Film > Pirati dei caraibi
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Autore: Minga Donquixote    11/11/2019    4 recensioni
«Sei incredibile!» Si lamentò lei, tornando a sedersi sul pavimento e afferrandogli una mano. «Vuoi pure che ti racconti una fiaba per bambini?»
Cutler la guardò minaccioso e strinse forte la mano, facendola gemere di dolore. «Sei insopportabile.» le sibilò.
«Faccio del mio meglio.» ribattè lei, testarda.
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Era sicuramente un incubo il posto in cui era capitata la giovane Eris Gallese. Parrucche incipriate, lotte di pirati, dannati corsetti e no docce saponate.
Quando non si studia la storia, ci si trova impreparati.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Norrington, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17. Il cuore di Davy Jones
 
Anche quel pomeriggio il sole rompeva la quiete e la sanità mentale degli ufficiali, costretti ad andare in giro per il ponte per dirigere tutti i vari ruoli dei soldati.
Erano partiti da Port Royal ormai già da qualche giorno ed erano sempre a un tiro di schioppo dalla nave minacciosa di Davy Jones. Sembrava non farsi scrupoli a disintegrare ogni nave che non riportasse una bandiera o mostrasse con orgoglio quella da pirata.
L’Endeavour passava tra i rimasugli e i cadaveri degli uomini caduti per mano del mostro. Gli ufficiali buttavano sguardi, scostando qualche corpo con lunghi bastoni, come per assicurarsi che fossero morti. E si sa, i morti non raccontano storie.
Eris cercava di ignorare come l’aria tra i soldati si fosse fatta tesa e spaurita, tuttavia si trovava ad ascoltare delle conversazioni tra loro mentre girava a vuoto. Erano tutti molto spaventati da Jones e credevano che Beckett non avrebbe saputo gestire con sicurezza quel capitano.
Quel pomeriggio, una nave che svettava la bandiera della compagnia si affiancò all’Olandese, che per sorpresa della giovane lasciò passare senza problemi. Si avvicinò all’ammiraglia e si accostò ad essa, tirando fuori una banchina per portarsi dall’altro lato.
Dalla nave uscì Mercer, vestito dalla testa ai piedi di nero nonostante il caldo bestiale che li assaliva, e salì sull’enorme ponte, chinandosi alla ragazza in un gesto di cortese saluto.
«Tutto bene a Singapore?»
Quello sbatté le palpebre per qualche istante ma stabilì di risponderle solo un semplice “molto bene, in effetti” per poi proseguire verso l’interno dell’ufficio di Beckett. Cutler dedicava le sue serate sempre ed esclusivamente a lei, giocando a scacchi e rimbeccandosi come ragazzini orgogliosi, ma le sue giornate erano occupate alla supervisione dei suoi tenenti e sottotenenti.
Tendeva a disturbarlo molto meno data la vicinanza ai primi atti della battaglia e si occupava di gironzolare per l’immensa nave che non aveva ancora avuto occasione di sondare completamente.
Riuscì a finire nella parte più bassa dell’Endeavour, osservando le inquietanti ma pulite prigioni per poi risalire ai posti dove avevano posizionato i cannoni.
Alla fine un soldato la scortò nuovamente fuori, avvertendola che era una zona pericolosa, non adatta alla sua persona.
Annoiata guardò in giro alla ricerca di un modo per intrattenersi che non fosse leggere per l’ennesima volta quei libri orrendi sull’etichetta (l’ufficio di Cutler era off limits per lei alle ore del giorno) e trovò James che scrutava l’orizzonte con un cannocchiale dorato per individuare l’Olandese Volante.
«Ammiraglio» lo salutò, dandogli una pacca sulla spalla coperta dal pesante giubbotto blu e oro.
Quello guardò verso di lei con un cipiglio confuso. Non è che lei lo salutasse spesso. Inoltre…
«Ah, vi ricordate di me, di tanto in tanto.» sarcastico, tornò a dare attenzione alla nave maledetta.
Lei si accigliò «Che intendi dire?»
«Mi riferisco alle nostre lezioni, Lady Beckett.» un pugnetto si scontrò contro la sua spalla facendolo ridere. Odiava essere chiamata in quel modo dagli ufficiali e non faceva altro che urlarglielo dietro. «Non vi siete degnata nemmeno di dirmi della vostra intenzione di interromperle.»
Lei fece spallucce «Beh, sai, mi hanno quasi staccato un braccio…»
L’uomo alzò gli occhi al cielo, osservando con la coda dell’occhio come la ragazza tenesse ancora applicata la garza bianca sulla ferita sotto la casacca nera.
«Scusami, Norry. Ci sono state delle incomprensioni con Beckett…» sospirò la giovane, ricordandosi le varie dispute scatenate nelle ultime settimane.
«Oh, si. Queste incomprensioni prevedono visite notturne nella sua cabina?»
La Gallese arrossì fino alla punta dei capelli corti, guardandolo scioccata.
«E tu come lo sai?»
«Questa nave pullula di soldati, mia signora. Le notizie viaggiano velocemente» e sorrise maliziosamente nella sua direzione.
Era un po’ stizzita dal fatto che su quella nave si sparlasse così liberamente di lei, ma l’imbarazzo sovrastò l’arroganza con cui voleva fronteggiare Norrington.
«Non nego ciò che è ma nego ciò che si suppone.» mormorò, angustiata e timorosa. «E’ capitato che entrassi nelle stanze di Cutler, ma non di certo per…quello.» aggiunse alla fine dopo un momento di indecisione.
«Perché tanto imbarazzo, mia signora. Sono solo dicerie. I soldati si intrattengono con questo.»
«Dicerie malevole, mai piaciute.»
Prima che il messere potesse ribadirle il concetto, da sopra le scale un tenente attirò la loro attenzione.
«Ammiraglio Norrington, è richiesto da Lord Beckett.»
Eris osservò l’uomo chinarsi rispettosamente a lei e dileguarsi con permesso verso chi l’aveva convocato.
Tornata nuovamente sola, decise di rivolgere gli occhi verso il mare. Probabilmente e se la memoria non la ingannava, Barbossa e compagnia bella dovevano essere ancora in viaggio per recuperare Jack dallo scrigno…tuttavia, a causa della festa e di quei giorni con assenza di vento dovevano aver guadagnato già molto tempo per organizzarsi. La canzone è stata cantata in ritardo.
Non era passato giorno in cui non si era apprestata a guardare calare o sorgere il sole. Chissà, forse avrebbe visto anche lei questo misterioso “verde baleno”. E con quello sarebbe stata certa che Jack fosse tornato nel mondo dei vivi.
«Avvistata nave pirata.»
Un uomo sulla coffa urlò.
Eris posò lo sguardo nel punto dove si trovava la nave di Davy Jones e si spostò lungo il ponte per cercare di individuare la nave a cui si riferiva il soldato di vedetta.
«Due caravelle.» dichiarò ancora dall’alto.
E, socchiudendo gli occhi ai raggi del sole, la giovane riuscì a individuare due lontane figure davanti alla gigantesco Olandese.
«Issate le vele. Dobbiamo avvicinarci velocemente.» ordinò un ViceAmmiraglio nei dintorni, facendo scattare sull’attenti tutti i marinai.
Presto il ponte fu brulicante di uomini in divisa che scattavano a destra e a manca verso i loro rispettivi ruoli come erano soliti fare in quelle occasioni.
Passò quasi un’ora quando in lontananza Davy Jones riuscì a raggiungere le due navi pirata. Tutto accadde fin troppo velocemente anche solo per essere registrato. La nave tirò giù con decine di cannonate le due caravelle. Molti si buttarono in mare, altri urlarono pronti a fronteggiare la ciurma che ne fece però un massacro.
Due forti esplosioni e delle due navi nemiche non vi era la più minima traccia tranne per i mille pezzi galleggianti sul pelo dell’acqua.
«Per tutti i diavoli, non c’è rimasto niente.»
Eris, che era rimasta imbambolata davanti a quello scenario straziante, si accorse solo in quel momento della presenza del Lord a pochi passi da lei con il cannocchiale con cui scrutava l’orizzonte.
«Jones è incontrollabile, signore.»
«Prendi il forziere.» ordinò a Mercer, che lo guardò con aria confusa.
«E il governatore?» l’assassino vide la ragazza avvicinarsi con la coda dell’occhio e abbassò la voce, credendo che non lo avrebbe udito in quel modo. «Sta cominciando a fare troppe domande sul cuore.»
«Quindi sa.»
Beckett e Mercer si lanciarono sguardi carichi di significato. Non c’era bisogno di parole per evidenziare ciò che era tra le righe.
«Parrebbe che la sua utilità abbia fatto il suo corso.» chiuse il cannocchiale in una mossa e lo riconsegnò nelle mani del suo cane da guardia.
Eris azzardò solo in quel momento a subentrare nella conversazione, toccando la spalla del Lord con una mano.
«Oh, eccovi qui.» la salutò, come se avesse realmente realizzato la sua vicinanza solo in quel momento. «Farò una visita al buon capitano, giusto per rinfrescare un concetto.» alzò una mano al viso di lei e quando la tirò via, una piccola piuma bianca splendeva tra due dita.
Eris si pettinò i capelli con le mani, cercando segnali ben peggiori di una piuma ma fortunatamente non trovò niente. Odiava i gabbiani.
«Posso venire?»
«Cielo, perché mai?» chiese quello, stupito. Circa un mese prima, o poco più, si era categoricamente rifiutata di seguire le sue istruzioni a bordo dell’Olandese con la sua richiesta esplicita di eliminare dai mari quello che chiamavano il Kraken. Ora invece sembrava curiosa.
Dal canto suo, Eris aveva solo una voglia matta di vedere dal vivo il cuore di Davy Jones.
«Posso venire o no?» sbuffò lei, abbandonandosi contro l’albero lì vicino.
«C’è qualcosa che volete dirmi?» la scrutò severamente, come se avesse la convinzione che lei sapesse già qualcosa.
«Niente di niente» lo liquidò avanzando verso una delle scialuppe.

Parecchie barche avanzarono prima di loro, una di loro conteneva il Governatore Swann che Cutler le aveva proibito di salutare, accompagnato da Mercer. Poi vennero loro due, pagaiati da due tenenti e soldati.
Il tragitto non lo immaginava così lugubre e soprattutto con il tanfo di morte che sembrava impregnare addirittura le tavole di legno su cui vari corpi bruciati erano accasciati.
Le venne su quasi tutto ciò che aveva mangiato a colazione ma lo sguardo glaciale di Beckett la costrinse a ributtarlo nello stomaco.
Quando finalmente si avvicinarono alla scala di legno, il Lord si issò per primo e quando fu la volta di Eris quello le tese una mano per aiutarla a salire.
Lo ringraziò del gesto spontaneo e salì, con estrema difficoltà, sul ponte dell’Olandese Volante.
Le guardie della Royal Navy avevano già riempito la nave, spade sguainate e fucili pronti al fuoco contro il resto della ciurma di Jones.
«…non voglio neppure vederla sulla mia nave!»
La voce di Jones le arrivò subito chiara alle orecchie mentre uscivano allo scoperto dalla poppa.
Cutler si fece avanti, scostando gli ufficiali in attesa di ordini.
«Oh, mi dispiace davvero tanto…perché lo voglio io.»
Eris si protese per guardare il forziere nelle mani di due soldati e lo sfiorò con le dita, ricevendo un sibilo infastidito da un pesce della ciurma di Jones. Alzò le mani in aria, in segno di resa e si allontanò di qualche passo.
Cutler continuò col suo discorso, di cui lei già era a conoscenza «Visto che sembra l’unica garanzia che questa nave ottemperi agli ordini diretti impartiti dalla Compagnia.» e segnalò ai soldati, dietro Norrington di avviarsi a sistemare il cuore.
«L’Olandese fa solo quello che il suo capitano comanda.» aggredì il suddetto capitano.
«E il suo capitano fa solo ciò che gli è comandato!» ribatté il Lord.
«Questo non è più il tuo mondo, Jones. L’immateriale è ormai solo…immateriale.»
Mentre Eris si affiancava silenziosamente all’assassino, lo sguardo di Davy Jones la raggiunse, facendola rabbrividire. Tuttavia, Beckett si fece avanti interrompendo quel gioco, intimandolo.
«Credevo ti fosse stato chiaro quando ho ordinato di uccidere la tua bestia.»
Jones sembrava più a disagio a confrontarsi con Cutler, che il contrario.
Quello che la ragazza non si era aspettata era l’intervento imprevisto del Governatore, che avanzò al fianco di Beckett con un’aria appesantita.
«Avete dato alle navi l’opportunità di arrendersi?»
«Abbiamo lasciato che ci vedessero. Direi che è un’opportunità più che soddisfacente.» scherzò malignamente il capitano, agitando i suoi mille tentacoli viscidi. La risata della sua ciurma risuonò cupa e sommessa, ma ancora divertita.
«Mia figlia poteva trovarsi su una di quelle. Solo questo avrebbe dovuto essere motivo di moderazione.»
Eris sorrise. Certamente Elizabeth non si sarebbe trovata su una barchetta qualunque.
«Ci servono prigionieri da interrogare, operazione meno complessa quando si hanno ancora vivi.» si infiltrò Cutler, attirando l’attenzione su di se.
«Io sto sterminando i pirati, proprio come è diretto impartito dalla Compagnia!» lo scimmiottò Jones, affiancandolo subito dopo per avvicinarsi al Governatore. «E tua figlia è morta.»
Eris sbiancò a quella dichiarazione quasi quanto lo Swann. Elizabeth non poteva essere morta, la storia non lo prevedeva.
Guardò Cutler ma riuscì solo a vedergli il codino bianco, aveva il viso proteso ancora davanti a se, non danno cenno di nulla.
«Tirata giù nelle profondità con la Perla Nera dalla mia bestia. Lord Beckett non te l’ha detto?» proseguì dando un cenno al Lord lì affianco.
Weatherby guardò prima la giovane paralizzata sul posto, poi Cutler, afferrandolo subito per un braccio e girandolo verso se stesso. L’uomo manteneva lo sguardo basso, un’espressione fredda e quasi trattenuta da qualcosa.
Anche Eris riuscì a guardare il viso del compagno e rimase senza parole mentre il governatore si dirigeva da qualche parte, lontano da loro.
Dopo qualche momento, Jones stanco del silenzio si avviò dietro all’uomo scomparso mentre la ciurma rimaneva ancora sotto stretta sorveglianza della Royal Navy.
Proprio mentre anche Beckett partì al seguito, Eris lo bloccò per la spalla.
«Che significa…Elizabeth Swann…è morta?»
Che cosa avrebbe fatto se la giovane che aveva dato man forte a tutti i pirati fosse stata realmente trascinata e mangiata dal Kraken? Ciò significava che anche lei sarebbe stata trattenuta nello scrigno di Davy Jones, insieme a Jack…o no?
Ma a smentire il suo attimo di pazzia fu Beckett stesso.
«Nonostante non sappia il motivo del vostro interesse nei confronti di quella donna, vi posso sfortunatamente avvisare che no, non è morta.»
Fece un cenno al signor Mercer dietro di lei che la superò silenziosamente andando dietro il Lord.
Eris, dopo essersi ripresa, lo seguì diretta fino ad arrivare ad una stanza. Davanti a loro, il Governatore era trattenuto per le mani da James Norrington e aveva una lunga lama protesa verso lo scrigno aperto sopra il piedistallo. L’Ammiraglio invece protendeva una pistola con la mano libera verso Davy Jones, che era vicino a loro e li guardava come a sfidarli.
La giovane si coprì la bocca con le mani, temendo che quel padre distrutto e lagnante avrebbe davvero trafitto il cuore di Jones.
«Governatore!» gridò Beckett, palesandosi sulla porta insieme agli altri due nuovi arrivati. «Tua figlia è ancora viva.» continuò pacatamente.
«…cosa?» sussurrò a mezza bocca Swann.
Mercer guardò Cutler, poi di nuovo il governatore, prima di prendere la parola «L’ho vista io stesso, a Singapore.»
«Ah…no…siete tutti bugiardi…» una lacrima scese lungo le guance cadenti dell’uomo e sembrava quasi guardare direttamente la ragazza, come aspettandosi un’altra conferma.
Cutler fece qualche passo avanti. Eris notò come stringesse forte un pugno al suo fianco. Lei stessa sentiva galoppare il suo cuore, per Beckett doveva essere lo stesso.  Se Weatherby avesse pugnalato il cuore ci sarebbe stato un grosso problema da risolvere.
«No, Jones è…semplicemente crudele. Tuttavia, mi colpevolizzo per l’omissione, di cui mi scuso.» nonostante avesse usato parole sottomissive, il Lord non aveva perso quella velata presenza di minaccia nella voce.
«Governatore.» lo supplicò James, non lasciando trapelare nessuna esitazione mentre teneva sotto tiro il capitano del’Olandese. «C’è ancora speranza…per favore…»
Lo Swann scacciò via la mano dell’ammiraglio dal suo braccio, provocando in Eris un balzo in avanti che fu prontamente bloccato dal bastone di un Beckett estremamente teso. Il governatore guardò prima tutti loro con uno sguardo carico di odio, poi abbassò l’arma che fu restituita a James.
Circumnavigò il piedistallo e si fermò per qualche attimo al fianco di Beckett. «La nostra associazione termina qui.» e uscì dalla stanza in tutta fretta, asciugandosi gli occhi con una manica del lungo cappotto verde acqua.
«Sei licenziato, Capitano» sibilò Cutler al pesce troppo cresciuto lì accanto.
Davy Jones fece la sua uscita, mediamente soddisfatto.
«Grazie, Ammiraglio» aggiunse poi, tendendo fuori una mano per richiedere al subordinato che gli consegnasse le chiavi del forziere.
James le posò sgraziatamente sul suo palmo e uscì in tutta fretta da lì dentro. Eris, nonostante l’interesse verso lo scrigno, decise di seguirlo velocemente. Lo cercò con lo sguardo per vedere dove avesse voltato e quando lo individuò, si tese e agguantò l’orlo del suo completo.
«James!»
L’uomo la guardò ed Eris, per la prima volta, notò profonde lacrime solcargli il viso.
«Mi dispiace, James. Non ne ero certa neanche io…ma credo in Cutler, quello che ha detto deve essere vero.»
Norrington si allontanò dalla sua presa e osservò la compassione incisa sul viso di lei verso la sua persona.
«Ponete fiducia nella persona sbagliata, Eris.» si portò una mano al viso e cancellò le piccole perle d’acqua rimaste. «Lord Beckett non ha riguardo verso niente e nessuno. Vi porterà a morte certa prima che possiate rendervene conto.» la prese per le spalle e la scosse come a dirle di svegliarsi, totalmente all’oscuro della lieve fitta che le attraversò la parte ferita «Scappate via, voi che potete.»
Per la prima volta, Eris fu assalita da moltissimi dubbi riguardo la situazione precaria in cui si era avventurata. Aveva davvero occasione di fare una buona azione? E se avesse sbagliato? Sarebbe rimasta in vita abbastanza a lungo da poterci provare? Aveva tutto ciò di cui aveva bisogno, dopotutto…
Le mani dell’ammiraglio si scostarono da lei quasi di scatto, facendola tornare coi piedi sul legno umido.
«Mia signora.»
La voce di Beckett era come sempre piatta e fredda come l’acqua di una fonte e quasi familiare nel suo tono categorico.
La guardò intensamente per un così lungo istante, mentre se ne stava lì congelata, con quegli occhi azzurri, che si chiese cosa gli stesse balenando nella mente. Che cosa aveva visto, che cosa aveva sentito?
Poi azzardò un passo, trovandolo tremolante ma stabile, poi un altro acquistando fiducia finché non fu nuovamente al suo cospetto, la differenza di altezza palese sempre nonostante lui indossasse degli stivali.
«E’ tempo per noi di tornare all’Endeavour. Lascerò la responsabilità al caro Ammiraglio di gestire Jones.»
Le pose una mano dietro la schiena, accompagnandola lontano dalla figura ferma dell’uomo e fece per seguirla quando il richiamo di James lo colse di sorpresa.
«Lord Beckett, che ne sarà del Governatore Swann?»
Sembrò passare un’eternità prima che la risposta di Cutler prese consistenza in secche e circostanziali parole.
Dopo aver lanciato uno sguardo carico di sottintesi a Mercer, si girò a mezzo busto verso l’Ammiraglio, la mano ancora forzatamente posta sulla schiena della ragazza.
«Come avete potuto constatare, la nostra associazione non ha più alcun senso di esistere. Sarà scortato nuovamente in Inghilterra.»
“Morto” aggiunse la ragazza mentalmente mentre la trascinava via senza poter offrire a James neanche un ultimo saluto.

Quella sera, come di consueto, Eris dopocena entrò nell’ufficio di Cutler seppur con una certa titubanza. Le parole di Norrington l’avevano afflitta per tutta la giornata e non riusciva a togliersi il peso di quella brutta sensazione sulla pelle. Forse il famoso sesto senso che la pregava di smetterla di giocare e andare dalla parte dei vincenti nel modo più veloce e intelligente possibile.
Si sedette al solito tavolo (o meglio, l’unico libero e privo di scartoffie) con la scacchiera e si abbandonò al più totale silenzio per la prima volta nel giro di mesi e mesi.
«Qualcosa vi turba.»
Poteva sembrare una domanda, ma non lo era.
La Gallese si riscosse e forzò un sorriso.
«No, nulla. Sono ancora scossa dall’accaduto, tutto qui.»
E tornò a posare gli occhi sul suo fidato cavallo che l’aveva salvata in così tante brutte situazioni.
«Si, qualunque cosa vi abbia detto l’Ammiraglio Norrington deve avervi destabilizzata davvero molto.»
Quando puntò gli occhi su di lui lo trovò serio, ma nella sua direzione, non verso il gioco.
Sentiva il cuore quasi esplodergli dal petto. Non sapeva cosa avrebbe potuto fare Cutler se avesse anche solo pensato che lei aveva abbandonato la fiducia in lui. Non sapeva che misure avrebbe adottato per renderla innocua alla sua causa.
«Cosa ne sarà realmente del Governatore?» decise di puntarsi in qualcosa che la opprimesse, si, ma meno del vero e reale motivo.
Beckett accennò un sorrisetto scaltro e tornò al gioco, come soddisfatto di avergli torto dalla bocca le parole.
«Se siete sveglia come volete farmi credere dovreste già averlo capito, non è vero?» e mosse in avanti il suo unico pedone che non gli consentisse di essere mangiato.
«Perché? Potresti davvero solo mandarlo a Port Royal e-»
«Per quanto il vostro buon cuore mi rechi sincera commozione, io non posso permettermi passi falsi. Il Governatore è un rischio pesante alla mia impresa, lo avete notato voi stessa.» la pietrificò. «Non posso permettermi alleati instabili.»
Con molta probabilità, le sue ultime parole non erano dirette propriamente a lei. Ma nonostante questo, la paura prese il sopravvento sulla sua lucidità.
Il cuore le doleva per il forte colpo d’ansia che le era stato appena scaraventato addosso. Aveva sempre giocato con quest’uomo senza mai pensare alla sua indole severa. Non si era mai preoccupata di essere uccisa perché lo credeva improbabile…improbabile che avrebbe ucciso un bene così raro. Ma era probabilmente più una minaccia ormai che una risorsa per lui.
E ci fu un errore.
Il cavallo le scivolò dalle dita e finì a terra, contro il legno del pavimento. Rotolò, rotolò… finché non finì a metà strada tra lei e l’uomo davanti a se.
E poi Cutler si sporse per afferrarlo, alzandosi dalla sedia.
Il movimento del signore, dopo il mini attacco di panico della giovane, la costrinse a balzare in piedi mentre la pesante poltrona strusciava rumorosamente indietro per far spazio alla sua figura ritta.
Le sue mani tremavano nonostante stesse disperatamente tentando di tenerle a bada stringendo forte fino a bucare quasi la pelle dei palmi.
Il Lord si alzò a sua volta, confuso dalla reazione, ma quando lo fece i suoi presentimenti furono cristallini ai suoi occhi.
Lei aveva paura.
«Non so cosa abbia suscitato in voi questa reazione, ma non intenzione di farvi del male.» Beckett sentiva che se avesse fatto del sarcasmo in quel momento, la ragazza non l’avrebbe presa bene.
«Cosa mi rende più importante del governatore, allora?» aveva paura, certo, ma non permise alla sua voce di vacillare nemmeno un secondo. Quello che Cutler avrebbe visto sarebbe stata una donna spaventata ma disposta a tutto. Impose a se stessa di sostenere il suo sguardo di ghiaccio ma quella sera le parve di scorgere un lampo di stupore.
«Credevo fosse piuttosto ovvio.»
«Io sono sacrificabile» si stava mortificando, lo sapeva, ma non riusciva a trovare la sua compostezza.
Beckett parve soppesare quelle sue parole a giunse alla sola conclusione possibile.
«Sembra che la decisione di allontanare James Norrington non sia poi così errata.»
Sgranò gli occhi.
«L-Lui non c’entra…lui-»
«Sembra anche che abbiate stretto un legame particolare.»
«Non è così» stava cominciando ad irritarsi.
«Erano solo lezioni private, io mi domando?»
«Tu! Piccolo-»
Lo prese per il bavero della giacca e strinse forte il tessuto nel suo pugno di ferro, come ad avvisarlo della sua pericolosità.
Ma l’uomo sorrise e basta. Un sorriso giocoso e ironico che la sorprese non poco.
Senza rendersene conto, tutta la paura era stata sostituita da una rabbia incontenibile facendola avvicinare a lui senza soppesare le conseguenze del gesto.
Lasciò lentamente andare la stoffa, tornando col braccio lungo il fianco.
«Le vostre emozioni e reazioni vagano a briglie sciolte.»
Non aveva un minimo di autocontrollo, lo sapeva benissimo. Qualsiasi emozione si appropriasse di lei, diventava un fuoco impossibile da domare.
«Beh, per lo meno abbiamo accatastato quell’innaturale paura, non è così?»
Sotto il naso di lei fu sollevato un bicchiere, che prese nella più completa tranquillità. Aveva spento sia i suoi sudori freddi che i suoi bollenti spiriti nel giro di pochi secondi. Era davvero di così facile gestibilità per lui?
«Era solo…un attacco di panico.» realizzò, sorseggiando con una smorfia il liquido ambrato e secco. Se lo scostò dal viso e agitò il bicchiere davanti ai suoi occhi, facendo roteare il brandy come un mulinello che scacciava i suoi restanti tremori.
«Ognuno reagisce a modo suo. Ma come vi ho detto, non ho alcuna necessità né voglia di togliervi di mezzo. Non ne trarrei alcun vantaggio.» la informò di nuovo, sedendosi dietro la scrivania già colma. «Purché non siate una minaccia.»
E la fissò. Eris sentiva la carta del documento bruciarle contro il petto nella tasca interna della sua casacca, come se volesse auto disintegrarsi in quell’istante.
«Voi siete una minaccia per me, Eris?»
«No!» si affrettò a rispondere, come temendo che l’uomo potesse indagare di più sul suo improvviso silenzio. Strinse forte le dita contro il bicchiere di vetro, temendo quasi di ridurlo in pezzi, per impedire di tremare o tentennare e sembrò funzionare perché Beckett annuì convinto.
«Vi consiglio di non pormi domande di cui non volete conoscere la risposta. Sempre che ne abbiate bisogno davvero.»
Eris deglutì sonoramente e mosse il capo come ad accennare di aver capito.
Si avvicinò alla destra dell’uomo seduto e allungò una mano per afferrare la bottiglia lì vicino. Se ne versò un’altra modesta quantità nel bicchiere sotto lo sguardo sorpreso del Lord e la rimise al suo posto.
«Mi dispiace. Immagino di aver esagerato.»
«Comprensibile. Non che l’idea non mi sia passata mai per la testa, in tutta onestà…» nascose il proprio sogghigno dietro il calice mentre quella lo guardava scioccata.
Ma quasi nello stesso istante, le si aprì un sorriso divertito sulle labbra.
«Si, in effetti un paio di mesi fa hai cercato di spararmi per aver fatto rubare una nave dai pirati.»
«Non una nave, LA nave. Avete ancora un grosso debito da ripagare a proposito di quello» al solo ricordo, Beckett parve sbiancare.
«Sembra passato molto tempo» commentò con fare nostalgico lei, osservando i contorni dorati del bicchiere di vetro.
Cutler parve pensarci su. «Tra un paio di giorni dovrebbero essere trascorsi 3 mesi.»
Eris ghignò «Che carino, ti sei segnato i giorni.»
«Certamente, la vostra petulante presenza non è facile da dimenticare neanche per un’ora.»
La giovane rise. No, dopotutto lui non era cambiato affatto. Forse era solo lei che si era irrigidita oltre il possibile dopo tutto quel avvicendarsi di eventi di cui era già al corrente.
Rimasero in silenzio per lunghi momenti prima che lui avesse l’opportunità di porre la domanda a cui aveva provato a trovare risposta istanti prima.
«Quindi, cosa vi ha detto l’Ammiraglio?»
Negli occhi della ragazza era tornata la diffidenza con il quale aveva cambiato argomento mentre lo fissava. «Lui…mi ha augurato buona fortuna…più o meno…» chiuse gli occhi e distolse lo sguardo. Aveva detto una mezza verità, ma anche una mezza bugia.
«Potrei anche permettere a Norrington di tornare di nuovo sull’Endeavour, dopotutto…» la sua voce era un misto di suadente innocenza, ma senza ombra di dubbio magnetica come poche. «Ci sono molti modi per persuadere un uomo.»
Eris rimase in silenzio per qualche secondo, cercando una frase appropriata per rimbeccarlo di quello scherzo idiota, e ne trovò solo una.
«Hai una piccola traccia di Jack Sparrow, in te, è chiaro.» e scosse il capo tornando alla propria bevanda.
Cutler non rispose subito, sembrava invece esserci perso nei ricordi per qualche attimo mentre faceva cozzare tra loro due pezzi da otto trattenendoli sotto l’indice e il medio.
«Sparrow ha assunto un ruolo essenziale nella mia vita. Che lo abbia svolto in maniera pessima non c’è dubbio.» pensò ad alta voce, alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi silenziosamente alla ragazza. «Ma immagino che abbiate ragione.»
Beckett osservò l’espressione della giovane passare da muta incredulità a orgogliosa consapevolezza.
«Ho sempre ragione io» lo prese in giro lei, spostando gli occhi sul fazzoletto di pizzo al suo collo. Protese le mani e addrizzò la stoffa dal suo collo con due semplici mosse. «Fa un caldo bestiale, credevo che voi londinesi lo soffriste di più.»
«Potete toglierlo, se vi da tanto fastidio alla vista.»
Eris rise. «Non sai chiederlo senza farla sembrare una gentilezza nei miei confronti, vero?» e disfece il panno che scivolò a entrambi i lati del suo collo.
Tuttavia, la punta delle dita della giovane aleggiavano ancora sulla sua carne. Più precisamente, solcavano una piccola cicatrice sopra una clavicola.
Quel lieve contatto bruciò la pelle di Cutler e gli ricordò che aveva abbandonato la protezione del cappotto su una di quelle poltrone lì vicino a causa del caldo della stanza.
La ragazza sembrò percepire il disagio dell’uomo e fece un passo indietro, un sorriso di scuse sulla labbra.
«Era un tentativo di seduzione, mia signora?»
La ventiduenne rise alla domanda divertita e curiosa del Lord e giunse le mani davanti al viso. «No, non credo lo fosse.» poi rifletté. «In realtà non saprei minimamente come sedurti.»
In effetti, l’uomo non era poi così facile da capire, soprattutto in quegli ultimi tempi.
Beckett aprì le labbra in una muta espressione di sorpresa. «Pensavo la stessa cosa di voi.»
Passarono altri duri secondi di imbarazzo finché Cutler non si allontanò dal suo tocco, dritto con le mani dietro la schiena come a imporsi.
«Spero che io sia stato chiaro a proposito della vostra sicurezza a bordo.»
Eris annuì, il sorriso che ancora le aleggiava sulle labbra. «In tal caso cercherò di limitare la minaccia che è in me.»
«Non sono certo che questo possa essere possibile.» sbuffò lui, passandosi una mano lungo la fronte. Doveva essere stanco.
Nonostante questo tornò ad un tavolo pieno di carte e prese da lì una penna, cominciando ad apportare delle scritte eleganti sulla loro superficie. Sembravano essere numeri, più che lettere ed Eris non indagò oltre.
«Cerca di riposare un po’. Ti stanno venendo le rughe.»
Ma prima che uscisse dalla stanza, stabilì che gli avrebbe posto la domanda che la assillava ormai da giorni e giorni.
«Da quando mi sono ferita mi hai evitata numerose volte. C’è una ragione?»
Il suono della penna d’oca si fermò solo dopo aver concluso una frase e fu riposta nel calamaio con un movimento brusco. Quando i suoi occhi incrociarono quelli di lei, un brivido la attraversò da capo a piedi.
«Per quanto voi non mi vediate come tale, son pur sempre un uomo.»
Quando quella parve non capire cosa lui le stesse dicendo, aggiunse con qualche difficoltà «Non posso concedermi…piaceri diversi.»
Allo specificare del concetto, la ragazza arrossì e si portò una mano al collo. La saliva si era improvvisamente prosciugata e deglutire sembrava essere la cosa più difficile del mondo in quell’istante.
«H-Ho capito!» gracchiò. Era stato piuttosto esplicito con le sue motivazioni.
Cutler sembrò come preoccupato dalla sua reazione e si avvicinò nuovamente a lei, per constatare che fosse tutto nella norma.
«Mi scuso, pensavo che le mie intenzioni fossero state chiare due settimane fa.»
Lei agitò il capo, accettando la rivelazione del tutto imprevista dell’uomo e gli augurò la buonanotte prima di uscire velocemente dalla stanza.
Quando riuscì a chiudersi la porta della propria camera alle spalle, si trovò con un forte calore al centro del petto. Non riusciva a comprendere le sue emozioni quando quello prendeva quell’argomento in modo così diretto. Assopirle forse era la scelta migliore, in quel momento. Ogni volta che lo toccava sembrava che giocasse con il fuoco ma non si era mai accorta quanto fosse stata vicina a bruciarsi.


Angolo dell'Autrice
Buooongiorno,
Si, continuo imperterrita ad aggiornare anche se ad estremo rilento. Ho momenti di ispirazione alternati a 10 di totale inettitudine alla scrittura (come per esempio adesso, mentre cerco di scrivere una sorta di spiegazione post capitolo).
Tornando al capitolo, come avrete visto da alcuni dialoghi siamo nel clue del terzo film di POTC. Inoltre, poiché la nostra cara avventuriera scossa da ormoni non si è ben documentata, nei tre film ci sono state scene tagliate ed una di queste scene è proprio quella del Governatore. Ho deciso di metterle anche per chi magari non le ha viste e per creare quell'ambientazione sempre originale ma nascosta agli occhi dei telespettatori. 
Riguardo la coppia, l'aria è chiaramente stracolma di erotismo indiretto ma io da brava scrittrice allungo sempre i tempi lasciando i protagonisti a crogiolarsi nella sensazione di tiro alla corda.
Confesso, in più, che mi inquieta da morire un Cutler Beckett smielato ma dubito non si sia calato nei panni di galante uomo inglese pronto al corteggiamento di una giovane piccola Lady indifesa. Purtroppo qui, la Lady indefesa è sostituita dalla figlia di Satana che si diletta nel perverso sadismo.
Ma che vogliamo farci, chesta c'è capitata e chesta tocca tenesse (come si dice dalle mie parti).
Con questo, saluto tutti quelli che continuano a seguire la storia fino a qui. 
Vi ringrazio e ci vediamo quando ci vediamo.

 
  
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