, che lo afferrò con dita incerte. La pelle era morbidissima e liscia al tatto, e tratteneva ancora il calore del corpo della donna. Il sacchettino era leggero, probabilmente vuoto.
“Non avete mai sentito parlare di Vesciche d’Inversus, vero?”
Alhena e Sirius si scambiarono un’occhiata dubbiosa, scuotendo la testa. 
“Gli Inversus sono degli esemplari di Vello Magico molto rari… io ho assistito a quasi novantotto tosature, e non ho mai potuto vedere il vello nero di un Inversus”.
Sirius non era certo che quella donna potesse contare su tutti i venerdì del mese, e il modo in cui i suoi occhi scurissimi lo fissavano, come se volessero metterlo alla prova, lo inquietava. 
“Circolano molte leggende sulle proprietà magiche dell’Inversus. Una di queste leggende riguarda proprio la sua vescica”; la donna indicò il sacchetto fra le mani di Sirius, che ebbe un moto di nausea: non era sicuro che regalare una vescica di pecora fosse da considerarsi un gesto cortese, nemmeno in quegli strani territori. 
“Si dice che la vescica d’Inversus possa avere la capacità di riconoscere il buon cuore di chi la possiede, e,  qualche volta, fornire al suo possessore ciò che lui stesso non sa di necessitare”.
Sirius annuì, scettico: era quasi certo che avrebbe potuto trovare un approfondimento sulla Vescica d’Inversus  in qualche speciale di zoologia del Cavillo.
“Io conservo questa vescica da tanti anni, e non ci ho mai trovato niente. Probabilmente è perché ho sempre avuto una grandissima consapevolezza di me, e non c’è mai stato un momento della mia vita in cui non avessi saputo di che cosa necessitavo, ma mio padre giura di averci trovato una mentina proprio il giorno in cui mia madre gli chiese di ballare, giù alla festa…”
Alhena, alle spalle della donna, era tutta rossa nello sforzo di mantenersi seria. 
“Lei, bel giovanotto, mi sembra molto incline alla perdita della consapevolezza di sé. Accetti il consiglio di una sciocca: infili questa vescica nella tasca del mantello, e se ne dimentichi. Se la vescica avrà qualcosa da regalarle, lo farà quando lei smetterà di pensarci”.
E con ciò, la vecchia si caricò sulle spalle Neilina, e partì alla volta di un paio di ragazzine intente a ridacchiare sguaiatamente esaminando amuleti forieri del vero amore. 
“Tieni quella vescica lontana da Marmellata, per favore,  bel giovanotto”, scherzò Alhena, mentre i due finalmente si allontanavano dalla strana vecchina, sospinti dalla folla che, lentamente, stava cominciando a muoversi come un solo uomo nella stessa direzione.
Senza nemmeno rendersene conto, Alhena e Sirius si ritrovarono a stazionare alla base degli spalti di legno attorno al recinto che avevano osservato quella mattina: la folla eccitata cominciava a prendere posto, chiacchierando a gran voce e non provando nemmeno a nascondere la sua gioia.
“Che diamine…”
Sirius non fece in tempo a chiedersi che cosa stesse succedendo,  che Alhena scomparve nella stretta di mano di un ragazzo alto e muscoloso, le cui braccia, ricoperte da un fitto reticolo di tatuaggi, spuntavano da una maglietta del Puddlemore United che cozzava terribilmente con il kilt in cui era infilata.
“Benvenuta, benvenuta! Sono contento che tu sia venuta. Ti fermi a vedere il Torneo, vero?”
Sirius si accostò ad Alhena, curioso, e ricevette in cambio un sorriso aperto e una stretta di mano vigorosa e piena di calore.
“Io sono Oliver, Oliver Baston!”, esclamò il giovane,  senza smettere di sorridere, “e tu sei Sirius Black, ovviamente… piacere di conoscerti”.
Il giovane lanciò un’occhiata ansiosa al recinto nel quale ormai erano ammassati un buon numero di giovani – tutti, notò Sirius con una punta di disagio, fieri portatori di kilt.
“Io dovrei… oh, un attimo… Kitty? Kitty!”
Il braccio tatuato di Baston si strinse attorno alla vita sottile di una graziosa signorina dal viso adombrato da una lucida frangetta di capelli nerissimi.
“Kitty, lei è Alhena, la ragazza di cui ti ho parlato, e lei”… Oliver si rivolse ad Alhena e Sirius con uno sguardo un po’ trasognato “lei, ancora per poco, è Katie Bell”.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, senza però riuscire a trattenere un bel sorriso.
“Ci sposiamo quest’estate”, chiarì Katie Bell, presto Baston, per poi rivolgersi al suo fidanzato e sibilare in tono scherzoso:
“Tu muoviti, o rischi di restare fuori… a loro faccio strada io”.
Oliver Baston annuì, si voltò, si bloccò, urtò due bambini e tornò sui suoi passi, con un sorriso malizioso negli occhi.
Rivolgendosi direttamente a Sirius, disse:
“Tu non partecipi?”
“A cosa dovrei partecipare?”
“Al Torneo!” esclamò Katie, con semplicità. Davanti all’espressione vuota di Sirius, Oliver si affrettò a fare un cenno al recinto alle loro spalle, spiegando:
“Torneo di Acchiappapecora! Vince chi, senza magia, acchiappa e tosa più pecore. Ci stai?”
Sirius, che di rotolarsi nella paglia e nel fango cercando di agguantare tozzi montoni non ne aveva proprio voglia, declinò gentilmente l’invito.
Oliver si strinse nelle spalle, e con una rapida corsa scomparve tra la folla che portava al recinto.
Alhena, seguendo l’invito di Katie, si avviò verso gli spalti, dando una gomitata scherzosa a Sirius.
“Però avresti anche potuto partecipare! Magari avresti scoperto un talento innato”.
Sirius sospettava che l’unico modo in cui avrebbe potuto convincere una pecora a farsi tosare da lui sarebbe stato trasformare Felpato in un cane da pastore, ma probabilmente quello cozzava col concetto di senza magia. 
Alhena e Sirius, seguendo Katie, si ritrovarono a sedere su una stretta panchetta di legno, in quella che avrebbero potuto definire la curva più scatenata dei tifosi: la maggior parte dei loro vicini indossavano abiti tipici, e parlavano delle pecore e dei partecipanti ai tornei come il direttore dell’Eco della Pluffa avrebbe potuto parlare del campionato di Quidditch.
Prima che Sirius avesse avuto il tempo di chiedere ad Alhena chi diamine fossero, in fondo, Oliver Baston e Katie Bell, il Torneo, annunciato dalla voce magicamente amplificata della stessa vecchia che aveva regalato a Sirius la Vescica d’Inversus, ebbe inizio.
A Sirius bastarono pochi minuti per ringraziare qualsiasi dio esistente o meno per la sua saggia decisione di essersi tenuto alla larga da quel maledetto Torneo: le pecore Vello Magico, per quanto tozze e appesantite da una quantità sorprendente di lana, erano velocissime. Correvano, scartavano e saltavano, e ben presto il recinto fu invaso di baldi giovani che scivolavano a destra e sinistra, si tuffavano in vane parate, si scontravano e imprecavano. 
Il Torneo si concluse con il pareggio di Oliver Baston, un ragazzino che non poteva avere  più di quattordici anni e un ragazzo che, più che un uomo, pareva una montagna sormontata da una folta zazzera di riccioli biondi.
“Povero Carbry, non era proprio in forma, quest’anno…” mormorò Katie all’orecchio di Alhena, indicando un giovane uomo che, seduto sulla staccionata del recinto, si tamponava il naso sanguinante con un fazzoletto stropicciato.
Ogni domanda di Sirius venne troncata dallo spareggio: una gara all’ultima spallata per conquistarsi l’Ariete Grasso e decretare così il vincitore assoluto del torneo. 
Oliver Baston, che Alhena spiegò essere un portiere professionista di Quidditch, diede prova di avere  magnifici riflessi, ma le sue gambe, abituate a reggersi alla scopa, più che a correre, non si rivelarono abbastanza rapide per l’enorme ariete dalla corsa minacciosa che a Sirius ricordava più un piccolo toro, che una pecora. Il ragazzo più giovane, ad un certo punto, riuscì a lanciarsi sulla bestia, ma le sue braccia d’adolescente non bastarono a trattenere a forza l’animale, che con una scrollata di corna arrotolate si liberò dal suo assalitore. A niente, però, valsero gli sforzi della bestia: ben presto l’enorme ragazzo biondo si fece sotto con feroce determinazione, conquistando ariete, trofeo e gloria.
“Bravo, Cormac!” urlò Katie, mentre la ragazza seduta di fianco a lei quasi volava di spalto in spalto per poter gettare le braccia al collo del vincitore. 
Katie, che evidentemente non vedeva l’ora di seguire i passi dell’amica e consolare uno scornato Oliver, fece un cenno entusiasta ad Alhena, esclamando:
“Dai, vieni giù anche tu, che ti presento Carbry!”
Alhena la seguì, trascinandosi dietro un sempre più confuso Sirius, che riuscì appena a trovare il tempo di domandare:
“E chi sarebbe questo Carbry?”
“Mio fratello”, rispose con semplicità Katie , facendo oscillare la sua bella frangetta lucida. 
“Il Guaritore che devi ringraziare se sono ancora viva”, aggiunse Alhena, con un pizzico di serietà negli occhi ridenti.







Note:
Tra le tante cose che avrei da dire, l’unica veramente importante è un enorme ringraziamento ad AdhoMu: la maggior parte delle caratterizzazioni  e delle ambientazioni presenti in questo capitolo sono frutto della sua meravigliosa fantasia, e io non la ringrazierò mai abbastanza per avermi concesso il privilegio di spedire Alhena e Sirius alle Shetland.
Ma andiamo con ordine (e spero di non dimenticare proprio nulla): la Sagra del Vello, la pecora fritta, il Torneo sono descritti da Adho in “Le prodigiose avventure di un Armadio Svanitore”. 
Nelle storie di Adho, Oliver è fidanzato con Katie Bell: da lei ho ripreso anche la descrizione fisica dei due, perché con loro Adho ha fatto un lavoro talmente bello cbe ormai non riesco più a immaginarli separati. Potete leggere di loro  nelle one-shot “Personal Cheerleader”, “Non quando c’è in ballo lei” e “Plenilunio”.
Il Cormac vincitore del Torneo altri non è che il famigerato Cormac McLaggen, di cui potete leggere in “Appuntamento al Buio… pesto Peruviano”.
Carbry, che conosceremo invece meglio nel prossimo capitolo, ha la sua storia narrata in “La cura universale”.
Infine (spero davvero di non aver dimenticato nulla), uno speciale del Cavillo dedicato alle Pecore Vello Magico AdhoMu l’ha scritto davvero: assieme ad altre creature interessantissime, potete scoprire di più su queste pecore leggendo “Cavillo Geographics”.
Spero sia davvero tutto. 
Io ringrazio ancora immensamente Adho e vi invito ad andare a leggere le sue storie, che sono davvero bellissime. 
E vi comunico anche che, ormai, la storia è giunta davvero agli sgoccioli. Credo proprio  che il prossimo sarà l’ultimo capitolo, e poi ci resta solo l’epilogo… e già mi viene un po’ da piangere, ma i grandi discorsi li lascio per la fine. 
   
 
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