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Autore: aurora giacomini    31/03/2020    1 recensioni
ATTENZIONE: Questa è la seconda parte di "Per un Bacio" la storia segue un ordine temporale preciso.
Dal Testo:
"Ciao, Amico Lettore,
Uh? Cos'è quella faccia? Cos'è, ti eri dimenticato di me? Mi spezzi il cuore...
Quanti anni sono passati....? Fammi pensare... è l'Ottobre 2029... nove anni... wow...!
Ah, ora capisco cos'è quell'espressione... pensavi forse che non sarei rimasta ad osservare chi, fra i mille passanti, avrebbe infine raccolto il mio quaderno...?"
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Per un Bacio'
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9

Ho Provato Piacere?

 

 

“Penso di sì.” Dico, aspirando profondamente dal cilindro imbottito di tabacco e catrame. “O per lo meno, è la cosa più onesta che riesco a dire a me stessa.”

“Capisco.” Annuisce. Ma io penso che no, non abbia capito.

E sono uno scarabeo, mi piacciono gli scarabei... se fossi un insetto è questo che vorrei essere. Hanno una bella corazza, sono lucenti e nobili, venerati dagli antichi Egizi e non solo.

“Le porgo ancora le mie scuse per aver scelto di scriverle una lettera, e per averlo fatto dandole del 'tu'...” dico, adocchiando un posacenere selvatico comparso probabilmente per evitare un epilogo simile a quello di tre giorni fa.

“Non ho argomentazioni da sollevare riguardo il modo in cui hai scelto di rispondermi. Fra l'altro, non ti chiederò neppure di darmi del 'tu', penso che ti metterei a disagio.” Si schiarisce la gola, “no, la cosa che mi preme chiarire è il motivo per cui ancora ti scusi. E' importante l'impressione che dai di te, non è così?”

Non è totalmente esatto.

“Vede, mi è stata insegnata l'educazione, un educazione rigida fatta di disciplina e cortesia.” Rispondo.

Mi sorride, un sorriso schifato ed ebete... o così lo vedo io. “Non è quello che intendevo.”

Lo so.

“Mi piace essere educata e cortese, lo trovo necessario. Trovo inoltre indispensabile non solo sfoggiare tale forma, ma sentirmi in pace con me stessa. Almeno sulle piccole grandi cose della vita...”

“Va bene. Ritengo non vi sia nulla di male nello sfoggio, come l'hai chiamato tu, di simili virtù. Mi domando solo quale sia lo scopo ultimo. E se, in realtà, questa non sia altro che una farsa.”

Mi fa innervosire...

“Non vedo benefici nel fingere qualcosa che non sono, nel mostrare qualcosa che non mi appartiene.” Replico, sono piuttosto piccata e penso che la cosa sia palese.

“Non lo so, ragazza...”

Ragazza? Vabbeh...

“Ho l'impressione, se mi è permesso il francesismo, che tu mi stia prendendo per il culo.”

Non ci posso fare nulla, una risata collerica mi sfugge dalle labbra, “mi scusi?”

Sorride, sorride come qualcuno che è appena riuscito a pestare la coda ad un serpente ed evitare i suoi denti velenosi, “mi sbaglio? Me lo puoi dire se è così.”

“Si sbaglia.” Lotto per mantenere una parvenza di decenza. “Non sarei apposto con me stessa, in caso contrario...”

“Però, trucidare nove persone pare non riuscire a ledere il tuo nobile animo.” Continua a sorridere pensando che i denti non lo possano più raggiungere, ma sarà cosciente del fatto che alcuni serpenti sono in grado di sputare? Che ne sa a quale razza appartengo...

“Mi sta ferendo... e le ripeto che ho ucciso una sola persona... e ancora, ripeto: non volevo farlo.” Forse sono un lombrico. “Ho sicuramente dei problemi, nessuno lo nega. Ma mi sottraggo dell'effige di mostro che sta dipingendomi addosso.”

“E questo linguaggio ricercato ma immaturo, quale scopo ha?” Sorride sornione.

Cos'ha che non va il mio vocabolario...?

“Non uso mai questo schema linguistico quando mi rivolgo a coetanei o gente che non reputo in grado di comprenderlo o apprezzarlo.” E' quasi un ringhio quello che emetto.

“Quindi sei tu a decidere chi ne è, in qualche modo, meritevole?” Comincia a sfregarsi le mani. Il suono mi rilassa a tal punto che vorrei ringraziarlo e scusarmi.

“E' così...” sussurro, decisamente più calma.

“Ti reputi superiore?” Le sue mani continuano a carezzarsi vicendevolmente.

“O notevolmente inferiore... dipende dai punti di vista. Chi non usa a suo vantaggio le proprie abilità per sopperire alle mancanze...?”

“E di un intelligenza fuori dal comune.” Aggiunge.

“No. Penso di essere molto intelligente, è vero, ma non sono Dio. Non sono un essere perfetto né che vi si avvicina. Come entrambi sappiamo il QI è una castronata: esistono diversi tipi di intelligenza: quella emotiva, quella logico matematica, o ancora, quella linguistica... ma non possediamo una sola di queste; bensì, una sorta di miscuglio con diversi picchi e avvallamenti, se posso chiamarli così.”

“Castronata? Cosa significa?” Mi domanda.

Questo è tutto ciò che ha estrapolato...? Forse vuole solo farmi incavolare...

“Sciocchezza, è un altro modo per dire sciocchezza.” Gli rispondo, concentrandomi sul suono prodotto dalla pelle delle sue mani.

“E perché non hai usato questo termine? Invece di uno che, francamente, dubito sia Italiano.”

“Abitudine colloquiale, suppongo. Non ho idea quando, dove o perché sia diventato parte del mio lessico, nel caso se lo stia domandando.”

“Interessante.” Annuisce.

Davvero? Beh, potrebbe...

“Mi fa piacere.” Dico.

“Sei il caso che più è disposto al dialogo.” Dice.

Un caso... sono solo un caso? E la mia appartenenza al mondo dei viventi? Ah, chissenefrega!

“Ma mi stai dicendo tutto e nulla. Sfoggiare una parlantina ricca non mi aiuta, fino in fondo, a capire chi ho davanti.”

Ah, ora sono un 'chi', un qualcuno... che cambiamento...! Ad ogni modo, se lui facesse le domande giuste io non avrei remore a rispondere. Quindi che chieda quello che davvero vuole sapere! Santo cielo, e sono io quella che mette in piedi delle farse! Persino il suono sta cominciando a perdere i suoi effetti benefici... mi sto irritando.

“Non ho problemi a rispondere alle sue domande... non mi pare di aver eretto alcun muro.” Gli rispondo.

“Non solo sei disposta al dialogo. Vedo un enorme, soffocante brama di espressione.” Continua, come se non avessi fiatato, “ma ti rifiuti di essere, fino in fondo, sincera con me.”

“E' vero, ho bisogno di comunicare.” Dico, ormai ho capito che il discorso può seguire solo una regola di svolgimento, e non è la mia. Ma sono disposta a chinare la testa ed assecondarlo.

“Cosa mi nascondi?” I suoi occhi si riducono a due fessure. “Vedi, io posso anche stare qui in silenzio per tutta la durata della seduta. Lo stipendio arriverà comunque sul mio conto, alla fine di questo mese. Quella che ha qualcosa da perdere qui... sei tu.”

Come se fossi un idiota! E' una minaccia? Mi sta minacciando?!

“Lo so... ci sto provando...” replico.

“Non abbastanza.” Lo sfregamento cessa. Ora deve stare molto attento a ciò che pronuncerà...

“Mi dispiace, ma le garantisco che non posso fare meglio di così! Se le mi dice quello che vuole, allora io glielo darò! Maledizione!” E' quasi un urlo.

“Ah, eccola qui!” Si ritrae soddisfatto, “la tua essenza: la rabbia.”

Rimango in silenzio, incapace di controllare il tramare scoordinato dei miei arti.

“Tutti abbiamo un essenza basilare, qualcosa che, appunto, è alla base del nostro carattere. Ma è una condizione mutevole. Ora, cosa l'ha incarnata nella tua persona?”

“Sto male...” dico, dopo diversi secondi spesi a regolarizzare il respiro e calmare le mani.

“Questo penso fosse palese. Ma cosa ti fa stare male? La rabbia non è mai fine a sé stessa: c'è bisogno di frustrazione, dolore, paura... e altri condimenti. Quindi, cosa ti tormenta?”

“Ho una voragine nel petto... qualcosa che non so come colmare... qualcosa che comincio a chiedermi se vada richiusa.” Sospiro, “mi domando se sia giusto soffrire in questo modo.”

“Non è quello che è ho chiesto.”

Ho capito... ci sto arrivando.

“Sono tormentata dalla mia incompetenza. Dalla brama di mutare l'immutabile... da occhi verdi, spenti ed accusatori...” rispondo, l'ho fatto quasi involontariamente.

“Ora cominciamo a parlare la stessa lingua, ma non è ancora abbastanza. Di chi sono quegli occhi? Sono reali o sono una trasposizione di una paura?”

“Sono reali... erano della ragazza di cui ero innamorata... la stessa vita che ho preso...”

“Come ti fanno sentire?”

Non esito, “sudicia.”

“Sei sempre stata omosessuale?”

Ma che diavolo...? Non mi piace per nulla il modo in cui conduce il discorso: saltando da una parte all'altra...

“Si nasce.” Dico, a denti stretti.

“Mi dispiace, non è quello che intendevo. Riformulo, sei sempre stata conscia del tuo orientamento sessuale?”

“Sì.”

“Ti ha causato problemi, nel corso della vita? Nel rapporto con gli altri?”

“No, mai.”

“E a te? Ha mai causato problemi?”

“No.”

“Quindi sei attratta del tuo stesso sesso.”

“E' un problema?” Di nuovo qualcosa di simile ad un ringhio.

“Potrebbe, se le vittime fossero tutte donne, ma così non è. Inoltre non è una scienza esatta: maggiormente una probabilità. Uomini etero che uccidono donne; uomini gay che uccidono uomini; donne etero che uccidono uomini; donne gay che uccidono donne; gente che uccide qualcuno della sua stessa etnia.” Conclude, ma non c'era bisogno di farmi tutto l'elenco: conosco le casistiche.

“Quindi?” Domando.

“Hai mai provato il desiderio di uccidere qualcuno?”

Ora finge che non l'abbia fatto? Oppure è solo un modo per impostare il discorso? Poco importa.

“Non esattamente. Ma mi sono spesso domandata cosa avrei provato. Come mi sono domandata quale sapore possa avere il mango o il sushi... sono curiosa.”

“Il sapore di un cibo è un po' diverso dall' uccidere, dal privare della vita, o no?” Mi domanda, “o forse stai cercando di darmi un'altra chiave di lettura?”

“Dico solo che ho il brutto vizio di pensare troppo, di pormi domande su domande...”

“Ed è come l'avevi immaginato? Cosa si prova a togliere la vita?” Si sporge in avanti, appollaiandosi sul bordo della scrivania.

“Paura...”

“Paura per le conseguenze?” Ha un profumo diverso questa volta, forse colonia a... alle castagne? Possibile?

“Non so rispondere a questa domanda, ma non posso escludere che in gran parte si tratti di questo. Non sono credente, non temo l'ira di un Dio, né un inferno...”

“Cosa temi, allora? Cosa temevi subito dopo?”

“Era l'incapacità di porre rimedio a qualcosa di così troppo più grande di me, che mi spaventava. Il terrore di dover spiegare quello che avevo fatto... gli sguardi che si sarebbero sommati al suo...” deglutisco, “mi feriva la consapevolezza che non avrei mai più potuto interagire con lei... sapere chi sarebbe diventata...”

“Hai provato piacere?”

Senza rendermene conto comincio a piangere, “credo di sì...”

“Era un piacere d'intelletto o più animale?”

“Non lo so...” tirò su col naso. "Potrei avere ricordi distorti dal senno di poi."

“Provaci.”

“Credo... che fosse... che fosse entrambe le cose...”

“Hai provato un appagamento sessuale?”

“Non so rispondere... può essere, non ricordo con lucidità quei momenti...”

“Stai mentendo?” Si avvicina ancora al mio viso.

“Non lo so... ho avuto delle fantasie violente verso delle donne che reputavo attraenti, ma prima di allora erano solo cose nella mia testa, cose che sapevo non avrei mai attuato! Mai e poi mai!!!”

“E allora perché hai ucciso?”

“Non volevo farlo... e sicuramente non l'ho fatto per piacere...! Lei sarebbe dovuta morire per soffocamento... ed io le ho stretto le mani alla gola... era una forza superiore a muovere il mio corpo, io non volevo farlo!” Piango e urlo.

“Nessuna delle vittime è stata strangolata. A che gioco stai giocando?”

Credo di aver perso i sensi: non ricordo più nulla.

  
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