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Autore: Old Fashioned    03/08/2019    15 recensioni
Un’arma segreta del Reich, il dispositivo ombra, viene recuperata quasi casualmente dallo scanzonato pilota di un idrovolante ricognitore.
L’ufficiale inglese che si è visto sottrarre l’oggetto, però, giura vendetta al tedesco, anche perché nello scontro che c’è stato fra i due, egli ha perso una mano e ora è costretto a portare un uncino al posto dell’arto perduto.
I due si incontreranno nuovamente in una misteriosa e sconosciuta isola al centro del Mar dei Caraibi: Ypa'u Oiyva, l’isola che non c’è. Tra indigeni ostili, foreste impenetrabili e luoghi misteriosi, si contenderanno di nuovo il dispositivo ombra e il capitano inglese approfitterà dell’occasione per cercare di saldare vecchi conti rimasti in sospeso.
Seconda classificata al contest Villains against Heroes indetto da missredlights sul forum di EFP. Vincitrice del premio speciale "Miglior Hero"
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II – Peter Pankow è famoso



L'aviere semplice Hans Liefke si appoggiò con gli avambracci all'impavesata del cacciatorpediniere Walküre e lasciò vagare lo sguardo sulla superficie dell'acqua. Anche se il cielo era azzurro e senza una nuvola, le onde dell'Atlantico rimanevano di un blu cupo, a tratti quasi nero. Solo quando si sollevava qualche cresta di spuma, l'acqua prendeva una trasparenza vetrosa, blu-verdastra come certi mostri marini dei giornaletti della sua infanzia.
Si girò e alzò lo sguardo verso il motivo della sua presenza a bordo, ovvero un idrovolante Arado 196, che in quel momento oscillava adagio assicurato alla catapulta, solidale con il rollio della nave.
Si chiese come fosse essere lanciati da quel meccanismo, e da una parte si trovò a non invidiare il pilota, ma dall'altra il brivido dell'avventura e dell'azione lo pungolò facendogli emettere un sospiro come di nostalgia.
Mentre era immerso in quelle considerazioni sopraggiunse un altro aviere, coi gradi di aviere scelto. Questi lo fissò critico e disse: “Hansi, non stare al sole senza berretto. Poi ti bruci come l'ultima volta.”
Mamma e papà li abbiamo lasciati a Berlino, mi pare” fu la piccata protesta.
Appunto, quindi adesso sono io che devo preoccuparmi di te e Michael.”
Hans sbuffò infastidito e brontolò: “So badare a me stesso, Wendel.”
L'altro fece una risatina. “Con quel naso rosso? Scommetto la decade che tra un po' ti spelli come un serpente.”
Senti, ma perché non sei andato a lavorare in un nido d’infanzia, invece di arruolarti nella Luftwaffe?”
La domanda cadde nel vuoto. Anche il nuovo arrivato si appoggiò all'impavesata, socchiudendo gli occhi per il riverbero del sole. Piegò appena la testa all'indietro, lasciando che la brezza gli scompigliasse i capelli. “Che caldo,” disse dopo un po'. “Si stenta a credere che sia autunno, vero?”
Da noi starà già cadendo la prima neve.”
Se fossimo a Berlino, mamma comincerebbe a tirare fuori i cappotti pesanti,” disse Wendel. Fece una breve pausa, durante la quale fissò lo sguardo sull'ombra mobile che la semiala dell'Arado disegnava sulla coperta, poi chiese: “Ti manca qualche volta?”
Hans scosse la testa. “No, non direi.” Strinse appena gli occhi, con l'aria soddisfatta di un gatto davanti al focolare. “Mi manca solo Nana.”
Il cane?”
Sì, ma per il resto mi piace qui, si sta bene. E poi pensa: adesso siamo nel mezzo dell'Atlantico, a bordo di una nave da guerra. L'avresti mai pensato tu di capitare su una nave da guerra?”
Wendel scosse la testa.
Ti ricordi quando papà ci portò a Kiel?”
Michael non smetteva più di fare domande.”
Beh, direi che fu un'ottima cosa: per farlo stare zitto, papà ci portò a comprare lo zucchero filato.”
La conversazione si esaurì nuovamente, i due rimasero assorti a fissare le onde.
Fu Wendel dopo un po' a rompere il silenzio: “Ora è meglio che tu vada all'ombra, Hans. Non vorrai prenderti un colpo di sole.”
Oh, che palle!” sbottò l'altro.
Io mi preoccupo per te e Michael.”
Io e Michael siamo soldati. Siamo uomini.”
L'altro fece una risatina. “A diciassette anni e mezzo tu e quasi diciannove lui? Ma per piacere.”
Hans strinse le labbra. “Io scommetto che Peter Pankow non ne ha molti di più.”
Chi?”
L'altro sollevò le sopracciglia come se si fosse sentito chiedere una cosa perfettamente nota a chiunque, tipo quante gambe hanno i cani. “Il tenente Pankow è quello che ha recuperato un'importante arma segreta del Reich caduta in mani nemiche e poi è sfuggito alla cattura appropriandosi di un aereo inglese.”
Wendel scosse la testa. “Mai sentito.”
Perché tu hai sempre il naso nei tuoi libri e non leggi mai le riviste di attualità.”
Beh, io almeno ho un obiettivo,” replicò l'altro piccato. “Diventare radiotelegrafista. E poi magari, chissà, potrei anche passare alla scuola di volo.”
Hans gli rispose con una sghignazzata. “Tu che piloti un aereo? Ma se non sei nemmeno capace di andare dritto con la bicicletta.”
La navigazione e la fonia le ho già studiate e poi conosco a menadito tutta la meccanica, date le mie mansioni.”
Certo, ma pilotare è tutta un'altra cosa. Ci vuole il fegato, per pilotare. Bisogna essere come il tenente Pankow.”
Il nostro pilota ha detto che quando c'è un po' di calma mi fa fare qualche volo con lui.”
Hans alzò lo sguardo sull'idrovolante, aggrottò le sopracciglia e rispose: “Allora voglio farlo anch'io.”
Eh no, tu hai detto che non ti interessa diventare pilota.”
Non l'ho mai detto!”
Mentre stavano discutendo, si avvicinò una terza uniforme kaki. “Ciao, Michael,” disse Wendel al nuovo arrivato.
Il tenente vuole che tu vada da lui,” annunciò questi per tutta risposta. “C'è da far funzionare il coso.” Indicò la catapulta.
Ma non ci pensano Möller e Brandt di solito?”
Dice che devi andare.”
Hans lo fissò diffidente. “Non andrai a volare, spero.”
A volare?” intervenne Michael. “Wendel va a volare?”
L'altro annuì. “Dice che il tenente lo porta a fare un giro.”
Cosa? Adesso? Allora voglio andarci anch'io!”
L'ho detto prima io.”
Ma io non c'ero!”
Insomma, basta!” esclamò Wendel. “Possibile che dobbiate sempre fare i bambini?”
Gli altri due gli opposero un silenzio risentito.
Non vado a volare,” continuò il primo. “Non lo so cosa voglia il tenente. Ha detto che devo andare e io vado, d'accordo? Me lo dirà lui cosa vuole.”
Allora veniamo anche noi,” dichiarò Hans, con tono che non ammetteva repliche.

§

Il ronzio dei motorini elettrici aumentò di un'ottava, la catapulta si girò lentamente verso il mare. Il caporale Möller bloccò il movimento quando essa fu in posizione, controllò l'inclinazione dello scivolo con l'apposita manopola e aprì le valvole dell'aria compressa. Rivolse al moto ondoso l'occhiata dell'esperto, quindi alzò un braccio in un segnale positivo.
Da dentro la cabina, il tenente rispose alzando a sua volta la mano, quindi si sporse dal finestrino e gridò: “Elica!”
Subito dopo diede il contatto, il motore partì e le pale si misero in movimento. In breve, la corrente d'aria e il rumore furono così forti da impedire a tutti di parlare. Möller alzò lo sguardo verso la cabina di pilotaggio, ci fu un nuovo scambio di gesti.
Il caporale regolò a questo punto l'inclinazione della rampa, controllò sul manometro che la pressione dell'aria fosse corretta, quindi sollevò ancora la mano. Il motore dell'aereo andò lentamente al massimo dei giri. Il caporale annuì e premette il pulsante di sgancio.
Come una gigantesca fionda, la catapulta lanciò l'idrovolante verso il mare aperto. L'aereo perse qualche metro di quota, arrivando a sfiorare le onde con gli scarponi, ma subito dopo si riprese, si rimise in assetto e riguadagnò la quota perduta. Virò per mettersi in rotta e in breve non fu che un puntino nero nel cielo.
Wendel si voltò verso i due fratelli, che appoggiati al parapetto della piattaforma operativa stavano ancora scrutando l'aereo che si allontanava, e in tono severo disse: “E così, secondo voi dovevo andare a volare con il tenente? C'era un contatto, ecco cosa c'era. Uno stupido contatto. E siccome io sono il capo meccanico, ecco che il tenente mi ha chiamato per sistemarlo prima di andare in volo.”
Gli altri due mugugnarono qualcosa di inintelligibile.
Che ne dite di: scusa, Wendel, abbiamo sbagliato?” propose il maggiore.
Fanculo,” fu la risposta di Hans.
Non si dicono le parolacce,” lo rampognò l'altro.
Merda,” fu il contributo di Michael.
Ah, perfetto. Sentivamo proprio il bisogno di un'osservazione intelligente.”
Hans a quel punto sollevò il coperchio di una cassetta di servizio che si trovava accanto alla centralina dei comandi e ne trasse una copia di Signal. “Guardate qua!” esclamò.
Sulla copertina della rivista c'era nientemeno che Peter Pankow, negligentemente appoggiato al fianco di un idrovolante Arado. Il tenente portava il berretto sulle ventitré come i divi del cinema e sulla fronte gli ricadeva un irriverente ciuffo color carota. Gli occhi celesti avevano uno sguardo brillante, furbetto, come di chi sta ridendo sotto i baffi per qualche birbonata di cui nessuno si è ancora accorto. Sfida agli Inglesi, recitava una scritta rossa con tanto di punto esclamativo e sottolineatura.
Eccolo,” sospirò Hans. Fissò i presenti uno per uno e lentamente scandì: “Il tenente Pankow è sopravvissuto all'abbattimento del suo aereo, si è introdotto di nascosto in una base segreta inglese e dopo aspri combattimenti ha recuperato un'arma segreta del Reich che era caduta in mani nemiche.” Picchiettò un paio di volte l'indice sulla copertina. “Qui c'è tutto, se non mi credete. Ci sono anche le fotografie.”
Ha fatto le fotografie della base inglese?” chiese Möller in tono canzonatorio.
Intervenne a quel punto Michael: “Se anche le avesse fatte – cosa che potrebbe benissimo essere accaduta, visto che Peter Pankow sa fare tutto – di certo non le metterebbero su Signal. Quella è roba GeKaDoS.”
E che arma avrebbe recuperato?”
Non dicono nemmeno quello, ovviamente. È GeKaDoS.”
Möller alzò le spalle ostentando noncuranza. “Per me è un mare di balle,” sentenziò.
Non è vero!” fu l'indignata replica.
Mah, GeKaDoS qui, GeKaDoS là... secondo me si sono inventati tutto perché avevano un paio di pagine da riempire.”
A quel punto, Hans gli rivolse uno sguardo di degnazione e replicò: “Mi meraviglio di te. Peter Pankow è famosissimo, lo conoscono tutti, persino gli inglesi.”

§

In piedi davanti alla scrivania, le grosse braccia allacciate dietro la schiena, il signor Soak fissava il suo capitano.
Il comandante Hook sollevò lo sguardo dalla carta nautica, e invece di fissarlo su di lui lo volse verso gli oblò, dai quali si vedeva l'oceano blu scuro sormontato dal cielo di un azzurro limpido. Emise un sospiro e disse: “Io ero un eccellente pianista, signor Soak.”
Certo, signore,” rispose volenteroso il nostromo. Non che da quando conosceva Hook l'avesse mai sentito produrre una sola nota, tuttavia sapeva che spesso gli ufficiali facevano stranezze, e suonare strumenti musicali era una delle più frequenti.
Hook abbassò lo sguardo sulla propria manica sinistra, dalla quale spuntava un lustro uncino di metallo, e in tono amaro soggiunse: “Sarebbe più esatto dire che amavo suonare, oppure che suonare era la mia stessa vita, ma quell'infame moccioso teutonico non mi ha lasciato nemmeno la consolazione di suonare Ravel.”
Domando scusa, signore?”
Il concerto per la mano sinistra. Le dice nulla, signor Soak?”
Ecco, veramente no, signore.” Pensò che non fosse il caso di spiegare al capitano quale fosse il suo personale concetto di concerto per la mano sinistra. “Nossignore,” ripeté. Tossicchiò un paio di volte.
Anche Prokofiev ne scrisse uno,” disse il comandante, senza nemmeno fare caso al suo imbarazzo. “Per Paul Wittgenstein.”
Sissignore.”
Il fratello del filosofo,” precisò Hook.
Soak annuì con impegno. “Ah, ma certo, signore,” rispose volenteroso. “Il fratello.”
Il comandante volse gli occhi verso di lui, sollevò un sopracciglio e si lisciò i baffi. Tornò alla scrivania. “Venga qui, nostromo,” ordinò poi.
Il sottufficiale fece un passo avanti.
Con l'uncino, Hook agganciò la maniglia di un cassetto e lo aprì. Ne trasse una rivista che posò solennemente sul piano del mobile. Fissò serio il sottufficiale e gli chiese: “Che ne pensa, signor Soak?”
L'altro si chinò sul periodico. “È in tedesco, signore,” disse raddrizzandosi.
Il suo spirito d’osservazione è encomiabile, signor Soak.”
Faccio del mio meglio, signore.”
Hook indicò l'immagine di copertina, che rappresentava un pilota dall'aria simpatica e un po' sfrontata, col berretto sulle ventitré, in posa accanto a un idrovolante. “Riconosce questa sottospecie di catamite, nostromo?”
Giunse pronta la risposta: “È quello là, signore.”
Con minacciosa lentezza, Hook sollevò l'uncino, che scintillò biecamente sotto le luci della cabina. “Quello che mi ha fatto questo.”
Sissignore.”
L'uncino calò a strappare in due la copertina, di fatto decapitando lo sfrontato pilota dell'immagine. Hook sorrise fra sé e sé, poi chiese: “Lo sa cosa dicono i cinesi, signor Soak?”
Veramente no, signore.”
Dicono: siediti sulla riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico.”
Il nostromo ruppe la posizione di riposo per grattarsi la testa, quindi perplesso chiese: “Signore, ma non è in India il fiume dove buttano i cadaveri?”
In tono tagliente, il capitano replicò: “Non sia sempre così concreto, signor Soak: nel linguaggio parlato esistono anche similitudini e metafore. Intendevo semplicemente dire che il Fato prima o poi colpisce anche chi ci ha fatto un torto, pagandolo con la stessa moneta.” Si alzò in piedi con un movimento elegante, di nuovo raggiunse l’oblò. Sotto la luce che proveniva dall’esterno, l’uncino ebbe un luccichio sinistro. Hook strinse gli occhi, le labbra gli si stirarono in un sorrisetto minaccioso. “Io so che ci incontreremo di nuovo,” confidò al nostromo.
Soak mantenne un cauto silenzio.
Non ho fretta,” spiegò allora il capitano. “So aspettare. Potrà succedere fra un mese, fra un anno o fra dieci, ma so che succederà, e quel giorno...” Con un balzo che fece sussultare il nostromo si avventò sulla rivista e vi piantò di nuovo l’uncino, passandola da parte a parte.


   
 
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