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Autore: paige95    03/04/2020    3 recensioni
Un amore travagliato quello tra Rose Weasley e Scorpius Malfoy. Le loro due famiglie, come i Capuleti e i Montecchi (per citare una famosa opera di Shakespeare), non accetteranno il repentino avvicinamento tra i due giovani.
Ma chissà se qualcosa prima o poi possa far cambiare loro idea ... senza arrivare al famoso tragico epilogo.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ron Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Astoria, Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Questione di famiglia

 

 

La professoressa McGranitt si era sforzata di essere accondiscendente e concesse a Rose un breve ritorno a Londra per stare accanto alla sua famiglia; la preoccupazione della sua studentessa non l’aveva lasciata indifferente, il suo cuore in primis perse un battito. Per l’anziana preside sapere che Molly Prewett-Weasley fosse di salute cagionevole l’addolorò e immaginò che la presenza della nipote potesse giovare. Aveva acconsentito quindi ad una partenza straordinaria dell’Hogwarts Express, nonostante tutte le concessioni già date a Rose negli ultimi anni. La ragazza, giunta alla stazione di King’s Cross, sapeva di non trovare nessuno ad accoglierla, non aveva avvisato i familiari dell’arrivo, glielo avrebbero sicuramente impedito in qualche modo e lei desiderava solo accertarsi che la nonna stesse bene. Solo il fratello, il marito e Albus erano al corrente della sua partenza; era stata proprio lei ad avvertire quest’ultimo dell’improvviso malore della nonna, a quanto sembrava né Harry né Ginny si erano presi il disturbo di avvertire i figli, inviando loro un semplice gufo. L’unica ad avere considerato la presenza dei ragazzi ad Hogwarts era stata Hermione e Rose, conoscendola, poteva supporre avesse attentamente ponderato quella decisione; sua madre riteneva sicuramente peggiore che loro lo scoprissero da terzi o peggio ancora lo leggessero sulla Gazzetta del Profeta, che era risaputo dovesse ficcanasare ovunque, specie sui membri della famiglia del Ministro. Hermione l’avrebbe probabilmente sgridata; Rose, essendo razionale come la madre, aveva considerato le conseguenze di quell’uscita dal Castello, ma avrebbe potuto contare sul consenso dato dalla Preside. Proprio in quelle ore, mentre la ragazza si trovava a chilometri di distanza da Hogwarts, Scorpius stava svolgendo i suoi G.U.F.O; non piacque nemmeno a lei il tempismo con cui era dovuta partire, avrebbe preferito senza alcun dubbio essergli accanto, sapeva quanto fosse insicuro, ma non poteva rischiare che la nonna peggiorasse, Rose infondo non aveva ricevuto notizie precise sul suo stato di salute, quindi Molly sarebbe potuta riversare in qualsiasi condizione al suo arrivo. Aveva perciò dato la priorità alla nonna, ma ciò che la commosse, appena prima che lui raggiungesse l’aula in cui si sarebbero svolti i suoi esami e lei salisse sull’Hogwarts Express, fu la comprensione di suo marito, non si era offeso per la sua scelta, anzi era convinto che in quei momenti il suo posto fosse altrove, a Londra accanto ai suoi genitori. Rose, dal canto suo, era sicura che Scorpius avrebbe accantonato l’ansia da prestazione e avrebbe riscoperto tutta la determinazione del Serpeverde, pur di soggiornare per altri due anni in quel Castello insieme a lei, fino al conseguimento del diploma.
La ragazza giunse al San Mungo con il fiato mozzato in gola, sperava quasi di non trovare nessuno di familiare, ciò avrebbe significato che nonna Molly stava già meglio e le avevano permesso di tornare alla Tana insieme ai suoi cari. Le preghiere di Rose però non vennero ascoltate, morirono nel suo cuore, quando riconobbe a distanza di pochi metri suo padre, seduto su una sedia a bordo corridoio; l’uomo teneva le braccia conserte accostate al petto, Rose, avvicinandosi di qualche passo, intravide le sue palpebre abbassate e suppose fosse in dormiveglia, era pressoché impossibile, anche per un dormiglione come lui, cadere in un sonno profondo in quella pozione alquanto scomoda. Le si strinse il cuore, la nuca di Ron, leggermente inclinata, era appoggiata al muro freddo e duro, quando Rose gli fu abbastanza vicino, gli posò dolcemente una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione.
«Papà»
Ron aprì gli occhi stanchi, quel tocco aveva accelerato i battiti nel petto, lungo quei pochi minuti di riposo si era dimenticato di essere in ospedale e temette che qualcuno gli stesse portando brutte notizie. Impiegò qualche istante prima di mettere a fuoco la figura della figlia e, nonostante non si trattasse di qualche medimago o guaritore, si spaventò, anzi la sua presenza fu per lui del tutto inaspettata.
«Rose! Cosa, miseriaccia, fai qui??»
Da parte della primogenita avrebbe potuto aspettarsi qualunque gesto, era imprevedibile e dalla mente di Ron non voleva proprio togliersi l’eventualità di una fuga dal Castello. La ragazza si sedette pacatamente accanto a lui, sperando di tranquillizzarlo, ma le iridi azzurre del padre erano fisse su di lei in cerca di una spiegazione plausibile.
«Calmati, papà, ci manca solo che ti venga un colpo al cuore per colpa mia. È stata mamma ad informarmi delle condizioni di salute della nonna»
«Cos’ha fatto tua madre?? Ero riuscito a tenere fuori la Gazzetta e non contenta ci pensa lei ad allarmarvi?? Le avevo chiesto di …»
«Lo so, me lo ha detto ed era consapevole di andare contro la tua volontà, ma, ti prego, non prendertela con lei, ha fatto solo ciò che riteneva giusto, odio vedervi litigare per causa mia»
Ron non promise nulla alla figlia, si limitò a sfregarsi gli occhi pesanti, come se al loro posto avesse un macigno.
«Da quanto non dormi?»
La situazione che Rose trovò a Londra non le piacque per niente; a quanto sembrava non era solo la salute della nonna ad essere preoccupante, il ricovero di quella donna aveva spezzato i ritmi già irregolari di suo padre, che, in assenza del poco riposo che gli era concesso dal lavoro, sentiva la fatica accentuata. Non era tra le intenzioni di Ron dare nuove preoccupazioni alla figlia, così indugiò a risponderle con sincerità.
«Non mi ricordo, tesoro, quando esco dal Ministero mi precipito qui»
«Così non sei d’aiuto alla nonna, crollerai presto. Papà, devi andare subito a casa e stenderti qualche ora, resto io con nonna Molly, fidati di me, non le faccio mancare nulla»
Ron le rivolse un mezzo sorriso, le era grato, ma Rose non avrebbe dovuto nemmeno essere lì e avrebbe scommesso ogni zellino del suo stipendio che sarebbe stato lui a finire nei guai se sua moglie avesse trovato la figlia al San Mungo.
«Tua madre è con Severus e Jean. I tuoi zii mi hanno già proposto di andare a casa, tu sei solo l’ultima della lista, ma ho declinato persino l’invito di tuo nonno. Nelle poche ore libere dal lavoro voglio starle accanto»
Rose non poté evitare di sentirsi in colpa, non sapeva con esattezza da quanti giorni sua nonna si trovasse in ospedale, era probabile che la madre avesse indugiato ad avvertirla, date le reticenze di suo padre; la ragazza ipotizzò che l’impegno che aveva lasciato loro nella cura dei suoi figli avesse reso ancora più gravoso il periodo che stavano vivendo.
«Sei il solito testone»
«Senti chi parla, se sei qui immagino tu abbia supplicato davanti alla preside un permesso eccezionale o, almeno, io me lo auguro, perché se scopro che sei uscita da quel Castello di nascosto rischi l’arresto, Rose Granger-Weasley»
 
~
 
Le mura della Villa per Draco erano diventate un macigno da quando aveva rivisto sua madre; il passato aveva ricominciato a martellare nella sua mente giorno e notte, offuscando quel poco di serenità che aveva riscoperto dopo la guarigione della moglie. Draco aveva gridato contro Narcissa tutto il suo disprezzo, era stato istintivo, era uno sfogo che serbava nel cuore da anni, aveva solo colto l’occasione che lei gli aveva presentato su un piatto d’argento.
All’uomo non importava che l’autunno fosse ormai prossimo e dalla finestra della camera da letto quella mattina entrasse aria troppo fredda. Il cielo si stava coprendo di nuvoloni tinti di un grigio tendente al nero petrolio; iniziava a scendere lentamente qualche goccia, Draco sapeva che presto si sarebbe scatenato uno degli ultimi acquazzoni estivi che avrebbe portato con sé grandine, avrebbe perciò dovuto, sulla base del suo intuito, chiudere le ante a vetro, ma non lo fece, il temporale non rientrava tra i suoi timori. Tra le gocce d’acqua che si facevano sempre più insistenti, un gufo dal maestoso piumaggio stava sfrecciando nella sua direzione; era un gufo reale, lo avrebbe riconosciuto tra centinaia di rapaci e la sua presenza gli aveva provocato un brivido lungo la schiena che non aveva nulla a che fare con l’indice di umidità di quella giornata. Attese che il gufo si appollaiasse sul davanzale per poter recuperare la busta inumidita dal suo becco. Non era mai stato così tanto diffidente nei confronti di sua madre come in quel momento, la comparsa di quel gufo, che in passato consegnava solo regali, gli infondeva un senso di irrequietezza. Si concentrò sulla busta, sperando che quel volatile sentendosi ignorato si dileguasse, era alla ricerca dell’antico sigillo dei Malfoy, a conferma che si trattasse proprio di lei, ma non lo trovò. A quanto sembrava a lui, era diventata una donna comune, aveva svestito gli abiti della nobile e si era dedicata ad una vita modesta, ma quella era solo l’apparenza e lui aveva imparato a fidarsi poco delle apparenze. Presupponeva gli avesse spedito una lettera carica dei più svariati alibi e scusanti, infondo aveva già iniziato ad elencargliene alcuni quando aveva avuto la malsana idea di bussare alla porta della Villa; Astoria gli avrebbe suggerito caldamente di leggerla, perché infondo tutti avevano diritto ad essere ascoltati. Non lo fece per la madre, ma conosceva sua moglie e lo avrebbe fatto sentire in colpa fino allo sfinimento se prima di leggere quelle parole avesse bruciato la lettera nel camino. Draco lasciò la finestra spalancata, ignorando che il vento stesse costellando le sue guance di qualche piccola goccia e estrasse il foglio un po’ ingiallito. Iniziò a leggere lentamente con mano tremante.
 

Figlio mio,

ti chiedo scusa se nell’arco di pochi giorni mi permetto di rubare nuovamente qualche minuto del tuo tempo, che, come hai giustamente sottolineato tu, è prezioso accanto alla tua famiglia. Non volevo renderti irrequieto con il mio ritorno, ma so di averlo fatto, il desiderio di rivederti è stato così grande nel mio cuore da non considerare le conseguenze. Penserai, nulla di strano, infondo quando mai ha pensato alle conseguenze del suo comportamento? Hai ragione, amore mio, hai tutte le ragioni di questo mondo, tu hai pagato le conseguenze dei miei errori, proprio tu che sei nato con un’anima candida. Draco, voglio che tu sappia che la tua anima è sempre stata integra e quella cicatrice che hai sul braccio non ha alcun significato, conta solo ciò che hai nel cuore, tu sei stato un mangiamorte inconsapevole, tuo padre non è mai riuscito a trasformarti del tutto in quel mostro.

 
Sapeva che non avrebbe mai dovuto aprire quella busta, avrebbe dovuto intuire che insieme ad essa avrebbe riaperto ferite non del tutto chiuse e che erano diventate cicatrici solo sulla pelle. Prese un profondo respiro, lasciando che l’aria fresca gli provocasse un leggero bruciore attraversando la laringe, si passò il dorso della mano sul viso per asciugarlo dalla pioggia e decise di allontanarsi dall’imposta, quando notò che qualche goccia stava iniziando a bagnare il foglio, mischiandosi a sbavature già presenti. Aveva pianto sua madre, mentre scriveva quelle parole? Non era certo di provare compassione per lei, avrebbe forse dovuto, eppure non gli stava toccando particolarmente il cuore; lo stava piuttosto irritando, non era sufficiente ammettere i propri errori con rammarico e dispiacere per cancellare il passato, lui lo sapeva bene.
 

Mi dispiace, forse è retorico dirtelo ora che hai quarant’anni, ma arrivo solo tardi, come sempre. Draco, io ho già perso tutto - famiglia, dignità -, ti sto parlando con il cuore in mano, sto mettendo a nudo quel poco di anima che è rimasta della donna che conoscevi, lo so, non era per nulla un granché, ma non ha smesso di pensare a come proteggerti fino in ultimo. Non sono riuscita a restare a Londra, è stato il mio ennesimo gesto egoista, come darti torto, ho lasciato che un ragazzo di diciassette anni elaborasse da solo la fine di quella guerra. Scusa. Non ti ho nemmeno chiesto come stavi, cos’hai provato quando hanno condannato tuo padre e nemmeno quando sei tornato in quella casa dopo che lì dentro erano stati consumati i peggiori delitti. Ma non da te, tu sei sempre stato tuo malgrado un inerme spettatore. Te lo chiedo ora, in ritardo di vent’anni, come stai? Sei forte, tesoro, hai una forza di volontà invidiabile per aver buttato il passato alle spalle e aver costruito un futuro splendente davanti a te. Sono orgogliosa dell’uomo che sei diventato, non so se grazie ad Astoria, ma io sono estremamente fiera di ciò che vedo.

 
Nemmeno Astoria era a conoscenza del dolore che aveva provato al termine di quella guerra, del senso di spaesamento che lo aveva attanagliato; fino a quel momento era appartenuto ad una delle famiglie più benestanti del Mondo Magico inglese, che fosse anche rispettabile per merito era discutibile; da un giorno all’altro, Draco, scagionato sulla carta ma non nell’anima, si era ritrovato a gestire da solo un’immensa eredità in termini di denaro e un’amara reputazione. Stava uno schifo e Astoria era stata l’unica ad accogliere quelle insicurezze senza che lui le esprimesse, non ne era stato capace. Si accomodò sul letto, ricordando la premura che aveva avuto anni prima nel sostituire tutti gli arredamenti di quella casa per offuscare i segni del passato.
 

È stata tua zia Andromeda a convincermi a tornare, lei non riusciva a capacitarsi come facessi a starti lontano pur sapendo che eri vivo, lei avrebbe venduto l’anima pur di riabbracciare sua figlia ed io sprecavo anni preziosi. Mia sorella è riuscita a mostrarmi la realtà da un’altra prospettiva, lei aveva perso quasi tutto e, per quanto mi sembrasse di essere nella medesima situazione, avevo ancora te. Ti starai chiedendo come una donna che a causa dell’Oscurità ha perso marito e figlia abbia potuto perdonare la mia vigliaccheria. Non lo so, Draco, davanti a lei non riuscivo a perdonarmi neppure io per non essere stata in grado di fermare in tempo la mano di Bellatrix, prima che potesse perdere la via del buon senso.

 
I toni con cui la madre si stava rivolgendo a lui iniziarono a sfiorarlo, ma non era sensibile abbastanza per cogliere i più profondi turbamenti dell’anima dietro quelle righe, gli unici indizi erano quelle parole a tratti sbavate e un’onestà inspiegabile che il cuore di Draco sembrava percepire nitida.
 

Draco, ero intenzionata a concederti del tempo per pensare e riflettere sulle mie parole, ma purtroppo non ne ho più la facoltà. C’è un motivo se tua moglie ha sconfitto quel male che la stava portando lentamente nella tomba, c’è un motivo anche se tuo padre è stato arrestato ed ora si trova nuovamente ad Azkaban. Aiutarti un’ultima volta per evitare che perdessi tutto ciò che con dolore sei riuscito a costruire con tua moglie era un mio dovere, speravo potesse saldare anni di mancanze. Avevo bussato un’ultima volta alla porta della Villa per salutarti, ho stretto un Voto Infrangibile e lo sai meglio di me, non si torna indietro. Nel patto che ho sancito con chi è riuscito a guarire Astoria c’era che io varcassi le porte di Azkaban, non sorprenderti se qualcuno non mi ritiene innocente, infondo tu per primo lo pensi, ma ciò che conta è che alcune vecchie conoscenze abbiano saputo aiutare te. Aver avuto la possibilità di denunciare tuo padre e consentire agli Auror di riportarlo in prigione è stata per me una grande soddisfazione. Potrai vivere serenamente d’ora in poi, l’unica cosa che mi rincresce di non poterti più dare è la serenità della tua infanzia e di tutti gli anni che ne sono seguiti. Spero che il tuo cuore possa finalmente trovare pace accanto alla donna che ami, sapendo di essere sempre stato nel giusto, non conta ciò che tuo padre voleva che fossi, conta che abbia miseramente fallito. Credo insieme a lui di aver fallito anch’io come madre, non so se per amore, ma sono certa di essermi accorta tardi di quanto Lucius avesse spinto la nostra famiglia nel baratro.

Figlio mio, ti scrivo oggi perché tra poco mi arresteranno per complicità, per tutte quelle accuse che Harry Potter era riuscito a togliermi da addosso, per le quali io non ho mai pagato e mi sono accorta che è l’unico modo per sentirmi più leggera davanti a te. Insieme a tuo padre sono condannata ai Dissennatori, ciò che spetta a coloro che hanno commesso crimini scellerati in guerra.

 
Le lacrime erano scese dagli occhi di Draco, prima di giungere al punto finale di quella lettera, non riuscì a contenerle nemmeno con le mani dopo aver scoperto il sacrificio che Narcissa aveva fatto per la sua famiglia e andarono a mischiarsi a quelle della madre, finendo di inondare quella carta. A Draco servì qualche istante per realizzare ciò che aveva appena letto, la mente impiegò qualche secondo in più rispetto al cuore - che Astoria aveva influenzato e aperto nel corso dei tanti anni di convivenza - per interpretare quelle parole.
 

Se mai ti venisse la remota voglia di versare qualche lacrima per me, non farlo, non lo merito, tu devi solo sorridere perché hai una splendida vita davanti a te. Spero che questo mio ultimo gesto possa cancellare le mancanze di una madre snaturata, colmare nel tuo cuore il vuoto che ho lasciato e possa farti scoprire la serenità che ti ho portato via non proteggendoti fin dalla più tenera età da tuo padre.

So che hai cresciuto un ragazzo meraviglioso, Scorpius racchiude in sé il meglio di te e il piccolo Garret non sarà da meno. Ti lascio, come in tutti questi anni, in ottime mani, Astoria ti ama ed è giusto che sia lei ad averti accanto, non io, sono certa che il mio sacrificio non sarà vano, con quello che avrei dovuto fare anni fa, dare la mia vita pur di salvare il tuo futuro, ma Astoria ha fatto la mia parte, lei continua a salvarti ogni giorno dal passato e ciò mi rincuora. Hai bisogno di lei ora, non di me, io ho perso l’occasione di essere una buona madre anni fa.

Ti aspetto per un ultimo saluto, prima che gli Auror mi portino via mi piacerebbe poterti rivedere, ma non voglio obbligarti.

 

La tua mamma, se vorrai che io lo sia ancora

 
La rabbia prese il posto della tristezza, accantonò quella lettera in un punto qualsiasi del copriletto e si alzò, quel materasso stava diventando troppo scomodo. Draco sapeva di avere poco tempo per prendere una decisione, iniziò a passeggiare per la stanza cercando di riscoprire lucidità, le ultime notizie lo avevano investito come una doccia fredda. Lo specchio scintillante sul comò gli restituiva l’immagine di un uomo che faticava a riconoscere: le guance erano bagnate, gli occhi erano lucidi e si stavano infiammando di una rinnovata collera verso quel destino così ingiusto. Con uno scatto d’ira diede un colpo netto ad un piccolo orologio antico - regalo di nozze da parte della suocera - che fungeva da soprammobile, rompendo nello schianto al suolo il vetro e fermando le lancette. Tentò di contenere nuovamente il dolore del dramma che stava vivendo, portandosi una mano sulle palpebre chiuse. Non riusciva a perderla dopo ciò che gli aveva rivelato; una parte di lui era sicura di poter sopravvivere alla perdita della madre, ma quella donna aveva impedito che la sua famiglia venisse distrutta, che lui perdesse sua moglie e suo figlio per sempre.
«Draco?»
La voce confusa di Astoria in prossimità della porta cercò di capire a cosa fosse dovuto il trambusto causato. Incontrare lo spaesamento negli occhi azzurri della sua compagna non diede la necessità di spiegare, senza parlare Astoria gli offrì l’incentivo per seguire i consigli che era certo lei gli avrebbe suggerito. Draco le sfiorò appena la spalla oltrepassandola sulla porta, ma era talmente di fretta che la donna non fece in tempo a domandare quale fosse la sua destinazione. Rimasta sola nella stanza, lo sguardo di Astoria si posò su ciò che era rimasto dell’orologio, comprendendo finalmente il motivo di quel frastuono, ed infine su quella lettera che si apprestò a leggere per capire il motivo della reazione di suo marito.
 
~
 
Harry ed Hermione si erano ripromessi, dopo l’evasione di Lucius Malfoy, di rinforzare le difese di Azkaban, affinché a nessun altro delinquente venisse data la possibilità di commettere nuovi crimini. I due ne stavano discutendo ormai da ore e non riuscivano a venirne a capo, la mente veniva frequentemente catturata da altri pensieri senza arrivare ad alcun progresso spendibile nella pratica. Difficilmente Hermione riusciva a nascondere le sue preoccupazioni, tanto meno al cognato; faceva scorrere la fede tra le falangi come se fosse il migliore antistress e perdeva lo sguardo assente sulle planimetrie della prigione. Avevano cercato di capire come Malfoy fosse riuscito ad eludere ogni dispositivo di sicurezza, ma nell’architettura non avevano trovato alcuna falla; l’unico provvedimento che rimase loro da prendere fu quello di assicurarsi che Lucius non facesse più del male a qualcuno. Non era facile per Hermione rivivere nella memoria le torture che pochi mesi prima aveva ricevuto da quell’uomo; tra una pena certa, però, e il Bacio del Dissennatore c’era una grande differenza e come se non bastasse, anche Narcissa Black in Malfoy aveva scelto lo stesso destino, pur di non vivere il resto della vita in prigione accanto a quell’uomo e tra quelle mura. Harry le era accanto, aveva avvicinato la sedia alla poltrona dietro la scrivania che di norma spettava al Ministro e scrutava le reazioni della cognata, iniziava a credere che un po’ di riposo, anche a causa del difficile periodo che stavano vivendo in famiglia, avrebbe giovato ad entrambi.
«Hermione. Possiamo rimandare a domani, se sei stanca»
Il tono comprensivo del migliore amico aveva bloccato i pensieri e il maneggiare compulsivo della sua fede; Harry aveva capito quanto fosse distratta, ciò la imbarazzò, non era solita perdere la concentrazione sul lavoro, così per nascondere la sua mancanza di professionalità si schiarì la voce e tentò un mesto sorriso.
«Non sono stanca, è importante apportare modifiche alla prigione, è nostro compito garantire la sicurezza e possibilmente senza arrivare al punto di ordinare l’intervento dei Dissennatori»
Il Ministro aveva dato voce ad uno dei pensieri che vagava nella mente di Harry da quando erano riusciti ad assicurare Lucius Malfoy alla giustizia; il Capo del Dipartimento degli Auror non era riuscito a pensare ad un destino migliore per un delinquente recidivo, anche se ciò equivaleva ad una pena di morte.
«Allora ho sbagliato, Ministro, sei preoccupata, non stanca. Pensi forse di dare un ordine esagerato, non in proporzione ai crimini che ha commesso? Hermione, se te lo fossi dimenticato, e temo che il tuo buon cuore lo stia facendo, ti ha torturata mesi fa proprio qui al Ministero senza alcuno scrupolo, se Rose non fosse arrivata in tempo dubito fortemente che saremmo qui a parlarne. Quindi, mi dispiace, ma preferisco assistere al Bacio dei Dissennatori su di lui, piuttosto che al tuo funerale. Se lo lasciamo in vita senza essere certi che sia innocuo, non si fermerà finché avrà raggiunto il suo scopo, è questo che vuoi, rischiare che Ron ti perda?»
Non era un caso che Hermione si stesse prodigando per un’alternativa a quelle misure eccessive; lei non era Lucius, non voleva alcuna anima sulla coscienza, poco importava che fosse pentita o meno.
«Harry, per favore, piantonalo con una guardia giorno e notte, fai quello che vuoi, vanno bene anche i lavori forzati pur di tenerlo impegnato, ma i Dissenatori no … non più, non siamo come loro. Non voglio nemmeno che Narcissa subisca quella condanna, so che lo ha fatto per salvare Draco, ma ha avuto un ruolo decisivo nella nostra vittoria e noi non possiamo dimenticarlo, dobbiamo tener fede alla nostra gratitudine. Spetta a noi la scelta sulla loro vita e abbiamo una responsabilità enorme»
La determinazione dell’Auror affievolì nell’esatto istante in cui l’amica nominò quella donna, era d’accordo con lei riguardo a Narcissa, ma non sapeva come aiutarla, si era messa nei guai da sola, vanificando tutte le deposizioni a suo favore che Harry aveva fatto dopo la fine della guerra.
«Non ho abbastanza Auror fidàti per piantonare costantemente Lucius e di certo non affido un compito del genere ad un novellino. Non so come aiutare Narcissa, non so sciogliere un Voto Infrangibile, si è condannata da sola ad Azkaban e mi ha espressamente chiesto di non farle sopportare i suoi ultimi anni tra quelle mura, quindi o la pena di morte o i Dissennatori»
Vide Hermione combattuta, nemmeno lei sapeva cosa fare, sapeva solo di avere, a fianco dei documenti sulla prigione, anche un mandato di arresto e due condanne che attendevano solo la sua sottoscrizione. Il Ministro avvicinò l’ordine di arresto, suo cognato aveva ragione, se loro non l’avessero arrestata, dopo essersi autodenunciata, sarebbe comunque andata incontro ad un destino terribile per il mancato rispetto del Voto Infrangibile. Il Capo degli Auror le aveva reso quel compito più semplice apponendo precedentemente la sua firma.
«Harry, mi devi promettere che troveremo un’alternativa ai Dissennatori per Lucius e renderemo per Narcissa il suo soggiorno ad Azakaban il più vivibile possibile»
«Hermione …»
Si era rinfilata velocemente la fede solo per liberare la mano e posarla supplichevole su quella del cognato.
«Harry, ti prego, non voglio averli sulla coscienza»
Non era sempre così semplice lavorare alle dipendenze della sua migliore amica; lui per lei era molto più di un sottoposto, era un consigliere fidato e difficilmente prendeva qualche decisione senza averlo prima consultato; in quel momento però cercava un’approvazione da parte dell’amico, tentava quasi di strappargli una promessa e la rassicurazione che una sua firma non avrebbe fatto precipitare in futuro le condizioni dei coniugi Malfoy, indipendentemente dalla gravità dei crimini commessi.
«Va bene, dammi solo l’autorizzazione per arrestare Narcissa, al resto pensiamo dopo. Cerco per quella donna una cella abbastanza lontano da Lucius, per lei al momento non posso fare di più, se il Ministro non me lo concede»
Le aveva sollevato un peso dal cuore; Hermione firmò quel documento con uno spirito più leggero e ignorò i fogli che avrebbero autorizzato l’ingresso ad Azkaban dei Dissennatori, dopo anni che non se ne vedeva nemmeno l’ombra. Harry si alzò dalla sedia, recuperando l’ordine di incarcerazione, aveva percepito che quella riunione fosse finita.
«Harry, sono anche un po’ preoccupata per nostra suocera, l’ho sempre vista con una salute di ferro e assistere al suo crollo mi spaventa un po’, lei è una colonna portante per la famiglia. Tu non sei preoccupato? Sono io ad essere troppo apprensiva, vero?»
L’Auror decise di rimandare di qualche minuto l’arresto di quella donna, tanto il suo destino era segnato in quel luogo desolato, che lo volessero oppure no.
«Sono in pena anch’io per lei, ma non per la gravità delle condizioni di Molly, l’ho vista proprio ieri e l’ho trovata bene, penso solo che stia invecchiando più velocemente di quanto pensassi e lei per me è molto più di una suocera, per me è … una madre, da ancor prima che sposassi sua figlia»
«Ricordo ancora quando tu e Ginny le annunciaste il matrimonio, non credo di averla mai vista così felice»
Le iridi lucide di Harry brillarono oltre le lenti degli occhiali e appena sotto l’uomo elargì un sorriso commosso. Hermione si rese conto tardi di averlo angustiato e distolto dal suo lavoro, così cercò di recuperare e di distendere la tensione che lei aveva creato.
«Tornerà presto a casa, è questione di qualche controllo e sarà più forte di prima, abbiamo bisogno di lei e Molly lo sa bene, quindi la rivedremo prestissimo correre da una stanza all’altra della Tana. Mi lascia più in pensiero Ron, onestamente, non ha preso bene il suo ricovero fin dall’inizio e non riposa da giorni, finirà per ammalarsi sul serio, il suo fisico sta subendo troppa pressione»
«Mi stai dicendo che ogni volta che esce dal Ministero corre al San Mungo, senza prendersi qualche minuto di pausa?»
Hermione affermò con un cenno rassegnato, le aveva provate tutte per far capire al marito che stava mettendo a dura prova anche la sua salute e con essa la sua famiglia, già emotivamente colpita.
«Non lo vedo più a casa da giorni, per incontrarlo o parlare con lui fuori dal lavoro devo raggiungerlo in ospedale»
«Hermione, senti, vai da Ron, convincilo a recuperare qualche ora di sonno. Minaccialo se necessario, non hai bisogno che ti dica io quanto possa essere testardo, digli che lo licenziamo se non ti dà retta»
L’amica gli sorrise grata per il suggerimento e si apprestò ad uscire dal suo ufficio per raggiungere il marito.
Quando arrivò al San Mungo, cercò Ron nell’esatto punto in cui era solito rifugiarsi con la certezza di essere accanto alla madre in caso di necessità. Hermione, una volta imboccato il corridoio del piano, iniziò ad intravedere da lontano che l’uomo era in compagnia; solo più da vicino riconobbe Rose appisolata sulla spalla del padre e Ron appoggiato a lei altrettanto nel mondo dei sogni, entrambi erano coperti dalla giacca della divisa dell’Auror, anzi ad Hermione parve che alla ragazza fosse stato riservato qualche lembo di stoffa in più. Stranamente suo marito non stava russando, la presenza della figlia lo rilassava, Hermione era quasi tentata di non disturbarli, entrambi necessitavano di ricevere un po’ di affetto l’uno dall’altra; una domanda però sorse spontanea alla donna: perché Rose era lì? Decise di trattenere la rabbia che le era salita a tal proposito, era stanca delle trasgressioni di Rose, non riusciva a tenere fede nemmeno ad una scelta da lei stessa presa, ma optò per una linea più diplomatica, almeno momentaneamente, svegliandola dolcemente.
«Rose. Tesoro»
Il risveglio della ragazza fu lento, non realizzò subito chi la stesse chiamando, intuì la familiarità della voce solo dopo che anche suo padre si fosse ridestato dal sonno, che stavolta, grazie alla vicinanza della figlia, era stato profondo e tranquillo.
«Hermione. Hai terminato prima al lavoro? Me lo avevi detto? Non ricordo»
«La domanda giusta è un’altra, Ronald. Perché nostra figlia si trova qui, invece di essere ad Hogwarts?»
«Mamma, papà non c’entra nulla, è colpa mia, è stata una mia iniziativa chiedere alla Preside un permesso, è stata anche per lui una sorpresa vedermi qui»
«Non avevo intenzione di arrabbiarmi con tuo padre, è già abbastanza provato in questi giorni, ma con te sì, signorina. Hai una spiegazione valida? Ti ricordo che sono il Ministro della Magia, nel caso te lo fossi nuovamente dimenticato, quindi fossi in te pondererei bene le parole»
La donna aveva alzato la voce, riscoprendo tutta la sua autorità di madre e di alta carica del Mondo Magico; aveva persino ignorato la reazione contrariata del marito, il quale aveva recuperato la divisa e portandosi le mani vicino alle orecchie le fece capire che stava esagerando.
«Hermione, mi dispiace intromettermi in quella che sono certo sarà una dimostrazione molto istruttiva su come si debba comportare un ottimo genitore, ma siamo in un ospedale, se non te ne fossi accorta non è il luogo adatto per ramanzine e mi sta scoppiando la testa, ti prego, non urlare»
«Non stavo parlando con te, mi sembrava di essere stata chiara»
«Hermione, dai, Rose voleva solo avere notizie di sua nonna, non ha fatto nulla di male, cerca di essere clemente per una volta. E poi indovina di chi è la colpa, sei stata tu ad informarla e l’hai allarmata, prova a metterti nei suoi panni. Ti avevo espressamente chiesto di aspettare. Pare che conosca Rose meglio di te di questi tempi»
Rimase male davanti alle molteplici provazioni del marito, ma non era sprovvista di orgoglio, anzi aveva come sempre il modo di contraccambiare, benché fosse consapevole della stanchezza dell’uomo.
«Ma davvero? Consentimi di dubitarne, visto che sei un padre dalle larghe vedute»
Anni di contrasti per le scelte che Rose aveva compiuto avevano acceso in lei un sarcasmo fuori luogo su quei temi che restavano delicati nella storia della loro famiglia.
«Non riesci proprio ad ammettere quando hai torto, vero? Peccato che io lo abbia fatto a tempo debito, quindi è inutile puntualizzare i miei errori»
Stava ribattendo a tono, ricordandogli che non avrebbe dovuto permettersi di sminuire la sua autorità davanti alla figlia approvando il comportamento incosciente di quella mattina, ma le frasi le morirono in gola, si accorse tardi di averlo ingiustamente offeso e attaccato in quel frangente. Hermione seguì in silenzio i gesti del marito, mentre indossava la sua divisa e con attenzione la abbottonava, cercando di darsi una parvenza di compostezza; persino le scuse, che sarebbe stata buona cosa rivolgergli, rimasero incastrate nelle corde vocali, nel novero delle parole che davanti a lui non riusciva quasi mai a pronunciare e ad ammettere.
«Vado a vedere come sta mia madre, così puoi ricordare senza intromissioni a Rose quanto abbia sbagliato a venire qui, tanto con me hai terminato»
Ron lanciò uno sguardo complice alla figlia prima di allontanarsi e lei, mentre seguiva i passi pesanti del padre, non poté fare a meno di riflettere ad alta voce sull’atteggiamento duro della madre.
«Accidenti, Scorpius ha ragione, ti somiglio davvero»
«Come?»
«Niente. Mamma, hai esagerato, papà è stanco e stressato, non pensa ciò che ti ha detto e nemmeno tu, ne sono sicura»
«Lo so, tesoro, ero venuta proprio perché la sua salute iniziava a preoccuparmi, stai tranquilla, è stata solo una piccola discussione che abbiamo già entrambi dimenticato. Rose, sono contenta di vederti, ma ciò non toglie che tu non debba essere qui, quindi saluti la nonna e come sei arrivata con il beneplacito della McGranitt, torni subito ad Hogwarts, intesi?»
La ragazza fu accondiscendente, odiava vederla infuriata e temeva che in quello stato di alterazione a suo padre toccasse un secondo round una volta tornati a casa. Si avviò verso la stanza di Molly, esattamente dove poco prima era entrato suo padre; si affacciò un po’ triste al solo pensiero di dover lasciare la nonna tra quelle mura asettiche, ma tutto sommato non poteva nemmeno negare quanto si fosse ripresa bene da quel malessere.
«Nonna. Devo andare»
Molly con un grande sorriso allungò la mano verso la nipote, invitandola ad avvicinarsi; Rose non indugiò e quando le fu accanto, la strinse forte in un abbraccio, sussurrandole all’orecchio.
«Nonna, convinci papà ad andare un po’ a casa, ha bisogno di riposo. Posso contare su di te? Mi garantisci che si riuscirai? Tornerei al Castello più serena»
«Ci penso io, tesoro, non ricordo una singola volta in cui tuo padre abbia osato disubbidirmi»
«Guardate che vi sento, sono proprio qui. State organizzando qualche congiura contro di me per colpirmi alle spalle quando meno me lo aspetto? Ti prego, Rose, c’è già tua madre per quello»
Senza troppi convenevoli, Molly indicò al figlio la porta con una tale severità da fargli provare lungo la schiena gli stessi brividi che avvertiva quando da bambino si trovava nelle medesime circostanze.
«Fila immediatamente a casa, Ronald!»
«Possiamo stare tranquilli, tua nonna si è ripresa completamente, è irritante come sempre»
Le due donne sorrisero divertite, mentre negli occhi di Ron si leggeva solo terrore.
 
~
 
Harry era tornato nel suo ufficio dopo aver scortato personalmente Narcissa ad Azkaban, voleva assicurarsi che quella donna, per quanto possibile, non patisse le medesime condanne degli altri detenuti in attesa della decisione definitiva di Hermione. L’Auror riuscì ad essere poco produttivo quel giorno; nemmeno lui gradiva avere sulla coscienza vite umane spezzate, ma si rendeva conto che quello faceva semplicemente parte del suo contratto di lavoro, che gli piacesse oppure no, la maggior parte delle anime condannate a vita in prigione avevano scelto volontariamente di perdere la retta via. Diverso era il caso di Narcissa, lei era stata scagionata senza troppe conseguenze, ma ora aveva messo Harry in seria difficoltà, era nelle condizioni di non poterla più aiutare e di soffrire per questa impotenza. Lo stava facendo per suo figlio, glielo aveva ripetuto mentre la accompagnava ad Azkaban e così per l’Auror diventò ancora più doloroso: Narcissa non aveva solo contribuito a salvare il Mondo Magico dal Signore Oscuro, lei aveva sacrificato se stessa per restituire al figlio la sua unica fonte di gioia. Era contento che Hermione avesse indugiato sui Dissennatori, con che coraggio avrebbe lasciato l’anima di quella donna in balìa di quelle creature? Stava pensando ad una soluzione più consona alla loro morale, quando il telefono dell’ufficio iniziò a squillare, disturbandolo.
«Pronto. Quartier Generale degli Auror. Chi parla?»
Rispose con indifferenza, non gli importava molto di chi lo stesse cercando.
«Grazie dell’informazione, ma sono ancora abbastanza lucida per sapere quale numero io abbia composto»
All’udire la voce provocatoria della moglie, gli sfuggì un sorriso stanco; si stropicciò le palpebre sotto gli occhiali e sistemò subito dopo meglio la montatura sul naso cercando di darsi un contegno.
«Ginny, a cosa devo la chiamata?»
«Non posso semplicemente telefonare per sentire mio marito?»
Harry finse di riflettere sulla risposta, anche se per lui era piuttosto scontata.
«Non chiami mai solo per sentirmi»
«Hai ragione, i ragazzi non sono a casa ed io mi sento sola quando ho il giorno libero dal lavoro. Il malessere di mia madre mi ha resa irrequieta e speravo che sentirti mi avrebbe fatta sentire meglio»
«Ora ha più senso la tua chiamata»
«Tu come stai? Ti sento giù, è successo qualcosa?»
«Uno schifo, grazie, proprio uno schifo»
La donna rimase qualche istante in silenzio, aspettando che lui le fornisse anche il motivo della sua demoralizzazione.
«Ginny, ci sei ancora?»
«Sì, ma non capisco cosa ti faccia stare così male»
Come avrebbe fatto in poche parole a spiegarle tutto ciò che aveva nel cuore? Così decise di sfruttare la disponibilità della moglie per ricevere qualche consiglio.
«Tesoro, senti, se tu dovessi preferire tra una pena certa e irreversibile, piuttosto di una temporanea che potrebbe un giorno avere conseguenze negative su chi ami, cosa sceglieresti?»
«Chi devi condannare, Harry? Ho bisogno di sapere di chi stiamo parlando per poterti rispondere»
Indugiò a rivelarle i dettagli, non voleva coinvolgerla in quei labirintici problemi.
«Amore, meno sai e meglio stai. Rispondi d’istinto»
«Harry, se vuoi che ti dica davvero la mia, so cosa sceglierai tu, non condanneresti mai nessuno a morte, anche il più sporco dei criminali, cercheresti alternative per assicurarlo alla giustizia. Sì, forse saresti un po’ incosciente, gli daresti la possibilità in futuro di agire ancora, ma se il tuo cuore è puro e ingenuo si può fare poco per cambiarlo»
Rimase ad ascoltarla quasi ammaliato per l’abilità con cui sapeva leggergli dentro; era certo che sua moglie avesse intuito da sola di quali persone stesse parlando.
«Lo sai che ti amo, vero, Ginny?»
«Forse, di questo sono meno sicura»
La sentì accennare un sorriso dall’altra parte della cornetta, appena prima che la sua porta venisse spalancata con irruenza e la loro privacy venisse violata senza alcun preavviso.
«Tesoro, devo andare, ci vediamo stasera»
Riattaccò nell’esatto istante in cui Draco iniziasse ad urlargli contro sconvolto.
«FERMALI!»
Harry sapeva a cosa si stesse riferendo ed era dispiaciuto almeno tanto quanto lui, ma cercò di essere il più pacato tra i due, anche se nel cuore un uragano si stava impossessando dell’Auror.
«C’è di mezzo un Voto Infrangibile, su cui io non ho alcun potere. Non posso più fare niente, ha scelto il suo destino. Non vuole che le vengano risparmiati i Dissennatori, dice di non riuscire a sopportare Azkaban a vita … desidera che la sua anima si perda»
«Voglio vederla, mi ha sentito?!»
Harry non sapeva cosa fare per aiutarlo, significava lottare contro le ultime volontà di una donna che si era condannata da sola per aiutare suo figlio e chiedeva che le pene della sua condanna venissero alleviate. Harry poteva solo presupporre che volesse essere privata dei ricordi felici per non vivere il tormento dei rimpianti di una vita e la vista del marito nelle celle di Azkaban.
«Potter! Ne ho tutto il diritto, sono suo figlio!»
Draco era totalmente fuori di sé, aveva estratto la bacchetta senza sapere con precisione contro chi avrebbe dovuto puntarla per ottenere la salvezza di sua madre.
«Draco, mettila via, non serve alcun duello. Ti accompagno ad Azkaban, così le parli tu e provi a convincerla a dimenticare i Dissennatori, d’accordo?»
Harry non aveva temuto neppure per un istante per la sua incolumità, non si era nemmeno sognato di estrarre a sua volta la bacchetta per difendersi da un eventuale attacco; era rimasto accomodato sulla sedia e cercava addolorato di farlo ragionare. L’uomo per tutta risposta si sedette davanti all’Auror, lanciando svogliatamente la sua unica arma sulla scrivania, rassegnato.
«Sei più calmo, ora? Che ne dici, troviamo una soluzione insieme?»
Narcissa chiedeva lo stesso trattamento di Lucius, ma se Harry dubitava che fosse eccessivo per quell’uomo, lo era ancora di più per le colpe di lei, Hermione e Ginny gli avevano aperto gli occhi.
 
~
 
Gli esami di Scorpius erano iniziati e terminati in solitudine, Rose non era al suo fianco e onestamente, se fosse stato libero da impegni accademici, a quell’ora sarebbe stato accanto a lei a Londra. Si era ritirato in biblioteca in cerca delle risposte ai suoi G.U.F.O, voleva verificare che non avesse commesso qualche errore, ma la sua mente era proiettata altrove, dove sapeva che sua moglie era diretta; restava in attesa che Rose gli desse notizie e nell’attesa lui fremeva, forse impercettibilmente, ma desiderava solo che nella sua famiglia venisse riscoperta un po’ di serenità. Era alla ricerca di alcuni libri del quinto anno, quando passi felpati si avvicinarono alle sue spalle.
«Scorpius, posso esserti utile?»
Aveva riconosciuto la voce sussurrata del cognato e il primo pensiero di Scorpius fu per eventuali novità da Londra.
«Hugo, hai notizie di tua sorella?»
«No, nessuna, ma immagino che a quest’ora sia al San Mungo. Avrei bisogno di parlarti, ti disturbo?»
Hugo si accomodò appoggiando i suoi libri su un tavolo lì accanto e sperò che il cognato facesse lo stesso. Negli ultimi anni il rapporto tra i due ragazzi era inevitabilmente mutato, il giovane Weasley aveva accettato le scelte della sorella, ciò che in fondo contava più di ogni altra cosa era la sua felicità. Nonostante il loro legame fosse cambiato grazie al matrimonio e alla nascita dei gemelli, Scorpius non ricordava che tra loro ci fosse un livello di conoscenza tale che potesse stimolare confidenze. Accolse la richiesta del ragazzo con un po’ di timore, discostando l’attenzione dai suoi G.U.F.O.
«Scusa se ti ho interrotto, se non hai tempo possiamo rimandare, non è urgente e tu hai i tuoi impegni»
«Hugo, il problema non è il tempo. Se hai bisogno, sono qui»
Il cognato indugiò, benché dall’altra parte gli venisse mostrata la più completa disponibilità.
«Riguarda tua nonna, sei preoccupato? Come ho detto anche a Rose, non pensiamo al peggio, mia suocera non ha parlato di una situazione grave»
«Mi dispiace, mia sorella è partita proprio quando avevi più bisogno di lei per gli esami. Non riguarda però mia nonna ciò che mi preoccupa»
Scorpius non voleva sminuire la condizione dell’anziana signora Weasley e nemmeno pretendere la presenza della moglie al suo fianco, se aveva ritenuto fosse giusto partire dando voce alla sua preoccupazione non stava di certo voltando in qualche modo le spalle a lui.
«Scorpius, tu sei l’unico che non faccia direttamente parte della mia famiglia, ma che la conosca abbastanza per darmi un consiglio»
«Certo. Per famiglia intendi i tuoi genitori?»
«Sì … in particolare mio padre»
«Ti capisco, mio suocero spaventa anche me»
La risata del cognato gli fece intuire di aver parlato troppo, stava in fondo parlando con il figlio di quell’uomo e temeva di averlo offeso.
«Scusa, non fraintendermi, è un bravissimo uomo, è solo un po’ … diffidente, a volte»
«Esatto, mamma gli dice sempre che ‘non riesce a vedere oltre il suo naso’»
«Me ne sono accorto, il mio cognome era peggio dei Dissennatori per lui. Però ho notato un discreto cambiamento in lui negli ultimi anni. Hugo, non riesco a capire di cosa tu abbia paura»
La voce di Scorpius era diventata profonda, in sintonia con l’espressione grave del cognato. Quel ragazzo non sembrava aver cominciato nel migliore dei modi il quarto anno in quella Scuola e le ipotesi che frullavano nella testa di Malfoy furono molteplici; Scorpius provò a ricordare quali fossero i problemi che lui aveva incontrato al suo quarto anno: discipline, professori, compagni … Rose.
«Aspetta. Ti sei per caso innamorato? Dopo Albus ci mancavi proprio tu. E dimmi, anche la tua amata è una babbana o magari come tua sorella ti sei innamorato di una Serpeverde appartenente ad una famiglia poco raccomandabile? Solo, Hugo, tu e tuo cugino pensate che io abbia chissà quali esperienze in campo amoroso, quando in realtà Rose è la mia prima relazione seria»
Le guance di Hugo stavano divampando, il cognato ipotizzava con entusiasmo che anche lui potesse aver incontrato la sua anima gemella e quella che gli stava per dare fosse una notizia piacevole.
«Perché, hai avuto relazioni meno importanti prima di Rose?»
«Qualche cotta, ma nulla di rilevante»
«Mia sorella lo sa?»
«Non credo, ma erano talmente irrilevanti che … Hugo, stavamo parlando di te, non cambiare discorso, cosa ti preoccupa?»
Stava sviando la questione, solo perché era intimidito e sapeva che solo Scorpius avrebbe potuto aiutarlo a fare chiarezza nel suo cuore e nella sua mente che era affollata ormai da tempo da troppi pensieri, le prospettive che lo assillavano erano una più terribile dell’altra.
«Hai centrato il problema, ma non mi sono innamorato, o almeno non ancora. Ci sono tante ragazze carine ad Hogwarts»
Aveva lanciato un’occhiata a Scorpius in cerca di consenso, ma lui aveva alzato le mani.
«Me lo stai chiedendo? Non posso esprimermi, tua sorella mi fulminerebbe dall’altra parte del paese. E poi ho da tempo occhi solo per Rose, sinceramente non ci ho fatto molto caso»
Hugo sorrise davanti alla dichiarazione d’amore del cognato, non riusciva a capire come suo padre non avesse compreso fin da subito quanto quel ragazzo tenesse a Rose, avrebbe sicuramente evitato di ostacolarli e di spingerli a compiere gesti irrazionali pur di sfuggire alle sue limitazioni. Avrebbe tanto desiderato anche lui incontrare un amore così incondizionato, ma, come il passato gli aveva insegnato, non era certo che suo padre non lo avrebbe ostacolato, anzi sicuramente avrebbe faticato per un lungo tempo a comprenderlo, prima di accettarlo.
«Beh, te lo dico io, alcune sono veramente molto graziose e le vedo praticamente tutti i giorni in Sala Comune o in Sala Grande»
«Credo di aver capito. Non sai come approcciarti a loro e vuoi una piccola spinta? Tra me e Rose è avvenuto tutto molto naturalmente e pensa che apparteniamo a due Case differenti, quindi se mi dici che loro sono Grifondoro dovrebbe essere tutto molto più semplice. Non capisco però cosa c’entri tuo padre in tutto questo, temi rimanga deluso perché non sai rimorchiare una ragazza?»
Lasciò che Scorpius si perdesse con emozione nei suoi ricordi, fino a che citò il problema che riguardava più direttamente Hugo, anche se per Scorpius sembrava una prospettiva assurda.
«Esatto … ma non come la intendi tu, figurati, papà è il primo ad essere un disastro con le donne»
Hugo abbassò ancora di più la voce, per evitare che intorno a loro qualcuno lo sentisse, ma in fondo si trovavano in una biblioteca dove un tono moderato era caldamente richiesto.
«Pensa che è stata la mamma a muovere il primo passo»
«Davvero??»
Scorpius rimase incredulo, iniziava a pensare che Ron fosse invidioso dell’audacia del genero.
«Sì, ma non dirgli che te l’ho detto, non ne va fiero»
Scorpius trattenne a malapena le risate, gli sembrava poco rispettoso nei confronti del suocero.
«Hugo, per favore, io non ho fretta, ma potremmo arrivare a ciò che non ti dà pace? Continui a tergiversare»
«Hai ragione. Tutto questo per dirti che a me non importa nulla delle ragazze che girano per il Castello, ho quattordici anni, avverto che tra quella decina di ragazze potrebbe essercene qualcuna con cui mi piacerebbe trascorrere del tempo, ma solo per simpatia. E non ti nascondo nemmeno che qualcuna abbia provato a mostrare interesse nei miei confronti, ma mi ha lasciato impassibile»
Scorpius rifletté attentamente su quelle parole, non era certo di aver del tutto afferrato, ma aveva già un paio di ipotesi.
«Hugo, è probabile che tu sia nella cerchia di quei ragazzi che preferisce dare spazio al sentimento, piuttosto che all’attrazione fisica. Ti confesso che con Rose è nata prima l’attrazione e solo successivamente il sentimento, è l’unica esperienza che posso riportarti. Devi solo trovare la ragazza che smuova in te un’emozione»
«Dici? E se non sarà una ragazza a smuoverlo? Scorpius, io ho paura di come la mia famiglia potrebbe prendere se un giorno dicessi a mio papà e mia mamma di essermi innamorato, ma che non ci saranno banchetti nuziali o nipotini, almeno non come credono loro»
Scorpius iniziava a credere che ciò che lui e Rose avevano vissuto in giovane età lo avesse destabilizzato; sembrava che Hugo stesse prendendo loro come esempio, aveva quasi la percezione di essere in ritardo in confronto alla sorella, forse non lo avvertiva consciamente, ma si stava sicuramente sentendo in difetto in quel campo.
«Hugo, hai quattordici anni, hai tempo per fare chiarezza nel tuo cuore e per costruire il tuo futuro, ora mi sembra un po’ prematuro ipotizzare. Non pensare a me e a Rose, io e lei abbiamo combinato casini colossali per arrivare a questo punto a soli sedici anni»
«Penso solo alla reazione che potrebbe avere mio padre»
Scorpius si avvicinò a lui e sussurrò, cercando di mostrare sicurezza; non era esperto e tanto meno si sentiva preparato per affrontare con lui discorsi così importanti e profondi, ma era certo che Hugo necessitasse di tempo, tranquillità e di qualcuno che lo potesse aiutare meglio di lui. L’unica cosa che poteva fare per il cognato era infondergli un po’ di fiducia che in quel periodo sembrava venirgli a mancare; gli posò con determinazione una mano sul braccio per ridestare il suo sguardo assente e preoccupato.
«Ehi, se ha accettato un Serpeverde come me, come potrebbe non accettare ciò che sei?»
«C’è una grande differenza tra essere Serpeverde e essere omosessuali, ammesso che io lo sia»
«Hai ragione, essere Serpeverde è molto peggio, è una catastrofe, è una macchia da cui non ci si libera più. Vogliamo poi parlare del fatto che sono anche un Malfoy, quindi figlio di un ex mangiamorte e nipote di un mangiamorte mai pentito? Hai idea di ciò che si dice tra queste mura sul mio conto o sul conto di tua sorella? Ritengono Rose responsabile di aver proseguito la dinastia di quella brutta feccia dei Malfoy. Questa è la vera condanna, non essere gay e, credimi, questo lo sa anche tuo padre, forse lo ha accettato per quieto vivere, forse pensa addirittura di esserne convinto, ma so che in una piccola parte del suo cuore rimane del rancore verso la mia famiglia … ma non verso te, non hai alcuna colpa. Devi parlare dei dubbi che hai ai tuoi genitori, purtroppo io non so aiutarti di più, ma forse loro riusciranno a chiarire ciò che provi, sicuramente meglio di me»
Hugo prese seriamente in considerazione le parole del cognato, anzi aveva ricevuto da lui parole rassicuranti e non era sicuro che quella conversazione avrebbe giovato così tanto al suo umore.
«Sarai un bravo papà per i miei nipoti, ne sono sicuro»
Riuscì a prenderlo alla sprovvista, allentò la presa sull’avambraccio di Hugo, gli aveva fatto tornare in mente quanto gli mancassero già i suoi bambini a neanche un mese dalla partenza.
«È quello che spero, magari tra qualche anno, quando saranno più grandi, ora posso solo limitarmi a qualche coccola»
 
 

Continua …

 

Ciao ragazzi!
 
Sto sviluppando ogni singola prospettiva in questa storia, cercando di dare profondità alla maggior parte dei personaggi che cito, spero che questo non annoi o appesantisca troppo la trama.
Vi ringrazio come sempre immensamente per seguirmi nonostante la lunghezza di questa storia <3
Con la speranza che stiate tutti bene, vi mando un grande abbraccio!
 
Alla prossima!
-Vale
   
 
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