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Autore: _Misaki_    28/03/2020    10 recensioni
Ogni cuore ha la sua storia. Ogni storia la sua canzone.
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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You Ain’t Know #5
 
 
 
I’m still here in the same place,
But you keep getting farther away.
You pass me by like it’s nothing
And I can’t say anything.
If you looked at me, if you looked me just once,
I would be able to bear it a little more. 
“You Ain’t Know”, Yang Seungho  –
 
 
   Era ora di pranzo. Con i colleghi era uscito dall’ufficio per recarsi in uno dei ristoranti della zona. Pioveva a dirotto. Mentre si affrettavano a percorrere la strada, una coppia si stava avvicinando nella direzione opposta. A dire il vero molte persone stavano percorrendo la stessa via, ma quella coppia fu l’unica cosa che riuscì a notare prima di andare in black out. Questo perché non erano due persone qualsiasi, si trattava della sua ex ragazza con il suo nuovo fidanzato. Procedevano a passo spedito verso di lui, sotto lo stesso ombrello. Lei si teneva stretta al braccio di quell’uomo alto dai capelli castani e aveva la solita espressone corrucciata stampata in volto. Farfugliava qualcosa sul fatto che dovevano sbrigarsi e che non voleva bagnarsi. I due erano sempre più vicini e lui non sapeva che fare, si era quasi deciso a salutarli per non essere scortese. Lei lo vide e distolse immediatamente lo sguardo. Fu questione di un attimo, gli passarono accanto facendo finta di non vederlo. Lui rimase immobile in mezzo alla strada.
   Non aveva ancora superato la loro separazione. Avevano iniziato una relazione poco dopo essersi conosciuti ed erano rimasti insieme per tre anni. All’inizio sembrava un sogno, nessuna l’aveva mai fatto sentire così, sembrava amore vero. Dopo nemmeno un anno, però, erano cominciati i primi problemi. Lei aveva iniziato a mostrarsi per quello che era: pigra, incostante, prendeva tutto e non dava mai niente e come se non bastasse era sempre pronta a mettersi sul piede di guerra. Ma lui era innamorato perso, pensava che se avesse tenuto duro avrebbero risolto ogni difficoltà. Povero illuso. Si era convinto che fossero solo differenze caratteriali e che col dialogo le avrebbero risolte. Era pronto ad andarle incontro, a rinunciare a tutto per lei, sperava si sarebbero sposati prima o poi.
   Peccato che per lei non fosse la stessa cosa. Flirtava spesso con gli altri ragazzi ed era molto capricciosa. Quel tipo di persona che vuole tutto e subito, ma se non lo ottiene inizia a comportarsi come una bambina. Metteva giù il muso ed era capace di non rivolgergli la parola per giorni. Non era mai contenta dei regali che lui le faceva, si lamentava sempre, ma era così anche con gli amici, perciò lui se ne faceva una ragione. Gli aveva anche promesso che si sarebbe cercata un lavoro da quando avevano cominciato a convivere, ma continuava a rimandare. Lui la sosteneva e la incoraggiava, pensando fosse solo un momento in cui si sentiva spaesata e incerta sul futuro.
   Era anche una gran bugiarda, nemmeno troppo brava a dire il vero. Lui se ne accorgeva subito quando mentiva, ma era così accecato dall’amore che dava la colpa a sé stesso. A ripensarci si sentiva così stupido. Si auto convinceva di non dover pensare male di lei, che sicuramente aveva delle buone ragioni, si vergognava di essere così malfidato e le chiedeva scusa perché si sentiva troppo geloso. Invece era tutto vero. Ogni sospetto che aveva su di lei, ogni volta che aveva pensato al peggio sentendosi uno stronzo, avrebbe fatto meglio ad aprire gli occhi e guardare le cose razionalmente.
   A un certo punto gli occhi li aveva dovuti aprire per forza. Il giorno del suo compleanno le aveva comprato una borsa che desiderava da settimane ed era tornato a casa prima dal lavoro pensando di farle una sorpresa. Già appena arrivato gli era sembrato strano trovare una macchina che non aveva mai visto a occupare il suo solito posto. Deciso a non indugiare sul contrattempo, aveva parcheggiato più avanti e si era precipitato a casa. Aperta la porta aveva trovato le luci spente in cucina e in soggiorno e aveva sentito dei rumori provenire dalla camera da letto. Ancora una volta era tutto chiaro, eppure si sforzava di  trovare un’altra ragione che potesse giustificarla. Si sentiva pesante, aveva la mente annebbiata, ma doveva sapere una volta per tutte, voleva riuscire ad aprire gli occhi. Aveva gettato per terra la borsa e aveva spalancato la porta con decisione. Lei e quell’uomo dai capelli castani si erano separati immediatamente e si stavano comprendo con le coperte in preda all’imbarazzo. Nemmeno ci aveva provato lei a spiegare. Era rimasta immobile a guardarlo, un po’ come una stupida, un po’ come se in fondo non provasse nemmeno un briciolo di senso di colpa.
   «Fuori da casa mia.» aveva detto lui, in tono deciso. I due erano rimasti a guardarlo, quasi lo compatissero come un personaggio di una serie tv che non aveva nulla a che fare con loro.
   «Fuori da casa mia! Adesso!» aveva ripetuto, questa volta urlando e stringendo i pugni. Aveva gli occhi rossi e il volto deformato nell’espressione della collera. Probabilmente lei non l’aveva mai visto così. Subito dopo lui aveva lasciato la stanza ed era uscito sul balcone, respirando profondamente per recuperare la calma. Il cielo era coperto di nuvole scure e stava calando la notte. La luna se ne stava ben nascosta chissà dove.
   Appena uscito, i due amanti si erano rivestiti in fretta e furia.
  «Hei, andiamo via.» lo avvertì lei in tono un po’ sommesso. Era certo che fosse solo timore, non c’era nemmeno un cenno di pentimento. Non le rispose nemmeno, rientrò in casa solo quando sentì la porta chiudersi e il silenzio assordante invadere l’appartamento. Sulla mensola c’era una foto di loro due, sorridenti, durante il loro primo viaggio insieme. Alla sola vista scoppiò a piangere e si lasciò cadere a terra, tirando pugni al pavimento finché non gli fecero troppo male le mani per continuare.
   Lei non si fece più sentire, nemmeno per riprendere le sue cose. Aveva tenuto una copia delle chiavi ed era tornata a riprenderle quando sapeva che lui era al lavoro, senza nemmeno chiedergli il permesso. Ogni tanto lui la pensava ancora. A volte gli mancava e si sentiva uno stupido per questo. Nonostante ciò non l’aveva più cercata e credeva che in questo modo prima o poi l’avrebbe dimenticata a tal punto che se anche l’avesse rivista non gli avrebbe più fatto né caldo né freddo, ma evidentemente non era così. Anche se gli sembrava di stare bene, nel momento in cui l’aveva rivista, il suo mondo era crollato di nuovo. Era andato in frantumi. Si era reso conto che la ferita era ancora aperta e non sarebbe stato facile dimenticare.
   «Tutto bene?» gli chiese l’unica collega che era rimasta indietro con lui quando si era improvvisamente fermato.
   Lui esitò un attimo e fece forza su sé stesso per non voltarsi indietro e vedere la sua ex entrare col fidanzato in qualche ristorante nei dintorni.
   «Sì, sì, tutto bene, andiamo.»
 
  
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