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Autore: inzaghina    29/03/2020    7 recensioni
A pochi giorni dal fatidico 2 maggio 1998 Harry, Ron, Hermione e Ginny s'interrogano su quale sia il modo giusto per ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi, ma senza dimenticare le persone che si sono sacrificate per un mondo migliore. Al contempo, George dovrà affrontare per la prima volta un mondo senza il suo gemello, ritrovando la capacità di ridere; Percy dimostrerà che ha sbagliato e, con l’aiuto di una ragazza che lo capisce davvero, ricucirà il rapporto con i suoi familiari; Bill e Fleur cementeranno la loro unione e un ritorno inaspettato ridarà speranza al gruppo.
Uno sguardo sul periodo post-bellico e sulle difficoltà affrontate da tutti loro, e dai loro cari, per ritornare veramente a vivere, preoccupandosi solo del proprio futuro, dell'amicizia che li lega e degli amori che potranno finalmente godersi con serenità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is bigger than anything in its way'
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Questo capitolo contiene una scena di rating rosso, che mi ha spinto a modificare il rating della storia; se saltate la lettura la comprensione del capitolo non sarà preclusa.
 

Capitolo 13 – The strength to start over
 
 
 
“It’s never too late to become who you want to be.
I hope you live a life that you’re proud of,
and if you find that you’re not,
I hope you have the strength to start over.”
Francis Scott Fitzgerald  
 
 
“Non passa giorno che io non rimpianga il mio comportamento e che non pensi che fossi io quello che avrebbe meritato di morire durante la Battaglia di Hogwarts e non Fred, che era rimasto accanto alla nostra famiglia, combattendo per un futuro migliore quando era poco più di un ragazzino, dopo che io avevo dimostrato di essere nient’altro che un codardo…” mormorò Percy, con gli occhi azzurri velati di lacrime, stringendo le mani di Audrey tra le proprie e cercando conforto nello sguardo della ragazza.
“Tuo fratello non avrebbe mai voluto sentirti dire una cosa simile,” ribattè lei. “So che potresti benissimo farmi notare che non l’ho conosciuto, ma sto imparando a conoscere te e la famiglia che ti ha cresciuto e sono certa che loro siano felici che tu abbia fatto ritorno nelle loro vite… anche se ci hai messo più tempo di quanto avrebbero voluto. Gli unici colpevoli della morte di tuo fratello sono Voldemort, i suoi Mangiamorte e le idee primitive che cercavano di portare nel nostro mondo…”
“Ho perso così tanto tempo inutilmente…” singhiozzò il ragazzo. “Ero così convinto di fare a scelta giusta, stando a fianco del Ministro e, anche dopo la sua caduta, ho continuato a essere prigioniero della mia scelta scellerata: abbandonare il Ministero avrebbe significato mettere ancora più in pericolo i miei, che non avevano mai avuto alcuna remora a dimostrare la loro contrarietà alle idee di Voldemort. Era anche difficile ammettere con loro che avevo sbagliato, che la sete di primeggiare aveva offuscato il mio buon senso, facendomi dimenticare ogni loro insegnamento,” aggiunse, scuotendo la testa, come a voler scacciare il ricordo di quanto era accaduto.
“Nessuno è perfetto, Percy. Continuo a pensare che l’importante è che tu abbia compreso in tempo il tuo errore e che abbia avuto l’occasione di rivedere tutta la tua famiglia, Fred incluso, prima della sua morte…”
“È morto proprio accanto a me,” rivelò Percy, dopo un silenzio carico di significato — un silenzio piacevole e doloroso allo stesso tempo, ma nient’affatto imbarazzante.
Audrey rispose stringendolo tra le sue braccia, consapevole di quanto un gesto potesse valere più di mille parole; il sorriso tirato che Percy le rivolse, da sotto agli occhi cerulei arrossati, le confermò l’adeguatezza della sua scelta e la mano più grande del ragazzo stretta attorno alla propria riuscì a rendere ancora più determinante quel momento apparentemente così insignificante.
“Ho imparato la lezione,” mormorò fiocamente Percy.
Audrey si limitò ad annuire, tracciando cerchi concentrici sulla schiena magra che stringeva.
“Non abbandonerò mai più la mia famiglia.”
“Ne sono certa…”
“Lo capirò se non vorrai venire con me a visitare la Normandia, dopo questa rivelazione, ma… spero che vorrai comunque concedermi la possibilità di dimostrarti quanto sono, veramente, cambiato.”
“E perché mai non dovrei voler andare in Normandia con te, Percy?” s’infiammò l’ex Corvonero, sollevando un sopracciglio indagatore.
“Dopo averti raccontato che razza di pallida e patetica versione di Grifondoro io sia, lo capirei se non volessi più frequentarmi…”
“Te l’ho già detto e te lo ripeterò all’infinito, se serve, tutti sbagliano nella vita e tutti hanno diritto a una seconda occasione.”
Le iridi di Percy vennero attraversate da un lampo di sorpresa e di gioia e, come Audrey poco prima, scelse di rispondere prendendo il coraggio a quattro mani e posando le proprie labbra sul sorriso rassicurante della ragazza — i piani dettagliati per la vacanza potevano attendere…
 
*
 
Nonostante Harry avesse insistito che non ce ne fosse alcun bisogno, Molly gli aveva ricordato che il suo diciottesimo compleanno era in arrivo e che, oltre a celebrare la sua maggiore età nel mondo babbano, avrebbero festeggiato anche le dimissioni di Lexie dall’ospedale — avvenute la settimana precedente.
 
“Non so se sia il caso di gravare su tua madre con una festa da organizzare…” aveva confessato il Bambino Sopravvissuto a Ginny, durante una passeggiata al tramonto attorno allo stagno situato nel terreno circostante alla Tana.
L’ultimogenita di casa Weasley si era fermata, puntando le calde iridi castane in quelle smeraldine del ragazzo, e sorridendogli dolcemente. “Ogni ragione è buona per non fermarsi a riflettere, evitando di ricordarsi continuamente dell’assenza di Fred… la sua mancanza sarà sempre parte integrante della nostra famiglia e mia madre sta cercando di fare il possibile per non soffermarsi su questo unico pensiero; sono convinta che l’andirivieni della Tana sia l’unica cosa a tenerla impegnata in questo momento e non oso nemmeno immaginare cosa accadrà dopo il rientro a scuola mio e di Hermione, l’inizio dell’Accademia per te e Ron e il ritorno alla solita vita quotidiana del resto dei miei fratelli e di mio padre…”
Harry, che non aveva visto la cosa sotto questo punto di vista, annuì con vigore. “Ma certo, che stupido che sono stato…”
“Ma no, sei solamente stato preso da altri problemi e, comunque, anche di solito non sei il più perspicace degli osservatori…” lo prese in giro la ragazza.
“Hey!” Harry incrociò le braccia, risentito.
“Ti ricordo che ci sono voluti secoli a renderti conto di quanto mi piacessi, Signor Potter…”
“Beh, non ero molto ferrato in materia…”
“Questo è poco ma sicuro,” asserì Ginny, annuendo con convinzione.
“E comunque ero impegnato…” si giustificò lui, incatenando le proprie iridi a quelle luminose della sua ragazza.
“A salvare il mondo magico, lo so,” ribattè svelta Ginny, scompigliandogli i capelli già arruffati con un sorriso malandrino che le increspava le labbra.
“Non avrei mai voluto farti soffrire…” sussurrò, chiudendo la distanza che li separava.
“Questo è evidente, Harry.”
“Mi sembrava giusto chiarirlo, Gin.”
“Non sono una damigella da salvare… di questo te ne rendi conto, vero?”
Harry annuì con convinzione. “Se ti ho allontanata da me era solo perché non volevo essere un ulteriore motivo per farti perseguitare dai Mangiamorte.”
“So anche questo, Harry,” lo rassicurò quindi, posando la testa sul suo petto e ascoltando il battito regolare del suo cuore — un attimo di banale intimità che avevano rischiato venisse loro strappato dalla guerra.
“Spero di non deluderti mai più, Ginny,” mormorò, posandole un bacio tra i capelli che emanavano un inebriante profumo di fiori e vaniglia.
“Sono sicurissima che non accadrà, Harry, impareremo insieme dai nostri sbagli… sai, anch’io non ti ho detto tutto quello che mi è accaduto nell’ultimo anno a Hogwarts,” si costrinse a sussurrargli, senza trovare il coraggio d’incontrare il suo sguardo.
Sentì il corpo di Harry irrigidirsi contro il proprio e il battito del suo cuore accelerare improvvisamente.
“Ti va di parlarmene?” le propose, sfiorandole la schiena con carezze incerte che si augurava potessero esserle di conforto.
Ginny annuì, con gli occhi ostinatamente serrati, e la necessità di continuare a cercare rifugio tra le braccia del ragazzo che si faceva sempre più forte; inspirò profondamente per calmarsi, quando le immagini del suo ultimo anno a Hogwarts la travolsero come le onde del mare in tempesta. Rammentò a se stessa che si trattava solo di ricordi e che non avrebbe più sofferto come durante il regno dei Carrow, per poi incrociare nuovamente lo sguardo incoraggiante di Harry e incamminarsi con lui lungo il molo in cui avevano confessato ciò che provavano in quella mattina di maggio da cui sembrava essere passata una vita.
Si tolsero le scarpe, sedettero con le gambe penzoloni e Ginny si prese qualche istante per contemplare il panorama che si stagliava di fronte ai loro occhi: gli ultimi raggi di sole inondavano di sfumature arancioni, dorate e rosse la superficie piatta dello stagno, il frinire delle cicale colmava l’aria di un’allegra cacofonia e i fiori selvatici odoravano di fresco e di casa — quello specchio d’acqua era stato lo sfondo di alcuni dei suoi più bei ricordi d’infanzia, eppure non avrebbe potuto scegliere luogo più adatto per raccontare i momenti più drammatici che si era trovata, suo malgrado, a vivere tra le mura del castello che entrambi avevano lottato per difendere.
“Amavano le punizioni, i Carrow…” si decise ad ammettere, continuando a fissare i riflessi del tramonto che scurivano sempre di più lo specchio d’acqua. “Gli altri professori facevano del loro meglio per difendere almeno i più piccoli, ma quei due erano estremamente crudeli… e nei loro occhi potevi sempre intravedere la gioia sadica che provavano nel guardare le loro vittime contorcersi per il dolore che gli stavano provocando.”
Harry rimase in silenzio, scegliendo di mostrarle il proprio sostegno con l’intreccio delle loro dita: non voleva interrompere il racconto della ragazza, che stava compiendo il notevole sforzo di aprirsi con lui, rendendosi vulnerabile — pochi attimi dopo avergli prontamente ricordato che non era affatto una damigella indifesa.
“All’inizio si accontentavano di eseguire da soli le punizioni che trovavano modo di affibbiare in qualsiasi momento, per le ragioni più assurde… ma poi iniziarono a volere di più, perché vedere dei poveri ragazzini soffrire non era sufficiente, dei ragazzini che, ovviamente, non avevano alcuna colpa. E allora iniziarono a costringere gli altri studenti a eseguire le punizioni al loro posto…”
“Che cosa?” s’era ripromesso di lasciarla parlare senza interromperla, ma quella rivelazione l’aveva colpito con la stessa forza dei pugni che Dudley era solito assestagli quando lo utilizzava come punching-ball.
Ginny annuì mestamente. “Difesa contro le Arti Oscure era stata sostituita dall’agghiacciante Arti Oscure il cui insegnante era quel decerebrato di Amycus Carrow, mentre quella vacca di sua sorella Alecto insegnava una versione distorta e bugiarda di Babbanologia, divenuta obbligatoria per ogni studente. Il compito di Amycus era quello di insegnarci a eseguire le Maledizioni senza perdono, Avada Kedavra a parte, ed era tenuto a segnalare quelli di noi che si rifiutavano di eseguirle sui compagni o sugli altri studenti… La sua cara sorella invece ci riempiva la testa di cazzate riguardo a come i Nati Babbani erano dei ladri che avevano rubato i poteri magici ai loro legittimi proprietari, che erano ovviamente maghi Purosangue… Se qualcuno osava controbattere, veniva punito; se qualcuno metteva in dubbio i loro insegnamenti, veniva punito; se qualcuno si permetteva di non eseguire le loro punizioni, veniva punito; se qualcuno era un Nato Babbano, o aveva anche un solo genitore che lo fosse, veniva punito continuamente…”
“E Piton non fece mai nulla per impedire tutto questo?” Harry non voleva credere che l’uomo che l’aveva protetto per tutti quegli anni, nonostante i sentimenti contrastanti che provava per suo padre, non avesse mosso un dito per proteggere gli studenti.
“In realtà, quando le cose sembravano mettersi per il peggio, ricordò a quei due imbecilli che Voldemort teneva molto a non sprecare il prezioso sangue dei maghi, quindi la smisero con l’utilizzo smodato della Maledizione Cruciatus e la maggior parte dei Purosangue avrebbero potuto passare l’anno indenni…”
“Ma?”
“Ma noi non avevamo alcuna intenzione di salvare noi stessi e lasciare che gli altri soffrissero, solo per non essere nati in famiglie totalmente magiche come le nostre…”
Harry le rivolse un sorriso orgoglioso, oscurato dal rimpianto di non essere stato al suo fianco in momenti così difficili.
“Non ho mai torturato nessuno dei nostri compagni, Harry,” aggiunse Ginny, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Non avevo alcun dubbio, Gin…”
“E lo stesso vale per Neville, Luna, Seamus, Calì, Demelza, Colin, Dennis, Anthony, Terry, Michael, Megan, Morag, Padma, Hannah, Ernie, Justin, Susan e tutti i membri dell’ES. Abbiamo continuato a rifiutarci di fare il lavoro sporco per loro e quei due hanno iniziato a punirci, senza ricorrere alle Maledizioni Senza Perdono, sperando di vincere le nostre resistenze… Ma senza avere successo.”
“Immagino che questo non gli abbia fatto piacere…”
“Ovviamente no”, Ginny scosse la testa, scacciando le immagini di minuscoli studenti del primo e secondo anno coperti di graffi, con gli occhi lucidi di lacrime e le confessioni singhiozzanti che rivelavano la loro volontà di andarsene via; quella che per lei era stata una casa lontana dalla Tana, per gli studenti più piccoli si era trasformata nella materializzazione del peggior incubo — un incubo che non pareva avesse intenzione di finire. “A volte mi chiedo se non avremmo fatto meglio a mostrarci docili, perché, forse, avrebbero sfogato la loro rabbia sui più grandi, invece che su quei poveri bambini indifesi e…”
“No!” Harry interruppe il flusso dei pensieri della rossa, che si decise a incontrare nuovamente il suo sguardo, spronandolo a proseguire. “Sappiamo entrambi come ragionavano i Mangiamorte, non si sarebbero mai accontentati di punire solo i più grandi, lo hai detto tu che godevano nell’infliggere dolore e immagino che prendersela solo con gli studenti più grandi non rendesse il tutto abbastanza soddisfacente…”
“Però avremmo potuto fare di più per proteggerli,” insistette testardamente Ginny.
“E cosa? Se nemmeno gli insegnanti riuscivano a fare di meglio, cosa avreste mai potuto fare voi?”
“Non lo so, Harry. Quello che mi dici ha senso e, a mente fredda, ti direi che hai ragione tu e che non avremmo potuto fare altro, ma…” Ginny inspirò profondamente, tornando a tormentarsi il labbro inferiore, catturandolo tra i denti e schiacciandolo fino a sentire dolore. “Non riesco a non pensare ai loro volti spaventati, agli occhi rossi e ai pianti che riecheggiavano nella torre nel cuore della notte… non so se questi mesi saranno abbastanza a cancellare gli incubi che sono sicura stiano tormentando ognuno di loro.”
Harry la strinse a sé, affondando il naso nei suoi capelli profumati e sfiorando la schiena coperta dal cotone leggero della canottiera blu che indossava: Ginny era lì davanti a lui, ma lo sguardo perso che aveva sollevato su di lui l’aveva terrorizzato ancor di più delle parole che erano state sussurrate dalle sue labbra. “Probabilmente non basteranno questi mesi…” asserì infine, posandole un bacio tra i capelli ramati. “Ma se conosco almeno un po’ la professoressa McGranitt sono sicuro che si occuperà anche di questo e non lascerà che nessuno di voi sia tormentato dai ricordi orribili dell’ultimo anno…”
“Non ci avevo pensato”, ammise la ragazza, “eppure sono certa che tu abbia ragione, Harry.”
“Sono felice che tu ti sia fidata abbastanza di me da raccontarmi tutto questo… mi rendo conto che felice è probabilmente il termine meno adatto da utilizzare in questa situazione, ma immagino che tu abbia capito cosa intendo dire”, dichiarò Harry, passandosi una mano tra i capelli spettinati e scrutandola intensamente dietro agli occhiali storti.
Ginny annuì. “Quando abbiamo deciso di darci una seconda possibilità era implicito che dovessimo fidarci dell’altro e condividere anche i ricordi più dolorosi… sono contenta anch’io di averlo fatto, mi sento già un pochino più leggera.”
“Ci sarò sempre quando avrai bisogno di parlare di qualcosa, qualsiasi essa sia…”
Ginny annuì, posando la testa sulla sua spalla. “Vale lo stesso anche per te, Harry,” mormorò poi, incrociando il suo sguardo.
Il ragazzo avvicinò la mano di Ginny che stringeva nella propria per sfiorarla con un bacio. “Lo so”, le disse con semplicità, “ma preferirei evitare di parlarne proprio stasera…”
“Avevi qualche altro progetto in mente?” domandò Ginny, inarcando un sopracciglio indagatore.
“Pensavo che potevamo goderci questa inaspettata solitudine…”
“Mhmm, in effetti non sarebbe una cattiva idea”, confermò lei, salendogli in grembo e mordicchiandogli il lobo dell’orecchio destro.
Harry l’attirò più vicina, lasciando una scia di baci lungo le spalle, il collo e il mento; Ginny lo spinse fino a farlo sdraiare sul molo, rimanendo a cavalcioni su di lui e sfilandosi con lentezza la canottiera, rivelando un reggiseno di un impalpabile materiale color lampone. Gli ultimi riflessi del sole inondavano di sfumature ammalianti i suoi capelli fiammeggianti e donavano all’incarnato pallido una luminosità d’alabastro.
“Quanto sei bella”, esalò Harry, afferrandola per la vita e portando i loro corpi a aderire l’uno all’altro — il ritmo erratico dei loro cuori procedeva all’unisono, mentre nella tiepida notte estiva le mani esitanti di Harry si facevano strada sul corpo della ragazza, aiutandola a dimenticare i tormenti appena condivisi. Le dita di Ginny esplorarono ogni centimetro della pelle di Harry, tirandogli via con impazienza la maglietta e passando poi a sfiorarne le cicatrici con le labbra, leccando la pelle calda e baciando il petto magro sotto cui il cuore del ragazzo batteva furiosamente. Ginny armeggiò con i bottoni dei jeans, facendoli scivolare lungo le gambe, insieme ai boxer che Harry procedette a scalciar via rimanendo nudo sotto lo sguardo eccitato della ragazza, che posò nuovamente le labbra su quelle di Harry in un bacio affamato e ansioso. Le mani di Harry cercarono a tentoni la chiusura dei pantaloncini di Ginny, che riprese a esplorare il corpo di Harry con labbra calde e leccate umide fino ad arrivare a lambire la sua erezione pulsante con la lingua, massaggiandola con una delle sue mani; sollevò lo sguardo su di lui prima di accoglierla in bocca, ansiosa di assaporarlo, mentre il ragazzo gemeva il suo nome come un mantra ripetuto all’infinito. Dopo aver raggiunto il piacere, Harry adagiò il corpo costellato di lentiggini di Ginny sul legno e iniziò a baciarlo con riverenza, stuzzicando i suoi seni attraverso il materiale seducente del suo reggiseno, per poi lasciarli finalmente liberi, succhiandone i capezzoli turgidi e scendendo con lentezza fino all’ombelico, provocandole i brividi. Le fece aprire le gambe, baciandola con delicatezza, avvicinandosi sempre più al centro del suo piacere per poi schiudergli sopra le labbra, baciandola attraverso il materiale delle sue mutandine e tormentandola con tutta calma, provocandole gemiti sempre più forti e il respiro sempre più affannato. Dopo che il dolce tormento fu proseguito per qualche altro minuto, Harry si decise ad agganciare i pollici alla biancheria, sfiorando ogni lembo di pelle che era stato coperto dall’indumento, prima di raggiungere la sua intimità e baciarla fino a farle raggiungere l’orgasmo. Sdraiati nello stesso luogo in cui Harry le aveva chiesto se voleva diventare la sua ragazza, i due raggiunsero un livello d’intimità nuovo, esplorando il corpo nudo dell’altro come mai avevano fatto prima. Ginny si puntellò sul gomito per baciare nuovamente Harry, accoccolandosi nel suo abbraccio.
“Non avrei mai pensato che la serata sarebbe andata così”, gli disse poi, baciandolo sul collo.
“Nemmeno io…” dichiarò Harry, sorridendole dolcemente. “Anche perché temo di non essere particolarmente abile in questo frangente”, aggiunse, ringraziando il cielo stellato che nascondeva le sue guance arrossate.
“Mi permetto di dissentire”, ribattè Ginny maliziosa, strusciando il proprio corpo su quello del ragazzo.
“È stata decisamente una delle serate più belle della mia vita… un regalo di compleanno anticipato assolutamente stupendo.”
“Significa forse che devo restituire quello che avevo intenzione di darti?”
Harry scoppiò a ridere. “Sei tu quello che voglio… Ti amo, Ginny.”
“Ti amo anch’io, Harry!”
I due si baciarono con lentezza, esplorando la bocca dell’altro, per poi posare le fronti l’una contro l’altra.
“Sai, se vuoi abbiamo ancora tempo e potremmo… beh, potremmo fare sesso”, gli propose Ginny.
“Non credere che non mi piacerebbe, ma… beh, ecco, speravo di poter organizzare una serata romantica per la nostra prima volta, considerando che tra poco sarà anche il tuo compleanno e…”
“Non dire altro, Harry. Sono d’accordo: la nostra prima volta deve essere speciale… del resto si ha un’unica prima volta nella vita, no?”
Harry annuì. “Credevo che tu e Dean aveste… insomma, credevo foste andati fino in fondo, ecco…”
“Non mi sentivo pronta e Dean mi ha capito perfettamente…”
“Oh… beh, mentirei se non ti dicessi che sono davvero felice che vivremo la nostra prima volta insieme.”
“Ne sono davvero felice anch’io, Harry,” ribatté Ginny, reclamando nuovamente le sue labbra per un bacio.
“So che ti ho detto che vorrei rendere la nostra prima volta speciale, ma non mi dispiacerebbe se ci allenassimo ancora un po’…” sussurrò poi Harry, mordicchiando il labbro inferiore di Ginny.
“Mhmm, in effetti la pratica rende perfetti”, ridacchiò Ginny, baciandolo con entusiasmo.
 
*
 
Venerdì 31 luglio nel giardino della Tana serpeggiava l’eccitazione tipica che era solita caratterizzare ogni celebrazione organizzata dalla padrona di casa; non solo si festeggiava il compleanno di Harry, era anche il primo evento familiare a cui Lexie avrebbe partecipato, dopo lunghi anni di assenza dalle isole britanniche. Pareva che una buona metà del mondo magico si fosse dato appuntamento nel giardino del Devon: c’erano i compagni di Grifondoro e i membri dell’ES, gli amici di George e alcuni colleghi di Arthur, Bill e Fleur, c’era Hestia Jones, invitata da Lexie, c’era Kingsley e c’era Andromeda, con il piccolo Teddy, c’era Audrey, che si era portata dietro anche Sally e il suo fidanzato, c’era Alistair, che aveva firmato almeno una cinquantina di autografi, senza smettere di rivolgere a tutti quanti il suo sorriso smagliante e c’erano i suoi genitori, così come quelli di Hermione, che prendevano parte per la prima volta a una festa di compleanno magica.
“È una bellissima festa, Molly…” si complimentò Lexie, prendendo posto accanto alla cognata.
“Grazie, cara, spero che non ci sia così tanta gente da farti sentire sopraffatta…”
“Ma figurati! Con tutto il tempo che sono rimasta sola, mentre ero in coma, non credo che potrò mai passare abbastanza tempo in compagnia per tutto il resto della mia vita.”
“Lexie, proprio la donna che cercavo!” esclamò una voce profonda, prima che il suo possessore prendesse posto accanto alla bionda.
“Kingsley… o dovrei dire Ministro Schacklebolt?” celiò Lexie, indirizzando un sorriso al vecchio collega.
“Spiritosa!” la rimbrottò l’uomo, sorridendole di rimando. “Sarò sempre Kingsley per te…”
“Dimmi tutto.”
“Volevo farti una proposta lavorativa, ma questa è la festa di Harry e non vorrei costringerti a passare la serata a parlare di me, quando c’è così tanta gente che desidera la tua compagnia…”
“Non ti nego di essere veramente sorpresa, Kingsley,” ribattè Lexie.
“Va bene se passo a trovarti dai tuoi lunedì?”
“Sappi che passerò il resto del weekend a chiedermi di cosa tu mi voglia parlare…”
“Rilassati, spero solo che tu mi possa aiutare…” le disse, strizzandole l’occhio, prima che Hestia prendesse posto di fronte a Lexie, interrompendo di fatto la conversazione.
“Secondo voi è normale che Aidan riesca a dormire con questa confusione?” chiese la mora, indicando il figlio, placidamente addormentato nella sua stola.
“Con una madre casinista come te,” la prese in giro Kingsley.
“Non approfittarti del fatto che ora sei il capo del capo del mio capo, Schacklebolt!”
“Devo forse denunciarti per insubordinazione, Jones?”
Hestia spalancò gli occhi azzurri, battendo lentamente le palpebre. “So che non lo faresti. Anche perché rimarrai sempre il mio collega preferito…”
“Bugiarda!” la rimbeccò Kingsley, scuotendo la testa.
Andromeda scelse quel momento per raggiungere il gruppo, con Teddy addormentato tra le braccia; i capelli del bambino erano di una tonalità di rosso che lo faceva sembrare uno dei Weasley.
“Come vanno le coliche?” chiese Molly.
“Meglio, ma certe notti sono davvero un incubo…”
“Se vuoi ti posso dare la ricetta di un infuso di erbe che ha sempre avuto un gran successo con Aidan,” propose Hestia.
“Sarebbe fantastico, grazie! Quanto tempo ha adesso?”
“Sette mesi. Lui invece poco più di tre, giusto?”
Andromeda annuì stancamente, perché in momenti come quello era impossibile non pensare a quanto Teddy avrebbe meritato che ci fossero i suoi genitori, e non lei, al suo fianco.
“Molly, tesoro, quando vogliamo portare fuori le torte?” chiese Arthur, avvicinandosi, seguito da Alistair e suo padre Edward.
“Aspettiamo ancora qualche minuto, con il buio le candeline faranno un effetto migliore…”
“Certo,” sorrise l’uomo, prendendo posto accanto alla moglie.
“Finito con gli autografi, Ashworth?” domandò invece Hestia, incrociando lo sguardo del fratello di Lexie.
“Dipende da quanti ne vuoi tu, Jones…”
“Spaccone!”
“Rompipluffe!”
Gli altri presenti rotearono gli occhi.
“Grazie, davvero, di aver invitato mia sorella e la sua amica alla prossima partita”, disse poi Hestia, indirizzando un sorriso grato all’ex compagno di scuola.
“Ma figurati, per così poco. E sai bene che l’invito è esteso anche a te…”
“Ci penserò…”
“Non chiedo altro”, dichiarò lui, strizzandole l’occhio.
 
Qualche minuto dopo, spegnendo le candeline con Ginny al suo fianco, i suoi migliori amici all’altro lato e tutte le persone che amava vicino a lui, Harry desiderò che il resto della sua vita potesse proseguire come quella serata e che tutte le persone che avevano sofferto e perso qualcuno di caro a causa della guerra potessero trovare conforto nel sapere che tutti coloro che erano morti lo avevamo fatto per donare ai sopravvissuti un futuro migliore.
“Tanti auguri, Harry!”
 
*
 
Lunedì 3 agosto, puntuale com’era solito essere, Kingsley suonò alla porta di casa Ashworth dove fu accolto da Edward che lo scortò senza esitazione nella luminosa sala da pranzo in cui Lexie lo attendeva. La donna era seduta sulla panca ricavata all’interno del bovindo con il mento posato sulle ginocchia e le braccia avvinghiate alle gambe nude: lo sguardo rivolto al giardino sul retro della casa non coglieva le sfumature dei fiori tanto cari a sua madre, né il cielo terso sporcato solo da qualche innocua nuvola bianca.
“Vuoi un the, Kingsley?”
“Si grazie, Edward,” annuì l’uomo, prendendo posto sul divano di fronte alla finestra.
“Eccoti qui,” lo salutò Lexie non riuscendo a mascherare l’ansia. “Mi sono chiesta per tutto il weekend quale fosse la proposta che volevi farmi…”
“E?” la spronò l’uomo.
“Non ne ho alcuna idea,” rise lei, mordicchiandosi l’interno della guancia.
“Andrò dritto al punto: gli Auror sono decisamente a corto di personale e Proudfoot ha bisogno su tutti i fronti… Non so se tu abbia voglia di tornare nel corpo, ma volevo sapere se potresti valutare l’idea di diventare una degli insegnanti dell’Accademia…”
Le iridi chiare di Lexie abbandonarono il panorama fuori dalla finestra per incontrare quelle scure di Kingsley: la sorpresa evidente.
“Dici sul serio? Sono stata in coma per anni…”
“Ma eri un’Auror dannatamente brava e sono sicuro che potrai essere un valido esempio per le nuove leve.”
“Ti fidi così tanto di me?”
“Così come mi fidavo quando eravamo sul campo insieme… certo, dovrai approfittare di questo mese per rimetterti in pari con il programma del corso di addestramento, ma non vedo perché tu debba avere dei problemi.”
Lexie annuì, continuando a stringere le gambe a sé.
“Immagino tu voglia pensarci su,” continuò Kingsley, scrutandola.
“In realtà no…” ammise lei.
“Davvero?”
“Dimmi solo quando devo iniziare…” sorrise Lexie, comprendendo che quello poteva davvero essere il suo destino: non riusciva a immaginarsi nuovamente in campo a battagliare con il nemico, ma avrebbe potuto istruire i futuri Auror e renderli pronti a qualsiasi evenienza.
“Speravo che mi avresti risposto così,” mormorò Kingsley, sorridendole grato.



 
Nota dell’autrice:
Rieccomi anche qui, di ritorno finalmente ad aggiornare questa storia cui tengo tantissimo. Spero che questo aggiornamento sia stato di vostro gradimento, anche se non è andato proprio come avevo pianificato , visto che Harry e Ginny si sono presi la maggior parte del capitolo — ma era anche ora che i due parlassero di quanto accaduto a Hogwarts; Ginny ha anche preso l’iniziativa perché, siamo sinceri, Harry non l’avrebbe mai fatto. Ho gettato le basi per il futuro di Percy e Audrey, oltre che per quello di Hestia e Alistair: dite che lei andrà a vedere la partita con sua sorella? E che dite della richiesta di Kingsley a Lexie? Non riesco a immaginarmi che la donna torni sul campo a cuor leggero, ma potrebbe essere fondamentale in Accademia.
Fatemi sapere che ne pensate e ci sentiamo presto con il prossimo aggiornamento: scopriremo se Ron e Harry sono stati ammessi all’Accademia, festeggeremo il compleanno di Ginny (e di Lexie che è nata lo stesso giorno), rivedremo George e Angelina, oltre ad andare in Francia con Percy e Audrey e Bill e Fleur.
 

 
 
 
   
 
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