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Autore: Athelye    23/08/2019    1 recensioni
Capelli decolorati, occhi di ghiaccio, aria misteriosa e da delinquente.
Sorriso da mille watt, occhi vispi e allegri, un'ingenuità senza pari.
Un gruppo di amici, una scommessa, e un mese e mezzo per vincerla.
Basta dimostrare che l'apparenza inganna, sarà davvero così?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Exactly Another Teen Story

Capitolo XV – Demons


Esattamente, stupidi neuroni, che cazzo gli era saltato in mente?
Gon gli aveva servito su un piatto d’argento la soluzione ai suoi problemi, la via d’uscita perfetta da quella situazione decisamente spinosa in cui stavano stretti entrambi, e lui cos’aveva fatto?
Aveva baciato Gon. Logico.
Una reazione perfettamente coerente con le sue intenzioni, sì, assolutamente.
E questo era il motivo per cui era ancora sveglio alle tre di notte, a fumare una sigaretta dietro l’altra mentre si divorava il fegato per l’incazzatura.
Lo sapevo, a stargli accanto sono diventato stupido anch’io. Stupido, stupido Gon!
Si strofinava il viso con una mano, in preda alla sua stessa agitazione. Che poi, quell’idiota poteva fermarlo stavolta, invece non si era mosso di un centimetro ed aveva anche risposto al bacio.
Per disperazione, prese il telefono e compose un numero, quello che chiamava sempre per le emergenze. Non c’erano nuovi messaggi, nessuno dei due aveva scritto all’altro.
Una voce femminile impastata dal sonno rispose dall’altra parte della linea. “Mhgn.. Pronto?
“Canary? Ehm, disturbo?” Chiese, sentendosi un po’ ipocrita. La ragazza stava chiaramente dormendo.
Si sentì uno sbadiglio. Probabilmente si stava strusciando gli occhi con la mano per convincerli ad aprirsi. “No.. Dimmi. È successo qualcos..
“Ho baciato Gon. Di nuovo. Però da sobrio stavolta.”
 
Non solo ora aveva un casino pazzesco in testa, ma si era anche beccato un tentativo di sfuriata da parte della sua migliore amica. Neon si era lamentata per cinque minuti buoni di averlo aspettato per un’epoca sugli spalti, lagnandosi che ‘persino quell’altro matto’, ovviamente riferendosi a Killua, era uscito prima di lui.
E lui per tutto il tempo si era morso la lingua, con la voce martellante di Kurapika nel cervello che gli intimava non dirle niente!, mentre il suo cuore ballava la samba e i suoi polmoni lottavano per non dar fiato alla bocca e disobbedire all’amico. Il perché non dovesse dirle di Killua, poi, gli era totalmente oscuro, ma non era il momento per pensare a quello.
Quindi, una volta arrivato a casa, salutato sua zia e fiondatosi in camera dicendo che era troppo stanco per cenare, aveva telefonato immediatamente al biondo, sfogando su di lui tutte le emozioni aggrovigliate che gli riempivano lo stomaco. Cercò di tenere un volume di voce il più basso possibile, rasentando il falsetto.
E Kurapika lo spiazzò, così, con una sola domanda.
Gon, scusa se te lo chiedo così direttamente, ma hai mai pensato che potrebbe piacerti Killua?
Il moro a quella domanda rispose di getto con un “Non è possibile, è il mio migliore amico.”, escludendo quindi a priori qualsiasi possibile implicazione sentimentale di altra natura.
L’altro sospirò, proponendogli però un’idea che, tutto sommato, al moro non sembrò campata per aria.
D’accordo, sorvoliamo sul punto ‘migliore amico’, su cui è evidente che non concordiamo.” Kurapika fece una piccola pausa, cercando le parole giuste per comunicare con un Gon chiaramente in stato confusionale. “Però, mettiamo per assurdo il caso che voi abbiate bypassato la fase del migliore amico. E mettiamo il caso che nessuno di voi due l’abbia capito. E, sempre per assurdo, mettiamo il caso che quelle di Killua siano relativamente inconsapevoli provocazioni.
Tutte le cose che stava elencando, il ragazzo le pensava realmente, ma porle su un piano immaginario impediva a Gon di interromperlo e non fargli finire il ragionamento.
Che siano fini a loro stesse o meno, perché non dovresti stare al suo gioco?
Il moro stette in silenzio, soppesando la cosa. A Killua piaceva giocare, provocare le persone, gliel’aveva sempre detto. Forse Kurapika non aveva del tutto torto. In fondo credeva nell’amicizia con lui, quindi cos’aveva da perdere?
Ho un’idea.” Continuò il biondo, dopo aver aspettato un po’ in silenzio affinché l’altro ragionasse su ciò che aveva detto e avesse il tempo di metabolizzarlo. “Non sono Leorio, ma dato che la scadenza è a breve, approfitto dello stesso lasso di tempo.
“Spiegati meglio!” Esclamò Gon, che sentiva fumare il cervello.
Una scommessa.” Disse semplicemente. “Stai al gioco e alle provocazioni di Killua fino alla scadenza della scommessa con Leorio. Se ho ragione, mi basta che tu mi dica ‘Avevi ragione tu’, e sarò soddisfatto.
“D’accordo. Se ho ragione io invece voglio che tu mi dica perché non posso parlarne con Neon.”
Kurapika sembrò esitare. “Va bene. Tanto, se vincerò io, probabilmente l’avrai già capito.
Dopo aver attaccato con il ragazzo, a Gon frullò in testa una domanda che gli era rimasta incastrata nel cervello dalla sera di capodanno. Aprì la chat con Leorio e digitò velocemente una domanda. Oi Leorio, cosa vuol dire ‘amici con benefici’?
 
L’idea di Canary non lo entusiasmava particolarmente, ma se era in questa situazione doveva ringraziare solo se stesso e le sue sinapsi del cazzo. Quali neuroni? Lui doveva averci dei dannatissimi furetti in calore nel cranio.
Provocalo. Tsk, la fai facile.” Borbottò fra sé e sé, mentre se ne stava con le mani in tasca davanti alla porta degli spogliatoi. “Perlomeno mi viene naturale.”
Prese un bel respiro e si fece coraggio. Incredibile come riuscisse a premere un grilletto come se fosse la cosa più facile del mondo, ma lo terrorizzasse a morte l’idea di ‘provarci seriamente’ con il proprio migliore amico. Gli sarebbe risultato infinitamente più semplice mettergli le mani al collo e strangolarlo.
Per carità, dopo averci dormito su, aveva capito cosa aveva spinto il suo corpo a baciare l’amico: l’adrenalina a palla che gli scaldava il sangue, che reagiva ogni volta che lo stuzzicava e che lo provocava di proposito. Quindi che male c’era a provare?
Con suo disappunto, il ragazzo era in ritardo anche stavolta. Sbuffò, e iniziò a cambiarsi nel chiacchiericcio degli altri.
Dopo un po’, una figura ruzzolò nella stanza, annaspando. Con le mani premute sulle proprie ginocchia, Gon cercava di riprendere fiato. Tutti i ragazzi lo guardarono confusi.
“Ehi, Freecss? Tutto bene? Che è successo?” Chiese Mamiya.
Quello annuì, ansimando e inghiottendo della saliva inesistente. “Sciopero.. Autobus..” Riuscì a dire.
Gli altri risero, mentre lui riprendeva una posizione eretta, grattandosi un poco dietro la nuca.
“Idiota, perché non mi hai chiamato? Sarei passato a prenderti.” Commentò Killua, facendo schioccare la lingua.
Il moro lo guardò, ricordandosi solo in quel momento che l’altro aveva una moto. Pensò a quello che gli aveva detto Kurapika.
“Se l’offerta è valida allora, accetto volentieri un passaggio per il ritorno, grazie.” Disse, mentre il suo respiro tornava pian piano normale.
“Certo. Nessun problema.” Rispose, mentre si sfilava la maglia per mettere quella della squadra.
Con la vista periferica, colse Gon a guardarlo in modo decisamente intenso. Cercò di non soffermarcisi, infilando in fretta l’altra maglia.
Aspettò che anche lui si fosse cambiato e andarono insieme in campo. Sugli spalti c’era di nuovo Neon, in seconda fila. Killua si sentì infastidito da quella presenza blu elettrico.
Il moro invece si lanciò a bordo campo per dirle qualcosa, solo che, essendo gli spalti sopraelevati, aveva dovuto dirlo ad alta voce.
“Neon! Dopo vai pure a casa! Mi riporta Killua!”
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, sospirando, mentre si allineava con gli altri davanti a Razor. Perché devi urlarlo? Sei imbarazzante, Gon..
Immediatamente, percepì uno sguardo maligno su di sé. Non gli serviva girarsi per capire che erano gli occhi di Neon a fissarlo sperando che prendesse fuoco.
Doveva ammettere che l’idea di provarci con Gon diventava più allettante con un rivale.
Senza farsi vedere dall’allenatore né dall’amico, si prese il permesso di tirare appena fuori la mano dalla tasca dei pantaloncini per farle chiaramente vedere il medio, mostrandole un poco la lingua mentre la guardava con la coda dell’occhio. Lei spalancò gli occhi e si tinse di un colore violaceo.
Dichiarazione di guerra ricevuta.
Al contrario del giorno prima, il ragazzo era molto più rilassato e aveva giocato anche in modo più sciolto. Quando uscirono dagli allenamenti, Neon li aspettava sulla strada. Killua la squadrò in silenzio, assottigliando gli occhi.
“Neon? Ti ho detto che potevi andare.” Disse Gon, appena la vide.
“Sì, lo so, ma volevo solo assicurarmi che fosse tutto a posto. Hai giocato bene stasera!” Gli rispose sorridente. Avvicinandosi a lui, gli risistemò la sciarpa intorno al collo. Il moro la lasciò fare, osservando la cura con cui la ragazza lo copriva. “Non vorrai ammalarti prima della partita, mh?”
Gon scosse la testa, ridacchiando. “Grazie, Neon!” Gli venne istintivo posarle una mano sui capelli con affetto per ringraziarla. Lei arrossì leggermente.
L’altro osservò la scena studiandoli. Il suo amico non poteva davvero essere così cieco da non notare come la ragazza lo guardava. Era impossibile che l’avesse capito tutta la scuola eccetto lui.
“Gon, ti dispiace se passiamo prima da Ikalgo? È di strada verso casa tua.”
“No, tranquillo. Come sta?” Chiese, voltandosi verso di lui mentre gli passava il casco.
“Ika? Sarà in botta come al solito.” Ridacchiò, mentre saliva sulla moto.
Neon sembrò turbata da quella risposta. Voleva dire qualcosa, ma Gon la salutò con un’altra carezza sui capelli.
“Ci vediamo domani, Neon!” Si allontanò da lei, sistemandosi sulla moto e abbracciando Killua per tenersi.
Il ragazzo partì subito dopo essersi gustato l’espressione livida di gelosia della Nostrade mentre li guardava sfrecciare via.
In una decina di minuti arrivarono davanti a una palazzina color petrolio dalla facciata fatiscente. Killua parcheggiò accanto a un portoncino e fece cenno a Gon di scendere. Suonò a un campanello con alcuni cognomi, e dopo circa un minuto sentirono scattare la serratura. Entrarono e fecero paio di rampe di scale. Sulla soglia di una porta verde abete, li aspettava un ragazzo con i capelli rossi e una felpa larga arancione acceso.
“Oi Zoldyck.” Lo salutò, con la voce modulata in modo.. strano?
“Yo.”
Il ragazzo si fece da parte per farlo passare, notando il moro dietro di lui lo salutò con entusiasmo. “Eeehilà, Gon! Com’è?”
“Ciao! Bene, grazie, tu?”
“Grande!” Ridacchiò. Gon si chiese se aveva capito la domanda, rimandandogli un sorriso tirato. Osservandolo più da vicino, notò che aveva le pupille grandi come due bottoni.
Dopo aver chiuso la porta alle loro spalle, Ikalgo fece strada lungo il corridoio. Arrivarono in quella che doveva essere una cucina-salotto, anche se nel caos generale Gon riusciva a distinguere solo un divano e il fornello.
A giudicare dal numero di stanze a cui erano passati davanti probabilmente Ikalgo divideva l’appartamento con almeno un’altra persona oltre a Palm. Gon aveva intravisto il suo nome su una porta.
“Oltre quello che ti ho chiesto, hai qualcosa di nuovo?” Chiese il ragazzo con i capelli argentati, mentre l’altro prendeva una borsa e ci rovistava dentro, tirando fuori alcune bustine dai contenuti più vari.
Ikalgo iniziò ad elencare alcuni nomi a Gon completamente estranei. “Dunque, oltre alle solite cose e alla D2 che già conosci, ho come unica ‘novità’ delle pasticche di Refrain, che non sembra male, anche se non l’ho ancora provata. Se invece hai voglia di fumo ho delle foglie fresche fresche che vengono da NGL..”
“Dammi quelle.” Disse Killua, interrompendolo.
Il rosso gli passò un paio di bustine, mentre l’altro tirava fuori il portafogli. “Non ho capito però perché mi hai chiesto dell’hazia. Non è molto in linea con i tuoi soliti gusti.”
“Infatti non è per me, mi serve per un lavoro.” Rispose, mentre metteva via quello che gli aveva dato.
“Capisco.. E per lui?” Indicò Gon, che stava ancora studiando l’ambiente intorno a sé.
“Eh? Cosa?” Osservò i due, confuso.
Killua lo guardò per un secondo. “Vuoi provare qualcosa?” Chiese, studiando l’espressione sul suo viso.
“N-no.. Ehm, grazie?” Biascicò, non sapendo bene cosa dire.
Ikalgo gli sorrise. “Dai, siccome sei con Killua a te offro volentieri qualcosa! Io ho solo il meglio: scegli quello che ti piace di più!” Si fece da parte per far vedere al ragazzo il contenuto del borsone.
Gon era incuriosito più dalla quantità di colori e sostanze presenti che non effettivamente dall’idea di provarle. Si avvicinò per dare un’occhiata, sentendosi osservato dagli occhi blu del suo migliore amico.
“Killua in genere prende quelle lì viola. Io preferisco quella polverina azzurra invece.”
“Non sei obbligato, Gon.” Gli disse l’altro ragazzo, senza smettere di esaminarlo.
Il moro era combattuto fra l’annuire e il dimostrare di non essere da meno rispetto ai due. Studiò le varie bustine. Kurapika non sarebbe stato d’accordo con lo stare al gioco in quello, soprattutto perché lo sguardo di Killua non era di sfida, ma anzi di preoccupazione, come se sperasse in una sua risposta negativa. Stava per prendere una bustina con due pastiglie gialle, quando il ragazzo con i capelli bianchi gli afferrò il polso.
“Ti faccio provare io le foglie più tardi, se vuoi.”
Non sembrava un tono che lasciava spazio a contraddizioni, così si limitò ad annuire. Ikalgo sbuffò, evidentemente sconfitto.
Una figura in deshabillé attraversò il salotto, diretta verso la zona cucina. “Ika, dove hai la focaccia? Ho voglia di salato.”
“Quella è finita. Guarda nella mensola in alto a sinistra.” Rispose distrattamente lui, mentre metteva via la borsa.
Gon, appena scorta la figura in topless nella stanza, si girò immediatamente verso l’amico per evitare di vederla, rosso in viso.
“Sei incinta, Siberia? Te l’avevo detto che è meglio usare i preservativi.” Commentò Killua con un sorriso divertito, guardando la ragazza muoversi per la stanza.
“Simpatico, Zoldyck. No, non sono incinta, sono solo in chimica.” Rispose, mentre cercava qualcosa da addentare. Non sembrava minimamente toccata dal fatto di essere in mutande davanti ai tre ragazzi, al contrario di Gon che invece si sentiva terribilmente in imbarazzo.
Ikalgo ridacchiò, rivolgendosi al moro. “Guarda che non se la prende se la guardi, anzi.”
Lui rivolse uno sguardo interrogativo a Killua, come se lui detenesse la risposta a qualsiasi quesito. Iniziò a formicolargli il collo.
“è andata a letto sia con lui che con me, anche insieme, oltre che con mezza città, per questo non si preoccupa di coprirsi.” Rispose il ragazzo, non considerandola più di tanto. Poi scherzò, guardando l’amico, che non si sentì affatto rassicurato. “È una zoccola patentata, Gon, non farti problemi.”
“Disse quello che a letto cambiava una persona ogni settimana, facendosi anche la metà che manca a me.” La giovane se ne stava appoggiata ai fornelli, sgranocchiando delle gallette. “Comunque Gon, se vuoi ho tempo per un giro anche con te.” Gli fece l’occhiolino, mentre lui sentiva le proprie orecchie prender fuoco pian piano e cercava di distogliere lo sguardo dalla ragazza.
“Giù le zampe, Palm.” Commentò Killua, accendendosi una sigaretta. Prese una boccata di fumo e la sbuffò nell’aria.
“Perché, è tuo?” Cercò di provocarlo lei, addentando un’altra galletta. Intanto Ikalgo ridacchiava godendosi lo spettacolo, mentre Gon stava iniziando a diventare luminoso per quanto stava arrossendo.
Lui inarcò un sopracciglio, restituendole un sorriso sfacciato. “Perché, se lo fosse?”
Il moro gli lanciò un’occhiata a metà fra l’imbarazzato e l’incredulo. Capiva che si stavano solo stuzzicando e che scherzavano, ma il suo cuore accelerò ugualmente la sua corsa facendo le capriole a quelle parole.
Quella stava per rispondergli, ma Killua girò i tacchi, incamminandosi verso l’ingresso. “Ora, se permetti, devo riportarlo a casa.” Disse, con enorme sollievo dell’interessato.
Lei agitò la mano per salutarli, dimenticandosi completamente di ciò che stava per dire, mentre Ikalgo li riaccompagnò alla porta.
“Oi, Killua? Hai sentito di Lynch? Lynch Fullbokko?” Chiese, una volta sul pianerottolo.
“Mh? No, cos’ha fatto?”
“L’hanno trovata stamani con un buco in testa. Si dice ci fosse di mezzo un bel giro di grana con i Suzuki.”
Il ragazzo fece una smorfia, passandosi una mano fra i capelli argentati.
“Merda.. Ecco cos’erano le chiamate di mio fratello.” Sbuffò, poi lo salutò avviandosi per le scale insieme al moro. “Grazie per l’informazione, comunque. Ci si sente.”
Una volta giù, Gon osservò per un momento Killua, prima di salire in moto dietro di lui.
“Uhm.. Killua?” Si rigirò il casco fra le mani. “Mito è via, fino a domenica sera. È tornata sull’Isola Balena con mia nonna.”
“Mh-mh?”
“Ecco.. Mi chiedevo..” Iniziò, immaginando già il rifiuto dell’altro. “Ti va di fermarti da me? A dormire, intendo.”
“Sì, certo. Va bene.” Rispose invece, mentre sulle labbra del moro si formava un enorme sorriso.
 
Dopo cena, Gon assistette ad un’accesa discussione al telefono fra Killua e suo fratello maggiore.
“Ti ho detto che va bene, domani. Sì, ho capito dove, rilassati. Ma perché non può farlo Milluki? Che vuol dire che non ne ha voglia?! Digli di alzare il culo e rendersi utile!” Sbuffò. “Ho capito, sì. Va bene. Ciao.”
Aveva voglia di lanciare il cellulare contro la parete e frantumarlo, ma sarebbe stato fondamentalmente inutile e controproducente, oltre che inutilmente dispendioso.
“Problemi?” Chiese, incerto, il moro.
Quello emise un sospiro frustrato e si sedette sul letto dell’amico. “No, solo una rottura di coglioni non indifferente.”
Gon storse la bocca. Non ci aveva capito molto dei loro discorsi. Aveva capito solo che il giorno seguente Killua avrebbe dovuto risolvere delle questioni con qualcuno a modo suo. Ma era evidente che l’amico non avesse voglia di parlarne, quindi evitò di fare altre domande.
“Gon?”
“Mh?”
“Cosa stavi per prendere dalla borsa di Ika, oggi? Per curiosità.” Chiese, sedendosi a gambe incrociate sul materasso e appoggiandosi con la schiena al muro, incrociando le braccia dietro la testa.
Gon lo guardò un istante. Da quando una canotta nera e un paio di pantaloni lisi di una tuta potevano sembrare tanto attraenti?
“Uhm.. C’erano due pasticche gialle che mi sembravano allegre. Non so, forse quelle.” Rispose, facendo spallucce.
“Pessima scelta, hanno un sapore amaro e un effetto brevissimo.”
L’altro lo guardò perplesso. “Le avevi già provate?”
“Ho provato quasi tutto quello che vende Ikalgo.” Poi domandò, inclinando un poco la testa. “E tu sei ancora interessato a quelle foglie?”
Gon non sapeva cosa rispondere. Era curioso, sì, ma non voleva neanche fare qualcosa per cui avrebbe potuto deludere sua zia. L’amico sembrò sentire i suoi pensieri.
“Se non ti va, non sentirti costretto. Ho bisogno solo di distrarmi un po’, puoi passarmi la sacca?”
Quello obbedì, osservando Killua che tirava fuori dal borsone una delle bustine che gli aveva dato Ikalgo, l’accendino e una cartina, preparando poi il tutto. Si alzò e andò alla finestra, spostando un po’ la scrivania. “Posso aprire?”
Gon annuì, affacciandosi accanto a lui al davanzale, sfiorando la sua spalla. Rabbrividì per l’aria gelida delle notti di gennaio.
Killua accese il tubicino, aspirando profondamente. Osservarono per un po’ il buio, bucato da finestre illuminate e qualche lampione. Si vedeva qualche stella in cielo. Non avevano acceso la luce in camera, quindi anche loro stavano sguazzando nell’oscurità.
Gon pensò che gli occhi del suo migliore amico stessero brillando, nonostante sembrassero ovattati dagli sbuffi di fumo che ogni tanto espirava. Osservò ogni lento movimento dell’altro, ogni volta che aspirava, facendo brillare di rosso scintillante le foglie.
Per un attimo, pensò che la vera droga fossero quei capelli ricci e arruffati. Per un attimo, invidiò quel tubicino per sostare su quelle labbra. Solo per un attimo, lui..
Killua soffiò del fumo nella sua direzione, facendogli arricciare il naso, e ridacchiò. Si era accorto del modo in cui lo stava guardando, del modo in cui aveva iniziato impercettibilmente a mordersi il labbro.
Prova.” Gli disse a bassa voce, allungandoglielo. Ne aveva consumato molto più di metà.
Cosa potrà mai fare un tiro?, pensò Gon. Prese il tubicino dalle dita affusolate dell’altro, e lo studiò per un secondo. Lo avvicinò alle labbra e aspirò. Sentì pizzicare la gola e un sapore speziato sulla lingua, però non sembrava niente di malvagio. Fece per restituirglielo, ma quello fece un gesto con la mano. Continua.
Aspirò altre tre volte, mentre il fumo si mescolava alle nuvole di vapore dei loro respiri, poi il mozzicone si spense, finendo le foglie da bruciare.
Non era stato terribile come pensava. Si sentiva normale, provando solo la sensazione di un leggerissimo filo di nebbia ad avvolgergli i pensieri. Si girò verso Killua, che lo osservava incuriosito con un sorriso gentile. Vide le iridi azzurre spostarsi per un attimo dai suoi occhi alla sua bocca. Era certo che sapesse che aveva notato quel movimento, per quanto rapido fosse stato, d’altronde erano davvero molto vicini. Già, quand’è che si erano avvicinati così tanto?
Mi chiedevo una cosa..” Disse, con la voce bassa e ruvida.
Cosa?” Si allineò al suo tono, quasi inconsciamente. C’erano a malapena quindici centimetri fra loro, non aveva senso parlare a un volume diverso. Giusto?
Le ho sentite dopo che hai bevuto, poi con degli sbuffi di sapone..” Mormorò rocamente, avvicinandosi al suo viso di qualche centimetro, abbassando di nuovo lo sguardo per un istante. “Quindi mi chiedevo.. Di cosa sapranno le tue labbra con il fumo?
Gon non rispose, socchiuse le labbra mentre l’altro si sporgeva ancora un poco più avanti, per coprire la misera distanza fra loro, e lo incontrò a metà strada. Chiuse gli occhi e sentì una carezza leggera sulla guancia, mentre la lingua dell’altro danzava con la sua, esplorando la sua bocca dolcemente.
La sua mano andò a posarsi dietro il collo dell’altro, passando le dita fra i suoi capelli chiari. Si baciarono in quel modo lento e dolce in un momento senza tempo, testimoni le stelle che i due avrebbero voluto non finisse mai.
L’ultimo fu un bacio a fior di labbra, dato dal ragazzo con i capelli argentati, forse nella speranza di allontanare di un altro secondo la separazione.
Si guardarono in silenzio per qualche secondo. Il blu freddo e serafico si rifletteva nell’ambra che ruggiva incandescente.
Ti prego, fammi continuare..” Sussurrò sulle labbra del moro. Fu quest’ultimo a muoversi di nuovo per incontrare le sue labbra per un altro bacio, delicato come il precedente, e un altro, e un altro ancora..
Quando si fermarono, si stavano stringendo dolcemente in una sorta di abbraccio. Killua appoggiò piano la fronte contro quella dell’altro, sfiorando affettuosamente il suo naso.
Nonostante ci fosse la finestra aperta, con l’aria gelida che accarezzava la loro pelle, non sentivano freddo in quella tenera stretta. Rimasero così per un po’, semplicemente a sentirsi vicini.
Gon tirò appena indietro la testa, per guardare il viso dell’altro. Il suo migliore amico. Perché quella parola non riusciva a conciliarsi con quello che provava in quel momento?
Non capiva. Perché quelle due immagini non riuscivano a coincidere? La forma del suo cuore e la parola amico non riuscivano a sovrapporsi.
Si morse il labbro. I migliori amici non si baciano in questo modo, quindi noi cosa siamo?
 
Perché Gon aveva quell’espressione colpevole sul viso? Non poteva dire non averlo voluto, non stavolta. Aveva avuto tutto il tempo per respingerlo, e non l’aveva fatto. Gli era persino venuto incontro entrambe le volte!
Ma allora perché i suoi occhi non sembravano felici, ma combattuti?
Killua..
Gon.. Possiamo pensarci domani.
Non voleva pensarci adesso, e neanche il giorno successivo in realtà, ma così avrebbe guadagnato comunque un po’ di tempo. L’altro annuì, sciogliendo lentamente l’abbraccio, come se non volesse, e chiuse la finestra.
A letto stettero vicini, girati l’uno verso l’altro ma senza toccarsi. O almeno, vista la dimensione del letto di Gon, ci provarono.
Quando si svegliò, era mattina già da un po’. Killua diede un’occhiata all’ora sul cellulare e scattò a sedere con un’imprecazione, svegliando Gon di soprassalto. Saltò fuori dal letto lanciandosi in bagno. Cinque minuti dopo era vestito e stava mettendo alcune cose nella borsa. Il moro invece in quei cinque minuti era a malapena riuscito a rendersi conto di dove fosse e pensare di alzarsi.
“Killua..?” Si stropicciò un occhio, poi controllò l’ora, mugugnando. “Sono solo le otto e mezza..”
“Appunto, e io fra quindici minuti dovrei essere dalla parte opposta della città.” Disse, tirando fuori dalla borsa una pistola, caricandola senza togliere la sicura, e infilandola nella fondina sul fianco. A cose normali non avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma era dannatamente di fretta.
Gon lo osservò, seduto sul bordo del letto e iniziando a svegliarsi solo in quel momento, mentre l’altro chiudeva tutto controllando velocemente di non aver dimenticato niente.
“Dove vai?”
“A lavoro.” Rispose, mettendosi in spalla il borsone.
Il moro aggrottò un po’ le sopracciglia, ma si alzò, accompagnandolo alla porta. Sentirlo parlare di ‘lavoro’ era una cosa, vederlo effettivamente con una pistola in mano faceva tutto un altro effetto, ma cercò di non pensarci.
Aprì il portone, guardandolo preoccupato. Killua se ne accorse e gli fece la linguaccia.
“Su con la vita, Freecss. Mi basta mia madre che sta in ansia.” Scherzò, stando sulla soglia, ma quello non sembrò particolarmente rincuorato dalla cosa.
“Fa’ attenzione..” Mormorò, serio, stando appoggiato alla porta.
“Tranquillo, Gon. Ci vediamo stasera agli allenamenti, mh?” Così dicendo si allungò per dargli un bacio sull’angolo della bocca, poi si diresse verso la moto, mettendosi velocemente il casco e partendo rumorosamente.
In un attimo era sparito, mentre Gon era ancora lì in piedi sulla soglia di casa, come frastornato da quel gesto.
 
Il fatto che Killua non gli avesse scritto per tutto il giorno non l’aveva di certo fatto stare tranquillo, anzi. Mentre si cambiava, non fece altro che controllare il cellulare, nella speranza di trovarci un messaggio. O forse no.
Killua entrò negli spogliatoi con una quindicina di minuti di ritardo rispetto al suo solito orario. Hiraga, che era l’unico altro della squadra ancora negli spogliatoi oltre a Gon, scattò in piedi quando lo vide. Il moro spalancò gli occhi, saltando a sua volta.
Un intenso rosso porpora macchiava la maglia di Killua su una spalla e intorno al colletto, e parte del suo viso, in particolare un abbondante schizzo cremisi sembrava colargli sotto l’occhio.
“Z-Zoldyck?! Stai bene?” Chiese il loro compagno di squadra, titubante.
“Sì, di’ a Razor che arrivo subito, il tempo di cambiarmi.”
Quello annuì e, allacciandosi rapidamente le scarpe, sparì oltre la porta che portava al campo.
“Killua?!”
“Rilassati, non è mio.” Affermò con nonchalance, lasciando cadere il borsone e andando verso i lavandini per sciacquarsi il viso. Gon lo seguì, osservandolo ugualmente allarmato.
L’altro intuì di dover spiegare almeno qualcosa. Si asciugò il viso e iniziò a cambiarsi. “Il bastardo non solo non era dove doveva essere, ma non era neanche solo, e ho dovuto improvvisare. Sto bene, Gon, davvero. Dovresti vedere quegli altri!” Ridacchiò.
Il moro sembrò rilassarsi un poco nel sentirlo ridere. Solo poco, però.
“Cos’è successo?” Domandò, avvicinandosi.
Quello lo guardò, sospirando. “Se vuoi te lo dico. So che non sarebbe la prima volta, ma sei sicuro di volerlo sentire?”
Gon annuì.
“Dovevo eliminare un uomo, ma indovina? Aveva la scorta e mi sono dovuto avvicinare più del previsto. Questo ha portato a uno scontro decisamente ravvicinato e ho dovuto far fuori anche quei tre della scorta. Odio quando mi tocca togliere di mezzo anche ostacoli innocenti.” Sbuffò, con aria seccata.
“Comunque, te lo ripeto.” Appallottolò la maglia sporca di sangue e la buttò nel borsone. “Quello non è mio. Viene dalla gola di uno di loro.”
Gon annuì ancora, dopo aver esaminato velocemente con gli occhi il corpo dell’amico, prima che si mettesse un’altra maglia, e il suo viso pulito. Non aveva ferite, quindi doveva essere così. Solo qualche ora più tardi, rielaborando quel dialogo, un brivido di terrore gli percorse la spina dorsale, all’idea del ragazzo che, in mezzo a un corpo a corpo contro altre tre persone, si era ritrovato a dover tagliare la gola a qualcuno.
“Andiamo?” Lo richiamò Killua, sorridendogli come se non fosse successo niente.
Nonostante gli sguardi sospettosi di Hiraga, i due non sembrarono avere problemi in campo, anche se Gon mantenne un insolito silenzio durante l’allenamento. In una breve pausa dalle battute-cannone di Razor, il ragazzo dai capelli argentati affiancò l’amico, osservandolo.
“Oi, Gon?”
“Mh?” Quello bevve un sorso d’acqua.
“Il gatto ti ha mangiato la lingua stasera?” Chiese, inarcando un sopracciglio. Gon scosse piano la testa. “E allora che hai? Sei strano.”
“Ero preoccupato per te, non mi hai scritto per tutto il giorno!” Rispose, guardandolo negli occhi.
Killua si passò una mano fra i ricci argentati, arrossendo appena. “Non dire così, è imbarazzante..”
“Beh, me l’hai chiesto tu.” Gli fece notare, con un mezzo sorriso.
L’altro alzò la mano verso la guancia, per giocherellare con l’orecchino, distogliendo lo sguardo dal moro e gonfiando appena le guance. “Che c’entra.. Potresti comunque dirlo in modo diverso.”
Quello sollevò un sopracciglio. “Tipo?”
“Non lo so, ma così fa molto ‘fidanzato apprensivo’.” Mormorò, lanciandogli un’occhiata.
“Come se tu ti stessi comportando da semplice amico, ultimamente.” Con quelle parole fece andare a fuoco le guance di Killua, che lo fissò con un’espressione decisamente imbarazzata.
“Beh, non mi sembra esattamente che a te dispiaccia!” Ribatté, con la voce lievemente incrinata.
Arrossì vistosamente anche il moro. “Che c’entra adesso?!”
“Come ‘che c’entra’?! Non mi risulta che tu ti sia tirato indietro ieri sera!”
I due iniziarono a bisticciare, completamente incuranti dei loro compagni di squadra, che nel frattempo stavano origliando con interesse la conversazione mentre si esercitavano nei passaggi.
O almeno finché Razor non li richiamò, urlando dalla parte opposta del campo. “Ehi piccioncini, che ne direste di giocare adesso?”
E questo sì che fece sentire entrambi molto imbarazzati, riprendendo improvvisamente consapevolezza di dove si trovassero.
Killua, tornando ad allenarsi, lanciò un’occhiata a una panchina a bordo campo, verso i soliti capelli blu elettrico. Dentro di sé, sperò che la ragazza li avesse sentiti, nonostante non avessero detto nulla di particolarmente specifico. Anche se lei probabilmente aveva solo sentito il grido del loro allenatore. Il che comunque era più che sufficiente. Ma poi, quella che ci faceva lì a bordo campo e non sugli spalti?
Mentre batteva contro il moro, che gli stava facendo la linguaccia, trovò profondamente divertente come non riuscisse a fare a meno di andare contro i propri interessi: voleva lasciar scivolare nell’oblio quella notte di follia con Gon, e aveva finito col baciarlo, nudo, in una doccia; voleva evitare di sollevare la questione bacio-al-chiaro-di-luna della sera prima, ed erano finiti a discuterne in campo davanti ad almeno.. Quante, nove persone?
Cristo, forse sarebbe stato meglio staccare la spina ai suoi ragionamenti.
 
A fine allenamento, Gon si fermò un secondo a parlare con Neon. Razor le aveva permesso di stare lì sulla panchina in quanto sua fan numero uno.
“Sei stato grande!” Cinguettò lei, alzandosi per abbracciarlo.
Troia. I pensieri di Killua non erano mai stati particolarmente clementi verso di lei. Sbuffò, intrecciando le dita dietro la nuca mentre andava verso gli spogliatoi. In tutto il giorno non aveva toccato una sigaretta, e ora ne bramava una come se non fumasse da mesi, ma forse era l’immagine di quella ragazza che abbracciava Gon a stimolargli la voglia di distrarsi e allentare la tensione.
Inaspettatamente, sentì il calore di una mano fra le scapole, e girandosi a sinistra vide un enorme sorriso. Non credeva che il moro avrebbe liquidato così velocemente Neon.
E lui probabilmente intuì i suoi pensieri, perché rispose alla sua domanda non posta. “Le ho detto che ero zuppo di sudore. Non mi sembrava molto carino abbracciarla conciato così.”
Killua era certo che alla ragazza non sarebbe dispiaciuto, ma non disse niente. Sarebbe stato un autogol.
“Allora.. Vieni anche stasera?” Chiese Gon, con sua enorme sorpresa.
Il ragazzo non si aspettava un altro invito, a dire il vero. “Sì, se a te va bene..”
“Killua, te l’ho chiesto io.” Gli rivolse uno sguardo che diceva chiaramente ‘Sei serio?’.
Risero entrambi, mentre andavano a cambiarsi.










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Note dell'Autrice
Buondì! Vi siete ripresi dal colpo della settimana scorsa?
Bene, ora siamo saliti a due scommesse! Arriveremo in fondo a questa storia che ci troveremo in un casinò, a forza di scommesse. O in mezzo a una strada, opzione altrettanto plausibile.
Ricordo, dato che è perfettamente comprensibile perdere il conto lol, che è il 3 gennaio nella storia (in realtà il capitolo comprende il 3 e il 4 gennaio) e sono passati quarantacinque giorni dall’inizio della scommessa con Leorio.
 
Le droghe nominate da Ikalgo sono, oltre alla famosissima D2 del mondo Hunter: refrain (da Code Geass), che induce flashback di ricordi o esperienze passate felici; hazia (da I Racconti di Terramare, dello studio Ghibli), che è una droga allucinogena che può arrivare a uccidere l’utente (motivo per cui Killua se ne serve per lavoro); infine delle foglie da NGL, che non sono niente in particolare in realtà, volevo solo aggiungere una provenienza “esotica”. Per le altre descritte ma senza nome, non avevo in mente niente di particolare, decidete voi se volete. Ricordo a chiunque che gli stupefacenti nuocciono alla salute e io non ne sto sponsorizzando l’utilizzo. Io ve l'ho detto, voi fate quel che vi pare.
 
Per chi non segue il manga, Lynch Fullbokko è un personaggio che fa parte di una famiglia della mafia. La sua sorte in questo capitolo (e in generale in questa storia) non è minimamente collegata alla storia ufficiale. So, relax, niente spoiler. Suzuki invece è tipo il cognome più banale del Giappone, quindi non fateci caso in generale. Lol.
 
Che dire poi dell’ennesimo bacio fra i nostri due adorabili cretini? <3 Senza contare il bisticcio davanti a tutta la squadra.
Potete non credermi, ma io conosco veramente delle persone che ragionano come questo Gon nella vita vera. Breve storia triste, I know.
 
La disposizione del sangue su Killua è quella di quando uccide nonricordocomesichiamascusatemi nell’ultima prova dell’esame Hunter.
 
Anyway, anche oggi siamo giunti alla fine di questo (stavolta un po’ più lungo) capitolo. Spero vi sia piaciuto, fatemelo sapere! Come sempre, l’appuntamento è per venerdì prossimo ^^
Ringrazio la mia beta, che legge, impreca per le ore improbabili a cui le mando le cose, e corregge. In fondo, molto in fondo, mi vuole ancora bene.
Ringrazio Zyad, che come sempre recensisce ogni mio capitolo e mi tiene tanta compagnia :3. Un enorme grazie anche a Killua014 e Aury2105 che hanno aggiunto la storia alle proprie raccolte *^*
Grazie anche a tutti voi lettori silenziosi, che continuate a leggere questa mia storia fatta praticamente solo come riscaldamento per la mano.
 
Un abbraccio enorme (ma non troppo lungo che fa un caldo boia) e ci si legge!
 
Athelyè ~



P.s. La canzone è “Demons” degli Imagine Dragons, mi sono dimenticata di dirlo prima!
   
 
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