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Autore: Menade Danzante    23/11/2019    3 recensioni
[Mini-long in due capitoli]
Dal testo del capitolo I: "Il demone si voltò verso gli altri perditempo della taverna per fare un gesto teatrale, come a sottolineare la gravità del fatto: qualcuno aveva osato definirlo un baro! Tsk!
Fu allora che, gettando lo sguardo tra la folla, notò una capigliatura bionda fin troppo familiare. Automaticamente sorrise.
«Signori, è stato un piacere» comunicò ai compagni di gioco dopo aver spazzolato via la vincita. Nessuno di loro si sentì in vena di condividere lo stesso spirito e tutti tacquero.
Crowley ancheggiò con stile fino al tavolo di suo interesse, scostò l'unica sedia libera e vi si accomodò gioviale.
«Ma guarda chi c'è in questa bettola di Firenze» esclamò.
«Hai barato» ribatté Aziraphale asciutto, guardandolo con occhi torvi.
«Mm» fornì Crowley, il ghigno ancora stampato in faccia. «Certo, sono un demone: che altro ti aspettavi?»
L'angelo si mostrò piccato, le labbra corrucciate e le sopracciglia supponenti inarcate. «Niente di diverso, ne convengo»"
Genere: Commedia, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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venezia

II.







Prima metà del Cinquecento - Venezia


Crowley, doveva ammetterlo, non si stupì affatto di trovare Aziraphale incantato di fronte alla chiesa1 di San Marco. Persino un demone come lui, quando era arrivato in città, non aveva potuto fare a meno di togliersi gli occhiali per osservare meglio la facciata di quel capolavoro di architettura umana: era uno di quegli elementi che rendevano Venezia degna di essere visitata nonostante l'inconfondibile e inevitabile olezzo del molo.

Se, dunque, un Principato che osservava ammirato un tempio eretto a Dio non era niente di cui stupirsi, una cosa, tuttavia, lo colse del tutto di sorpresa, tanto da impedirgli categoricamente di considerare la possibilità di lasciare Aziraphale alla sua contemplazione senza disturbarlo: l'angelo era completamente vestito di nero, come lui, ma se per Crowley quella era quasi la normalità, per Aziraphale era qualcosa di disperatamente insolito. Nemmeno le bianche piume di struzzo sul copricapo riuscivano a fargli recuperare un po' del suo solito stile. Non erano passati nemmeno trent'anni da quando si erano incrociati l'ultima volta e ricordava di averlo visto sfoggiare delle calze bianche e verdi2: che cosa era successo?

Storse il naso in un moto di istintiva preoccupazione prima di avvicinarsi disarticolato e di girargli attorno senza tanti complimenti.

«Che problema hai con i colori?» domandò con voce acuta, la fronte aggrottata per lo stupore.

«Oh, Crowley!» esclamò Aziraphale, piccato, ritraendosi dallo sguardo invadente del demone come poteva. «Bentrovato» salutò con particolare enfasi perché da Crowley non era giunta ombra alcuna di convenevoli.

«Sì, sì» fece sbrigativo il demone con una sventolata di mano: quella era una questione inutile. Emise un suono più gioviale quando si imbatté nell'oro della catena che l'angelo portava al collo. Per il resto, l'oscurità. «Sul serio? Tutto nero?»

Aziraphale prese un bel respiro, irritato. «Crowley, smettila per favore». Mosse le dita per attirare l'attenzione dell'altro sul suo volto per poi rivelare: «Ho fatto confezionare nuovi abiti, ma non sono ancora pronti. Sono arrivato da poco»

Il demone ritenne che quella fosse una spiegazione quasi del tutto adeguata: annuì prima di lasciarsi sopraffare da una domanda: «Potresti miracolarteli addosso, lo sai, vero?»

Quando arrivò l'occhiataccia in fondo pensò di essersela meritata. «Non è la stessa cosa, lo sai bene. Come il cibo»

Il demone sbuffò. Era indubbiamente vero: tutto ciò che concerneva l'abilità degli uomini era senz'altro migliore quando derivava direttamente dalle loro mani, ma Aziraphale doveva sempre esagerare in tutto e per tutto.

«Come mai qui?» chiese l'angelo in fretta, probabilmente per evitare ulteriori domande sul suo vestiario.

«Vacanza!» si vantò Crowley con un ghigno. «Be', sono di ritorno da un viaggio a Firenze3. In ogni caso, ho ricevuto un encomio dai capi, sai? “Va' e fa' quello che ti pare”»

Aziraphale sollevò le sopracciglia in un atto di vago elogio, ma appena un attimo dopo parve mettere insieme i tasselli. «Sei tu il responsabile di tutta quella dissoluzione?!»

Il demone rise apertamente. «No. Non c'entro niente né con la sodomia né con quello che succede al Ponte delle Tette4, ma non ho ritenuto che Giù dovessero saperlo»

Anche se riluttante, Aziraphale sorrise, rassicurato.

«Cosa ti porta qui?» fu il turno di Crowley di chiedere. In cambio, per prima cosa, ricevette un sorriso estasiato.

«Sono di passaggio. Ho sentito che questa è una culla per la cultura. E che vengono stampati i libri. Mi sono detto-»

Ma il demone lo interruppe allegro. «A-ha! Ma allora sei qui per riscuotere la famosa vittoria!»

Aziraphale arrossì e distolse modestamente lo sguardo. Ecco il colore, pensò il demone reprimendo un sorriso.

«Gran bastardo, però, quel Dante» continuò, schifato. «Gli serviva la benedizione di Cacciaguida per scrivere la Commedia5, eh? Tsk!»

L'angelo gli riservò un'occhiata teneramente commossa. «Non essere così duro. Non credo di aver fatto tutto da solo, sai? In fondo, non è stato solo un poema religioso, ma anche politico e-...». Si bloccò all'improvviso, girando completamente il volto verso il demone con uno sguardo negli occhi che di primo acchito il rosso non seppe decifrare. «Aspetta un attimo: tu... Tu l'hai letto!»

Crowley inspirò profondamente dal naso e si stampò in faccia un'espressione scocciata. «Per puro dovere, angelo, niente di personale» mentì. «Erano curiosi di Sotto: ha scritto dell'Inferno, come puoi pretendere che non lo fossero?»

Quella era una mezza verità: Lord Beelzebub lo aveva a tutti gli effetti incaricato di scoprire qualcosa sulla visione che gli umani avevano dell'Inferno perché era sempre importante avere un riscontro sulla propria malvagità dalla Terra, ma Crowley aveva sbirciato la Commedia anche per riconoscere le tracce dell'ispirazione angelica di Aziraphale ed era stato più che felice di leggere di Filippo Argenti pestato al quinto cerchio6: anche se solo nella finzione letteraria, Dante si era fatto perdonare per quella soffiata infame di fine Duecento. Ma con Aziraphale doveva recuperare un po' di demoniaca dignità.

«Ha ispirato delle punizioni, se vuoi saperlo» fornì, furbo. Omise il fatto che le novità non avevano superato nemmeno la fine del Trecento: all'Inferno erano tutti troppo pigri perché la routine dei diavoli potesse essere sconvolta così malamente dalla creatività di un mortale.

Quell'informazione, però, non parve scuotere particolarmente l'angelo, ancora evidentemente preso dall'idea che Crowley avesse letto un libro. Come se non avesse tentato Eva verso la conoscenza, poi.

«Chi credi l'abbia ottenuto, alla fine?» domandò più per sfuggire all'orgoglio degli occhi blu di Aziraphale che per reale interesse.

«Immagino noi» ribatté tronfio l'angelo. «Si tratta comunque di un grandissimo omaggio all'Onnipotente. Un sublime omaggio, direi»

Crowley assottigliò le palpebre dietro le lenti scure in un moto di fastidio: qualcosa in quella frase non suonava bene alle sue orecchie. Non avevo interpretato a quel modo la Commedia, se doveva essere sincero: più che un omaggio all'Onnipotente, il demone avrebbe giurato di essersi trovato davanti a una celebrazione dell'uomo in tutte le sue caratteristiche. Non faticava a credere, tuttavia, che di Sopra avessero di nuovo visto le cose a modo loro o che avessero addirittura letto solo i canti del Paradiso. Ordinaria amministrazione, di fatto, che non lo sorprendeva più di tanto. Che lo avesse fatto anche Aziraphale, però, non gli piaceva per niente.

Studiò l'angelo per qualche secondo, approfittando degli occhiali per non essere spiato nell'operazione. A parte l'abito nero, non c'era niente che fosse fuori posto in lui, non un sopracciglio, non un goffo tentativo di mascherare una bugia, niente che suggerisse il contrario delle affermazioni che aveva fatto. Possibile che l'attento lettore non avesse svolto un'analisi più approfondita del poema? Che si fosse fatto sfuggire il senso profondo di quell'immagine finale dell'uomo in Dio7? Crowley non poteva crederlo, non dopo esserci arrivato da solo in prima persona. L'angelo era intelligente, per la miseria, conosceva la materia: il demone non poteva sopportare di averlo battuto nel suo stesso campo culturale.

«Sei proprio sicuro?» buttò lì dopo attimi di silenzio. Probabilmente troppi, perché Aziraphale si voltò verso di lui con un'aria sorpresa che lo costrinse a precisare: «Che sia dei vostri»

L'angelo aggrottò la fronte, deglutì e atteggiò il viso in un sorriso imbarazzato. «Credo sia logico, Crowley»

«Logico?» ripeté il demone, come per fissare meglio il significato della parola ripetendola ad alta voce. Certo, non ci si poteva aspettare destinazione migliore per uno scrittore così religioso come Dante, ma le anime dei mortali non finivano in uno dei due Regni per logica, e questo un angelo come Aziraphale doveva saperlo bene.

Crowley si concesse il lusso di un ghigno: che il biondo stesse cercando di rifilargli consapevolmente la balla angelica che si erano bevuti ai Piani Alti?

Mosse la testa come un serpente e ancheggiò più vicino ad Aziraphale. «Sai, angelo,» cominciò, prendendosi il suo tempo per scegliere con cura le parole, «io credo che sia uno dei nostri, piuttosto»

L'altro deglutì di nuovo, sgranando gli occhi. «Ah. E come mai?»

«Svariati motivi» garantì Crowley senza smettere di sorridere: Aziraphale si era fatto improvvisamente rigido. «Innanzitutto, hai letto la sua idea delle punizioni infernali?!». Sbuffò una risata studiata. «Delle vere e proprie torture, se mi permetti di dirlo, e tutte frutto della sua immaginazione, credimi. Non proprio adatte ad un'anima retta, non trovi?». L'angelo non replicò: si limitò a far saettare lo sguardo dalle lenti di Crowley a un punto indistinto nello spazio per qualche secondo prima di incoraggiare il demone a continuare con un cenno del capo. «In più direi che anche l'ira verso quel grandissimo infame di Filippo Argenti, te lo ricordi?, non sia da definirsi propriamente buona, o sbaglio?». Dalla faccia che Aziraphale fece, sì, lo ricordava bene, e no, non sbagliava per niente. «Appunto. E poi...» fece una pausa drammatica prima di piazzare l'ultimo motivo che gli fosse venuto in mente, «È un elogio del libero arbitrio, angelo, se lo chiedi a me. Dante ha mostrato un certo profondo rispetto per alcuni dannati, per le loro scelte, per le loro responsabilità... Non credi?»

Il volto dell'angelo parve rianimarsi di indignazione e sollievo allo stesso tempo e Crowley poté immaginare in anticipo quale sarebbe stata la replica.

«N-Non dire sciocchezze» lo derise Aziraphale. «Questo è un comportamento positivo e lodevole, non vedo come possa appartenere all'Inferno»

«Oh sì, concordo» concesse il demone mellifluo, umettandosi le labbra per mascherare il ghigno. «Mi chiedo solo... Ti sembra che il Paradiso abbia pietà per i peccatori? O che ne abbia Dio? Perché a me non risulta»

L'angelo distolse in fretta lo sguardo e si concentrò sulla chiesa davanti a loro: aveva colto il bruciante riferimento alla Ribellione di Lucifero. «Non sta bene speculare, Crowley» fornì, il panico nella voce tenuto a bada sotto la rigida dottrina dell'ignoranza. «Te l'ho detto molte volte»

«Certo. È ineffabile, vero?». Il demone non si impegnò nemmeno per cercare di nascondere la nota velenosa del suo tono. Non seppe se dirsi felice o amareggiato per quella chiusura brusca del discorso. Di sicuro di Aziraphale mostrava quanto non si fosse fermato alla stupida lode a Dio che Dante aveva piazzato a ritmo serrato nella Commedia, ma allo stesso tempo gli lasciava una sensazione di irrisolto, di disagio. Non gli aveva chiesto niente di troppo complicato, d'altronde: solo un'opinione! Aziraphale avrebbe anche potuto collaborare, invece di fare il solito riottoso. Quanto avrebbe potuto costargli un parere personale?

Ma Crowley sapeva di essere ingiusto. Sapeva di non avere alcun diritto di essere arrabbiato nei confronti dell'angelo e sapeva anche di fargli un torto notevole: Aziraphale rimaneva sempre l'angelo che, esclusivamente per loro due, dal 1020 infrangeva tutte le regole del Paradiso a causa dell'Accordo, e questo non poteva scordarlo di punto in bianco solo perché il biondo non dimostrava la forza per sollevare ad alta voce i problemi morali implicati in un poema religioso.

L'entusiasmo con cui aveva deciso di insinuare il dubbio nella mente dell'angelo era svanito, soppiantato dal desiderio di riportare la conversazione su un terreno molto meno scivoloso di quello.

«Ti hanno premiato, sì?» s'informò, dunque, cercando di apparire casuale e di far capire all'interlocutore di aver seppellito l'ascia di guerra, almeno per il momento. Aziraphale tornò a guardarlo sempre con l'aria interrogativa di chi non capisce perché un argomento venga portato alla sua attenzione. Non lo capiva nemmeno Crowley – non era molto interessato alle spille dell'angelo –, ma almeno fu contento di vedere il volto del biondo farsi più sereno.

«Ho guadagnato una nota di merito sul registro» assicurò il biondo con un sorriso. Il demone non sapeva cosa aspettarsi dai premi del Paradiso riguardo alle missioni sulla Terra, ma di certo aveva immaginato qualcosa di più sostanzioso. Fu comunque molto attento a non dirlo: alzò le sopracciglia in un gesto di ammirazione e annuì.

«Hai già collezionato tutte le edizioni, eh?» continuò, rassicurato dalla serenità che vedeva negli occhi dell'angelo.

«Temo di no». La confessione venne fuori con malinconia. «Credo di essere arrivato tardi stavolta. Ho saputo che la stavano stampando qui a Venezia qualche anno fa sotto la guida di quel tale importante, Bembo, ma ero impegnato altrove». Il suo volto era una maschera di tristezza e commiserazione. «Temo di non poterla più trovare, a meno che qualcuno non sia interessato a vendermene una copia, cosa che ritengo alquanto improbabile: chi vorrebbe mai separarsi da un bene così prezioso? Dovrò attendere, pare»

Crowley annuì gravemente. «Oh sì. Bembo, hai detto?»

«Lo conosci?»

Il demone ghignò nel rilevare un pizzico di malcelata invidia nella domanda dell'altro, ma scosse il capo senza indugiare. «E il libro era stampato da Manuzio, per caso?»

«Proprio lui! Ma come fai a saperlo?»

Per un attimo Crowley pensò di essere molto divertito dall'immagine di Aziraphale così incuriosito da sgranare gli occhi famelico, come se questo gesto potesse aiutarlo a scoprire qualcosa di inaspettato. Era un atteggiamento così contraddittorio rispetto alla ritrosia con cui parlava delle sue idee e della sua mente che il demone si ritrovò combattuto tra la volontà di vederlo sempre così e quella di prenderlo per le spalle e scuoterlo per fargli notare il divario tra quello che faceva e quello che si costringeva a dire.

Scosse la testa, arreso, e finalmente agitò una mano. «Intendi questa edizione?»

Sul suo palmo torreggiava la delicata stampa del 15028. L'aveva presa appena uscita dalla tipografia e, per quanto ammetterlo gli provocasse un impellente desiderio di morte, l'aveva conservata per un'eventualità del genere: Aziraphale non si era presentato a Venezia per la fine di quell'anno e Crowley aveva cominciato a sospettare che non avrebbe fatto in tempo a ottenere la prima edizione del secolo.

L'angelo si portò le mani alla bocca. «È lei!» esclamò con le dita ancora a coprire le labbra. Mugugnò qualcos'altro di incomprensibile prima di allontanare le mani e domandare, avido: «Posso vederla?»

Crowley prese un bel respiro. «È tua, angelo» disse, modulando la voce perché risultasse annoiata. Aziraphale lo guardò con gli occhi lucidi e la bocca spalancata. Fece per parlare, ma Crowley lo bloccò: «Non ti ci abituare, sia chiaro. Non ho intenzione di andare in giro per l'Europa a sgraffignare per te le prime edizioni di tutti i libri che verranno stampati da qui in avanti»

Il tono burbero non scalfì minimamente la dolcezza sul viso dell'altro. «Oh, Crowley!»

Il modo in cui venne pronunciato il suo nome gli diede una fitta allo stomaco che decise di non volersi spiegare. Gli rifece il verso, piuttosto, e lo osservò mentre si impossessava del libro come se tra le mani stesse stringendo la più sacra delle reliquie della cristianità. Aziraphale non smise di sorridere contento nemmeno quando si ferì la mano con un foglio per la troppa foga con cui aveva girato le pagine per ammirare i dettagli e per assimilare il più possibile già ad una prima occhiata.

«Che sbadato» si disse senza accennare alla minima manifestazione di dolore. Allontanò subito la mano dal libro per non macchiarlo e si guardò intorno.

«Che idiota» rimarcò Crowley prima di infilare la mano nella sacca appesa alla cintura e tirar fuori un fazzoletto bianco. «Dovevi aprirlo qui, ovviamente, dove sei più scomodo per consultare un libro» continuò scuotendo il capo e porgendo il pezzo di stoffa ad Aziraphale.

«Oh, lo sai: non so resistere a...»

Il demone rise sornione. «A una tentazione, forse, angelo?»

Aziraphale lo guardò indignato, ma accettò il fazzoletto senza fiatare. Fu solo quando il biondo si rigirò la stoffa tra le dita che Crowley si pentì amaramente di averglielo dato: ricamato elegantemente c'era il nome dell'angelo.

Merda, pensò, maledicendosi per non averne fatto apparire uno qualunque. Invece no, aveva proprio dovuto estrarlo dalla sua borsa. Merda, merda, merda. Non l'aveva più toccato letteralmente da secoli, ma sapeva che era lì e che all'occorrenza ne avrebbe fatto uso. In realtà non sapeva perché avesse conservato quel fazzoletto: avrebbe potuto miracolarsene uno in qualsiasi momento senza alcun problema, ma ogni volta che aveva pensato di disfarsene non era mai riuscito a schioccare le dita. Quando, però, l'angelo si accorse visibilmente del suo nome sulla stoffa desiderò di averlo fatto.

«Ma...» cominciò Aziraphale, aggrottando la fronte. Crowley sperò con tutto sé stesso di non dover dare spiegazioni per averlo tenuto perché proprio non ne aveva di plausibili, e nemmeno di implausibili. Era stato semplicemente un gesto irrazionale, una sciocchezza sentimentale che aveva accuratamente seppellito in quella sacca, sperando di non doverci mai fare i conti.

Aziraphale non disse niente di più: si sistemò il libro sotto braccio come poté e si aiutò con l'altra mano per pulirsi la ferita e solo dopo rimarginarla con un miracolo minore. Sventolò il fazzoletto che tornò subito immacolato e, con l'espressione più candida che Crowley gli avesse mai visto in volto, glielo restituì.

Il demone schiuse la bocca, incredulo. «Non è mio, l'avrai notato» disse, calmo, quasi terrorizzato.

L'angelo arrossì appena e accennò un sorriso. «Puoi tenerlo»

Crowley valutò di rifiutare il pegno, ma alla fine allungò la mano e annuì, stringendosi nelle spalle.

«Dovrei dirti grazie...?» fece, casuale, ripiegando il fazzoletto e infilandolo di nuovo nella sacca, al sicuro.

«Oh no, non per così poco. Sono io che devo ringraziarti per questo», e Aziraphale riprese in mano la Commedia.

«Sta' zitto» tagliò corto Crowley con una smorfia.

«Lasciati offrire almeno il pranzo, caro» insistette il biondo.

Il demone sbuffò e roteò gli occhi. «Se proprio insisti»

«È un piacere»

Aziraphale lanciò un ultimo sguardo alla chiesa di San Marco prima di procedere sulla via e fare un cenno al demone perché lo seguisse. Crowley non se lo fece ripetere due volte e affiancò l'amico con un sorriso ampio, sincero. Si sentì sereno: aveva rivisto Aziraphale, aveva affrontato la loro prima schermaglia del secolo e insieme stavano per seppellirla definitivamente nel buon vino e nell'ottima cucina del posto.
Andava tutto bene.









Note:

[1]: La Basilica di San Marco diventa cattedrale, come la conosciamo meglio noi, nel 1807. In questo secolo è chiamata semplicemente chiesa o Chiesa d'Oro.
[2]: La moda del Quattrocento e di inizio Cinquecento varia tantissimo a seconda della zona d'Europa. Nella seconda metà del Quattrocento i vestiti colorati sono all'ordine del giorno (basti pensare alle opere d'arte ma anche ai costumi del film “Non ci resta che piangere”) e le calze bicolore sono tipiche dell'Italia, ma verso la fine del secolo la moda si semplifica e le varianti dei colori diminuiscono. Venezia, invece, all'inizio del Cinquecento vive il suo Rinascimento e questo si riversa anche nella moda, che è la più vivace d'Italia, anche grazie agli scambi commerciali e alla mescolanza culturale.
[3]: Riferimento all'incontro con Leonardo da Vinci che, come è specificato nel libro, gli ha regalato il primo bozzetto della Gioconda.
[4]: Questi sono riferimenti a condizioni effettivamente riscontrabili nella Venezia del Cinquecento, in cui quello della prostituzione diventa un fenomeno del tutto incontrollato, che ad inizio esce anche dai confini che lo Stato stesso aveva imposto a questa attività. Il Ponte delle Tette era uno di quei luoghi in cui alle prostitute era legalmente concesso di mostrarsi più o meno nude per attirare clientela. Se questo mestiere veniva tollerato, lo stesso discorso non valeva per la sodomia.
[5]: Cacciaguida, avo di Dante, è il personaggio attraverso cui viene rivelato lo scopo del poema: Dante dovrà denunciare con sincerità e obiettività tutto quello che ha visto durante il viaggio nell'Aldilà per smacchiare le coscienze e avviare un rinnovamento morale. È proprio Cacciaguida che lo sprona a mettere per iscritto la sua avventura quando Dante si fa prendere dai dubbi.
[6]: Il Cerchio V è quello degli Iracondi e Argenti viene preso a male parole da Dante con l'approvazione di Virgilio e viene pestato dagli altri dannati con lui.
(Per un punto di vista critico nei confronti del comportamento di Dante, consiglio l'ascolto di Argenti vive di Caparezza!)
[7]: Quando, arrivato al cospetto di Dio, Dante riesce finalmente a vedere la Trinità, l'ultima immagine che riesce a scorgere prima di svenire di fronte all'ineffabilità dell'Onnipotente (che non può essere messa per iscritto) è quella di Cristo, cioè di Dio incarnato nell'uomo.
[8]: Le copie della Divina Commedia cominciano a girare dalla prima metà del Trecento, ma si tratta ovviamente di documenti manoscritti che passano di letterato in letterato, ognuno dei quali arricchisce il testo e lo commenta, appone le note, lo analizza. Dalla seconda metà del Quattrocento viene stampata nelle neonate tipografie e quella del 1502 vede la collaborazione di Pietro Bembo e Aldo Manuzio. A questo proposito, avendo nominato la prima edizione del secolo, questo capitolo si colloca tra il 1502 e il 1515, anno in cui viene ristampata nuovamente tale e quale alla precedente.



Angolino di Menade Danzante:

Ripropongo le scuse per tutti i personaggi storici citati in questa ff, stavolta aggiungo pure Caparezza che figura nelle note! Ma soprattutto ringrazio chiunque sia giunto alla fine di questa super mini long! Spero che vi si sia piaciuta!
Un bacione a tutti e alla prossima!

Menade Danzante

   
 
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