Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Circe    15/03/2020    3 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dal grimorio di Bellatrix : “Sei ancora qui?”


Non avevo parlato e non avevo chiesto nulla, ma non significava non fossi preoccupata, al contrario. Per come lo avevo visto a seguito del rito magico e per il mistero di cosa volesse fare dopo, non avevo da stare tranquilla e rilassata.
Tornata al quartier generale, come prima cosa, decisi di far passare il tempo: mi cambiai molto velocemente gli abiti umidi e freddi, feci in modo di non farmi vedere da nessuno, non avevo voglia di parlare. Poi mi recai nella stanza dove ero certa sarebbe tornato il mio maestro, non appena avesse terminato ciò che stava facendo.
Lui non mi aveva chiesto nulla, ma decisi comunque di aspettarlo, da sola, nel caso avesse avuto bisogno di me. Io sola potevo e sapevo aiutarlo.
Accesi il fuoco nel camino e, anche grazie agli abiti asciutti che avevo indossato, mi scaldai subito, mi sciolsi per bene i capelli ancora umidi, e mi misi accanto alle fiamme.
Attesi.
Passò molto tempo prima di vederlo ricomparire, a pochi passi da me, sempre più pallido. Portava un mantello fin troppo leggero sulle spalle e non aveva più il medaglione addosso.
Fu un sollievo non vedergli più quel ciondolo sottomano: era ossessionato da quei maledetti oggetti simbolici che io trovavo insignificanti, questa ossessione portava solo male. Non vedendo più il gioiello, dunque, avevo intuito che tutto quell’incubo era finito.
“Sei ancora qui?”
“Vi ho aspettato, mio Signore, volevo assicurarmi che steste bene.”
Mi guardò teso, era tornato ad essere dubbioso, scontroso freddo e distaccato. Sperai di non dover ricominciare tutto da capo, di non dover riconquistare la sua fiducia come se nulla tra noi si fosse mai evoluto in un rapporto più stretto.
Quell’incantesimo devastatore avrebbe anche potuto riportarci indietro di anni e questo pensiero mi spaventò non poco.
Continuai ad attendere una sua risposta con ansia.
“Sto bene.”
Disse solo quelle due parole, ma guardandomi fisso negli occhi, allora capii che non avevamo perso tutto, forse qualcosa, ma non tutto.
Un pochino più rassicurata, mi accinsi ad uscire dalla stanza e lasciarlo solo, ma lui aggiunse qualcosa che mi fece decidere di restare.
“Per ora sto bene, ho solo bisogno di riposare per qualche minuto.”
Non so, ma sembrava, sembrava soltanto, che quasi volesse che restassi lì.
Mossi la bacchetta per spostare una grossa poltrona accanto al fuoco.
“Forse un po’ di calore vi aiuterà, siamo stati sempre al freddo, voi più ancora di me.”
Lasciò cadere il mantello a terra, e sì adagiò sulla poltrona. Appoggiò la testa allo schienale chiudendo gli occhi, si era fatto silenzio fra noi e tutto intorno, non mi mossi, sperai volesse dormire, non dissi nulla, quel giorno passammo momenti pieni di silenzi. 
Dopo un po’ di tempo mi avvicinai sempre silenziosamente e mi misi seduta accanto a lui, sul tappeto dove tempo prima avevamo fatto l’amore. Sorrisi, quel pensiero così intimo e i ricordi ad esso legati mi diedero coraggio, mi avvicinai appoggiando la testa, delicatamente, sul suo ginocchio. Lui non disse nulla, forse dormiva davvero, o forse non gli dava fastidio.
Chiusi gli occhi anche io e rimanemmo così a lungo.
Era tornato tutto bello, era tornato il fuoco ed eravamo di nuovo vicini.
Persi la cognizione del tempo, ascoltavo solo il fuoco scoppiettare nel camino, mi trasmetteva calma, rimasi tranquilla in quella posizione a lungo, sentendomi protetta da lui, finché improvvisamente il mio maestro non si agitò. 
Allora dovetti affrontare di nuovo il caos, mi staccai da lui e lo guardai: era inquieto e sofferente, stringeva gli occhi.
“State male, mio Signore?”
 Mentre chiedevo queste cose, mi alzai in piedi, lui annuì senza parlare.
Non mi aveva detto nulla su come far fronte a un imprevisto simile, io scioccamente non gli avevo chiesto nulla, troppo impegnata a pensare all’amore. Immaginai che fossero le solite debolezze che comportava l’uso della magia oscura.
“Mio Signore, forse se vi sdraiate state meglio, vi preparo una pozione? Qualcosa?”
Annuì ancora e si alzò reggendosi alla poltrona, mi avvicinai per aiutarlo, ma mi allontanò e fece da solo. Gli stetti comunque vicino finché non si gettò letteralmente sul divano, stringendosi le tempie.
“Mio Signore, cosa devo fare?”
Dissi quelle cose con voce tremante, le cose peggioravano velocemente, lo vedevo sempre peggio, pallido, sofferente, iniziava a sudare e non mi parlava.
Mi sorpresi a pensare arrabbiata cosa mai fosse andato a compiere e perché: stava bene, stavamo bene, aveva il potere che desiderava, non capivo per quale motivo doversi fare del male, di proposito e fino a quel punto.
Andare sempre oltre, e doversi ridurre così.
Mi faceva arrabbiare, sapevo che osavo tanto a pensarla così, ma mi faceva arrabbiare.
Mi distrassi dai miei pensieri inquieti non appena lo vidi stringersi forte la testa e gridare, allora domandai di nuovo cosa potevo fare, quasi urlai perché non mi rispondeva.
Poi alzò i suoi occhi verso di me, palesemente occhi distrutti… dal rito e dal male di quel momento. Ugualmente il suo sguardo mi trapassò il cervello.
“Faccio da solo.”
Quella risposta mi fece davvero innervosire, davvero tanto: perché doveva sempre fare tutto lui da solo, quando era chiaramente in difficoltà e stava male, mentre io ero lì apposta per aiutarlo?
Era ostinato e quel suo modo di essere faceva soffrire entrambi.
Provai ad impuntarmi.
“Mio Signore, ditemi cosa devo fare, posso servirvi io, come desiderate.”
Ero così arrabbiata che la mia voce risultò ferma nonostante quegli occhi su di me.
Mi guardò, tenendo le mani ai lati della testa, fece un cenno al tavolino con il cassetto, dove sapevo esserci mille medicamenti.
Mi voltai e nella fretta aprii bruscamente, facendo rumore, rotolarono talmente tante boccette che mi bloccai, non avevo idea di quale gli servisse.
Lui stava male, lo sentivo che non riusciva nemmeno a stare fermo, ma per me era tutto sconosciuto, persi tempo, allora per la prima volta mi rivolse la parola.
“Bella, ti devi muovere se vuoi davvero servirmi, mi si tra lacerando la testa, sembra che il cervello si voglia rompere in due.”
Mi mise paura con quelle parole.
“Cosa volete? Qui c’è di tutto, mio Signore.”
Sì inquieto’ palesemente, si trascinò accanto a me e trovò una fialetta.
“Prepara la siringa, al resto penso io.”
Facemmo tutto in pochi istanti, nonostante stesse male fece quasi tutto da solo per davvero, mi disse solamente di stringergli il polso con le dita, vidi la vena ingrossarsi, appena il tempo di spingere dentro il liquido e tutto quel disastro terminò quasi di colpo.
Il mio maestro si appoggiò ai piedi del divano, seduto a terra, si rilassò e si tranquillizzò subito. Lasciai stare tutto com’era, appoggiai la siringa a terra e mi appoggiai anche io, poco lontano da lui.
Sapevo di doverlo lasciare tranquillo per vari minuti, lo guardavo, teneva gli occhi chiusi, respirava lentamente, era pallido. 
Avrei voluto accarezzargli i capelli scompigliati, asciugargli il sudore, baciarlo. Dirgli di smetterla di voler oltrepassare per forza ogni confine, rompere qualsiasi divieto.
A cosa gli serviva quella smania?
Naturalmente non feci nulla, e non dissi nulla, non volevo certo contraddirlo, farmi mandare via, dopotutto forse ero io che non potevo capire.
Non pensavo, prima di vedere tutto il caos di quei momenti, che un incantesimo oscuro potesse fargli davvero così male, diceva che sembrava gli si strappasse il cervello, cercai di non pensare a cosa si era strappato lui da solo poco prima, con la magia oscura. 
Non mi impressionava il rito oscuro, quello no, mi preoccupava il suo dolore.
Sospirai stancamente, non potevo che fidarmi di lui, e allora lo guardai ancora.
Rimasi qualche istante ferma, mi rilassai, pensai a quanto fosse bello anche in quello stato, si era sciupato molto, tutto in pochi momenti, ma lo trovavo sempre affascinante, anzi, in un certo senso forse più ancora di prima.
Lo vedevo più inafferrabile e sfuggente, e questo mi metteva una strana inquietudine nel cuore, mi faceva eccitare sempre.
Intanto attorno nella stanza si era fatto ancora silenzio, sperai che fosse davvero tutto finito e così sembrava. Osservai ancora il mio maestro, lui era sempre fermo, pareva di nuovo tranquillo, non badava minimamente a me.
Improvvisamente un desiderio si fece strada nel mio cuore e nella mia mente. Rimasi zitta e ferma come a valutare le mie vere intenzioni, dopo poco mi spostai cautamente, lenta e senza fare rumore.
Mi avvicinai a lui. 
Arrivai così vicina che quasi potevo sfiorarlo, ma non lo baciai, lo guardai accarezzandolo con lo sguardo, poi con molto garbo gli sistemai i capelli che erano caduti davanti agli occhi, come una carezza.
Fu un attimo tutto mio, perfetto.
Purtroppo fu solo un attimo che mi ritagliai tutta quella splendida intimità, perché poco dopo bussarono alla porta.
Improvvisamente tornai alla realtà del momento di emergenza che stavamo vivendo. Guardai ancora per un attimo il mio maestro, non accennava a muoversi, dunque lo lasciai tranquillo, decisi di risolvere io il problema e mi alzai dal pavimento quando già stavano bussando per la seconda volta.
Aprii cautamente e mi misi davanti per non far entrare nessuno, trovai Dolohov davanti all’uscio che mi interrogò con sguardo molto torvo.
“Cosa sta succedendo? Ho sentito molti rumori, so che l’Oscuro Signore è tornato.”
Lo guardai molto male.
“Sì certo, è tornato, ma cosa vuoi sapere? Non sono affari tuoi, se non sei chiamato, non ti presentare.”
Speravo se ne andasse velocemente, invece continuò, come se avesse sospetti su qualcosa.
“Sei diventata forse l’unica ad avere accesso alla persona del Signore Oscuro? Hai fatto carriera velocemente.”
Non risposi alla provocazione, prima di tutto mi interessava se ne andasse, inoltre queste battute sulla mia relazione con l’ Oscuro Signore in realtà mi facevano piacere.
“Se hai bisogno di lui lo cercherai in un altro momento, quando sarà disponibile, non puoi certo pretendere sia sempre pronto per parlare con te.”
“Ora pensi anche di poter parlare per lui? Chi credi di essere?”
Capivo che non aveva argomenti o necessità con cui controbattere, ma non voleva nemmeno cedere, rimaneva in piedi fuori dalla porta contrariato dal fatto che gli stavo sbarrando la strada.
“Forse non capisci che al momento non sei gradito? Non sei richiesto, non sei gradito, come te lo devo dire?”
Indietreggiò, ma non se ne andò ancora.
Stava forse per aggiungere altre cose, quando sentii accanto a me, leggermente arretrato, il corpo del mio maestro sfiorare il mio, poi appoggiarsi quasi. Sentivo il suo calore sul mio, il suo odore, subito dopo sentii la sua voce fredda e tagliente alle mie spalle.
“Vedi, Bella, il nostro amico non ha nessuna persona con cui impiegare il suo tempo, dunque viene a disturbare il suo Signore in momenti poco consoni.”
Vidi Dolohov irrigidirsi, strinse leggermente i pugni e deglutì, insomma accusò il colpo, ma cercò di non darlo a vedere.
Mi girai per guardare il mio Signore orgogliosa, gli feci posto accanto a me, senza allontanarmi.
Pareva perfettamente normale, come sempre lo avevamo visto, non aveva più l’ombra di nulla, un sorriso ironico capeggiava sulle sue labbra mentre seguitava a prendere in giro uno dei suoi Mangiamorte di fiducia.
Sempre più pallido e con gli occhi leggermente più rossi del solito, parlava come se nulla fosse accaduto, come se pochi istanti prima non fosse stato completamente stravolto sia per l’ incantesimo terribile di magia oscura, sia per gli oppiacei sparati direttamente in vena.
Io invece capivo tutto di lui, tutti i segnali che denotavano quanto fosse diverso: era più loquace del suo solito e quel modo di avvicinarsi e appoggiarsi, quasi di reggersi accanto a me, tutto mi faceva capire quanto in realtà fosse confuso e instabile.
Dolohov non ci fece caso, sembrava tranquillizzato anche se intimidito dalla comparsa del Signore Oscuro.
Il mio maestro rincarò la dose.
“Non sai capire, Dolohov, che al momento non sei gradito? Se hai urgenza di parlare con me, sono qui, ma vedi di non disturbarmi per cose inutili, altrimenti sai che posso fartene pentire.”
“Va bene, mio Signore, non devo dirvi nulla di importante, avevo sentito rumori, forse li ho fraintesi, ma ero venuto ad assicurarmi che non ci fossero problemi di nessun tipo.”
“Quando ci sono io, non ci sono mai problemi, puoi stare sereno. Se non c’è altro che mi devi dire, allora puoi lasciarci.”
Fece un cenno cordiale di saluto ad entrambi e si voltò.
Non appena vedemmo Dolohov allontanarsi e sparire dietro al corridoio, rientrammo nella stanza, chiudendo la porta con un incantesimo potente.
“Meno male, mio Signore, non sapevo più come mandarlo via.” 
Mentre dicevo così lo vidi sorridere, si mise quasi a ridere alle mie parole. 
Sapevo che era una reazione indotta dalle sostanze, ma mi fece piacere, ci sentimmo complici di qualcosa di indefinito, una situazione assurda e insieme esilarante.
Sorrisi anche io per un attimo, con lui.
Non era semplice vederlo ridere, fu una sorpresa, un regalo bellissimo in mezzo a tutto quell’orrore.
Poi tornammo silenziosi.
Lentamente, con la bacchetta, fece ordine nella stanza, io dovetti sedermi perché ero stremata da tutti quei fatti e quelle emozioni.
Finito tutto, lentamente mi si avvicinò e si sedette vicino a me, avrei voluto chiedere come si sentiva, se potevo stare tranquilla, ma parlò lui per primo.
“Dolohov comunque non è uno stupido, Bella.”
Voltai lo sguardo verso il suo viso, che era tornato serio e attento.
“Mi conosce bene da quando eravamo dei semplici ragazzini, ha viaggiato molto insieme a me, conosce la mia magia e più volte ha visto che effetti può dare, anche se non ha la minima idea del punto a cui mi sono spinto, certe situazioni le ha già viste.”
Provai una certa invidia, o gelosia, verso chi aveva condiviso col mio maestro certi momenti, la gioventù e le prime scoperte, cercai di non pensarci anche se non mi fu facile.
“Pensate sia venuto per controllare, mio Signore?”
“Probabile.”
Restammo zitti per un attimo. Entrambi ripensammo, probabilmente, ai vari timori che crescevano tra i Mangiamorte, i dubbi sulla loro fedeltà, la possibilità che si creassero alleanze avverse.
“Non si accontenterà dei pettegolezzi di cui si accontenta Alecto, o gli altri giovani Mangiamorte. A lui non interessa di noi, interessa sapere di me, di cosa faccio, di come gestisco il nostro gruppo dei Mangimorte, di dove li posso portare.”
Sentii il cuore battere forte quando disse “di noi” era come se davvero esistessimo “noi” lui ed io, anche ai suoi occhi, non solo ai miei. 
“Ne avevamo già parlato, se ricordi, Bella, ora è ancor più chiaro che vanno tenuti d’occhio. Non pensavo di dovermi guardare anche da chi dovrebbe essere parte di una famiglia, invece è giunto il momento non solo di guardarmi bene dai nemici, ma di fare attenzione anche ad alcuni amici.”
“Mio Signore…” 
“Si, lo so, di te mi posso fidare... me lo hai già detto.”
Liquidò velocemente le mie dichiarazioni sincere di fedeltà assoluta, ci rimasi male.
“A breve faremo una riunione con tutti, vediamo cosa succede.”
Risposi che avrei fatto tutto ciò che mi avesse chiesto, poi lo guardai ancora. Il pallore stava lasciando il posto ad occhiaie leggere, i lineamenti erano scavati e gli occhi erano rimasti più rossi del solito, anche se ben diversi da quel rosso sangue che avevo chiaramente visto dopo l’incantesimo, quando ci eravamo incontrati sulla scogliera.
Si era sciupato e logorato molto, sembrava invecchiato di anni, ma io lo trovavo sempre bello, ancora più forte e inquietante.
Se possibile, dopo quell’esperienza, lo amavo ancora di più.
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Circe