Cogliamo
l’occasione per ringraziare i gentilissimi recensori
Alessandroago_94 e Ardesis, per aver recensito la prima novella.
Procediamo
dunque con la seconda e buona lettura,
***
Il
Colloquio di Lavoro
Laddove
anche il più grande genio rinascimentale sperimentando le
delizie della
disoccupazione e non esistendo all’epoca la cassa
integrazione, per scampare a
fame e creditori dovette affrontare l’orrido supplizio del
colloquio di lavoro.
Noi ci
s’immagina dunque come Leonardo da Vinci riuscì a
strappare a Ludovico il Moro un
contratto a tempo indeterminato, ché alla fine, non contano
solo i meriti bensì
dire la cosa giusta al momento giusto.
“Avanti
il prossimo!”
Leonardo da Vinci s'alzò trepidante dall'ottomana su cui era
stato lasciato ad
attendere in corridoio e stringendo sotto il braccio il suo taccuino
pieno di
scarabocchi s'inoltrò nello studio del duca, pronto al
debutto.
Il Moro stava seduto dietro la solida scrivania di mogano al centro
della
stanza; alla sua destra il segretario, Bartolomeo Calco, scorreva
rapido la
penna sulla carta, appuntando la sua entrata.
“Nome”, gli chiese secco.
“Lionardo di messer Piero da Vinci”, gli rispose
quello, sollevandosi sulle
punte.
“Ah, Fiorenzino! Benissimo, messere!”
esclamò ilare il Moro, non nascondendo un
sorrisetto malizioso. I fiorentini, è risaputo, sono tutti
sodomiti, e i loro
figlioli tutti figli dei senesi e dei pisani, perciò non
avrebbe dovuto temere
che potesse insidiargli le amanti.
“Ditemi,
che sapete fare?”
“Ho appreso l'arte della musica, so suonare la lira e molti
altri portentosi
instrumenti. Saprò allietare cene e banchetti meglio di
qualunque delle vostre
amiche affettuose, signor duca”.
Ludovico picchiettò con due dita sul mento.
“Soltanto?”
“Conosco etianche l'arte della guerra, potrò
costruirvi macchine strepitose,
mai viste da uomo! Capaci di sputare più foco sugli inimici
che il drago di San
Zorzo, altre che lanceranno sassi e pietre a mille mila miglia di
distanza,
cascando in testa ai turchi infedeli, etiam navi capaci di navigare
senz'acqua,
carri che nessuna bombarda potrà distruggere ed altri che si
libreranno in volo
sugli inimici come leggiadri piccioni, bersagliandoli a piacimento.
Comprendo
il linguaggio di cavalli e di ogni bestiola, di modo che potrete
conoscere i
piani del nemico ancor prima che vi si appressi. So prosciugare i mari,
invertire il corso di fiumi e torrenti, spostare colli e montagne o
anche
aprire valichi alpini, e all'occorrenza spegnere e accendere il sole.
Inoltre,
se lo vorrete, scaverò gallerie sotterrane sì
lunghe da sbucare nello ninferno,
onde potrete essere il primo uomo a indire una crociata contro Satan
medesmo,
ingraziandovi il Papa”.
Questo è scoppiato, fu il
primo
pensiero del duca, ma disse piuttosto “Mmmh,
nient'altro?”
“Sono anche artista eccellentissimo, so dipingere e scolpire
in ogni modo e
manera, ancora si potrà dare compimento alla statua equestre
del gloriosissimo
duca Francesco Sforza, vostro defunto padre, ad eterno onore della sua
felice
memoria e del nome dell'inclita casa Sforzesca”.
“Va bene, signor da Vincio”, Ludovico congiunse le
mani, perforandolo con lo
sguardo, “le faremo sapere”.
Leonardo salutò mortificato e col morale alle stalle si
diresse alla porta,
ormai convinto che non l'avrebbe mai assunto e che sarebbe dovuto
tornare a
Firenze dal Medici, a morire di fame nella speranza che gli desse una
commissione. Aveva già la mano posata sulla maniglia, quando
improvvisamente
ricordò che solo una cosa il Moro amava più dei
cefali e della potta: la sua
vigna.
Si rigirò verso lor signorie e sorridendo esclamò
“O duca, vi annaffio
l'orticello!”
Ludovico s'alzò di botto dalla scranna, per modo che la
scrivania volò avanti
di tre metri, sfondando la parete, mentre il povero Calco, rimasto con
la penna
a mezz'aria, ebbe la pellanda nuova di sartoria macchiata
dall'inchiostro che
gli gocciolava addosso.
“Messer
da Vincio!” gli gridò il duca, puntandogli il
grosso
indice contro, “siete assunto!”
***
Curiosità: il colloquio
ovviamente è di fantasia! Però la disperazione di
Da Vinci per ottenere un
ingaggio dopo due anni d’inattività e
pure una querela per un dipinto fatto “male”,
quella no, purtroppo essa era
assai veritiera …
Anche la passione del Moro per il pesce (cefalo), le belle donne (potta) e l’orticoltura corrispondono al vero. Leonardo sul serio si ritrovò ad annaffiare la Sforzesca a Vigevano, rendendo fertili quelle terre aride, e Ludovico lo ricompensò regalandogli una sua vigna personale.