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Autore: AthenaKira83    10/11/2019    4 recensioni
Quando Magnus Bane, ex agente speciale della Marina militare statunitense, accetta di fare un favore al padre, di certo non si aspetta di dover fare da babysitter a uno scontroso, irritante, ma dannatamente attraente, agente di viaggi che non ha alcuna intenzione di rendergli facile il compito che gli è stato affidato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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"Guardia del corpo?"
Ragnor Fell rivolse all'ex collega un'espressione costernata, prima di scoppiare a ridergli in faccia senza alcun ritegno.
Per quanto irritato, Magnus Bane non poté dargli torto. Se le loro posizioni fossero state invertite, anche lui si sarebbe sganasciato dalle risate.
Trangugiò l'ennesima sorsata del suo drink, fingendo di ignorare le canzonature dell'amico, e si appoggiò allo schienale del divanetto di vinile rosso, lasciando scivolare lo sguardo sugli altri clienti che affollavano il Taki's Diner.
Negli altri tavoli sedevano diverse coppie, mentre alcuni giovani, soli e con il bicchiere in mano, si spostavano da un gruppetto all'altro, cercando di attaccare bottone con qualche bella ragazza. Della musica jazz, che proveniva da un vecchio jukebox, si propagava piacevolmente per tutto il locale, permettendo ai clienti di chiacchierare tra di loro senza il bisogno di alzare la voce, mentre le cameriere, fasciate in minuscole minigonne di pelle nera e con gli ombelichi lasciati in bella vista da corti top di lycra rosso fiammante, ondeggiavano su vertiginosi tacchi a spillo e tenevano in bilico i vassoi colmi delle ordinazioni da consegnare ai tavoli.
Una bionda prosperosa gli fece l'occhiolino, mentre raccoglieva al volo il suo bicchiere ormai vuoto, e Magnus sorrise compiaciuto, sporgendosi poi leggermente, mentre la ragazza si allontanava, per guardarle il sedere tondo e ondeggiante. Diavolo, avrebbe dato non sapeva cosa per saggiarne la consistenza e passare qualche oretta in sua compagnia.
Tornò a far vagare lo sguardo per il locale e si soffermò sul barista moro che, chinato sul bancone, stava ascoltando, con sguardo attento, le ordinazioni di un paio di ragazze. Si leccò le labbra alla vista della muscolatura ben definita del petto, ingabbiata in una camicia nera, che ne accentuava le fattezze, con i primi tre bottoni slacciati. Magnus avrebbe scambiato volentieri due chiacchiere anche con lui, magari appartandosi nella stanzetta che i dipendenti del locale usavano per riporre le proprie cose, che si trovava dietro il bancone. Gli sarebbe piaciuto davvero molto sganciare il resto dei bottoni di quella camicia e liberare finalmente quella pelle tutta da leccare e da mordere.
La consapevolezza dei giorni d'inferno che lo attendevano, però, lo deprimeva al tal punto da inibire la sua consueta e sfacciata intraprendenza.
"Scusa, amico." riprese Ragnor, asciugandosi una lacrima e continuando a ridere. "Proprio non ce la faccio a smettere."
Magnus si incupì, riportando brevemente lo sguardo sull'altro. "Mi fa piacere che qualcuno trovi la cosa così divertente."
"Solo a te possono capitare situazioni del genere!" affermò l'ex collega, con gli occhi neri che scintillavano dal divertimento e riprendendo poi a ridere. "Setan ha colpito ancora!"
"Stai sicuro che questa è l'ultima volta che faccio loro un favore." borbottò Magnus, facendo cenno a una cameriera di portargli un altro drink e sorridendole poi, grato, quando la graziosa brunetta gli mise davanti un bicchiere colmo di liquido ambrato.
Poggiò il mento sul palmo della mano, mentre i suoi occhi si spostavano sull'ampia vetrata del locale che si affacciava sulla strada trafficata. Anche in quella gelida serata di febbraio, New York pullulava di turisti. Con le macchine fotografiche appese al collo e le guide turistiche in mano, decine e decine di visitatori percorrevano a passo rilassato le vie infinite della città, dirigendosi verso i luoghi d'interesse più o meno famosi, entrando nei negozi di souvenir, che erano aperti tutto l'anno, e sperimentando i molti ristoranti della zona che, come i proprietari dei bar, potevano contare su un flusso costante di clienti che non diminuiva mai.
Magnus adorava New York. Era cresciuto tra le sue strade colorate e brulicanti di vita, respirando a pieni polmoni gli odori e i profumi che ne impregnavano l'aria, godendosi la vita appieno. La sua amata città aveva tutto quello che si poteva desiderare: luci, colori, musica, feste, locali.
In altre circostanze, Magnus avrebbe passato in rassegna questi ultimi per tutta la sera, per poi concludere la nottata in compagnia di qualche newyorkese o turista compiacente (uomo o donna, per lui non faceva alcuna differenza), ma, dannazione a lui, aveva accettato di fare un favore a suo padre e ora si trovava praticamente condannato all'ergastolo.
Tutto era iniziato quella mattina, con la solita telefonata giornaliera da parte dei suoi genitori.
Ogni giorno suo padre Asmodeus lo chiamava, prima di iniziare la propria giornata di lavoro, per parlare del più e del meno, conversando col figlio di qualsiasi argomento gli veniva in mente. Era una specie di rito mattutino, una cosa loro che normalmente durava dai dieci ai quindici minuti di telefonata. Nulla di elaborato o complicato, insomma.
Magnus adorava quelle chiacchierate.. fino a quando non subentrava sua madre.
La pacchia finiva nell'esatto momento in cui la donna spintonava, senza tante cerimonie, il marito fino a quando non riusciva a fregargli la cornetta, o più semplicemente l'uomo gliela consegnava con un sospiro rassegnato, per poter parlare con il figlio.
Non ci sarebbe stato niente di male in tutto questo se, nel 99% delle chiamate, sua madre non avesse finito inesorabilmente col tentare di accasarlo con perfetti sconosciuti o con il figlio o la figlia di qualche collega del coniuge. 
Erano anni, infatti, che ci provava in tutte le salse e in tutte le maniere e, nonostante Magnus le avesse detto chiaramente, e fino allo sfinimento, di non voler frequentare nessuno in modo serio (figurarsi, quindi, se gli passava per l'anticamera del cervello anche solo ipotizzare di convolare a nozze con chicchessia), la donna non demordeva e continuava a scegliergli i partner più improbabili che trovava in giro.
Una volta gli aveva combinato un appuntamento con una fiorista, che Dewi trovava davvero carina e simpatica, e alla fine Magnus aveva scoperto che la donna non solo era sposata, ma era anche madre di quattro figli!
E voleva assolutamente dimenticare il giorno in cui gli aveva rimediato un chirurgo plastico che aveva avuto l'ardire di dire che il suo sedere non era perfetto e aveva insistito fino allo sfinimento per rifarglielo a un prezzo scontatissimo. Magnus l'aveva liquidato dopo neanche dieci minuti di conoscenza, mandandolo a quel paese.
Magnus sapeva che sua madre lo faceva perché lo amava e voleva esclusivamente la sua felicità, solo che quell'esasperante ossessione di vederlo sposato, che rasentava ormai la maniacalità, stava diventando snervante.
Magnus le voleva molto bene e si sarebbe buttato nel fuoco per quel concentrato di energia indonesiana alto appena un metro e sessanta, ma non era facile avere a che fare con lei.
Nonostante fosse coniugata a uno degli ammiragli della Marina militare statunitense più in vista, talmente importante da essersi guadagnato sul campo la temibile nomea di Principe dell'inferno, Dewi Maharani Bane non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, né ambiva a giocare alla moglie trofeo come invece accadeva a molte compagne dei colleghi del marito, che non si facevano problemi a sfoggiare le proprie consorti alle varie feste a cui partecipavano.
No, sua madre non era una bambola di plastica, muta e servizievole, ma una donna estremamente esplicita nell'esternare ciò che pensava e che voleva, dicendolo senza troppi giri di parole e aspettandosi che la gente agisse di conseguenza, soprattutto suo marito e suo figlio.
Logorroica e spumeggiante, Dewi aveva fatto dell'immischiarsi nei fatti personali altrui una vera e propria arte, in particolar modo se quei fatti riguardavano Magnus. Si "interessava" della vita di suo figlio, infatti, continuamente e costantemente, elargendo consigli non richiesti e mettendolo, il più delle volte, in situazioni estremamente imbarazzanti. Come quella volta, ad esempio, in cui si era sfiorato "l'incidente diplomatico" tra Indonesia e Stati Uniti, quando sua madre, nel tentativo di procacciargli un ghiotto appuntamento a tre, aveva letteralmente sequestrato i figli del generale Blackthorn, i gemelli Tiberius e Livia, attirandoli nel loft di Magnus e rinchiudendoli poi nella sua camera da letto purché non scappassero. Quando la ragazza aveva chiamato il padre, raccontando il fattaccio, e l'uomo era piombato come un carro armato nell'appartamento di Magnus, sradicando la porta di ingresso con un calcio poderoso (per la "gioia" di Magnus, che aveva letteralmente tirato giù tutti i santi del Paradiso con una sequela di insulti e parolacce degni del Guinness dei Primati), Dewi aveva sventolato una mano con noncuranza e si era giustificata asserendo che la chiave si era rotta nella toppa e che stava giusto-giusto cercando un fabbro nella rubrica del telefono, per liberare i due giovani malcapitati, prima che il generale combinasse un tale scompiglio. Asmodeus aveva dovuto usare tutta la sua arte oratoria per evitare che il generale e Magnus strozzassero la donna con le loro mani!
Eh già, non c'era mai un momento di pace con quella donna esigente, imprevedibile e leggermente prepotente, che Magnus aveva ribattezzato con affetto (senza che lei lo sapesse, ovviamente) Setan [ndr. Demone]. 
Grazie al cielo, oltre ai tratti somatici e al colore degli occhi, l'uomo aveva ereditato dalla donna anche il suo carattere spudorato e la sua incredibile faccia tosta, che gli permetteva di cadere sempre in piedi in ogni situazione.
I suoi amici gli avevano suggerito, in più di un'occasione, di affrontarla, di farle capire chiaramente e una volta per tutte che doveva smetterla di intromettersi nella sua vita, ma la facevano così facile loro! Era più probabile che, un giorno, l'inferno si ghiacciasse piuttosto che Dewi la smettesse con la sua ossessione nuziale.
In generale, Magnus non aveva niente di particolare contro il matrimonio, ma anche se il pensiero di passare tutta la vita da solo era desolante, non lo era abbastanza da fargli desiderare di legarsi a un uomo o a una donna solo per il bisogno di compagnia. O, peggio ancora, per compiacere sua madre!
Provava una miscela di sentimenti contrastanti quando sentiva parlare di marcia nuziale e compagnia bella ed era certo che tutto quello non facesse per lui. Non più, almeno.
Una volta ci era andato vicino, molto vicino. Troppo. Era successo quando era ancora un giovane, sciocco, sognatore che credeva di aver trovato l'amore vero in una bellissima francese dagli incantevoli occhi verdi. Per lei, era arrivato addirittura a inginocchiarsi sulla sabbia umida di una bellissima spiaggetta delle Maldive, sporcandosi i suoi meravigliosi e costosissimi pantaloni bianchi Armani, nuovi di zecca, pur di offrire il suo cuore e un anello comprato con i risparmi di una vita. Tutto ciò che aveva rimediato, però, era stato un bel calcio nel sedere e una vaga spiegazione che suonava più o meno con "Non sono ancora pronta a impegnarmi.", che l'aveva risvegliato bruscamente, facendolo scontrare con la dura realtà.
Non aveva più alcuna intenzione di ripetere un'esperienza simile. Aveva imparato la lezione.
Dopo quella rottura, si era chiesto spesso se le sue aspettative non fossero state un po' troppo alte, se quei brividi, quel batticuore incontrollato e quelle mani sudate di cui aveva sempre letto sui libri, o visto nei film romantici, non fossero tutta un'invenzione.
Con gli anni aveva imparato che le persone non erano interessate a lunghe storie d'amore, anzi non sapevano nemmeno bene cosa volessero. Nel suo caso, ad esempio, uscivano con lui solo per divertirsi e finora nessuno di quelli che aveva incontrato aveva mai pensato di instaurare un rapporto che andasse oltre il sesso. Avere una relazione, talmente importante da portare addirittura a percorrere la navata di una chiesa, quindi, era pura utopia e non rimaneva che svolazzare di fiore in fiore e godersi la vita.
Allo stato attuale, poi, non aveva il minimo desiderio di diventare l'appendice di qualcuno e di provvedere a ogni suo capriccio. Adorava la sua vita, la sua libertà e la possibilità di andare a letto con chi voleva, senza rendere conto a nessuno e senza alcun legame che gli incatenasse cuore e anima a un'unica persona.
Se mai avesse deciso di sposarsi (ed era un grosso, gigantesco, abnorme se) voleva farlo con qualcuno che riuscisse a metterlo letteralmente al tappeto, che lo facesse innamorare follemente e perdutamente, come mai gli era accaduto in vita sua. Dal momento che era certo che una persona del genere non esistesse, non sul pianeta Terra almeno, Magnus si sentiva relativamente sicuro dal cappio matrimoniale.
Tra l'altro, restare single non era di certo la cosa peggiore che gli potesse capitare! Poteva contare sulla sua magnifica avvenenza, sulla salute, sugli amici e su un buon lavoro. Non ci sarebbe stato niente di male, quindi, se non avesse incontrato la persona giusta e non avesse messo su famiglia, no?
Suo madre, però, sembrava non capirlo ed era sorda a ogni sua rimostranza.
"Tu spezzi il cuore di tua madre, Mags! Lo fai sanguinare!" gli aveva detto Dewi, neanche un mese prima, con una certa enfasi, portandosi la mano al petto e scuotendo piano la testa e confermando al figlio una volta di più, se mai ce ne fosse stato bisogno, che era la regina indiscussa e imbattibile del dramma.
"Mamma.." aveva sospirato Magnus, alzando gli occhi al cielo. "Lo sai che non è mia intenzione ferire te.. o papà!" precisò, allargando le braccia in un gesto esasperato. "Ma tu continui a ossessionarmi con questa storia che devo sposarmi e fare dei figli e io non sono pronto." E forse non lo sarebbe mai stato, aveva pensato, guardandosi bene dall'esternarlo a voce alta per non annientare definitamente le speranze di sua madre.
"Cosa significa che non sei pronto?" gli aveva chiesto Dewi, sgranando gli occhi, e facendosi il segno della croce più e più volte come se il figlio avesse appena bestemmiato. "Mags, quest'anno compi trentanove anni! Non stai ringiovanendo.. e nemmeno io! Se permetti, mi piacerebbe accompagnarti all'altare prima di diventare un vecchia rintronata che cammina a malapena con il bastone! Vorrei vederti sistemato prima di morire! E' chiedere troppo?" aveva domandato, con tono melodrammatico.
Agitare lo spettro della morte, per farlo sentire in colpa, era uno dei trucchetti preferiti di sua madre e poco importava che, in realtà, la donna avesse compiuto da poco i cinquantasei anni e che fosse sana come un pesce. Se le cose non andavano come voleva lei, la morte non poteva che essere vicina!
"Mamma, smettila! Non stai per morire!" aveva ribattuto Magnus, alzando per l'ennesima volta gli occhi al cielo. "Sì, ho trentotto anni e tu, alla mia età, avevi già un figlio maggiorenne, ma io sto bene così e devi smetterla di tentare di pilotare la mia vita! Forse un giorno incontrerò qualcuno.." aveva continuato, facendo spallucce. "..ma, in ogni caso, per il momento non voglio avere una relazione seria. Ci sono altre cose a cui voglio dedicarmi, prima di mettere su famiglia! Viaggiare, conoscere gente interessante, visitare posti che non ho mai visto, avere successo nel lavoro. Non sono pronto a sistemarmi. Non ancora, almeno, e sono felice così. Non è questo che conta?"
Dewi aveva sospirato profondamente e gli aveva preso le mani tra le proprie, stringendole. "Tutte cose molto belle, malaikatku [ndr. Angelo mio], davvero, ma nella vita nulla è più importante di avere un compagno e dei figli."
Magnus aveva scosso piano la testa e roteato gli occhi. "Ibu [ndr. Mamma], i tempi sono cambiati. Le persone non sentono più l'esigenza di giurarsi amore eterno in una chiesa e di avere una famiglia per sentirsi realizzate! Tu sei felice con papà, e questo è bellissimo, ma non è ciò che voglio io."
"Ahhh, voi giovani d'oggi!" aveva esclamato Dewi, mollando le mani del figlio con un gesto improvviso e gesticolando con le proprie con stizza. "Vi riempite la testa con tutti quei film e libri romantici, convincendovi che quella è la vita reale. Beh, Mags, non è così!" lo apostrofò, sventolandogli l'indice sotto il naso. "La vita vera è fatta di sacrificio, di cose belle, di cose che non sempre ci piacciono e anche di cose che ci fanno soffrire. Significa prendersi cura delle persone che si ama, assicurarsi che stiano bene e che abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno."
Magnus aveva sorriso, dandole un buffetto sul naso. "Mamma, tu e papà siete fantastici. Non mi avete mai fatto mancare niente e non avrei potuto chiedere due genitori migliori, davvero. Però non puoi aspettarti che le mie scelte e i miei desideri siano identici ai tuoi. Non è giusto."
Dewi aveva emesso un brontolio di disappunto, sospirando pesantemente. "Neanche invecchiare da soli è giusto, malaikatku." aveva ribattuto, accarezzandogli una guancia con sguardo preoccupato.
Magnus le aveva baciato il palmo della mano. "Me la caverò, Ibu." le avevo sorriso dolcemente, facendole l'occhiolino.
Dopo quella conversazione, sua madre l'aveva lasciato respirare.. almeno fino a quella mattina!
Quella domenica di febbraio, infatti, la telefonata era proceduta normalmente e Magnus era rimasto addirittura sorpreso dal fatto che sua madre non avesse tentato di combinargli un appuntamento al buio, come faceva sempre. Se lo sentiva che era una cosa insolita, che qualcosa non andava, ma ingenuamente non aveva dato ascolto al suo sesto senso. Che grosso errore aveva commesso!
"Oh, Mags! Quasi dimenticavo.. tuo padre ha un favore da chiederti!" aveva detto Dewi, con noncuranza, quando si erano già salutati e il figlio stava quasi per riattaccare. "Vero, sayang [ndr. Tesoro]?"
Magnus aveva sentito suo padre mormorare un rassegnato "Dewi.. no!" e aveva alzato gli occhi al cielo, sorridendo. Si era sentito sollevato di essersi sbagliato sul fatto che sua madre fosse meno stramba del solito e si era preparato mentalmente a ricevere la solita e consueta tiritera. "Ok, di cosa ha bisogno?" aveva risposto, con un sorriso che la sapeva lunga, pronto a ribattere.
"Aspetta che metto in vivavoce, puteraku [ndr. Bambino mio]!" l'aveva avvisato sua madre.
"Dewi.. no!" aveva sussurrato nuovamente Asmodeus.
"Ma come no?!"
"Si arrabbierà!"
"Ohhh, sciocchezze!"
"Vuoi scommettere?"
"Non lo farà!"
"Ah-ahhh! Vedi che non vuoi scommettere?"
"Perché è una cosa sciocca."
"Ahn-ahn. E allora perché non glielo dici tu?" l'aveva sfidata Asmodeus, alzando appena il tono di voce.
"Perché è amico tuo, sayang! Gliel'hai promesso!"
Magnus aveva sentito chiaramente suo padre emettere un verso sdegnato. "Ma non è vero! L'hai fatto tu!" aveva ribattuto, sottovoce.
"Io.. tu.. E' stata fatta una promessa, no?" aveva tergiversato furbescamente Dewi.
"No, ma fate pure con comodo, eh." si era intromesso Magnus, tamburellando le dita sul bracciolo del divano su cui era seduto, mentre ascoltava il battibecco dei genitori. "Tanto non ho niente da fare." aveva borbottato, con uno sbuffo.
I genitori lo avevano ignorato, continuando a parlottare tra di loro, sempre più animatamente, fino a quando Magnus non si era schiarito rumorosamente la voce, tossendo più del dovuto. "Così, giusto per farvi sapere che sono ancora in linea e non vi ho sbattuto il telefono in faccia, come una persona con un po' più di amor proprio avrebbe invece già fatto da un pezzo!" aveva spiegato, spazientito.
"Avanti diglielo!" aveva insistito Dewi.
"No, fallo tu."
"No, tu."
"Demi surga [ndr. Per l'amor del cielo]! Dirmi cosa?" aveva chiesto Magnus, sbuffando sonoramente.
"Diglielo!" aveva sussurrato imperiosamente Dewi.
"Uff! E va bene! Glielo dico, glielo dico." aveva sospirato, rassegnato, Asmodeus. "Mags? Ecco, sì.. a proposito del gala a cui io e tua madre siamo stati ieri sera.."
"Sììì..?"
"Ho incontrato Robert, un mio ex collega."
"Ok." aveva ribattuto Magnus, cauto. "Ma, tanto per essere chiari, sappiate che non uscirò con nessuno dei suoi figli!"
Suo madre aveva sbuffato sonoramente, mentre il padre aveva ridacchiato, prima di continuare il suo racconto. "E' un caro amico, sai? Pensa, eravamo commilitoni nella stessa divisione e.. ti ho mai raccontato di quella volta che.."
"Ayaaaah [ndr. Papàààà]! Mi sta crescendo la barba! Arriva al punto!" aveva sbuffato Magnus.
"Beh, erano anni che non ci vedevamo e.. mi ha aggiornato sugli ultimi avvenimenti della sua vita."
"Ahn-ahn."
"Pensa, vorrebbe diventare Senatore!"
"Ahn-ahn."
"Mi ha parlato del suo lavoro."
"Ahn-ahn."
"Della sua famiglia."
"Ahn-ahn."
"Dei suoi figli."
"Ahn-ahn."
"E tua madre.. cioè io.." si era corretto Asmodeus, con un verso strozzato, dopo che la moglie gli aveva tirato una gomitata nel costato. "Io, gli ho parlato di te.. Già.. io.. D'altra parte, quale padre non inizierebbe a vantarsi del proprio figlio, nel bel mezzo di un'animata conversazione sulla difesa nazionale del proprio Paese?"
Magnus aveva ridacchiato. "La mia risposta è no." aveva poi risposto, con tono tranquillo.
"Mags!" era intervenuta sua madre, indignata. "Non sai neanche cosa sta per dire!"
"Sì che lo so. E ve l’ho detto, non uscirò.."
"..con uno dei suoi figli. Sì, hai già chiarito il concetto." aveva esclamato Dewi, con un sospiro esagerato. "Ma questa è una faccenda molto più grave e seria!"
"Davvero?" aveva risposto Magnus, con un tono poco convinto.
"Sì, davvero!" gli aveva fatto il verso sua madre.
"Comunque, in parole povere, tua madre si è vantata di te e.. ahio! La smetti?" aveva sussurrato Asmodeus.
"Raccontala bene!" aveva preteso la moglie.
Asmodeus aveva sospirato. "Gli ho raccontato di te, che sei il miglior militare che la Marina abbia mai potuto vantare tra le sue fila."
Magnus sorrise. "Ero un militare, ayah!" l'aveva corretto. "E non direi il migliore, vista la velocità con cui mi hanno silurato."
"Tzè! Solo perché quei quattro dementi, che hanno messo al comando, sono un branco di incompetenti con un grosso bastone conficcato nel sedere, bonekaku [ndr. Pulcino]!" aveva ribattuto acidamente Dewi, con prontezza, mentre Asmodeus concordava con un mormorio.
Magnus aveva riso apertamente, sentendo il cuore scaldarsi d’affetto per le due persone dall'altra parte della cornetta, "leggermente" di parte. Ma giusto un po'.
Arruolatosi nella Marina militare all'età di vent'anni, con la seria intenzione di seguire le orme paterne, Magnus aveva sempre saputo di non essere adatto a quello stile di vita rigido e inflessibile, che ti formava e, al tempo stesso, se non avevi un carattere tosto e volitivo, ti schiacciava a terra come un mozzicone di sigaretta. Fin da bambino, però, aveva sempre voluto essere come suo padre, forte e coraggioso, ed era riuscito a resistere per ben dieci anni a quella vita dura e stressante, toccando con mano ogni sorta di bruttura: dolore, angoscia, tristezza, disperazione. Non era stato facile, anzi, in più di un'occasione si era chiesto cosa stesse facendo e perché, ma aveva tenuto duro.
Poi tutto era finito quando l'avevano licenziato per aver disubbidito agli ordini dei suoi superiori, dopo una missione disastrosa.
Non si era mai pentito di quello che era successo, della sua decisione di ribellarsi. Mai, neanche per un secondo. Dopo otto anni, il tempo gli aveva dato ragione. La sua vita aveva preso una piega soddisfacente e gratificante e meno dolorosa a livello emotivo: aveva trovato lavoro come mistery client per un'importante catena di hotel di lusso.
Era il lavoro adatto a lui: gli piaceva da matti andare negli alberghi, ispezionare le camere e testare il servizio clienti. Sì, era dannatamente portato a farsi massaggiare da mani sapienti, a provare le varie Spa messe a disposizione per la clientela e a collaudare il servizio in camera che offriva l'hotel in cui soggiornava. Non sarebbe tornato indietro per tutto l'oro del mondo.
“Te l’ho dico io, Mags! Quei quattro pezzi di sterco.." aveva ripreso suo madre.
"Mamma, lascia perdere." aveva sorriso Magnus, scuotendo piano la testa. "E' stato meglio così." aveva asserito, convinto.
"Uff! Va bene! Va bene! Comunque ho accennato all'amico di tuo padre.. cioè.. tuo padre gli ha raccontato di che fantastico figlio abbiamo." aveva continuato Dewi, entusiasta. "Del cuore del nostro cuore, del sole del nostro sole.."
"Mamma, ti prego, smettila!" l'aveva interrotta Magnus, alzando gli occhi al cielo. "Arriva al dunque!"
Suo padre aveva sogghignato piano, prima di sganciare la bomba. "Tua madre gli ha promesso che avresti fatto da guardia del corpo a suo figlio." aveva esalato, tutto d'un fiato. "Ahio! Smettila di tirarmi pugni sul braccio!" si era poi lagnato, in direzione della moglie.
"Te lo meriti!" aveva sentenziato Dewi.
Magnus era rimasto in silenzio, allibito, per un lungo momento. "Tu.. voi.. COSAAA???" aveva sbraitato infine.
"Hai visto? Te l'avevo detto che si sarebbe arrabbiato!" aveva sussurrato Asmodeus, trionfante. "Te l'avevo detto! Te l'avevo detto!"
"Mags.." iniziò sua madre, con voce calma, ignorando il marito.
"No!" aveva tuonato Magnus.
"Mags.."
"N.O. No!"
"Magnus Bane!"
Quando sua madre usava il suo nome per intero non era mai un buon segno, ma Magnus era troppo arrabbiato per badarci. "Ho detto di no. E con questo, vi saluto."
"Per favore, Mags!" l'aveva pregato allora Dewi, con tono accorato. "E' un caro amico di tuo padre."
"Si può sapere cosa ti è saltato in mente?" era esploso Magnus. "Hai idea di quante agenzie offrono un servizio del genere? Perché diavolo gli hai fatto il mio nome?"
"Perché sei il migliore!" aveva risposto Dewi, senza indugio.
"Non mi interessa! La mia risposta è no!" aveva ripetuto Magnus, deciso.
"Mags.."
"No!" aveva detto Magnus, testardo. "E non ti ha minimamente sfiorata l'idea che potrei aver del lavoro da fare? Che potrei avere degli impegni?"
"Certo, ma visto che giusto ieri ci hai informato che per un po' sei libero da qualsiasi incarico.. è perfetto!" gli aveva ricordato Dewi, con una certa soddisfazione.
"No che non lo è!"
"Mags, lo so che tua madre avrebbe dovuto consigl.. ti ho detto di piantarla di darmi gomitate!" aveva ringhiato Asmodeus alla moglie. "Mags, purtroppo le minacce sono serie. Quel ragazzo è in pericolo!"
"Beh, non mi interessa! Ora chiami il tuo amico e lo informi che si deve rivolgere a qualcun altro."
"Magnus Bane!" aveva tuonato Dewi, alzando il tono di voce. "Da quando in qua sei diventato così cinico e insensibile?"
"Da quando mia madre mi scombina la vita obbligandomi a fare da babysitter a un moccioso!"
"Non è un moccioso, Mags. Ha ventotto anni." aveva precisato Asmodeus.
"Fa lo stesso. Il risultato non cambia. Sempre il babysitter devo fare!"
"Mags, quel povero uomo non dorme la notte per la preoccupazione di ritrovarsi il figlio assassinato!" aveva rincarato Dewi. "Se dovessi trovarmi nella sua situazione.. cielo, ne morirei!" aveva esclamato, con drammatica enfasi.
"Ma fammi il piacere!" aveva sbuffato Magnus. "Se è tanto preoccupato, perché non chiede a uno dei suoi scagnozzi di proteggere il suo moccioso? Eh? Perché? Se è vero che vuole fare il Senatore, significa che ha un entourage con i controfiocchi!" aveva sottolineato, irremovibile.
"Digli qualcosa!" aveva mormorato allora Dewi al marito.
"E cosa?"
"Qualsiasi cosa! Convincilo!"
"Convincerlo? Dewi, non so se tu ti sia mai resa conto che è tale e quale a te!"
"Ohhh, ma piantala!" aveva brontolato Dewi. "Mags.."
"NO!"
Dewi aveva sospirato pesantemente. "Sayang!" aveva allora insistito, rivolta al marito.
"Così poi tiene il muso solo a me? No!"
"Asmodeus Bane! Ora!"
"Tiranno.." aveva mormorato Asmodeus, rassegnato. "Per favore, Mags!" lo aveva allora pregato suo padre. "Non te lo chiederei se non fosse importante." aveva mormorato, con tono accorato. "Fallo per me. Ti prego, Magnus!"
Se sua madre usava il suo nome per intero per sgridarlo, suo padre lo utilizzava solo quando la situazione era davvero seria, al limite del drammatico. Magnus sapeva benissimo che quell'uomo non avrebbe più avuto un secondo di pace, nella sua vita, se lui non avesse accettato. Dewi avrebbe tartassato il marito da qui all'infinito, stressandogli l'anima per il resto dei suoi giorni, se Magnus non avesse detto sì!
"E va bene!" sospirò infine, rassegnato.
"Oh, tesoro, è fantastico!" aveva esultato Dewi, raggiante.
"Grazie, Mags." aveva risposto Asmodeus, con un tono chiaramente sollevato.
"Sì, sì. Prego, prego." aveva ribattuto Magnus, con il broncio. "Quando devo iniziare?"
Scoprire che non solo doveva presentarsi dal moccioso-non-moccioso l'indomani mattina, ma anche che avrebbe dovuto convivere con quel perfetto sconosciuto, era stato il colpo finale per il povero cuore di Magnus. Sua madre era certa di morire giovane, ma Magnus era altrettanto sicuro che sarebbe schiattato prima, se la donna avesse continuato a intromettersi nella sua vita in quella maniera!
Quel che era peggio, era che i suoi genitori pretendevano che si trasferisse, così, senza un minimo di organizzazione, quando sapevano benissimo che gli ci voleva un'infinità di tempo, per preparare la valigia, anche quando doveva partire solo per due giorni! Come potevano pretendere che riuscisse a decidere in meno di ventiquattro ore quale vestiti portarsi e quali no? Era impossibile!
"Vedila così: tuo madre smetterà di starti addosso con la storia del matrimonio almeno per un po'!" sorrise Ragnor, divertito, facendolo tornare al presente.
Magnus fece una smorfia, storcendo il naso. "Ci credi che l'altro giorno stavo cercando una sciarpa, che mi aveva fregato, in uno dei suoi cassetti e ho trovato una lista di possibili mogli e mariti per me? C'era Jonathan Morgenstern su quella lista, te ne rendi conto? Jonathan Morgenstern! Quel tizio è inquietante! E' un serial killer a piede libero!"
A Ragnor andò di traverso il drink che stava bevendo e iniziò a ridere e a tossire convulsamente.
Magnus lo guardò in cagnesco. "Demi Tuhan [ndr. Sant'Iddio]! Cosa crede? Che sia così disperato? Ho il mio orgoglio, cazzo!"
"Beh.. è che quell'idiota respira e quindi è un candidato come un altro!" rispose Ragnor, scrollando le spalle e continuando a ridacchiare.
"Non c'è niente da ridere." lo fulminò Magnus, imbronciato. "Gliel'ho già detto mille volte! Non voglio sposarmi! Non voglio! Non voglio! Non voglio!" ripeté, come un bambino che faceva i capricci. "Voglio solo rimorchiare e fare sesso. Chiedo forse troppo?"
"Forse dovresti provare a dirle di smetterla."
Magnus lo guardò, scettico. "Ancora con questa storia? Hai mai provato a dire di no a mia madre? Ma se è persino riuscita a convincermi a fare questa cazzata della guardia del corpo!" dichiarò, con enfasi. "E' un rullo compressore che passa e spiana tutto ciò che trova sul suo cammino! Non molla mai. Mai! Ti sta addosso fino allo sfinimento e alla fine ti ritrovi a dire di sì a qualunque cosa, pur di farla smettere!"
Ragnor scosse la testa, sorridendo. Non lo invidiava per niente. "Allora, quand’è che devi presentarti da questo tizio?" chiese, sorseggiando il suo bicchiere, nel tentativo di distrarre l'amico.
"Sono un uomo libero fino alle otto di domani mattina." rispose Magnus, cupo.
"Fantastico!" esclamò Ragnor, entusiasta. "Allora abbiamo tutta la notte per noi!"
"Non devi vederti con Raph?"
"No, lavora. Questa sera, amico mio, sono tutto tuo!" sorrise Ragnor, brindando nuovamente. "Ci diamo alla pazza gioia come ai bei vecchi tempi?"
Magnus lo fissò, sorridendo. In passato, quando erano in licenza entrambi, l'avevano fatto un sacco di volte, anche con gli altri compagni di divisione. Notti da sballo in cui si divertivano a passare al setaccio i locali di mezza città, facendo a gara a chi si portava a letto la ragazza o il ragazzo più sexy o a chi si sbronzava di più, aspettando poi, ubriachi, il sorgere del sole.
Era passata una vita dall'ultima volta che l'aveva fatto con l'ex collega. Più precisamente, loro due avevano smesso quando Ragnor si era accorto di essere innamorato cotto di un altro loro compagno di divisione, Raphael Santiago, ed era quindi diventato un fidanzato assennato e responsabile. Robe che, se non l'avesse visto con i propri occhi, Magnus avrebbe giurato che l'amico era stato sottoposto a qualche tipo di lobotomia.
"Allora, che ne dici?" chiese Ragnor, in attesa di una sua risposta, facendo balenare i denti bianchi in un sorriso malizioso.
Un sorriso luminoso danzò sulle labbra di Magnus. Perché no? Avrebbe avuto il piacere di conoscere la sua croce, di cui aveva già dimenticato il nome, solo la mattina successiva. Mancavano quindi ancora diverse ore allo scoccare del suo supplizio e quell'incarico non era uno di quelli per cui lui aveva bisogno di presentarsi lucido e concentrato.
"Sai, Ragnor, ogni tanto succede anche a te di avere delle buone idee." lo canzonò Magnus, alzando il bicchiere nella sua direzione per brindare.
 
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Note dell’autrice
Con questo capitolo svelo il motivo del perché ho preferito mettere OCC tra le note della storia: i genitori di Magnus sono liberamente ispirati ai miei (soprattutto Dewi) e ai lori tentativi di accasare me e i miei fratelli con il primo che passa ;-P
Ne approfitto per ringraziare chi ha letto il primo capitolo, chi l’ha commentato e chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate e seguite.
Grazie mille per la fiducia e spero che vi piaccia anche il secondo capitolo!
Un bacio e a presto! :-*
   
 
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