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Autore: Circe    05/12/2019    3 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
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Dal grimorio di Bellatrix : “Amo il suo veleno”


Arrivai a casa stanca, non avevo voglia di vedere nessuno, appena giunta in anticamera abbassai il cappuccio di lana guardandomi attorno: era buio e silenzioso. 
Presi alcuni secondi di tempo per godermi la splendida sensazione di perdermi nell’ oscurità, cominciai a sentire il tepore della casa, tolsi lentamente il mantello, anch’esso di lana, e feci qualche passo fuori dall’anticamera.
La sensazione di pace terminò subito, la luce dei lampadari fece presto capolino tra i corridoi.
“Dove sei stata finora?”
Mi giunse una voce fredda e tagliente, non ebbi la minima voglia di rispondere, ma quella incalzò.
“Non sei mai in casa, non so nemmeno più se abiti qui con me, o altrove!”
Era Rod e sicuramente era sul piede di guerra, probabilmente voleva affrontare la situazione che si era creata tra noi proprio in quel momento, ma io, al contrario, non avevo nessuna voglia di farlo.
Sentivo che non mi interessava più nulla.
Dovetti comunque rispondere. Usai un tono brusco e nervoso, il che non favorì la conversazione.
“Ma cosa vuoi da me? Ho avuto da fare, non mi devi certo controllare!”
Feci per salire le scale subito e andare al piano di sopra, così da non doverlo nemmeno vedere, ma lui uscì veloce dalla stanza e, parandomisi davanti, mi afferrò il braccio. 
Con una violenza che mi indispettì ancora di più, mi tenne ferma vicino a lui.
“Sei stata ancora con lui? Non ti basta che non ti sei fatta vedere per settimane, anzi per mesi? Dovevi ancora stare con lui?”
Scossi la testa, non avrei voluto sopportare una scenata di gelosia in quel momento. 
Mi irritava e sapevo anche il perché non la sopportavo: perché ero invidiosa. Invidiavo Rod che a me poteva fare scenate di gelosia, mentre io dovevo tacere, non potevo dire nulla al mio Signore della mia gelosia, dovevo tacere, soffrire e non potevo nemmeno sfogarmi un pochino come stava facendo Rod con me.
Mi sentivo frustrata e innervosita, me la presi con Rod.
“Sei impazzito? Se il Signore Oscuro mi chiama, io non faccio storie, sono subito pronta per lui! Come te del resto! Anche tu fai la stessa cosa: se ti cerca sei subito disponibile. Dunque cosa vuoi da me?”
Speravo la smettesse, invece nulla. Mi diede uno spintone forte che non mi aspettavo, mi appoggiai alla ringhiera della scala e lo guardai allibita.
Mi lasciò spiazzata tutta quella violenza contro di me, non feci in tempo a rispondere al gesto che lui riprese a parlare, anzi, urlare.
“Ma io, con lui, non ci vado a letto! Certo che sono disponibile per lui, sempre, ma tu sei disponibile per ben altri servigi che nulla hanno a che fare con il tuo ruolo di Mangiamorte, tu ci vai a letto, continuamente e ripetutamente. Mentre invece dovresti stare con me, sei solo una…”
Si bloccò prima di pronunciare quella parola, tante volte me la ero sentita dire senza motivo a scuola, lui lo sapeva e forse aveva capito di stare esagerando. 
Per altro le cose non stavano nemmeno completamente come pensava lui, perché io, col Signore Oscuro, per davvero davvero, non ci ero nemmeno stata a letto. Magari avesse voluto.
Non so se mi arrabbiai con Rod per la sua sfuriata, per la mia frustrazione, o per il desiderio di andare davvero a letto col Signore Oscuro che ancora non si era avverato, ma la mia rabbia, in quel momento, era cresciuta a livelli esponenziali, per cui lo scontro era inevitabile.
“Cosa volevi dire? Che sono una puttana? Dillo pure! Non mi provochi alcun fastidio. Cosa vuoi da me? Che ti sia fedele? Che torniamo ad essere i due ragazzini innamorati di un tempo? Vuoi questo?”
Il mio tono era salito, Rod invece taceva, stavolta era lui interdetto, forse sperava di non sentirsi dire certe cose, io invece continuai come se nulla fosse, sapendo e volendo far male.
“Non lo avrai! Non sono più una ragazzina e tu nemmeno, il tempo dei nostri giochi è finito. È finito da quando è arrivato lui, è vero, perché nella mia testa c’ è sempre lui, solo lui! Nel mio cuore esiste solo lui e non riesco a farne a meno! Vorrei anche io che fosse tutto molto più semplice. La verità invece è che non ti amo, amo lui, ho sempre amato lui e noi ci siamo illusi di stare insieme, di sposarci, di condurre una vita normale, ma no, invece è impossibile.”
Mi ero sfogata più con me stessa che con Rod, avevo parlato ad alta voce e, di conseguenza, anche Rab era giunto a pochi metri da noi, con occhi sgranati assisteva alla scena senza intervenire.
Io e Rod eravamo abituati a farci del male e ferirci reciprocamente in ogni nostro litigio, era sempre stato così, aspettavo dunque la sua reazione, che infatti non tardò ad arrivare.
Si scagliò su di me con foga e rabbia e cademmo entrambi sul pavimento, gli gridai di lasciarmi scalciandolo ovunque, non usavamo la magia per sfogare la rabbia perché sapevamo sarebbe stato ancora più rovinoso per entrambi.
“Non è vero quanto dici, tu non ami lui, tu ami me! Siamo stati sempre insieme, sempre, siamo una cosa sola io e te, siamo uguali, tu lo sai, lo sai bene quanto me, non ami lui, ci vai solo a letto perché sei una stronza, mi vuoi solo fare del male.”
Mi prese i polsi e mi sbatté a terra violentemente: era troppo più forte di me. Dovetti dargli un calcio forte per distrarlo e a quel punto sfoderare la bacchetta. 
Si spaventò subito della mia magia e si mise in guardia, io non volevo usarla davvero tutta quella magia oscura che sentivo scorrere nel sangue, lo avrei anche potuto uccidere.
Fu forse per questo che con una fortunosa sberla al mio polso e alla mano mi fece volare via la bacchetta dalla mano.
Mi fece davvero arrabbiare, credeva di avermi disarmata e abbassò la guardia, mi fece ridere la sua ingenuità. Tolsi il pugnale che avevo iniziato a portare sempre con me dal fodero e con una mossa volutamente casuale lo brandii di fronte a me.
Gli tagliai la pelle lungo parte del braccio e una mano, andando a finire sul viso, lì mi fermai.
Il suo bel viso, i suoi occhi grandi e tristi, tremendamente dolci quando mi guardavano… non riuscii ad andare oltre e mi bloccai senza dire nulla.
In un momento come quello, fossimo stati ancora innamorati come un tempo, come quando litigavamo da ragazzini, ci saremmo semplicemente lasciati andare uno tra le braccia dell’altro piangendo e giurandoci eterno amore. Perdonandoci tutto all’istante.
Ma non eravamo più ragazzini, sarebbe stato troppo semplice e la mia vita, ormai lo sentivo da tempo, non era più così semplice, di conseguenza nemmeno quella di Rod.
Il veleno, quel veleno che io tanto amavo e lui imparava a sentirne forte il dolore, quel veleno entrava dentro di noi e fra di noi e ci allontanava.
Rod non mi fece più male, si alzò senza dire una parola e si chiuse in una camera al piano di sotto. Io lo osservai cupa, senza muovermi, quando lo vidi sparire dentro la stanza mi alzai, raccolsi la bacchetta e mi diressi in un’altra camera al piano di sopra.
Non sapevo più cosa fare e non avevo voglia di pensare a nulla.
Mi buttai sul letto e dopo poco iniziai a piangere. Non piangevo per il litigio, non per le cose che avevo detto a Rod, non perché non sapevo come sistemare di nuovo il mio rapporto con lui, nemmeno per la scenata fatta davanti a Rab, ma perché non potevo parlare col mio Signore. Piangevo perché Alecto mi aveva detto tutte quelle cose sulle sue presunte donne, sulla poca importanza che lui dava a me. Non potevo sopportare queste cose, mi facevano male e stavo male, volevo solo che tutto questo, per magia, cambiasse e il mio Signore mi amasse davvero.
Volevo che mi amasse e non stesse con nessun’altra.
Passai ancora molto tempo al buio con questi pensieri, poi sentii bussare alla porta, ma non risposi. Non avevo voglia di parlare con nessuno.
Dopo poco sentì bussare di nuovo, Rab chiedeva di entrare e, dopo qualche secondo di ostinato silenzio, entrò di sua iniziativa. 
Non mi mossi, ma lo stetti a sentire senza storie.
“Non voglio disturbarti, solo sentire come stavi, dirti che ho parlato con Rod.”
Accese la lampada accanto al letto: la stanza di schiarì di una luce calda e avvolgente. Fui contenta che fosse lì con me, nonostante la mia apatia essere coccolata mi faceva sentire meglio.
“Non lasciarlo da solo, gli ho fatto davvero molto male.”
Rab sorrise.
“Fisicamente, o moralmente?”
Mi alzai a sedere sul letto, asciugando le lacrime.
“Entrambi…”
Anche Rab si sedette accanto a me.
“Sanguinava infatti, sempre in entrambi i sensi, ma gli ho parlato, vedrai che si riprende presto. Sono certo che voi due in un modo, o nell’altro, troverete la maniera di tornare uniti.”
Non risposi, infondo lo speravo anche io, ma sapevo che uniti come un tempo non saremmo stati più. Tra noi si era già rotto qualcosa senza che ce ne rendessimo davvero conto.
Era il veleno.
Il litigio di quel giorno aveva sancito un distacco già avvenuto. Se anche non avevo confidato l’infedeltà vera e propria, avevo comunque ammesso il mio amore per un altro, non era cosa da poco.
Rab ruppe il silenzio tra noi.
“Rod ha sempre saputo, infondo, che amavi Lord Voldemort, come me del resto, solamente che non l’aveva mai ammesso per davvero a se stesso, deve farci i conti ora.”
Risposi in maniera quasi automatica.
“L’amore non esiste.”
Rab si mise a ridere.
“Magari avesse ragione il tuo Signore, adesso non saremmo tutti qui a soffrire per amore!”
Sorridemmo insieme. Poi si alzò in piedi e fece per andarsene. Istintivamente, con una calma che mi sorprese, gli posi una domanda a bruciapelo.
“Tu sei davvero così tanto innamorato di me?”
Lui si voltò verso di me, era diventato più sicuro e indipendente, questi lati del suo carattere gli avevano conferito uno sguardo forte e duro.
“Sì certo, ma anche questo lo hai sempre saputo… hai giocato con me come un gatto col topo per tutti gli anni in cui sei stata con Rod… adesso hai provato a giocare anche con lui, ma non ci sei riuscita molto a lungo… ti sei sempre permessa di tutto con noi, perché infondo amavi un altro, il Signore Oscuro, e non ti importava di nulla e di nessuno, eravamo noi quelli ai tuoi piedi. Nonostante questo io ti amo e sai cosa mi spiace di più?”
Scossi la testa, volevo sentire cosa voleva dirmi ancora, mi ero presa i suoi rimproveri perché erano la verità. Era vero che non mi importava di far soffrire la gente, probabilmente ci godevo anche. 
“Mi spiace di più che ora sei tu a soffrire… perché lui, il tuo adorato Signore, ti fa del male.”
Cercai di replicare, ma mi fermò.
“Non voglio dire che lo faccia di proposito, magari sì lo fa anche di proposito, ma solo in parte. Il fatto è che lui è veleno, si odia e quindi non può che farti del male e questo non lo fa di proposito, è così e non si sa perché.”
Sapevo che aveva ragione, sapevo anche, forse, il perché succedeva così, ma non potevo cambiare le cose: il mio Signore era fatto in quel modo. 
Fu con quel pensiero e quella consapevolezza che trovai la forza di superare le cattiverie di Alecto.
Alzai lo sguardo verso Rab, un po’ più forte e un po’ più rassegnata.
“Lo so Rabastan, e io amo anche il suo veleno.”
   
 
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