“I know it and I feel it
Just as well as
you do, Honey
It's not our
fault if death's in love with us oh oh”
H.I.M – Death is in love with us
1.
Genesi
Vampiri: una minaccia palpabile. Reale.
La gente ha paura, e ne ha tutte le ragioni. Non è
sicuro aggirarsi in città dopo il tramonto, specialmente se si è soli: non puoi
sapere dove si nascondono. Non puoi vederli, non puoi sentirli. Se loro
decidono che tu non puoi avvertire la loro presenza, stai pur certo che sarai
morto ancor prima di poterti accorgere che qualcuno sta bevendo il tuo sangue.
Il coprifuoco è relativamente utile: i vampiri non
si avvicinano alle abitazioni a meno che non sia strettamente indispensabile.
Non è il loro ambiente, e un territorio ostile può nascondere trappole
insidiose. Del resto non avrebbero neppure bisogno di spingersi a tanto, dal
momento che le strade sono piene di incoscienti. E di prostitute, spacciatori,
tassisti e netturbini, anche. E poi, ovviamente, di cacciatori.
Il giorno è il regno degli esseri umani, ma quando
cala il tramonto i vampiri diventano i signori. C’è chi rischia e oltrepassa i
confini del loro territorio, e solitamente è così disperato da non potersi
permettere di cercare un altro lavoro. O semplicemente non può farlo, e sfida a
scacchi la sorte. In palio, c’è la vita.
Poi ci sono quelli che violano le regole e mettono
piede fuori di casa a tarda notte, il più delle volte per farsi belli con gli
amici. Prove di coraggio, le chiamano. O di stupidità, dipende dai punti di
vista.
Infine ci sono i cacciatori. Squadre di vigilanza
addestrate da scuole sorte quando i vampiri sono usciti allo scoperto.
Di queste creature non si sa molto: sia la loro
cultura che la loro origine sono presso che sconosciute. L’unica cosa realmente
importante è la loro pericolosità, e tanto basta.
Non serve conoscere altro.
*
Quella sera
faceva freddo, più del solito.
Una coltre di
nubi nascondeva le stelle e la luna non era altro che un pallido fantasma, un
alone sfuggente coperto dalle nuvole. Chiunque avesse alzato il naso, non
avrebbe visto altro che un cielo spento. Morto, esattamente come le creature
che camminavano assieme a loro; assieme ai vivi.
Era per quelle
bestie che erano lì, quella sera. Una delle tante che passavano all’aperto, avvolti
nelle loro giacche, con i nasi intorpiditi sprofondati nelle sciarpe. Avevano
un vitale bisogno di qualcosa di caldo da bere, qualcosa di così fumante da
poter riscaldare la pelle dei loro volti con il solo vapore. Avevano bisogno di
un posto caldo dove poter risposare e lasciarsi prendere dal sonno senza
preoccupazioni. Avevano bisogno di tante cose i cacciatori, ma il loro lavoro
non gliene permetteva nessuna, ed era questa la cosa che più di tutte irritava Cora.
«Odio l’inverno»
borbottò, calciando un ciottolo verso la strada. Amava lamentarsi, ma ormai i
suoi compagni di squadra si erano così abituati da non farci neppure più caso.
Era una
cacciatrice da diversi anni, e le notti che aveva passato a fare ronde non le
avrebbe neppure potute contare. All’inizio non le era stato facile abituarsi ai
ritmi massacranti della scuola: formarsi per ottenere il diploma di cacciatore
voleva dire rinunciare a coltivare una vita sociale soddisfacente, allenare con
costanza il fisico e la mente per essere sempre efficienti, rispettare le
regole rigide imposte dal regolamento. In sintesi, essere cacciatore voleva
dire impegno, disciplina e sacrificio.
Cora era riuscita ad
affrontare tutto questo aggrappandosi alla sua motivazione, che le aveva
permesso di stringere i denti e di continuare.
Non era stato
semplice resistere alla fatica di quella vita che lei stessa si era scelta, ma
quando lo stress l’assaliva e intaccava la sua tenacia, le era sufficiente
ripensare a Jodie. Era un metodo infallibile per scacciare qualunque
ripensamento.
E lei era del
tutto sicura di ciò che voleva fare della sua vita, nonostante fosse ugualmente
convinta che la lamentela fine a se stessa rientrasse in pieno nella rosa dei
diritti di qualunque cacciatore.
Erano usciti al
tramonto quella sera, come ogni volta che prestavano servizio. Amber, al fianco
di Cora, camminava puntellando la punta della spada –l’arma più comunemente utilizzata dai cacciatori- contro
l’asfalto. Come lei, era avvolta in un giaccone caldo ma non troppo lungo né eccessivamente
stretto, una giusta misura che la lasciasse libera di muoversi senza
costrizioni.
Come da
regolamento, entrambe portavano i capelli raccolti in uno chignon, e l’unico
espediente consentito per proteggere le orecchie dal freddo era un misero cappellino
di lana.
L’unico che
sembrava non farsi problemi ad infrangere le regole era il fratello di Cora, Ice. Più grande di lei di
due anni, era sempre stato incline alle sregolatezze.
La gente tendeva
a classificarlo come alternativo, e del resto non poteva certo passare per una
persona qualunque: rasta, vestiti larghi e Kefiah perennemente al collo, Ice si distingueva per il numero incalcolabile di
braccialetti che indossava e per un
rapporto del tutto particolare con le armi, la sua più grande passione.
Un amore
viscerale che la loro madre non aveva mai visto di buon occhio, e che superava
perfino quello per le ragazze. Non che a Ice non
piacessero le donne, anzi… Aveva la tendenza a far
sua l’ottica dell’amore universale.
Ho tanto amore da dare, ripeteva ogni
volta che usciva con una ragazza diversa.
E ogni volta, Cora annuiva e lasciava che lui si comportasse come
desiderava. Non approvava il suo comportamento, ma ciò che pensava lo teneva
semplicemente per sé. Imposizione del principio che regolava i rapporti tra
fratelli: “vivi e lascia vivere”.
Il problema di Ice, era che a ventisette anni non era ancora riuscito a
innamorarsi.
E, nonostante la
baldanza con cui passava di letto in letto, Cora era
sicura che ne avesse un gran bisogno.
«Stasera non c’è
molto movimento…» Amber sbuffò, distraendola dai suoi
pensieri. Niente movimento voleva dire niente lavoro. Niente lavoro voleva dire
noia.
Ed era
sorprendente come si sperasse in un incontro con qualche vampiro, pur di
salvare la serata.
«Scommetto che
se andiamo al parchetto troviamo qualche drogato» osservò Ice.
«Lo sai che i
vampiri non li guardano neanche di striscio. Piuttosto, che ne dite di andare a
cercare un chiosco? Avrei voglia di un bel panino carico di wurstel e salse di
tutti i tipi!» propose Cora. Lo stomaco le
gorgogliava, e se dovevano impegnare il tempo in qualche modo allora potevano
regalarsi tranquillamente un quarto d’ora di riposo per riempire la pancia.
Peccato che suo
fratello non sembrava disposto a concederglielo: lo intuiva dall’espressione
disgustata che gli leggeva in viso, palesemente canzonatoria.
«Ma se hai
mangiato prima di uscire?! Fai proprio schifo!»
«Meglio fare il
bis di cibo che il bis di canne, fattone…»
Ice stava per
ribattere con un insulto, una prassi nelle loro schermaglie scherzose, quando
Amber lo zittì all’improvviso con un cenno della mano.
Aveva
chiaramente sentito qualcosa, un rumore sospetto che a Cora
non piacque per niente. Continuarono a camminare, chiacchierando senza fare
troppo rumore, attenti a ciò che si poteva nascondere nelle zone in cui la luce
dei lampioni non arrivava.
E quando li
videro, Cora sapeva già che quei sei ragazzi che si
stavano avvicinando non erano umani.
I loro volti,
illuminati dalla luce artificiale, erano bellissimi come solo l’immortalità
sapeva renderli. Bellissimi e dannati.
Erano vampiri, e
si facevano sempre più vicini.
Quello in testa
al gruppo – dallo sguardo impudente e magnetico- la guardava con insistenza.
Sorrideva; un sorriso ambiguo che non prometteva nulla di buono.
«Tu guarda che
novità! Cacciatori in ronda dopo il tramonto…» uno
degli altri vampiri si fece avanti, con le mani calate nelle tasche dei jeans.
Il suo atteggiamento espansivo e confidenziale accese un campanello d’allarme
nella testa di Cora.
«Non un passo di
più, vampiro» gli intimò, puntandogli contro la punta della spada. «Fossi in te
abbasserei quell’affare…» era l’altro vampiro, quello
che aveva notato per primo. Il suo volto era serio. Pericolosamente serio.
Non c’era alcuna
traccia di ironia o di sarcasmo in quelle parole taglienti.
Era un animale
pronto ad attaccare.
«Che ne pensi
Santiago? Se portiamo alla Domina uno di questi cacciatori, dici che vinciamo
il Sabbath?» gli domandò un altro vampiro e Santiago –l’esemplare più influente del gruppo, ormai era chiaro-
sogghignò. Un ghigno che venne interpretato come una dichiarazione di guerra.
«Può darsi.»
Cora non aspettò un
minuto di più. Ruotò velocemente su se stessa, e la spada seguì il movimento
del suo corpo con precisione. Il colpo andò immediatamente a segno, e il corpo
del vampiro contro cui aveva puntato l’arma si accasciò a terra. La testa,
invece, rotolò per alcuni metri.
Ma non fu che
l’inizio.
*
Dalla strada
provenivano versi animaleschi e bestiali, capaci di far accapponare la pelle a
chiunque li sentisse. E la visione di quel groviglio di corpi che lottavano,
ciascuno per la propria sopravvivenza… Uno spettacolo
raccapricciante e lei, Cora, vi era dentro fino al
collo.
Non era stata
una buona caccia, quella.
Si era scatenato
il caos dopo che aveva decapitato il primo vampiro. Quelle creature erano
veloci, agili nell’evitare le lame che vorticavano fendendo l’aria e furbe
abbastanza da utilizzare a loro favore l’istinto da predatore.
Li stavano
sopraffacendo.
Cora si era
ritrovata Santiago addosso, e dopo una lotta breve ma intensa lui era riuscito
a disarmarla. Aveva sentito Ice gridare il suo nome,
e l’istante successivo una fitta acuta alla spalla l’aveva costretta a gridare.
E ora era lì,
immobilizzata contro il corpo massiccio di Santiago che le premeva sulla
schiena e con i suoi denti conficcati in profondità nella carne. Lo sentiva
fremere contro di lei, reso folle dall’eccitazione che il gusto del sangue gli
provocava.
E lei tirava,
spingeva, scalciava… Qualunque cosa, pur di fuggire a
quelle fauci che l’avrebbero sicuramente uccisa.
«CazzocazzoCAZZO!»
A mala pena si
accorse del panico nella voce di Ice.
Fuggi!
Era un istinto
primordiale troppo forte.
Un grido che non
poteva ignorare.
Fuggi!
Non si poteva arrendere.
«LASCIA STARE
MIA SORELLA, STRONZO!»
All’improvviso
Santiago la spinse da parte, e Cora inciampò
goffamente a terra, debole e dolorante. Solo in quel momento, non più alla
mercé del vampiro, avvertì il dolore pulsante alla spalla, profondo e intenso.
Ice si era lanciato
a difenderla, e stava combattendo contro il vampiro come una furia. I suoi
colpi erano veloci, rabbiosi, carichi di aggressività. Troppa, perché Ice potesse combattere con sufficiente lucidità.
Amber, poco più
in là, era appena riuscita a decapitare un altro vampiro, per ritrovarsi poi a
combattere con gli altri due esemplari.
Cora si fece forza e
si rimise in piedi, cercando di ignorare il dolore che le faceva pulsare la
spalla. Quando raccolse la spada, però, una nuova ondata di dolore la trafisse
e gemette di dolore e disperazione.
Doveva fare
qualcosa, qualunque cosa, o non sarebbero riusciti ad uscire vivi da quella
situazione che stava peggiorando di minuto in minuto.
Si lanciò
all’attacco in un ultimo gesto disperato reggendo la spada con incertezza, il
sangue che le inzuppava gli abiti, quando improvvisamente dalla strada
sbucarono due uomini e una donna, di una bellezza così raffinata da far male al
cuore.
Erano
inequivocabilmente vampiri. Li vide correre veloci verso la sua direzione.
Verso Amber.
All’improvviso
l’orrore l’assalì e l’immagine della sua amica, esanime sotto le fauci di
cinque creature in caccia, le attraversò la mente e le raggelò il sangue.
«AMBER!»
Amber si voltò.
Fu una frazione di secondo, così veloce che né lei né Cora
si resero subito conto di cosa stava accadendo. Quei tre i vampiri aggredirono
gli altri due, allontanandoli dalla cacciatrice: un’azione inaspettata, che
lasciò Cora interdetta.
Non impiegarono
molto tempo per bloccare i loro movimenti. Con un paio di mosse precise
ridussero i loro avversari inermi, bloccati in una forte presa che gli rendeva
impossibile qualunque movimento. Poi uno di loro – alto, dai capelli neri e gli
occhi viola- si fece avanti, verso Ice e il vampiro
contro cui stava ancora combattendo.
«Allora, Santiago… che vuoi fare?»
Santiago accennò
un sorrisetto di circostanza, e schivò un affondo che gli sfilò a pochi
centimetri dal braccio. «Non penso di essere nelle condizioni di chiacchierare
con te di quello che voglio o non voglio fare, Axel…»
In quell’istante
Ice fece per caricare un altro colpo di spada, ma Axel gli afferrò il polso.
«Lasciami,
vampiro» sibilò furioso il ragazzo, ma lui non ne rimase affatto turbato: la
sua espressione rimase impassibile, rigida.
«Direi che può
bastare, cacciatore.»
Ice non replicò.
Guardò Cora, e dal suo sguardo capì che la sorella
era pronta ad agire. Non sapeva cosa aspettarsi da quei vampiri, e a dirla
tutta non gli era mai successo di ricevere aiuto proprio dalle stesse creature
che cacciava.
Non riusciva a
capire come si sarebbe evoluta la situazione, ma era maledettamente ovvio che
le loro vite erano appese ad un filo.
Forse
temporeggiare era la soluzione migliore.
Forse uno di
loro sarebbe riuscito ad inventarsi un espediente per andarsene illesi, con la
testa ben salda al collo, sani e salvi. Forse…
«Si può sapere
che intenzioni avete? Siete tutti vampiri, no?»
Santiago storse
il naso, infastidito.
«Non accomunarmi
con loro…»
«Questo dovrei
essere io a dirlo» Axel lasciò libero il polso di Ice, ma non si mosse. Gli rimase accanto, forse per
controllare che non facesse mosse azzardate. «Andatevene.»
«Non è il tuo territorio,
Axel…»
Santiago gli rivolse un sogghigno provocatorio.
«Non lo è, ma ci
siete pericolosamente vicini…»
Cora lanciò
un’occhiata ad Amber, che si strinse nelle spalle. Sembrava sempre più chiaro
che tra i due gruppi di vampiri non ci fossero buoni rapporti, ma questo non
migliorava certo la loro situazione.
Forse, se
avessero iniziato una lotta tra vampiri, loro avrebbero avuto la possibilità di
fuggire, approfittando della loro distrazione.
Improvvisamente
avvertì un rumore in lontananza, un ritmo sempre più vicino. Passi. Qualcuno
stava correndo nella loro direzione, qualcuno che sembrava aver fretta.
Pochi istanti
dopo, spuntò sulla strada una ragazza: era giovane, ad occhio e croce dell’età
di Cora. I capelli scarmigliati le arrivavano alle
spalle, e i grandi occhi verdi scrutavano la scena con apprensione. Non aveva
nulla della bellezza seducente dei vampiri, né la loro perfezione.
Era umana.
Cora provò una fitta
al cuore.
«Va’ via» cercò
di sussurrarle, ma la ragazza non si accorse di lei: le sue attenzioni erano
tutte per uno dei vampiri.
«… Axel…»
«Cloe, che ci fai qui?! Ti avevo detto di non seguirmi, vattene!»
le fece cenno di allontanarsi, decisamente contrariato. Santiago, invece,
annusò l’aria con fare piuttosto interessato.
«Ma bene… Indovino: lei è il tuo ghoul?»
domandò indicando Cloe, la ragazza appena arrivata. Axel scoprì i denti con aria minacciosa.
«Gira al largo,
Santiago.»
«Altrimenti che
mi fai? Sai bene che non puoi farmi del male…» il
vampiro sogghignò, sempre più provocatorio.
«Lei fa parte
del clan: se tocchi lei, tocchi tutti noi. Hai il coraggio di venir meno al
patto?»
Santiago sorrise,
ambiguo. Non rispose.
Arretrò di un
paio di passi, le mani lungo i fianchi e uno sguardo calcolatore che allarmò Cora. Con un cenno del capo indicò i due compagni, ancora
intrappolati nella stretta degli altri due vampiri.
«Digli di
lasciarli, e ti prometto che ce ne andiamo.»
Axel guardò per
qualche istante Santiago, assorto. Poi annuì.
«Lasciateli
andare.»
I suoi compagni
ubbidirono, e come promesso da Santiago il gruppo cominciò ad allontanarsi.
Cora non aveva
capito molto: non conosceva il patto che avevano menzionato, né comprendeva il
motivo della loro rivalità. Aveva colto però qualcosa di strano
nell’atteggiamento del vampiro chiamato Santiago, uno sguardo calcolatore
tipico di chi medita di venir meno alla parola data. E l’altro, Axel…
Guardò la ragazza
umana che faceva parte della sua combriccola, sconcertata. Non riusciva a
credere che potessero esistere esseri umani che stessero dalla parte di
vampiri.
Ice e Amber le
furono subito accanto. Il fratello le esaminò con preoccupazione il braccio ferito.
«Andiamo via da
qui. Subito.»
Ma Cora non rispose. Non riusciva a distogliere lo sguardo da Axel, che se ne stava lì, a guardarla a sua volta. Uno
sguardo intenso, profondo, che le procurò dei brividi freddi lungo la schiena.
«Fossi in te
farei come dice il ragazzo. L’odore del sangue che esce da una ferita aperta
può arrivare anche ad un chilometro di distanza, e nella settimana del Sangue girare
nelle tue condizioni è più che mai sbagliato.»
Era stata la
vampira a parlare. Anche lei, come tutti
quelli della sua razza, era di una bellezza abbagliante. Il suo volto aveva
lineamenti delicati e aggraziati, i capelli biondi pettinati in morbidi boccoli
le ricadevano sulle spalle e la facevano sembrare una bambola, gli occhi
azzurri erano grandi e brillanti.
Cora rimase
stordita.
Non capiva il
motivo dello strano comportamento di quei tre vampiri: perché non li
attaccavano? Perché erano arrivati addirittura ad aiutarli? La presenza di
quella ragazza umana –ghoul,
l’aveva chiamata Santiago?- rendeva la situazione ancora più assurda.
«La… la notte del Sabbath?» fu
tutto quello che riuscì a farfugliare nel turbine di pensieri che l’avvolgeva.
«Siete
cacciatori e non conoscete la notte del Sabbath?» era
stato il terzo vampiro a parlare. Alto, capelli neri e occhi dello stesso
colore, si muoveva come se fosse un aristocratico. Trasudava eleganza con ogni
singolo movimento.
Accanto a lui, Cora si sentì la creatura più volgare del mondo.
«Cora…» era Ice. La guardava con
insistenza. Voleva andarsene, esattamente come lei.
Lei, che voleva
allontanarsi da quelle creature che non comprendeva e che avevano scombussolato
tutte le sue sicurezze. Lei, che desiderava mettere a tacere il fastidioso
senso di disagio che la attanagliava da quando quei tre avevano preso le loro
difese.
Lei, che si
sentiva fuori posto in quel momento, inesperta e impreparata.
Andarsene
sarebbe stato fonte di grandissimo sollievo.
Annuì.
«Torniamo a
casa.»
Si allontanarono
senza nessuna parola di commiato, nessun arrivederci. Si lasciarono alle spalle
quei tre vampiri, nel silenzio della notte.
Nessuno di loro
parlò, e forse andava bene così: Cora non era
dell’umore adatto per commentare ciò che era successo. I pensieri non le davano
tregua, e un peso spiacevole le chiudeva lo stomaco.
Non poteva fare
a meno di riflettere, dopo gli avvenimenti appena accaduti.
Prima di allora
non le era mai apparso così palese: nonostante le convinzioni su cui i
cacciatori basavano la propria vita e la propria guerra, era evidente che non
conoscevano affatto il nemico.
Non sapevano
nulla riguardo ai vampiri.
E, cosa ancora
più allarmante, non possedevano i mezzi per ipotizzare quali sarebbero state le
conseguenze che la loro ostinata ignoranza avrebbe portato.
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Dunque… noticina veloce
veloce.
Non so quanti di
voi abbiano letto le mie storie. È da parecchio tempo che non pubblico
originali lunghe, e un paio di anni fa avevo lasciata interrotta proprio su EFP
una storia omonima a questa che state leggendo.
Sì, insomma, si
chiamava Slayer’s Vampires.
Stessi
personaggi, vicende più o meno simili.
Era una storia a
cui ero parecchio affezionata, e proprio per questo ho voluto riprenderla in
mano, ripensarla in maniera più matura cambiando anche avvenimenti sostanziali
e ridisegnando alcuni legami tra i personaggi. In definitiva, non so quanti di
voi avessero letto la precedente versione di Slayer’s,
ma se sono tra i lettori che mi stanno leggendo in questo momento, beh, mi
piacerebbe molto sapere la loro opinione su questa “edizione” riveduta e
corretta.
E ovviamente
anche i commenti dei nuovi arrivati sono bene accetti, ci mancherebbe! XD
A presto con il
prossimo capitolo
Brin