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Autore: Circe    28/03/2020    3 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
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Dal grimorio di Rodolphus: “Io mi fido di lui”


Finalmente l’avevo accanto a me e non me la sarei fatta sfuggire, non le avrei permesso di allontanarsi e di ignorarmi ancora.
Bella mi evitava platealmente da mesi e mesi, non rincasava quasi mai a orari precisi, restava poco tempo, giusto per mangiare, spesso era fuori la notte; quando c’ero io non c’era lei e viceversa e quelle volte che eravamo entrambi al palazzo, lei dormiva in una stanza per conto proprio.
In poco tempo, il nostro matrimonio felice, il nostro rapporto d’amore un tempo così intimo, forte ed entusiasmante, si era trasformato in un fallimento totale, in un allontanamento perenne che non lasciava più spazio per nulla di diverso.
Ne ero devastato, dovevo ammetterlo, non riuscivo nemmeno ad affrontarla, se da una parte lei mi sfuggiva, dall’altra io non la cercavo per davvero, avevo paura di affrontarla, stavo male, soffrivo enormemente e non riuscivo a venirne fuori. 
Mi aveva veramente stregato, ero tanto innamorato di lei, ma talmente tanto che non capivo nemmeno io come fosse potuto succedere e come fosse possibile che quell’amore non finisse nemmeno di fronte alla realtà dei fatti: lei amava un altro e non mi considerava quasi più.
La mia vita interiore era diventata un incubo.
Quel pomeriggio ebbi una possibilità di confronto: alla riunione con tutti i Mangimorte, lei era lì accanto a me e qualcosa dovevo dirle.
Era difficile, molto più difficile di quanto immaginassi. Ero arrabbiato e in ansia, le mani erano gelate e sudavano allo stesso tempo, il cuore mi batteva veloce.
Appena la vidi la osservai, ma cercando di non farmi scorgere.
In un primo momento sperai di odiarla e sperai che quel sentimento fosse forte a tal punto da provare anche disgusto per lei, ma quando mi si avvicinò capii che non era affatto così, purtroppo.
Non appena sentii il profumo dei suoi capelli, il calore delle sue labbra sul mio viso, il suo sguardo penetrante e appassionato, capii che non la odiavo affatto, ma seguitavo ad amarla.
Mi fece l’ennesimo affronto che non mi aspettavo, la vidi entrare nella stanza delle riunioni al fianco di lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se fossero loro a stare insieme da sempre e non noi. Avanzavano vicini, con una naturalezza che mi piegò le ginocchia per la disperazione. Questa entrata particolare non sfuggì a nessuno degli altri Mangiamorte, facendomi fare, per l’ennesima volta, la figura del marito tradito, preso in giro e ridicolizzato.
Comunque no, non era la cosa più normale del mondo che entrassero insieme, fianco a fianco, parlando e quasi sorridendosi: quando mai era accaduto che l’Oscuro Signore entrasse lasciandosi affiancare da qualcuno? Mai.
Fui costretto da qualcosa dentro di me ad osservarli attentamente: la magrezza di lui era marcata, provai piacere nel vedere come fosse palesemente sciupato in viso e con espressione affaticata. Lei era più in forma, ma la conoscevo abbastanza bene da scorgere una certa spossatezza, nei modi e nei movimenti, visibile anche delle occhiaie un po’ marcate nonostante il trucco.
Pensai fosse dovuto alle loro magie oscure.
Quando venne da me, per salutarmi e sedermisi accanto, sentii che la desideravo e la volevo più di ogni altra cosa al mondo, non riuscivo a rinunciare a lei, la baciai anche io e provai a tenerla stratta a me, ma fu veloce a liberarsi.
La guardai sedersi nella  sedia accanto, in centro tra mio fratello e me, ma con la mente era infinitamente lontana. Pensai tutto il male possibile di lei, la chiamai, nella mia mente, con tutti gli epiteti più volgari che conoscevo.
Non solo per i visibilissimi lividi sul collo che sicuramente tutti notarono e che mi fecero sentire umiliato e depresso, dato che, ancora una volta, tutti capirono sicuramente che non glieli avevo fatti io. 
Oltre a quello c’era molto di più, il suo corpo parlava: le vedevo l’espressione contenta sulle labbra, gli occhi stanchi, ma brillanti, i capelli selvaggi ma splendenti, come camminava e si muoveva. Aveva una luce particolare Bella dopo aver fatto l’amore, io lo sapevo molto bene e ora, proprio in quel momento, emanava quella luce.
Avevano sicuramente appena fatto sesso. Si divertivano così prima delle riunioni? Se la sbatteva come gli pareva e poi si presentavano qui, come nulla fosse.
Guardai lui, così apparentemente freddo e bello e irraggiungibile e allora sì, lo odiai. 
Non servì a nulla invece riempire lei di insulti nella mia mente, perché la amavo ancora, purtroppo, non riuscivo a volerle male. Mi bastava avere il suo odore vicino, il suo profumo, il suo calore, mi bastava tutto questo per sentirmi ancora coinvolto, eccitato.
La volevo così tanto.
Non ascoltai nulla di ciò che disse lui, che me l’aveva portata via. Cercavo solo lo sguardo di lei, che non mi guardò comunque mai.
Ero così arrabbiato che avrei potuto farle di tutto. 
Invece non feci nulla, mi limitai ad aspettare che la riunione finisse e, prima che si avviasse per uscire, la afferrai forte per un braccio e le dissi di aspettare che tutti se ne andassero, perché dovevo parlarle.
Lei non voleva, ma mi imposi: ero pur sempre suo marito, non un estraneo. Strattonò il braccio per liberarsi dalla stretta, fece alcune storie, ma alla fine decise di affrontare la cosa e restare con me.
Fu l’unica altra volta che rivolsi lo sguardo, velocemente, verso il Signore Oscuro, vidi benissimo che osservava la scena, forse la stava anche tacitamente aspettando. Mi guardò dritto negli occhi per qualche istante, ma poi fece finta di nulla, non disse niente e lasciò la stanza, poco dopo, insieme agli ultimi Mangiamorte.
Bella non fece caso a quel particolare, era di spalle, io invece lo vidi bene. Mi fece tremare per un attimo, mi lanciò quello sguardo dritto negli occhi, ebbi timore e tentennai, ma alla fine, quando lui si allontanò, decisi di continuare, stavolta non gliel’avrei lasciata, volevo restasse con me, che almeno si degnasse di parlare con me.
“Allora, dimmi cosa vuoi, Rod…”
Non sapevo bene nemmeno io cosa dire, sicuramente inizia col piede sbagliato.
“Cosa vogliamo fare di questa storia, di questo matrimonio? Non ho intenzione di fare la figura del marito tradito per sempre.”
Restò zitta come soprappensiero, indubbiamente anche lei non sapeva cosa fare, ma non potevo averla presa alla sprovvista, doveva per forza aver pensato alla situazione, la incalzai subito e senza riflettere.
“Dobbiamo lasciarci, separarci?”
Seguitava a non parlare, la spronai, ma niente, le tremavano quasi le labbra e taceva, allora sbottai.
“Non vuoi, vero? Non vuoi che ci lasciamo? Sai perché? Perché ti faccio comodo, perché sai benissimo che la storia col tuo adorato maestro non è nulla e non vale nulla! Ti ha preso e ti mollerà come se nulla fosse! Sai benissimo che non puoi contare su di lui, non puoi contare su qualcosa di serio con lui, per questo non vuoi lasciare me e ti fa comodo che io sia pronto per qualsiasi occasione ufficiale.”
Naturalmente lei al mio attacco si difese, seppur debolmente, ma io stavo sfogando la mia rabbia cieca e continuai, sempre senza riflettere, finendo per allontanarla ancora di più.
“Sai benissimo quante donne ha e ha avuto, ma ne ha mai mantenuta una? No! Perché non vuole nessuno vicino. Sei solo una fra mille, di cui non gli importa nulla, mentre con me saresti stata l’unica, io so amare e amo te, lui non ama e di questo ne ha sempre fatto un vanto.”
Le vidi le lacrime salire alle palpebre, forse di rabbia o di disperazione, forse entrambe, ma si trattenne; il fatto che continuasse a non parlare mi faceva impazzire di rabbia. Non capivo se lo faceva di proposito di ferirmi col suo silenzio, o se le fossi talmente indifferente da non suscitare in lei nemmeno la reazione di dire una parola. Quelle lacrime poi, appena accennate, erano comunque solo per lui, non certo per me.
“Non avevo pensato a nulla di ciò che mi hai chiesto, Rodolphus.”
Dopo lunga attesa disse soltanto queste poche parole, cercai una sua ulteriore reazione.
“Pensavi forse potessi vivere in questo modo per sempre? Credi di essere così fondamentale e indispensabile da farmi sopportare a lungo questa situazione? Ho sopportato già abbastanza.”
Tornò sul suo viso l’espressione sfrontata e guerriera che le conoscevo ormai da tempo.
“Ti ripeto che non ci avevo pensato prima di ora, sono successe svariate cose e molto velocemente.”
“Stai dicendo sciocchezze, Bellatrix, sono passati anni dal nostro matrimonio, sono passati molti mesi da che hai iniziato questa relazione col Signore Oscuro, hai avuto tutto i tempo necessario per pensare. Tu non vuoi lasciarmi perché ti servo, ti sono utile, ma io non mi presterò.”
Mi guardò impassibile.
“Non hai futuro, non ha futuro la tua storia con lui, la nostra invece è reale, non ci credo che non lo capisci.”
Bella non era una sciocca o una sprovveduta, sicuramente certe cose le sapeva, ma era anche una persona molto passionale e non aveva paura di seguire i suoi sentimenti e io sapevo bene che i suoi sentimenti erano tutti per lui. Dunque rischiavo dicendo quelle cose, ma che altro avrei potuto dire?
“So bene quello che intendi, Rod, ma non posso farci nulla, anche se volessi, ormai non poteri più tornare indietro,  inoltre non voglio, desidero seguire il mio destino e il mio destino è legato solo al mio Signore. Mi dispiace per la nostra storia, e non sto mentendo. Non mento nemmeno quando dico che non ho pensato a come fare, se desideri, puoi decidere subito tu di lasciarci, non ho intenzione di oppormi.”
Non era quello che volevo sentirmi dire, era come se, gentilmente, mi comunicasse che a lei non importava più, non aveva nemmeno voglia di pensarci, potevo decidere io, per lei era lo stesso, tanto non mi voleva più e già stava con chi desiderava.
Non volevo accettare questa soluzione, provai ancora.
“Ci siamo sposati, abbiamo dei doveri l’uno verso l’altra, io voglio un erede, un erede dei Lestrange. Rab non sembra interessato, solo io, che sono il maggiore, sono nelle condizioni e devo dare un erede alla mia famiglia e al mio nome.”
Mi guardò stupita, assolutamente disinteressata, lei non ci pensava minimamente.
“Non voglio figli, Rod, non è assolutamente il momento, ci sono mille altre cose da fare, non è un mio desiderio, non lo è mai stato e quindi non farò nulla di simile.”
Era glaciale, ferma, non tentennava minimamente, sembrava solo leggermente irritata per i miei continui attacchi. Io non ce la facevo più a sentirla sfuggire sempre più lontano da me, non sopportavo di perderla, di vederla indifferente a tutto ciò che ci riguardava.
La mia rabbia e soprattutto la mia frustrazione esplosero, le gridai ciò che sapevo farle male.
“Non vuoi figli… e sai perché?  Perché con lui non puoi farne! Perché sarebbero dei mezzosangue! E ti farebbero schifo! Come dovrebbe farti schifo…” 
Non feci in tempo ad aggiungere quel “lui” che rimase quindi nell’aria.
Non feci in tempo a terminare la frase. Lei lo aveva già capito, lo aveva capito ancora prima che io potessi dirlo, quindi mi fermò, non me lo lasciò quasi nemmeno pensare.
Sentii uno schiaffo forte, davvero violento per essere stato dato da una donna. Mi spiazzò per un attimo, tanto bastò per farmi colpire da un incantesimo che mi mandò a sbattere dritto contro il muro. Usò quindi la magia contro di me, rompendo il nostro tacito accordo di non usarla mai l’uno contro l’altra. 
L’effetto dell’incantesimo fu devastante, arrivò dentro al mio corpo, sentii i visceri quasi uscirmi dalle ossa, il cervello schizzarmi fuori dal cranio. Il mio corpo sembrò esplodere all’interno della pelle per svariati minuti, poi, in seguito al divampare di un dolore immane il mio fisico si afflosciò del tutto.
La vidi avvicinarsi, mi guardava con occhi inviperiti, capii che non era finita.
Cercai di ripararmi col braccio, ormai ero inerme, non seppi che altro fare. Lei infierì, attaccò ancora con un altro incantesimo: sentii il rumore dell’osso spezzarsi.
Il dolore fu lacerante in più punti. Mi accasciai completamente su me stesso.
Bella si avvicinò a me che ero per terra dolorante, avevo la vista annebbiata dal dolore, dal sudore che mi entrava negli occhi, stavo malissimo.
Forse anche lei aveva sentito il rumore delle mie ossa rompersi, sperai che avesse pietà, non provai neanche a difendermi. Avevo un dolore lancinante al braccio, avevo fitte terribili al torace, probabilmente la potenza dell’incantesimo mi aveva spezzato delle costole, lei mi stava davanti con la bacchetta in mano, con uno sguardo che, per la prima vera volta in vita nostra, mi faceva paura.
“Tu dì un’altra volta una cosa simile, Rodolphus, e io ti uccido con le mie mani.”
Respiravo forte, rumorosamente e a fatica, avevo l’affanno, avevo paura. Lei dopo una pausa continuò con parole dure e taglienti.
“Tu mi conosci bene, forse sei l’unico al mondo a conoscermi fino in fondo e lo sai che lo faccio: ti ammazzo senza pietà.”
Annuii, non dissi nulla, tra noi bastò uno sguardo: lo sapevo, lo avrebbe fatto davvero e senza problemi.
“Con questa cosa successa ora, siamo pari. Io ti ho fatto un grave torto e l’ho fatto a noi come coppia, tu hai fatto un grave torto a me, a me e al mio Signore, dicendo certe cose, anche solo pensandole. Adesso però mi devi lasciare in pace. Se vuoi andartene, vattene, altrimenti resta, io ora non voglio più saperne nulla e non voglio più essere disturbata per questa storia.”
Annuii ancora, ma lei non era soddisfatta.
“Inoltre, non permetterti mai più di dire, o anche solo di pensare certe cose sul mio Signore, se lo farai, non perderò tempo a dirlo a lui, ci penserò io a farti pentire di essere nato.”
Non proferii parola, sapevo che aveva ragione, che come Mangiammorte non dovevo nemmeno pensare ciò che invece avrei gridato a gran voce. 
Sapevo però anche di essere arrabbiato con lui per tutto quello che aveva fatto. Mi aveva portato via l’amore della mia vita, si era finto innocuo, un uomo che non ama, che non si interessa di affetti, relazioni o altro di simile. 
Lui, il Signore Oscuro, si faceva vedere al di sopra di uno sciocco sentimento come l’amore. 
Invece me l’aveva portata via, se l’era presa lui e la teneva stretta a sé. Ero legittimato a odiarlo? Ad essere furioso con lui? A pensare cattiverie come quella che stavo per dire a Bella poco prima?
Pensai di sì: pensai fosse ovvio che mi sentissi in quel modo e provassi certi sentimenti di odio nei suoi confronti. Avrei voluto provarli anche per Bella quei sentimenti, invece no, l’amavo ancora.
Tornai a pensare solo a lei e a quanto fosse appena successo tra noi. La conoscevo in tutto e per tutto, era vero, ma solo in quel momento avevo capito ancora più a fondo quanto fosse incontrollabile. Mi faceva paura la sua forza e mi faceva paura lei. Era andata davvero molto oltre, molto oltre i nostri giochi pericolosi. 
Forse prima di allora non avevo mai capito fino in fondo queste cose perché non l’avevo mai avuta contro, non avevo mai saggiato la sua vera natura ostile, eravamo sempre stati dalla stessa parte, mi facevo forza della sua forza, ci esaltavamo a vicenda. 
Averla contro era ben diverso. 
Era incontenibile e non ero più tanto certo di poter comprendere fino a dove potesse spingersi e quale logica ci fosse dietro alle sue azioni.
Gli attimi passarono, io stavo sempre peggio, lei abbassò la guardia, sembrava aver capito che anche io avevo capito, che ero disperato per tutto, lentamente si stava creando un nuovo equilibrio tra noi, era sottile e delicato, ma avremmo cercato di mantenerlo.
Quando la vidi voltarsi per andarsene definitivamente però, non resistetti e la richiamai.
La mia voce era mesta e arresa, ma decisa.
“Aspetta, Bellatrix, ho capito cosa vuoi, e su queste cose non ti disturberò più, come mi hai detto, ma devo chiederti un’altra cosa, tu sola puoi rispondere…” 
Mi guardò sospettosa. Rimase comunque ferma, in attesa delle mie parole.
Mi strinsi il braccio che mi faceva sempre più male, anche il petto iniziava a darmi dolori lancinanti per via delle costole rotte che spingevano all’interno creandomi come tante pugnalate.
Parlai a fatica.
“Riguardo al Signore Oscuro, tu sai che molti Mangiamorte sono preoccupati, in ansia per ciò che potrebbe succedere, sai anche che questi dubbi non si placheranno facilmente.”
Rimasi in silenzio, non sapevo se continuare, la studiai.
“Dubbi riguardo cosa?”
Tastava il terreno anche lei, non voleva sbilanciarsi.
“Riguardo al suo stato di salute. Se resta sempre in grado di perseguire e ottenere le sue intenzioni e i suoi propositi, molti si chiedono dove ci potrebbe portare, alcuni sono preoccupati di finire male, hanno timore di finire in carcere e cose simili.”
Avevo cercato le parole più adatte per non urtarla.
“Non devono preoccuparsi, è tutto sotto controllo, vedi di farlo sapere a tutti, dato che non hanno avuto il coraggio di confrontarsi direttamente col Signore Oscuro oggi, durante la riunione.”
Era vero, eravamo tutti dei codardi davanti a lui, anche io, non ne capivo il motivo, ma era così. Avremmo potuto rivolgerci tutti direttamente a lui, ma nessuno lo aveva fatto e ora ero io lì a parlare con lei. Ed era umiliante anche questo, perché in questo modo la stavo legittimando ancora una volta ad essere l’unica ad avere accesso e intimità vera e reale col Signore Oscuro. Non potevo fare altrimenti.
Le risposi con garbo, sempre per non inquietarla.
“Va bene, lo farò sapere a tutti loro, su questo non avere dubbi...”
Lasciai la frase a metà. Lei si incuriosì.
“Devo avere dubbi su altro?”
“Sì, Bella, devi avere dubbi, ma so che lo sai già.”
I nostri sguardi si incrociarono a lungo.
“Non ti capisco.”
Volevo parlare, ma ebbi timore, tutto il corpo mi mandava fitte lancinanti, non resistevo quasi più.
“Lo dirò solo a te, per quello che ci lega, perché ancora mi preoccupo per te, ma non lo direi mai a nessun altro, non dirò ciò che penso a nessun altro Mangiamorte. Perciò non mi attaccare ancora.”
Fece un cenno di assenso. Presi coraggio e parlai sinceramente.
“Vedi Bella, tu dici che è tutto a posto, tutto sotto controllo, ma non sta bene una persona che prende il laudano già la mattina, ancora prima di fare colazione, non è per nulla sotto controllo questa cosa. E non sta bene una persona che fa incantesimi estremi al limite della morte, non è una cosa normale. E non sappiamo fino a quando ne reggerà le conseguenze. Tu lo sai bene questo, pratichi con lui la magia oscura. Non sta bene una persona che non ha freni, che anzi fa qualsiasi cosa per andare oltre ogni limite consentito. Lui, tu, noi Mangiamorte, abbiamo preso una via rischiosa, che non sappiamo dove ci porterà.”
Rimase seria e si avvicinò a me, per un attimo ebbi paura che volesse prendermi a calci, io ancora lì per terra, già completamente distrutto e lei piena di potere.
Invece mi stupì, mi tese la mano e mi aiutò ad alzarmi, utilizzando il braccio sano, cercai di tirarmi su, sentii comunque le pene dell’inferno muovendomi.
Mi guardò seria, mi guardò quasi con la genuinità di un tempo.
“Ti ho trascinato in un vortice che forse solo io ho davvero il coraggio di sopportare, solo io sono fedele a lui senza dubbi ed incertezze, non ho paura di soffrire, non ho paura di seguirlo, non ho paura e sarò al suo fianco se dovesse avere un cedimento, un bisogno, qualsiasi cosa. Te lo ripeto: io mi fido di lui.”
Erano parole che non ammettevano repliche, non mi staccò gli occhi di dosso finché io non abbassai i miei rassegnato. Aveva una forza inimmaginabile, nemmeno io gliela avevo mai conosciuta prima di quel momento.
“Ora però devi andare al San Mungo a farti medicare, perché ti ho fatto veramente male, era un incantesimo potente. In quanto al resto, lui ci porterà dove vorrà, noi possiamo solo seguirlo. Ormai sei un Mangiamorte, Rod, e se lo sei davvero fino in fondo, non puoi avere paura.”
La guardai ancora, le guardai i capelli neri che le ricadevano in parte sul viso in parte sugli occhi, sempre belli, sempre con un vezzo malizioso, come quando era una ragazzina e mi amava, le guardai quegli occhi scuri, misteriosi, volitivi. La amai da impazzire per quanto era bella e indomita.
La strinsi leggermente a me col braccio che era sano, cercai di farle capire che avrei fatto ciò che mi diceva. Mi strinse anche lei, mi mise una mano sulla nuca, le dita tra i capelli, avvicinandomi a lei, sentii un dolore immenso in quell’abbraccio, non so se se il dolore fosse fisico o morale, ma probabilmente entrambi. 
Poi mi recai al San Mungo, nel reparto riservato, da solo, a lei non importava più di me, rimasi solo col pensiero di aver perso il mio unico grande amore, per sempre.
   
 
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