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Autore: _Lightning_    27/03/2020    3 recensioni
Dall'ultimo capitolo (Karma): Non era divertente nel modo più assoluto.
Tony cercava di imprimersi quel concetto in mente a fuoco vivo, ma avrebbe avuto più fortuna a cercare di marchiare un toro imbizzarrito e in grado di fargli linguacce derisorie per la sua pessima interpretazione di un cowboy – e il livello di pericolosità era straordinariamente attinente alla realtà, anche se, più che un rodeo, quella era una corrida in cui sventolava un drappo rosso davanti agli occhi di Pepper.

[Irondad&Spiderson // Pepperony // Ironfamily // Avengers-Family // Canon + Non-canon compliant // Raccolta: Fluff/Comico // Missing moments // What If?] Capitoli: 15/?
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'As if it never happened'
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.10.

Dear Jealousy



Contesto: canonico, post-Iron Man 2
Genere: comico, romantico
Personaggi: Tony Stark, Pepper Potts
Prompt(s): //
Avvertimenti: 
reboot di una mia storia già pubblicata su EFP // Pepperony
[4034 parole]




«Tony, potresti almeno tentare di mantenere lo sguardo al livello degli occhi?» commentò Pepper, evitando ostentatamente di guardarlo mentre parlava.

Intravide l’ennesima modella che si allontanava mentre lui si lasciava scappare un’occhiata di troppo, per poi deglutire e avere il buonsenso di non negare l’evidenza. O almeno, di non farlo troppo platealmente.

«Dai, Pep… è una reazione istintiva e difficilmente controllabile, è come…»

«Beh, fai uno sforzo

«… far vedere un puntino laser a un gatto: ovvio che lo insegue! E sto facendo uno sforzo, non essere così severa.»

«Potrei essere molto più severa di così, credimi.»

«Oh, vorrei vedere te nella sezione uomini,» alzò gli occhi al cielo lui. «Io non ne farei una tragedia.»

«Ah, no? Quindi posso andare a rifarmi gli occhi?» chiese lei, maliziosa, facendo per alzarsi dalla seggiolina d’attesa

«No! E aspetta, cosa vorresti insinuare con rifarti… no, non rispondere! Insomma, non era quello che intendevo,» si affrettò a chiarire Tony, trattenendola per un lembo del tailleur con un lampo di panico in volto e cercando invano di camuffarlo.

Pepper soffocò una risata, facendolo accigliare alla realizzazione di essere preso platealmente in giro, sotto i mille strati di sguardi omicidi che gli aveva rivolto nell’ultima mezz’ora. Ben gli stava.

Quando quella mattina Tony le aveva annunciato, tutto allegro e gioioso, che gli avevano chiesto di fare da testimonial per un "prodotto", aveva accolto la notizia con neutralità, concludendo che poteva solo essere un ulteriore motivo per accrescere il suo già dirompente narcisismo, che la neonata convivenza con lei era riuscita a smorzare solo in minima parte. Aveva pensato che si trattasse dell’ennesima pubblicità per la Audi, in cui avrebbe potuto sgallettare al volante di un bolide sottolineando come ogni volta che “a Monaco era tutto sotto controllo”. O qualche assurdo spot per snack ipocalorici, proprio lui che viveva praticamente a cheeseburger, pizza e gelato – quando si ricordava di mangiare tra una sessione in laboratorio e l’altra. Qualunque fosse la natura del prodotto, si trattava di recitare per qualche decina di secondi davanti a una telecamera: neanche lui poteva fare troppi danni.

Salvo scoprire che il prodotto era il nuovo profumo di Playboy.

Pepper stava ancora cercando di capire dove avesse trovato la pazienza divina per non strangolarlo nel momento stesso in cui Happy aveva accostato davanti alla sede centrale del marchio a Los Angeles. Probabilmente il fatto che quella poteva considerarsi una provocazione bella e buona da parte dell’uomo che aveva avuto la disgraziata idea di eleggere a suo partner da ormai tre mesi… e se c’era una cosa che aveva imparato, nell’abbondante decennio di conoscenza precedente, era ignorare qualunque tipo di provocazione.

E ci stava provando, mentre erano costretti ad aspettare proprio davanti ai camerini il responsabile della pubblicità, attorniati da modelle e conigliette indaffarate per filmati o servizi fotografici. Ci stava provando davvero, con ogni fibra del suo essere, a non piantarlo in asso lì e dargli la soddisfazione di essere riuscita a farla ingelosire – no, non ingelosire, semplicemente irritare, si corresse. Prima della sua prima ed unica esternazione di fastidio si era limitata a battere pericolosamente a terra con la punta di una Louboutin ogni volta che Tony si “distraeva” con aria trasognata. Che lo facesse apposta era più che palese, e Pepper si accorgeva perfettamente delle occhiatine inquisitrici che le rivolgeva, come per verificare quanto fosse alto il suo livello di sopportazione. Troppo, concluse.

L’unica consolazione a quelle circostanze paradossali era che il piano diabolico gli si stava parzialmente rivoltando contro, visto che aveva forse sopravvalutato il proprio autocontrollo, e da un po’ stava compiendo sforzi titanici per mantenere gli occhi puntati sul pavimento e non al livello dei molti fondoschiena che li superavano con nonchalance. Da un lato quello sforzo di non mettere a repentaglio la loro nascente relazione era quasi encomiabile, visti i suoi trascorsi; dall’altro, Pepper si stava rendendo conto della propria tragica e ineluttabile sorte. Ovvero, essere condannata ad amare un deficiente. O meglio, un ragazzino quindicenne in tempesta ormonale intrappolato nel corpo di un uomo di quarant’anni.

Proprio allora, Tony gonfiò le guance esattamente come un bambino indispettito, per poi sogghignare senza motivo e ticchettare un paio di volte sul reattore sotto alla camicia quasi a distrarsi.

«Cosa hai appena pensato?» chiese lei all’istante, scrutandolo pericolosamente da sotto le ciglia e sapendo già che si sarebbe pentita di quella domanda.

«Uh… qualcosa che mi guadagnerebbe l’ergastolo o la pena di morte per mano tua,» svicolò lui, compiendo una fuggevole panoramica dell’atrio a suo rischio e pericolo. «Ricordami di non inventare mai congegni per leggere la mente, sarebbero la mia rovina.»

Pepper lo fissò per quasi trenta secondi filati, prima che lui schiodasse gli occhi dalle scarpe laccate per incontrare i suoi, che ormai avevano assunto l’intensità di un Sole al collasso – non sfuggì al confronto oculare, visto che l’aveva obbligato a togliersi le lenti scure per avere sempre ben presente dove stesse puntando lo sguardo.

«Te lo dico, ma pretendo la grazia preventiva e assicurata,» sospirò poi, teatrale, sempre con quel sorrisetto soppresso che gli faceva vibrare un angolo delle labbra in una smorfia un po’ colpevole, di chi pensa cose sconvenienti e non può evitare di compiacersene. «Ovvero, che non ci staresti affatto male, in uno di quei completini,» concluse a razzo, liberando un mezzo ghigno con una luce negli occhi che però invocava clemenza per premiare la sua schiettezza.

Pepper rischiò di farsi cadere gli occhi dalle orbite per la veemenza con cui li roteò, trovando conferma della sua abilità di cleromante; osservò uno dei “completini” di passaggio in questione, stabilendo che, se mai avesse voluto infliggersi qualche tipo di tortura, quelli erano un ottimo mezzo per riuscirci. Probabilmente impiantarsi un cilicio sarebbe stato meno fastidioso, sospirò tra sé, adocchiando un perizoma particolarmente striminzito e attillato.

«Farò finta di non aver sentito, ma anche se fosse…»

«Intendevo in modo del tutto teorico: lo so che non ti piace il genere, ma…»

«… chiedermelo adesso abbassa notevolmente le tue chances di ottenere un “sì”.»

«… lasciami almeno fantastic– … come scusa? Avrei delle chances?» quasi si strozzò nel realizzare ciò che aveva appena sentito, e Pepper si limitò a un sorrisetto in risposta che, probabilmente, servì a mandare completamente in tilt il suo apparato endocrino già di base molto compromesso in sua presenza. «Darmi false speranze è crudele, Pep, oltre che lesivo dei miei diritti umani,» le fece notare, ma con un misto di speranza e incredulità ad agitarsi sul suo volto.

Lei si godette il momento, rivolgendogli uno sguardo volutamente languido che lo inebetì del tutto. In altri contesti, ciò avrebbe probabilmente dato il via a un qualcosa di molto adatto alle pagine patinate di Playboy, ma troncò sul nascere qualsiasi fantasia troppo spinta si stesse generando nella mente di Tony con le successive parole, pronunciate con un involucro di gelo a racchiuderle:

«Prega per te che Hugh arrivi presto, e di arrivare vivo e illibato a fine giornata, poi potremo contrattare

Pepper aveva fatto troppo affidamento sul fatto che l’afflusso sanguigno del suo compagno fosse ancora in grado di alimentare le sue meningi, perché Tony non colse affatto la minaccia nemmeno tanto velata, accostandosi invece al suo orecchio:

«Non cadrò in tentazione: ti assicuro che non hai nulla da invidiare a nessuna delle presenti, con o senza accessori… ma di questo parliamo con calma dopo in privato,» le sussurrò suadente coi neuroni già persi in un bagno di testosterone, e Pepper avvampò suo malgrado.

«Smetti di fare il cascamorto per pararti le chiappe, Tony: non ha funzionato per dieci anni e non funzionerà certo adesso,» lo redarguì, premendogli discretamente un indice sul petto per respingerlo nel suo spazio personale. «E datti un contegno, o non rispondo di me,» sibilò, lentamente, intendendola come una minaccia più che esplicita.

Il brillio negli occhi di Tony diede adito a tutt’altra interpretazione.

«Dubito che la cosa mi dispiacerebbe,» tossicchiò, accavallando con naturalezza le gambe e reclinando all’indietro la testa per mantenere l’attenzione sul soffitto e, con tutta probabilità, su fantasie a luci rosse.

Pepper sospirò a fondo, trattenendo uno scappellotto. Quel giorno voleva veramente morire… o far morire lei, a seconda. Quel che sapeva per certo, era che sarebbe stata una lunga attesa.


§


Dopo unaltra mezz’ora passata a flirtare come adolescenti in picco ormonale – perché Pepper era una donna serena e composta dotata di un autocontrollo invidiabile, ma Tony aveva l’innata capacità di sedurre anche un sasso e lei non aveva più la scusa del “rapporto professionale” per dargli picche, rendendo il tutto una sfida persa in partenza – il responsabile si degnò di farsi vivo.

E Pepper impugnò svelta il coltello dalla parte del manico nel vedere che era un avvenente uomo brizzolato in un impeccabile giacca e cravatta, con un sorriso così smagliante da abbagliare a dieci metri di distanza. Decisamente non il suo tipo, ma esattamente il tipo di cui aveva bisogno adesso.

«Signor Cooper!» interloquì, frizzante e alzandosi in piedi suscitando uno sguardo contrariato da parte di Tony, rimasto a metà di non sapeva più quale sperticata allusione. «Piacere, Virginia Potts, la stavamo aspettando.»

Da un’ora, sillabò dietro il sorriso paralizzante che gli offrì, e quello le strinse cordialmente la mano, del tutto ignaro.

«Incantato, signorina Potts… ed è un onore conoscere lei, signor Stark, o forse dovrei dire “Iron Man”,» proseguì, sporgendosi verso Tony e parlando in modo un po’ troppo affettato che, Pepper lo sapeva, avrebbe subito preso per il verso sbagliato il suo compagno. «Hugh Cooper [1], direttore pubblicitario.»

Tony si alzò flemmatico, salutando con un cenno del capo mentre lo squadrava dall'alto in basso da dietro gli occhiali appena inforcati, come a fare una valutazione complessiva di quel che doveva aver identificato come un potenziale rivale – alla faccia del negare categoricamente il suo essere geloso. Infine, dopo una stretta di mano che frantumò il metacarpo a entrambi in una rivendicazione di supremazia, sembrò rilassarsi e si slanciò sereno in una di quelle conversazioni a senso unico dominate unicamente dal suo ego e dalle sue battutine pungenti, mentre l’altro faceva loro strada verso gli studi di registrazione.

Tony camminava baldanzoso, Hugh aveva adottato la tattica del 
sorridi-e-annuisci” di fronte alla sua parlantina e Pepper li osservava di sottecchi come una documentarista alle prese con due esemplari particolarmente interessanti di una specie in via d’estinzione. Registrò rassegnata il modo non del tutto nonchalant in cui Tony le posò una mano alla base della schiena: stava già rinnegando i suoi stessi principi di essere totalmente ineffabili come coppia pubblica, soprattutto in contesti lavorativi. E lei, in quel caso, era l’amministratrice delegata delle Stark Industries, non la fidanzata del suo proprietario, che ufficialmente era ancora single e dedito al libertinismo – una scelta concorde, per evitare almeno per il momento gossip molesto e comunque già esistente da anni su di loro.

Fulminò di sottecchi Tony, che dovette captare il picco elettrico, perché scostò all’istante la mano esibendosi in un’espressione innocente che non avrebbe sfigurato addosso a un agnellino sull’altare, ma che su di lui fece l’effetto di un vello di pecora addosso a un lupo. Le sovvenne un commentino perfido, che le morì però sulle labbra quando fecero il loro ingresso nell’area degli studi cinematografici, ovvero un tripudio di completini sexy e coreografie osé che le fecero rimpiangere di non aver affidato quello sporco compito a Happy, con tutte le implicazioni del lasciare soli due uomini in balia dello staff di Playboy.

Ebbero appena il tempo di capire dove fossero appena capitati, che Tony fu letteralmente sequestrato dallo staff preparatorio, con al seguito una buona decina di ragazze che – Pepper ci avrebbe messo la mano sul fuoco – era passata almeno una volta da Villa Stark. Sentì il cervello che andava in pressione, infiammandole il volto, e vide un lampo di panico passeggero negli occhi di Tony, che doveva finalmente aver realizzato l’immane idiozia della sua ultima trovata.

Pepper mantenne una facciata amabile, sorridendo cordiale a Hugh che le stava illustrando i perché e i percome di quello spot, ma rivolse di soppiatto uno sguardo molto, molto eloquente a Tony, del tipo che avrebbe potuto liquefare un ghiacciaio e che, di sicuro, bastò a trasmettere il messaggio in muto: comportati bene. Le possibili ripercussioni rimasero implicite, ma Tony sembrò coglierle dal modo in cui deglutì vigorosamente prima di sparire nei camerini, neanche avesse un cappio al collo.


 
§


Cooper, nonostante l'indubbia avvenenza, si era dimostrato uno degli uomini più vuoti e noiosi che Pepper avesse mai avuto la sfortuna di incontrare. Almeno Tony, pur monopolizzando il discorso, riusciva ad essere interessante... era arrivata al punto di invocare un crollo del soffitto, pur di toglierselo dai piedi, ma le sue preghiere si realizzarono in un’opportunità d’evasione del tutto differente:

«Signorina Potts! Mi servirebbe il suo indispensabile aiuto con questa cravatta!» le arrivò la voce apparentemente esaltata di Tony.

La cosa era di per sé preoccupante, visto che la sua euforia era solita accompagnare disastri, ma si voltò all'istante, raccogliendo comunque con sollievo quella via di fuga dalla conversazione e 
da quel camerino del trucco eletto a sala riunioni di fortuna. Si ritrovò con un’espressione scioccata stampata in volto e una mezza paralisi facciale, mentre sentiva le proprie terminazioni nervose che andavano in cortocircuito.

Tony sfoggiava effettivamente una costosa cravatta scura aggrovigliata al collo... quella, e solo quella. Per il resto era gloriosamente nudo, se non per un paio di boxer Playboy neri e attillati e degli infradito hawaiani ripescati chissà dove. Sembrava perfettamente a suo agio nell’aggirarsi disinibito tra assistenti, tecnici e truccatori che ormai avevano fatto il callo al loro ambiente lavorativo e non lo degnavano di uno sguardo.

«Signor... Stark!» balbettò Pepper, alla ricerca di un rimprovero adatto da rovesciargli addosso mantenendo una parvenza di professionalità.

Non che fosse la prima volta che lo vedeva in quelle condizioni... insomma, anche prima di avere una sua panoramica più dinamica e dettagliata dal punto di vista anatomico, passava metà della sua giornata con lui, che non si faceva troppi problemi a girare per casa seminudo. Ma adesso erano in pubblico, e lei aveva la sgradevole sensazione di essere monitorata minuto per minuto, con tanto di lente d’ingrandimento che la stava friggendo sul posto sotto l’occhio del maligno osservatore. E, per giunta, trovava difficile distogliere lo sguardo da quella visione così... interessante. Decise che a casa l’avrebbe ucciso, con la complicità di JARVIS per coprire le proprie tracce, perché era palese quanto quella messinscena fosse volta a farle perdere il lume della ragione.

«Cos’è quella faccia? Ho qualcosa fuori posto?» chiese mellifluo Tony, sistemandosi con noncuranza il bordo dei boxer e tamburellando una marcetta sul reattore Arc – che, ora che Pepper ci faceva caso, era coperto da una sorta di plastica gommosa verde.

Aggrottò la fronte, perplessa e distolta per un istante dal resto, mentre Tony alzava di rimando un sopracciglio in modo interrogativo, senza smettere di picchiettare sul dischetto azzurrino nel suo petto, forse contrariato dal suono poco squillante che ne stava ricavando.

«Scusi il non-abbigliamento, ma mi hanno fatto denudare prima ancora di finire le selezioni per la controparte femminile... mi creda, rimanere lì un secondo di più l'avrebbe privata del suo testimonial,» sciorinò poi rivolto a Cooper con la sua solita disinvoltura, scuotendo la testa con fare desolato.

«Capisco perfettamente, signor Stark, ma ora dovrebbe...» iniziò Hugh, accennando alla sala riprese, ma l'altro lo interruppe col suo solito brio:

«Avrà tra poco il piacere di dirigere le mie innate doti di recitazione... tra poco. Però adesso devo discutere di un paio di faccende con la signorina Potts. Sa... terrorismo, gestione delle Stark Industries, serate di beneficenza, Iron Man... le solite cose,» lo liquidò con sussiego, chiaramente congedandolo nel modo più rapido possibile senza l'utilizzo di improperi.

Hugh sembrò debitamente infastidito e spaesato dalla sua sfacciataggine, ma fece un rigido cenno d'assenso e si avviò all'uscita, verso la sala delle riprese, trascinandosi dietro il resto dello staff.

«Fiù... uno in meno.»

«Si può sapere cos’hai contro Hugh?» cinguettò Pepper, giocando alla finta tonta.

Lui fece una buffa smorfia, preso alla sprovvista dalla domanda, poi storse la bocca e alzò le spalle a mo’ di risposta. Pepper assottigliò ulteriormente lo sguardo, facendolo agitare sul posto.

«Non… non mi va a genio, ecco tutto. È chiaramente uno sciupafemmine… insomma, guarda dove lavora!» sbottò infine, con fallimentare indifferenza.

«Da che pulpito...» commentò lei, cercando di rimanere concentrata sulle sue parole e non su quella sorta di blob verde che gli copriva il reattore… e su altri aspetti del suo fisico su cui era decisamente inopportuno soffermarsi adesso.

Il profumo divino, che gli avevano evidentemente gettato addosso a secchiate, non facilitava l'attenzione.

«Pep, mi stai ascoltando?» sbottò infatti Tony, passandole una mano davanti al volto.

«Sì!» rispose lei, un po' troppo in fretta e ignorando cos’avesse appena detto, e Tony si illuminò in un sorriso ironico:

«Dovrebbe mantenere lo sguardo al livello degli occhi, signorina Potts,» la prese in giro, ridacchiando compiaciuto.

Lei sbuffò, sentendo la tonalità bordò delle sue guance scurirsi ulteriormente, per poi farsi appena più seria e puntare il dito verso il reattore, senza toccare direttamente la massa informe dall’aspetto affatto invitante.

«E questo, comunque? Cosa dovrebbe essere?» chiese, ottenendo per la prima volta nella giornata uno sguardo leggermente più lucido da parte sua.

«Oh, è… è per il green screen,» bofonchiò lui, con un gesto vago a liquidare la questione. «Sullo schermo apparirà come semplice pelle... meraviglie della tecnica. Niente reattori e lucine azzurre per evitare di “urtare la sensibilità dell’audience”,» spiegò stringato, senza troppa inflessione.

«Perché in uno spot softcore di Playboy il problema è sicuramente questo,» chiosò Pepper, contrariata e premendo appena sullo strato di quella che, al tatto, sembrava vernice semi fresca. «Non mi piace,» affermò poi, incrociando strettamente le braccia sotto al seno.

«Pff, neanche a me: tira da matti sui punti, odio il verde e mi faranno una ceretta per toglierlo, ma devo tenerlo giusto un paio d’ore per–»

«No, intendevo: non mi piace che vogliano nasconderlo,» specificò, pressando le labbra, e Tony la imitò di riflesso, incupendosi. «Un conto è che dia fastidio a te, ma se è solo una questione estetica…»

«Oh, io adoro il mio reattore, da quando non tenta più di uccidermi,» sorrise lui, sbruffone, ma portò una mano a stringerle appena un braccio, confermandole che quello fosse un argomento ancora sensibile anche per lui che vi rideva su spesso e volentieri. «E sì, è una questione estetica. Andiamo, tu sei abituata, dopo il primo, uh... approccio turbolento, ma non tutti se ne vanno in giro con un cuoricino blu a vista! Fa un certo effetto scenico finché sono in armatura, ma così…»

Tony a quel punto si scostò appena, con un palmo a indicarsi da capo a piedi a sottolineare la sua natura molto umana e molto poco supereroistica, in quel momento. Pepper seguì il gesto, cogliendo l’occasione per squadrarlo minuziosamente in quella tenuta paradossale che però, lo ammetteva, aveva un che di provocante. Molto provocante. E se c’era qualcosa che stonava su di lui era proprio quell’abominio verde in mezzo al petto, non certo il reattore che conosceva ormai così bene.

«Così, sei…» lasciò in sospeso la frase, per poi guardarlo negli occhi con tutta l’intensità di cui fu capace, unita a un pizzico di malizia. «Devo veramente risponderti?»

«Sì, se vuoi darmi una dose d’autostima in più.»

«A te servirebbe una dose massiccia di modestia, piuttosto.»

«La modestia è la virtù delle persone modeste,» sogghignò Tony, per poi riaccostarsi a lei e posarle le mani sulle braccia provocandole di riflesso una lieve e piacevole pelle d’oca. «Lo tolgo? Verdetto definitivo?» chiese poi, storcendo le labbra e accennando col mento all’ammasso verde in una rara richiesta esplicita di opinioni.

«Direi proprio di sì,» confermò lei senza esitare, dando un colpetto con l’unghia a quell’espediente molesto e intaccando la plastica morbida con decisione.

Tony sbuffò un sorriso indecifrabile.

«Visti i precedenti, non credevo che saresti mai arrivata ad amare il mio reattore,» ridacchiò, per poi mordersi chiaramente la lingua tra i denti e sviare lo sguardo con una schiarita di voce non molto disinvolta.

Pepper si limitò a sorridere appena per la scelta di parole, avvertendo un tipo di rossore sulle guance che non aveva nulla a che vedere con l’attuale situazione. Non lo disse, come tutte le altre volte in cui c’era stata occasione di dirlo in quei mesi, e come probabilmente non avrebbero fatto ancora a lungo, ma glielo impresse sulle labbra, e Tony prolungò il contatto in una risposta muta. Si scostarono col respiro leggermente corto, nonostante la relativa castità di quel bacio… minata in modo sostanziale dal fatto che Tony si trovasse in una posizione molto scomoda, e letteralmente a brache calate.

«Uh, prima di tutto, direi di, uh…» tentennò lui, scansandosi e sistemandosi con improvviso impaccio l’elastico dei boxer mentre immetteva un respiro profondo nei polmoni.

«… di continuare dopo,» terminò lei, cogliendo di sorpresa anche se stessa per l’audacia, e non solo Tony, che di rimando la fissò folgorato per poi aprirsi in un gran sorriso che prometteva faville.

«Esatto, mi leggi sempre nel pensiero,» ammiccò scaltro, per poi farsi più composto. «Secondo: devi veramente annodarmi la cravatta perché...»

«… dopo tutti questi anni non sei ancora in grado di farsi un nodo decente, e non ho intenzione di lasciare il compito ad altri… o altre,» completò di nuovo lei, approcciandolo e sciogliendo quello che sembrava più un nodo scorsoio che un Windsor.

«E terzo: sono spacciato. Se tu non fossi tu, ti avrei già chiesto di prendere il posto della mia controparte femmini–»

«TONY!» proruppe Pepper, mentre una decina di possibili cortometraggi molto dettagliati cancellava il precedente tentativo di romanticismo per scivolare nel pornografico.

«Se tu non fossi tu!» scandì di nuovo Tony, facendo un passo indietro. «Sta di fatto che là fuori c’è una buona dose di mie “vecchie conoscenze” e rischio il linciaggio immediato senza il tuo intervento.»

La fissò con occhi imploranti, che non sortirono però il loro effetto.

«È un rischio che dovrai correre: dopotutto sei Iron Man. E ti ricordo per colpa di chi siamo bloccati qua dentro mentre potremmo essere impegnati a fare tutt’altro, sul serio e non per compiacere le telecamere,» ribatté serafica Pepper, strattonando con più forza del dovuto un lembo della cravatta per stringere il nodo.

Tony alzò ostentatamente gli occhi al soffitto, cedendole così il punto seppur controvoglia. Un sorrisino andò comunque a inclinargli le labbra.

«Sai che questo camerino si può chiudere a chiave, vero? E che nessuno verrebbe mai a rompere le scatole a Iron Man, giusto?» commentò distratto, quasi fischiettando sottovoce.

A Pepper venne da ridere nel constatare come fossero tornati entrambi due adolescenti nel pieno del fermento euforico che caratterizzava l’inizio di una relazione… non che la cosa le dispiacesse, ma fare sesso nel camerino della sede di Playboy con mille telecamere all’esterno, per quanto allettante, non rientrava nei suoi sogni proibiti. Prima che potesse richiamare alla decenza quel mascalzone fatto e finito, una voce da fuori glielo risparmiò:

«Signor Stark! Siamo pronti per girare!»

«Arrivo!» gridò in risposta lui, per poi rivolgersi a lei in modo accorato: «Pepper, abbi pietà, mi stai condannando a…» tentò, ma la donna rifiutò fermamente qualunque richiesta di aiuto o, peggio, sostituzione.

Lo convinse infine a uscire falsamente sconfitto dalla stanza, mentre annunciava drammatico la sua imminente dipartita, per poi finire a discutere animatamente con Hugh additando con energia il proprio reattore. Alla fine, scollò di netto la plastica da green screen dalla pelle e la gettò con insofferenza nel cestino più vicino, sordo alle proteste dello staff. Pepper annuì soddisfatta nel vedere la familiare luce azzurrina che tornava visibile sul suo petto. Subito dopo Tony le mostrò i pollici alzati, con un ghigno provocatorio nell’accennare alla modellaprescelta accanto a lui, che sembrava già divorarlo con lo sguardo. Pepper scosse la testa, senza sentirsi minimamente minacciata, e alzò poi gli occhi al cielo fingendo noncuranza.

Tony a quel punto picchiettò piano un dito sul reattore ora scoperto: ammiccò con espressione furba verso di lei, regalandole uno di quei suoi rari sorrisi pieni che gli scioglievano lo sguardo. E Pepper concluse che, dopotutto, essere condannata ad amare un deficiente non era così terribile.



 

Note: 

[1] Piccolo easter egg: Hugh Hefner è il fondatore di Playboy, mentre Cooper è il figlio.



Note dell'Autrice:

Cari Lettori!
Ho veramente scritto 4000 parole di delirio puramente Pepperony? Sembra proprio di sì, e questo è indice di quanto la quarantena stia incidendo sulla mia psiche, probabilmente :')
Spero abbiate apprezzato questo papirozzo di fluff e flirt spudorati, almeno quanto mi sono divertita io a scriverlo – o meglio, riscriverlo, visto che ho praticamente stravolto il capitolo originale. Scrivere di questi due broccoli agli albori della loro relazione è, credo, la cosa più bella che esista; fatemi sapere se apprezzate il risultato <3

Un grazie enorme a leila91, _Atlas_, Paola Malfoy, Vale_Balz, T612 e Ayumu Ena per aver recensito gli scorsi capitoli, e a tutti coloro che hanno agigunto la storia alle loro liste o leggono soltanto <3
A prestissimo, con una storia un po' meno sopra le righe,

-Light-


 
   
 
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