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Autore: Lightyel    22/03/2020    4 recensioni
Una piccola storia che narra le avventure di Harley Keener e Peter Parker, sotto la supervisione di Tony Stark – padre improvvisato di due pesti senza freni. Riusciranno a non farlo impazzire, prima della fine?
Episodio 1: That's So Harley!
Episodio 2: Geni per caso (parte 1)
Episodio 3: Geni per caso (parte 2)
Episodio 4: Mai dire Cena
[ Harley & Peter + Tony - Fluff/Comico - Storia scritta a quattro mani da _Lightning_ e Miryel ]
Genere: Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harley Keener, Harley Keener, Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[ Harley & Peter & Tony - Fluff  - Word Count: 4711]





 




Episodio 4. Mai Dire Cena
 

   L'aria pare assumere la densità del piombo fuso non appena arrivano in vista del ristorante italiano. Peter quasi inchioda sul posto con uno stridio di gomme, rischiando di far capitombolare Tony e Harley dietro di lui: May è già lì davanti in attesa, in tutta la sua terrificante compostezza, con gli occhi acuminati come spilli puntati su di lui a trapassarlo e trafiggere anche Tony. Deglutisce a secco, inghiottendo il nulla e prevedendo che quella sarà tutto l'opposto di un'allegra cena in famiglia.

«Buonasera May!» esordisce giovialmente Tony, avanzando verso di lei a larghe falcate sicure. «È un piacere veder...»

«Preferirei occuparmi di mio nipote, prima di passare a te,» lo gela lei, paralizzandolo con un solo cenno di un dito quasi abbia appena lanciato un sortilegio.

Il fatto che il signor Stark si lasci zittire da May non ha mai rassicurato Peter. Significa che quella donna può tutto e, se non fosse per la sua indole materna che le occupa troppo tempo, probabilmente ora sarebbe a capo del mondo intero e con una facilità disarmante.

Peter deglutisce di nuovo, e sente i muscoli del collo irrigidirsi, quando lei gli si para davanti con l'indice alzato e inizia a gesticolare; eccole, le sue origini italiane che si palesano in tutta la loro teatralità.

«May, i–»

«Oh, Peter, non provarci nemmeno! Non provare nemmeno a giustificarti,» inizia, cominciando a tenere il conto di quell'elenco sulla punta delle dita, «chiedere scusa, dare la colpa ad altri o chissà che altro frulla in quella tua testolina pregna di ormoni adolescenziali e di assurdità che lui», indica Tony con un pollice che punta dietro le proprio spalle, «ti infila in testa con l'intento di trasformarti in un adulto rammollito! So quello che è successo, so quello che hai fatto e ti giuro, Peter, ti giuro, è l'ultima volta.»

«Zia May, n–» Tenta invano di fermarla, ma lei gli scocca un'occhiata tagliente dietro la montatura dorata dei suoi occhiali da vista.

«L'ultima volta che la passi liscia e che lui la passa liscia! La prossima volta che ti lasci coinvolgere da una sua decisione e fai qualcosa di così discutibile e stupido – e Pepper è d'accordo con me, stai certo che ti spedisco il più lontano possibile da Tony Stark e dai suoi tentativi di sabotare l'educazione che ti ho impartito sin da quando eri alto così!», conclude, mimando col palmo parallelo al pavimento, indicando un'altezza di nemmeno un metro.

Peter serra la mascella e la guarda, terrorizzato. Tony sbuffa divertito, ad un tratto, attirando l'attenzione su di sé. Zia May si volta e i lunghi capelli castani seguono il suo movimento veloce.

«Ti diverti, Tony?»

«Se me lo allontani, mi togli una gran bella responsabilità!», ironizza, e Peter ci rimane quasi male, finché zia May non interviene, con una risata priva di alcuna felicità.

«Certo, raccontalo a te! Voglio proprio vederti, quando piangerai perché ti manca tormentare il tuo pupillo!» 

Tony sembra colpito e affondato. Abbassa il capo, tirando le labbra e strusciando la punta della scarpa laccata – che da sola costa probabilmente come la sua retta scolastica – sul marciapiede con l'aria di un ragazzino contrariato per uno scherzo finito male. Il che non si allontana poi molto dalla realtà, riflette Peter, scoccandogli un'occhiata in cagnesco – anche se le sue "occhiate in cagnesco" senza maschera, a detta del suo mentore, sono più simili a quelle di un pitbull in astinenza da grattini. Però ci prova lo stesso.

«Suvvia, May, mi sono già preso le mie responsabilità e ho posto il veto su ogni futuro gingillo tecnologico che esuli da tute ragnesche... Direi che siamo a posto, no?» sorride poi, sfoggiando un sorrisetto accattivante che si schianta contro la facciata granitica di zia May.

«Stasera offri tu,» dichiara, facendoglisi sotto con un indice a un palmo dal suo naso pronto ad essere usato come arma. «E vedi di essere irreprensibile, signor Iron Man: stasera sei di fronte a una giuria, mia e di Pepper, e l'assoluzione dipende unicamente da come ti comporterai,» conclude con uno scatto teatrale dei lunghi capelli, prima di voltargli le spalle ed entrare a passo di marcia nel ristorante.

Peter è convinto di udire una flebile fanfara di trombe in sottofondo, e si aspetta di vedere una schiera di paggetti a tenerle sollevato un immaginario manto d'ermellino appuntato sulle sue spalle.

«Che fortuna che mia madre lavori, eh?» commenta la voce di Harley, da dietro la schiena di Tony utilizzato finora come difesa improvvisata.

Il suddetto sospira, stropicciandosi gli occhi e rischiando di farsi scivolare la montatura dal naso.

«Già. Che fortuna.»

Si mettono in fila per entrare, creando una scaletta di altezze diverse ma equilibrate, e lasciano che sia il signor Stark, il primo a varcare la soglia. È un posto tranquillo, arredato con tavoli rotondi coperti da tovaglie bianche e, al centro di ognuno, un vaso con dei girasoli. La luce delle lampadine è gialla e calda, un po' come la temperatura che costringe Peter a slacciarsi subito la giacca. Da quando quel ragno l'ha morso, si sente come una donna in menopausa con tanto di vampate. Sa che l'insofferenza gli sta attraversando il viso, tanto quanto quel senso d'ansia che sente nel profondo dell'anima. È una cena fuori, ma ha tutta l'aria di una riunione di famiglia che non esclude l'ennesima ramanzina da parte di zia May e quello che ormai è la sua figura paterna di riferimento: Tony. Che certe volte – il più delle volte, a dire il vero – sembra più un amico con cui combinare guai, che un esempio da seguire. Gli scappa un sorriso, a quel pensiero, che si affievolisce quando sente due occhi fissi su di lui.

È Harley, che pare cercare un po' di conforto, che Peter decide di donargli. Hanno iniziato decisamente col piede sbagliato, ma ha avuto modo di ricredersi e, messa da parte la gelosia e altri fattori, non può negare che quel ragazzo gli somiglia più di quanto crede.

Prendono posto al tavolo e, come se fare rumore potesse scatenare la terza guerra mondiale, Peter cerca di spostare la sedia lentamente: questo causa uno stridere di legno contro il pavimento, ancora più burrascoso di quel che poteva essere facendolo con un solo gesto. Tutti lo guardano, e si blocca sul posto.

«Scusate», sorride impacciato, poi si siedono tutti e il brusio è l'unica cosa che copre quel silenzio, mentre zia May passa lo sguardo da lui a Tony, giudizioso.

La disposizione a tavola non è delle migliori: si ritrova di fianco a Tony a di fronte a May, con Harley accanto. I due posti vuoti attendono Pepper, saggiamente posta a cuscinetto tra sua zia e il suo mentore, e Happy, che Tony ha invitato con un'enfasi e un entusiasmo che non gli sono del tutto chiari, ma che probabilmente fanno capo al principio "più siamo, più ci divertiamo, e più persone ho su cui dirottare l'attenzione in caso di pericolo". Peter condivide quella linea di pensiero, tutto sommato, e accoglie l'arrivo degli altri due invitati col medesimo sollievo, tanto per distrarsi dallo sguardo fulminante di May – che sembra sul punto di piegare un cucchiaio con la forza del pensiero e ha ancora un colorito livido.

Happy saluta rapido, scocca un'occhiata ammonitrice a lui e Harley e si siede poi accanto a May, immergendosi intentamente nel menù mentre parlotta con lei. Ha l'aria di essere stato obbligato a partecipare, e allo stesso tempo irradia un certo, inspiegabile nervosismo. Pepper invece, li saluta con una punta di severità che stempera appena la sua consueta dolcezza, per poi impietrire Tony nell'atto di un sorriso smagliante e vagamente marpione col solo ausilio di un battito di ciglia. Al che Tony deglutisce, si allenta la cravatta con un dito e caccia a sua volta il naso nel menù, sotto il tiro incrociato delle due donne che prendono invece a chiacchierare amabilmente tra loro.

Peter non riesce a trattenere un sorrisetto a quella reazione e scorge Harley che sogghigna apertamente, rivolgendogli un'occhiata che, per una volta, è complice.

L'atmosfera per un attimo si tinge di colori caldi; Peter sente il respiro meno frammentato nei polmoni, anche se sa benissimo che quella ramanzina che Tony ha elargito loro non è ancora finita. Sa che non è ancora finita, perché l'aria è meno satura, ma c'è qualcosa che ancora pesa. Qualcosa che va alleggerita, lentamente, come quando un palloncino si sgonfia e vola via, senza una meta.

Lancia uno sguardo ad Harley, che ha il viso nascosto dietro al menù – anche lui troppo in imbarazzo per dichiarare quella serata come una normale cena di piacere – da dove emerge la sua montagna di capelli.

Peter sospira, e torna a guardare zia May e gli altri adulti. Happy riserva alla donna sorrisi e una posa sicura e spavalda. Piega la bocca in risolini di approvazione, mentre lei sta al gioco, con il gomito appoggiato al tavolo e la mano a sorreggere il mento. I lunghi capelli posati su una spalla. Gli occhi luminosi come due stelle in procinto di esplodere. Sposta lo sguardo sul signor Stark e su Pepper, che hanno il capo abbassato sul menù e lo consultano vicini, ma l'uomo pare aver sentito il suo sguardo addosso, perché i loro occhi si incrociano e si guardano interrogativi.

Tony sembra capire immediatamente, quando di nuovo Peter si volta verso May e Happy, poi di nuovo verso di lui. Cerca spiegazioni con gli occhi, ma riceve solo labbra arricciate e gli occhi di nuovo bassi del signor Stark. Così, senza pensarci, apre la bocca. 

«Che succede?», sbotta, e cala il silenzio.

Tutti gli occhi si puntano su di lui – Harley abbassa il menù e sembra ancora più confuso di prima.

«Cosa, tesoro?», chiese May, con un sorrisetto che sa di colpevolezza. O almeno così a Peter pare.

«Che succede,» ripete, e stavolta non è una domanda. «Tra... tra di voi, intendo. Da quando ve la intendete così tanto?»

Happy e May si lanciano uno sguardo confuso che sa di una messa in scena riuscita veramente troppo male. Si puntano un dito l'uno contro l'altra e poi ridono. Ridono  per non piangere, pensa Peter, perché ci ha messo due secondi a fare due più due e non serve essere geni della matematica...

«Pensi che ce la intendiamo?», chiede Happy e Peter annuisce, lentamente. Così lentamente che gli sembra di vivere in una scena clou di un film horror.

Poi, Peter ringrazia di avere dei sensi iper-sviluppati, e la capacità di osservare una scena come fosse in slow motion, soprattutto se particolarmente concitata; questo perché una persona normale avrebbe semplicemente udito una cacofonia di suoni irriconoscibile e visto una serie di movimenti inconsulti e degni di artisti circensi da parte dei propri commensali.

Lui, invece, ha un posto in prima fila a quello che non è più un film horror, bensì una moviola impietosa sull'etologia umana più becera in un momento di tensione.

Vede chiaramente Harley che, col gesto meno discreto del creato, dà una manata degna di uno schiacciatore al suo bicchiere d'acqua, mandandolo a rovesciarsi sul tavolo e addosso a sé esclamando un ultrasonico quanto falsissimo "Accidenti!". Vede in sincrono Tony che, alzata una mano con uno scatto che ricorda quello di un alunno brillante impaziente di compiacere il professore – o di contraddirlo, nel suo caso – chiama il cameriere in un modo che lui stesso definirebbe "da cavernicolo", sillabando al rallentatore, almeno alle sue orecchie, un "Garçon, qui è veramente arrivato il momento del vino!"

Il gesto in questione, compiuto con la veemenza di un razzo in fase di decollo, finisce per urtare in pieno il piatto di un cameriere di passaggio, mandando all'aria una elaborata ed elegante porzione di tiramisù la cui ampia parabola termina, con tutte le fatali implicazioni del caso, sulla testa di Pepper.

Il tutto si svolge in meno di tre millisecondi, e in un battito di ciglia il tavolo piomba nel caos.

Peter ha solo chiesto “Che succede?”, e a quanto pare la risposta è “Un pandemonio”. Avrebbe solo voluto sapere cosa sta succedendo tra Happy e sua zia, non innescare un meccanismo di figure barbine degne del Benny Hill Show – e se non fosse che si è rabbuiato, ora starebbe ridendo immaginando la musichetta del suddetto programma.

Cala il silenzio, e gli occhi di tutti i commensali sono puntati su di loro.

«Oh, santo cielo! Pepper, stai bene?» 

Zia May si riprende per prima e si alza subito per accertarsi che i danni non siano troppo catastrofici, impugnando il tovagliolo. Peter pensa che, da un momento all'altro, ci sputerà sopra e inizierà a lavarle la faccia sporca di tiramisù, come faceva con lui quando era bambino... ovvero fino a una settimana fa.

«Be', prima stavo di certo meglio!» esclama la signorina Potts, lanciando un'occhiata in tralice al signor Stark che è fermo, immobile; la guarda chiaramente incapace di intervenire in alcun modo. Happy scuote la testa, e per quanto Peter lo guardi con tutta l'intensità che gli appartiene, non riceve in cambio nemmeno uno sguardo. Sa che Happy si sta impegnando a non ricambiarlo. Così Peter capisce e, sentendosi stupido come un ragazzino a cui vengono nascoste le caramelle.

«Che casino», sospira Harley, seduto accanto a lui e alza di nuovo il menù fin sopra la testa, sparendo. Peter vorrebbe fare lo stesso e, mentre May e Happy tentando di salvare la signorina Potts da un'autocombustione data dalla rabbia e Tony Stark probabilmente prenota un volo di sola andata per l'Argentina – forse con l'intento di cambiare nome e identità, Peter si schiaffa una mano sulla faccia e glissa l'argomento. Non è proprio il caso di proseguire. Decisamente.



***

 

   Quando raggiungono tutti l’uscita del ristorante, Tony si chiede se sia bastato pagare il conto a tutti, per assicurarsi che nessuno covi ancora rancore nei suoi riguardi e ingaggi un sicario per fargli tagliare la gola. Si passa istintivamente una mano sul collo e, guardando gli altri, batte le mani sorridendo, sebbene non ci sia chiaramente nulla da ridere. Non è stata una serata spiacevole, solo forse non avrebbe dovuto peccare di superficialità. 

È ovvio che sia Peter che Harley sono ancora troppo provati da quello che è successo a scuola e che il discorso non è ancora stato affrontato come Tony vorrebbe – o meglio, come Tony dovrebbe. Non gli piace mai dover fare il genitore apprensivo; non pensa di esserne in grado, eppure lo sente quel senso del dovere nei riguardi dell’educazione di quei due giovani; e non solo perché May e la madre di Harley gli hanno chiesto di seguirli fin dove può, ma perché gli riesce dannatamente naturale farlo, anche se non lo ammetterà mai a nessuno. Nemmeno a Pepper, che lo guarda come se potesse polverizzarlo con lo sguardo, con ancora tracce di tiramisù sui capelli e sul completo color carta da zucchero che indossa. La cosa positiva è che, tra quelle scintille di fuoco che le scoppiettano negli occhi, c’è anche una luce innamorata che Tony non può proprio non notare. Le regala un sorrisino, che lei non ricambia ma che c’è, in fondo all’anima.

Lo sguardo poi gli cade su Happy e May; sono distanti, ma non riescono proprio a nasconderla, quella relazione clandestina che stanno portando avanti, di cui lui e Pepper sono a conoscenza; probabilmente tutto il Queens lo sapeva, a parte Peter – che ora lo ha capito fin troppo bene. A volte pensa che sia un vero genio per quanto concerne la scienza, ma un totale babbeo per quanto riguarda l’accorgersi di cose ordinarie. Meno male che almeno Harley, su quel lato, è più sveglio. Si accorge di tutto e parla solo se ha qualcosa di veramente intelligente da dire, seppure anche lui sia caratterizzato da una parlantina implacabile, proprio come quella di Spider-Man. 

Tony ci scherza su, ma ha davvero il desiderio di vederli gironzolare in laboratorio, a fare chiasso, mentre lui accoglie l’inesorabile corso del tempo e invecchia. Solo nel corpo, ovviamente. Mentalmente, rimarrà sempre bloccato tra la preadolescenza e i diciassette anni.

«Bene, porto i due pargoli al complesso. Happy, ti affido la signorina Potts e miss Mozzarella di Bufala», esordisce e May alza le sopracciglia.

«Solo perché sono italiana?»

«Certo che ne hai di luoghi comuni da elargire al mondo, Tony…», sospira Pepper, mentre Happy si punta un dito sul petto. 

«Ci penso io, conta su di me», dice, orgoglioso, e Tony non può non notare lo sguardo sospettoso di Peter, così si affretta a spingere i due ragazzi in macchina, non prima di averli invitati a salutare in fretta tutti gli altri, con uno squillante “Buonanotte”. 

Ciò che accadrà nel Queens, rimarrà nel Queens.

 

***

 

   Harley si sta davvero sforzando, per rimanere serio, ma ogni pochi minuti sente un sorrisetto che gli preme all'angolo delle labbra chiedendo di essere espresso in risata. Non può ovviamente permettersi di rilasciarlo, o è sicuro che Tony si offenderebbe a morte, togliendogli il saluto, preparandosi una lista di battutine da sfoderare al bisogno e dimenticando conseguentemente di sfiorare la cinquantina e che si sta rapportando con un quattordicenne. Peter, dal canto suo, potrebbe benissimo decidere di soprassedere sulla sua autoimposta regola di non mischiare il suo "lavoro" col personale appendendolo a testa in giù con una ragnatela, oltre a ritirare il trattato di pace che forse hanno appena siglato.

Così si trattiene, anche se l'immagine del disastro appena avvenuto nel ristorante continua a riproporsi dietro i suoi occhi in tinte sempre più esilaranti, rendendogli difficile il compito.

Tony in tutto questo sembra guidare in uno stato di trance, e si sta probabilmente immaginando il momento in cui tornerà a casa e dovrà affrontare la sua compagna. Non lo invidia. Forse è proprio per questo che ha deciso di passare il fine settimana al Complesso; e forse fa parte delle macchinazioni di Pepper e May il fatto che lui e Peter siano stati praticamente obbligati ad andare con lui. Per "appianare i dissapori", ha detto Pepper; "per conoscervi meglio", ha detto May; "per avere manodopera fresca in laboratorio", ha detto Tony. "Per punizione", hanno sentito loro due, rassegnati. Sembra un qualcosa di prestabilito e che forse l'incidente che ha movimentato la serata ha solo anticipato, offrendo a Tony l'opportunità perfetta per scampare alle ire di Pepper.

Harley sospira, spalmandosi sul sedile posteriore con gli occhi puntati sul tettuccio trasparente. Peter gli fa eco, poggiato con la tempia contro il finestrino, e Tony termina la sequenza con un mezzo sbuffo e un guizzo delle dita a tamburellare sul volante.

E punizione sia.

 


 

 

   Se c’è una cosa che a Tony riesce veramente bene, sono i discorsi inventati su due piedi. E se c’è una cosa che gli riesce veramente male, sono sempre i discorsi inventati su due piedi. Ha ormai imparato, dopo la bellezza di quarantotto anni spesi ad aprir bocca prima di connettere il cervello, che la sua dialettica oscilla tra un “livello Martin Luther King” e un livello… beh, “Tony Stark al suo trentanovesimo compleanno”, mixando spesso e volentieri le due cose e creando sconcerto nel suo pubblico – quando non direttamente velleità omicide. 

Ticchetta la punta delle dita sul volante, con la campagna buia dell’Upstate che scorre fuori dai finestrini e la strada sporadicamente illuminata che viene divorata rapida dal muso dell’auto a ritmo con un tenue sottofondo rock.

Il punto è che deve sentirsi ispirato, un po’ come quando scende in laboratorio con un’idea a frullargli per la testa e le mani già pronte a realizzarla. Al momento però, il massimo dell’“ispirazione” fornita dal suo cervello è data dal replay di quel tiramisù che decolla spiaccicandosi in testa a Pepper. C’è una minuscola parte di lui che vorrebbe avere sottomano una testimonianza visiva della scena, e ringrazia che tra i poteri della sua consorte non rientri – per ora – la lettura del pensiero.

Si schiarisce la voce, e coglie con la coda dell’occhio Peter che ruota leggermente la testa nella sua direzione e Harley che si raddrizza appena dalla sua posizione semifluida sui sedili posteriori. Poi tace, rimasticando le parole che aveva avuto intenzione di pronunciare. I due ragazzi soccombono a un altro calo d’attenzione dovuto alla cena fin troppo ricca, o forse da quell’aura di ridicola semi-depressione che li ha colti da quando sono saliti in macchina, neanche lui fosse il loro boia, e riprendono a sonnecchiare. Tony si schiarisce di nuovo la voce, più sonoramente, e giusto quando sta per sganciare la bomba interviene la voce di Peter, distintamente strascicata – non sa se per la sonnolenza o per l’irritazione:

«Tutto bene, signor Stark?»

«Io? Sì, benissimo, mai digerito una pizza così bene in vita mia; devo ringraziare May per la scelta del ristorante,» risponde, e continua prima di poter allacciare le connessioni neurali: «Siete voi due, che non state messi troppo bene.»

«Cioè?» si leva la voce di Harley, dietro di loro, molto meno filtrata di quella di Peter.

«Cioè, non mi sembra che stiamo partendo per il fronte, o che vi stia portando a fare una gita a Guantanamo. O sbaglio?»

«Dipende dai punti di vista...» borbotta Peter, e Tony inarca in automatico un sopracciglio, girando un poco il volto verso di lui senza perdere di vista la strada.

Non è abituato a sentirsi rispondere in generale, se non dalle poche persone in grado di tenergli testa, e tanto meno da Peter, che sembra sempre vivere di cordialità e tolleranza. Questo fatto lo irrita molto più di quanto dovrebbe.

«Beh, nel tuo caso direi che avrei almeno qualche valida ragione, per voler avviare un “percorso rieducativo”, almeno riguardo alla gestione del tuo alter ego a otto zampe.»

Lo sbuffo di Peter si condensa nelle sue guance, ma erompe comunque sotto forma di parole:

«Signor Stark, ha intenzione di farmi di nuovo la paternale? Proprio lei?»

Tony alza le sopracciglia, e se la prima bomba è ormai esplosa, la seconda sembra in procinto di distruggere ogni cosa lungo il suo cammino.

«Proprio io? Chi altri, Parker?»

Sente la risposta nelle orecchie anche se Peter non la pronuncia, perché è fin troppo prevedibile, e una parte di lui vorrebbe sentirsela dire in faccia, senza filtri: non lei. Non quello che ha detto al mondo di essere Iron Man, vorrebbe dirgli, glielo legge negli occhi castani illuminati a intermittenza dai lampioni. Ma non lo fa, e si gira a guardare fuori dal finestrino ingoiando quella frase.

A quel punto sente Harley sbuffare in modo strano: entrambi hanno la sua attenzione, e rimangono ugualmente sorpresi nel vederlo con un mezzo sorriso storto che gli gonfia le guance, puntellato sui sedili con la testa che sbuca tra loro.

«Tony, tu hai rivelato al mondo di essere Iron Man durante una conferenza stampa in diretta... da che pulpito parli?,» dice poi con una semplicità spiazzante, alzando gli occhi al cielo, e Peter sussulta.

Tony quasi si fa tamponare per la frenata affatto dolce con cui ferma l'Audi, per poi accostare bruscamente finendo con la ruota anteriore fuori dalla carreggiata, tra l’erba alta che costeggia la statale.

Si volta verso Harley, piantandogli un indice a un palmo dal naso.

«Senti, ragazzino, sai che sono sempre disposto a farmi prendere in giro e a sopportare la tua impudenza, visto che mi hai salvato le chiappe, ma non quando sono nel mezzo di...»

«... una paternale?» completa Peter, sottovoce e senza trattenere un sorrisino spontaneo in direzione di Harley, che ricambia furbetto.

«Di una lezione!» lo corregge Tony, voltandosi a questo punto verso di lui.

«Di una lezione ipocrita!» ribatte Harley, tirando contro la cintura che lo trattiene a stento.

«Ipocrita? Perché cerco di inculcarvi un po' di buonsenso in quelle zucche in piena tempesta ormonale che vi ritrovate?»

«Certo, perché lei è il massimo esperto di discrezione, tatto e bullismo in questa macchina,» lo rimbecca Peter, costringendolo a voltarsi di nuovo.

«Non di discrezione, ve lo concedo, e magari nemmeno di savoir-faire, ma vi assicuro che mi sono fatto qualche giretto di troppo con la testa nei cessi del MIT!» sbotta, improvvisamente alterato.

Un nuovo, denso silenzio scende nell'abitacolo.

Non ci sono parole che riempiono l'aria, ora come ora, solo il rumore debole del motore acceso e il suono attufato del vento tra le fronde al di fuori della vettura. Il resto è solo un filo delicato di pensieri che si mischiano e che, con una sola frase sbagliata, sembra potersi rompere e distruggere un equilibrio che sembrava non esserci e che invece c'è sempre stato.

Tony pensa non sia difficile comprendere perché abbia dato loro quegli antibullo, ora che ha ammesso, con una sincerità di certo dettata dalla rabbia e dalla preoccupazione, che anche lui in passato ha subito le stesse ingiurie. Sembra quasi difficile crederlo, siccome è Tony Stark, ma se ha dato loro quegli aggeggi, significa che più di tutti può capire come ci si sente, in un contesto scolastico dove il più debole viene schiacciato e il più forte vince su tutti. Ad un certo punto della vita, quando si cresce abbastanza, i ruoli però si invertono: il debole diventa il più forte e il più forte viene schiacciato. Non da altri, ma dalla vita stessa. Una prospettiva triste, ma che Tony ha vissuto sulla sua pelle. Sa di averli spiazzati, e forse non avrebbe mai voluto farlo.

«Quindi non comportatevi come i ragazzini idioti che non siete,» conclude, brusco a dispetto del complimento implicito, dirottando il discorso con pentimento malcelato per averlo portato alla luce.

La linea di silenzio che si interpone tra loro s'ingarbuglia coi loro pensieri, perché pare che entrambi i giovani vogliano dire qualcosa, accettare quel rimprovero scaturito a fin di bene, ma farlo vorrebbe dire prendere atto e dare corpo della nozione che, decenni fa, anche Tony Stark era costretto a vedersela con persone della stessa risma di Flash. Così tacciono, limitandosi ad annuire a labbra strette, ma non Peter, che invece si agita sul sedile e parla con lo sguardo fisso sul parabrezza:

«Mi dispiace, per quello che le ho detto,» esordisce a voce bassa, ma ferma, prima di voltarsi appena verso Tony. «Non avrei mai potuto immaginare che...»

«Non è un qualcosa che amo pubblicizzare,» lo interrompe Tony, ancora puntellato sul gomito mentre si sfrega nervoso il pizzetto, maledicendosi per essersi sbottonato. «Immagino che faccia strano saperlo, ve lo concedo... ma diciamo che in un certo senso io me le cercavo. Vorrei evitare che voi facciate lo stesso, o che reagiate in modo del tutto sproporzionato alle provocazioni di un bulletto insignificante,» conclude, con un'occhiata più acuta a entrambi, che annuiscono quasi in sincrono. 

«E che a volte è difficile incassare i colpi e mostrarsi superiori. Lì per lì ci si sente deboli e schiacciati. Non è una bella sensazione», sospira Harley, e l’atmosfera è di nuovo cambiata. È delicata, ma non più in procinto di rompersi. Sembra elastica, morbida. Comprensiva. 

«No, non lo è. Non lo è affatto, ma le cose un giorno cambiano», dice ancora Tony, poi arriccia le labbra e si muove sul sedile. «Mettiamola così: non fate niente di quello che io farei. E non fate niente che non farei. Ecco, c'è una piccola zona grigia tra le due cose ed è che voi operate.»

Peter si lascia andare ad uno sbuffo divertito, e Tony sa benissimo da cosa è dovuto: quella frase è la prima raccomandazione che gli abbia mai rivolto, da quando si conoscono e ricorda ancora lo sguardo confuso che gli ha messo su quella volta. Ora però pare aver capito il vero significato di quelle parole. 

«Ora sono più confuso di prima», ammette Harley e si arruffa i capelli.

«Tranquillo, è normale», lo rassicura Peter, e il suo tono ostile lo ha abbandonato. Sembra essersi dimenticato persino di zia May e Happy. Per ora.

«Un giorno capirai. Intanto, non fate cazzate, o vi spedisco a fare marcette a Camp Lehigh in una tutina a stelle e strisce!», li minaccia, ma non cala il gelo, solo altre risate, che smorzano la tristezza di quei vecchi ricordi che Tony ha lasciato emergere; cose che odia ricordare, e nemmeno raccontare. Ma per quei due… a volte si chiede se non si stia rammollendo. Sorride.

 

 


Fine Capitolo 4

 

 



 



 




 

Note Autrici

Miry:
Salve a tutti! Come procede questa quarantena così quarantennosa? Noi ne abbiamo approfittato per sfornare un nuovo capitolo e, l’obiettivo, è quello di sfornare il prossimo
prima della fine della pandemia (che comunque ci auguriamo accada molto presto, sigh), nel frattempo però vedete il lato positivo: abbiamo ottimizzato i tempi e siamo di nuovo a tentare di portare a termine il nostro piano di conquistare il mondo  proseguire questa long ** Speriamo che questo capitolo comico dai sottotoni angst (come poteva mancare? Siamo pur sempre noi, suvvia!) vi sia piaciuto, e ringraziamo le tante persone che hanno messo questa storia tra le seguite/preferite/ricordate; se vi va lasciateci un commentino che ci farebbe piacere sapere cosa ne pensate ♥


Light:
Cari Lettori!
Rieccoci qui, dopo millemila secoli di assenza non meglio giustificata… ci è voluta la quarantena, per farci riprendere a scrivere. E in parte è davvero così, perché riuscire a portare un contenuto leggero (più o meno, conoscendoci) e spensierato in un momento così complesso per tutti noi è anche un modo per esorcizzare le preoccupazioni e regalare a voi qualche momento d’evasione <3
Tornando a noi: come avete notato, ci sono un po' di headcanon sparsi per il capitolo, frutto dei nostri studi maniacali sui personaggi che ci rovinano la vita e che ci denunceranno per sequestro di persona, prima o poi…
Ora quei due terremoti sono più o meno riappacificati, è vero, ma siamo solo all’inizio! Già, i supplizi di Tony non sono finiti, e tantomeno i disastri :’)
Grazie a tutti coloro che hanno commentato e/o aggiunto la storia alle loro liste, ci rendete donne felicie <3 


P.S. In omaggio a questo capitolo, una copia pirata del video del tiramisù volante!

Alla prossima e che er Daje sia con voi ♥
Light & Miry





 
   
 
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