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Autore: ghost_blu    11/03/2020    1 recensioni
A voi lettori illustrissimi do il benvenuto in questo angolo depresso in culo di internet che nessuno caga, ma io devo ritagliarmelo per forza o i pensieri, brevi racconti sconclusionati o girotondi di parole senza senso che barcollano tra le mie meningi, finiranno per uscirmi dagli occhi se non li vomito qui sopra e non sarà un bello spettacolo cazzo.
Quindi diciamo che questo è un diario??? Che cagata. Facciamo che questo è un robo, un affare dove metterò tutto quello che mi pare. Se volete leggere leggete, altrimenti leggerà solo Dio.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La sigaretta stava finendo. Era lì sotto quel pergolato, mentre la pioggia incessava attorno a lui. Quella maledetta ferraglia d'un treno stava per partire, le sue luci gialle e a neon sporco e i suoi sedili smollati dal tempo lo aspettavano come per invogliarlo a muovere il cazzo di culo o sarebbe rimasto lì. Ma si era incantato, lo sguardo vitreo, i ricci azzurri spiaccicati sulla fronte e appesantiti dalla pioggia; la cicca che illuminava di quel tenue ardere rosso, tutto lo scuro di quel cielo.
Era proprio bello, pensava solo a questo. Era bello un casino, diamine.
Stava fissando fondamentalmente il nulla, solo le rotaie che si srotolavano avanti per chilometri, aggrovigliate di cavi fili antenne sospese che lo rendevano uno scenario quasi distopico. Lì mentre piove a dirotto, il cielo e tutto il resto è grigio e tendente al buio della sera vicina, i lampioni che lanciano squarci di luce arancione come segnali antibomba.
Lui se ne sta semplicemente lì, con lo zaino di traverso e i brividi di freddo, lì per salire sul regionale che l'avrebbe riportato finalmente a casa. Si sente il fottuto personaggio di un anime anni novanta, che cagata. Per di più senza togliersela dalla bocca, la sigaretta lo sta facendo un po' soffocare e i suoi capelli si stanno inumidendo ancora di più provocandogli fastidio ovunque. Ma resta lì, incantato.
Provare la sensazione di essere astratti, di sentirsi calmi e bianchi. In questo momento sente una colata azzurra come i suoi capelli, uscirgli dalla bocca, colargli sulle mani, e in aggiunta a questa sensazione così eterea di calma e di profondissima quiete, la bile gli torna in gola e passivamente malinconico si accorge di tutta la tristezza che gli gonfia il petto. Si accorge di quanto a guardare tutti quei fili sospesi, quel cielo scuro e la pioggia silenziosa gli venga in mente oltre alla pace, l'inferno.
Dopotutto è ovvio no? Non sarebbe vivo se non provasse questo, se l'essere non fosse che un continuo macchinare di opposti che si susseguono, di chiaro che definisce lo scuro, di tristezza che da vita alla quiete, di pianto disperato che delinea un sonno sereno. È una macchina che arranca a sigarette, un ingranaggio che gira solo, fatto di contrasti che pezzo dopo pezzo lo faranno saltare di testa.
Bene così. Una lacrima gli riga la guancia pallida, l'asciuga subito con l'orlo della felpa nera.
«Oh, ti vuoi muovere?»
Quella voce gli interrompe il suo personale teatrino sulla filosofia della vita riportandolo alla realtà.
«Eh?»
«Sbrigati dai, ti sei incantato random»
Si volta verso la voce e posa gli occhi sul suo proprietario, Giulio sta lì in piedi tra il binario e il primo scalino di ferro del treno e lo guarda con un cipiglio confuso e assonnato. È una giornata davvero lunga.
Spegne la sigaretta sotto la suola della scarpa e la getta sotto la ferraglia, fa per seguire il ragazzo ma si incanta di nuovo.
Si dimentica pure di quando pesino i libri dentro lo zaino.
Finisce che gli arriva una spintarella che lo fa quasi cadere, rincoglionito com'è.
«Ma che guardi?» Giulio ha finito per scendere dai gradini e mettersi a fissare pure lui quello che tanto lo prende.
«È bello vero?»
Dice solo questo, manco si accorge dell'espressione del diciottenne che guarda le rotaie semplicemente per come sono: una merdosa massa di ferro arrugginito che prima o poi – spera a breve – si staccherà tra di se facendo deragliare il suo treno. Il fatto che piove la rende una merdosa ferraglia arrugginita bagnata.
«Mi sa che te sei n po' sonato»
Sorride a quella sua piccola infantilità con ironica disperazione, si scosta i lunghi e scapestrati capelli castani dietro l'orecchio e finisce per posare un piccolo bacio sulle labbra arrossate dal freddo dell'azzurro.
«L'erba a te fa sul serio male» ride mentre lo prende per un braccio e lo trascina dentro il treno. Rosso come il diavolo lo segue, fanculo i pensieri filosofici, Giulio gli ha dato una bella svegliata.
Prendono posto negli ultimi e isolati sedili in fondo al vagone, lì dentro il caldo è piacevolissimo, la luce non è fredda e da mal di testa come nei treni più moderni che di solito gli rifilano, e l'annata da dopoguerra di quel catorcio ha reso i sedili più smollati delle rotelle nella testa di Giulio. Si sbraccano lì come se si trovassero su divano di casa loro, finalmente a riposo, guarda fuori dal finestrino osservando mentre si appanna tra la nebbia e la pioggia fredda all'esterno.
Il treno parte in silenzio, anche loro si chetano dopo qualche discorso abbozzato sull'ultimo videogioco su cui hanno preso la fissa, troppo stanchi per parlare, si sta troppo comodi su quei sedili.
Sente un miscuglio caldo dentro le viscere, il sapore del tabacco che gli impasta la bocca, il tepore del corpo di Giulio accasciato sopra il suo, il suo profumo di vestiti troppo chiusi nell'armadio, le maglie scolorite e troppo usate, i visi stanchi ma sereni, i cazzi di varie dimensioni disegnati sulla condensa dei finestrini, il rumore della pioggia e del motore del treno, gli anfibi logori e intrecciati appoggiati ai sedili davanti, a dare quello spruzzo di anarchia-punk giusto giusto. Tutta questa dolcezza, questo tepore e serenità profonda si mischia a quella tristezza amara, quel sensazione di pianto, quella rabbia che sente sulla punta delle dita. Si mischia tutto come in una spirale dolce e amara.
Pensa a quelle rotaie, ai lampioni arancioni, ai fili sospesi, al freddo e alla tristezza e poi sente Giulio infilare una mano ghiacciata sotto la felpa, a contatto contro la pelle nuda del fianco e quel tepore frebbicitante che gli da tanto alla testa si scioglie come LSD.
Alla fine ha ragione, è solo una macchina che continua a muoversi per inerzia di una catena di causa-effetto. Però è la macchina più viva che conosce.

I am machine
I never sleep
I keep my eyes wide open
I am machine
A part of me
Wishes I could just feel something
I am machine
I never sleep
Until I fix what's broken
I am machine
A part of me
Wishes I could just feel something

   
 
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