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Autore: Valerie    05/04/2020    5 recensioni
Susan Sanders ha undici anni, un padre molto impegnato, forse troppo, un affascinante fratello più grande alle prese con una cotta adolescenziale, le farfalle nello stomaco, la prospettiva di un inizio importante nella tanto famigerata Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e tutta una vita davanti.
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Pronta per un nuovo viaggio, ho deciso di accompagnare Susan in questo percorso così importante per lei.
Sarà una strada lunga, a tratti faticosa, ma anche tanto emozionante e ricca di eventi, imprevisti piacevoli e non.
Spero che alcuni di voi vorranno intraprendere questo cammino insieme a noi.
_Valérie_
Genere: Azione, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cedric Diggory, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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GROWTH


Alcuni mesi passarono in fretta, fra lezioni, compiti, interrogazioni.
Susan stava mostrando di avere una certa propensione per Pozioni e, benché non lo desse a vedere, il professor Piton riconosceva in lei una naturale inclinazione per la materia.
Sue ed Adia legavano sempre di più, permettendo alla prima di staccarsi un po' dalla figura di suo fratello.
Dal canto suo, Eric non riusciva ad evitare di tenere sotto controllo gli atteggiamenti della sorella. Col trascorrere del tempo si era reso conto che faceva davvero un sacco di difficoltà. Alcune volte andava talmente tanto in apprensione che doveva combattere con l'idea malsana di seguirla o origliare le conversazioni che intratteneva con le sue compagne in sala comune.
Un giorno aveva anche discusso malamente con Cedric per quello.
L'amico lo aveva colto in flagrante mentre, nascosto nella semi oscurità in un angolo della sala comune, se ne stava ad ascoltare quello che Susan ed Adia si stavano dicendo al caldo del camino, sedute sulle poltrone.
Quel giorno doveva essere successo qualcosa di particolare, perché aveva notato sua sorella mangiare poco durante i pasti e in alcuni momenti l'aveva sopresa sull'orlo di un sommesso pianto.
Aveva provato più volte ad avvicinarla e a chiederle spiegazioni, ma Susan lo aveva sempre liquidato con un banale 'niente' in risposta.
-Che cosa stai facendo?- gli aveva chiesto Cedric quella sera, trovandolo nascosto ed acquattato come un ladro.
-Shh!- gli aveva intimato Eric, continuando a guardare in direzione di Adia e sua sorella.
Cedric, seguendo il suo sguardo, capì che l'amico stava davvero esagerando.
-Eric, amico, io non credo sia una buona idea...-
-Vuoi lasciarmi in pace?- grugnì l'altro, guardandolo in cagnesco.
-No, non ti lascio in pace! Ti sembra normale quello che stai facendo?-
Controbatté l'amico.
-Sì! Mi sto solo preoccupando per mia sorella!-
-No, Eric, non ti stai semplicemente preoccupando. Ti stai ossessionando!- disse ancora Cedric, enfatizzando l'ultima parola.
I toni si stavano facendo decisamente più alti ed Eric temeva che Susan potesse sentirli.
-Usciamo- ordinò all'altro, precedendolo fuori dalla sala comune.
Uscirono dal camminamento nascosto dietro la botte che conduceva alla loro sala e sbucarono nel corridoio che porta alle cucine.
-Si può sapere di cosa diavolo ti impicci?- chiese il moro al compagno. Si sentiva furibondo: era stato interrotto nel momento cruciale, senza contare che l'intervento di Cedric gli sembrava incredibilmente invasivo e fastidioso.
-Non mi impiccio, sono solo preoccupato per te- cercò di controbattere l'altro -Ma ti sei visto? Non molli tua sorella praticamente mai. Se uno ti parla tu neanche lo ascolti, a volte. Il tuo umore è direttamente subordinato a quello di Susan- 
-Mi stai dando fastidio, Ced- il volto di Eric era teso, lo sguardo duro, la mascella serrata.
Cedric rimase stupito da quella frase. Era chiaro che l'amico non ammettesse repliche, ma gli voleva troppo bene per lasciare che le cose continuassero così.
-Eric, senti, non sarei un amico se non ti dicessi quello che penso, solo per paura che tu possa arrabbiarti: fatti aiutare- lo guardò intesamente nei suoi occhi verdi -...fatti aiutare da chi vuoi, parlane con qualcuno, chiunque tu pensi possa essera adatto. Io non lo so cosa si nasconde dietro a questi comportamenti, ma c'è qualcosa che non va, lo vedo, lo percepisco nella tua inquietudine, si vede nella tua distrazione...-
-Ma cosa sei? Uno psicologo?- Eric lo interruppe pronunciando quelle parole con tono sprezzante -Io non ho bisogno del tuo sostegno emotivo, Cedric- 
Non usava mai il nome completo per chiamarlo. Non lo faceva con nessuno delle persone a cui voleva più bene, infatti era solito attribuire alle persone care dei diminutivi molto più confidenziali.
Era davvero molto arrabbiato.
Cedric abbassò la testa, capendo che il compagno era poco propenso ad ascoltare ancora. 
-Ok- disse tornando a guardarlo in viso. Fece spallucce ed allargò le braccia in segno di resa. Girate le spalle, se ne tornò in sala comune senza degnarlo di un saluto.
Eric, da parte sua, girò i tacchi, deciso a farsi una passeggiata nei giardini per sbollire un po'.
Ced era realmente preoccupato per il suo amico, lo vedeva teso, irascibile...era chiaro che qualcosa non andasse. 
Si era fatto una sua idea a riguardo, ma non voleva sputare sentenze sul compagno, non se lui non fosse stato pronto ad ascoltarlo. Aveva così deciso di abbandonare il terreno di battaglia, almeno per il momento.
-Vuoi che ti accompagni in infermeria?- sentì la voce di Adia, arrivando in prossimita della fine del passaggio segreto.
Vide Susan risponderle con un cenno negativo del capo.
-Qualcosa non va?- si decise a chiedere, avvicinandosi alla coppia di ragazze.
Notò che Susan era leggermente pallida e sul suo viso era impressa un'espressione dolorante.
-Nulla- disse seccamente la ragazza.
-Sue, non mi sembra 'nulla' quella smorfia di dolore-  la rimbeccò lui. 
-Andiamo, ti accompagno in infermeria- le intimò poi, facendo il giro della poltrona e prendendola per mano.
Susan protestò debolmente, ma il dolore che provava la portò, infine, ad accettare.
Lungo la strada per l'infermeria Cedric notò che la ragazza teneva una mano sulla pancia e faceva fatica a camminare.
-Ti porto io- le disse ad un tratto, fermandosi e dandole le spalle, facendole segno di salire su.
-No, ma non c'è bisogno- disse lei piano.
-Insisto- continuò lui, rimanendo fermo sulla sua decisione e convincedola ad accettare.
Susan si accovacciò sulle sue spalle, trovando sollievo nell'abbandonarsi alla sua presa. 
-Ti fa male la pancia?- le chiese d'un tratto Cedric, dopo qualche metro.
-Sì...-rispose semplicemente Sue.
-Tranquilla, fra un po' saremo in infermeria e sapremo cosa succede- le disse lui, cercando di rasserenarla.
-Ma io lo so cosa succede...siete voi maschi che non riuscite a capire- disse Susan con una punta di stizza nella voce.
Il cervello di Cedric impiegò qualche secondo a capire quello che la piccola Sue le aveva appena detto.
Si bloccò di colpo. Se solo lei lo avesse potuto vedere si sarebbe resa conto che le guance del ragazzo andavano letteralmente a fuoco.
-Oh...- fu l'unico suono che riuscì ad emettere.
Era tutto il giorno che Eric le dava il tormento, ma Susan si sentiva solo in grande imbarazzo. 
Le prime mestruazioni non sono cose che si raccontano ad un fratello! Neanche al migliore amico di un fratello, in realtà, ma era così nervosa per quell'evento ed esasperata dal dolore e dall'insensibilità maschile che finì per riversare su Cedric tutta la sua indignazione.
Le facevano così male i muscoli dell'addome in quel momento, che all'imbarazzo ci avrebbe pensato più tardi.
Il ragazzo non indagò oltre e rimase in un rispettoso silenzio per il rimanente tragitto che li separava dall'infermeria.
Una volta arrivati, Cedric lasciò Susan alle cure di Madama Chips.
-Prendi questo infuso, mia cara- sentì dire all'infermiera uscendo dalla stanza -Presto starai meglio, piccola-
'Piccola'.
Il ragazzo si soffermò su quella parola.
Susan era piccola, è vero, ma Cedric la stava vedendo maturare in fretta, tipo i funghi nel sottobosco.
Vedeva in lei la buona fede, una costante perseveranza nel fare le cose e, benché conservasse quasi sempre un'estrema cortesia e gentilezza, sapeva rimanere ferma nelle situazioni che lo richiedevano.
Sapeva essere di una testardaggine unica quando voleva o incredibilmente dispettosa, a tratti vendicativa, quando Eric si metteva di punta ad infastidirla.
In fin dei conti,si ritrovò a pensare sorridendo, i fratelli Sanders erano un duo proprio ben assortito.





Toc. Toc.
-Avanti- disse allegramente la professoressa Sprite.
Eric la trovò di spalle, intenta a travasare un alberello di Grinzafico.
Si girò appena, nel sentire i suoi passi avvicinarsi.
-Oh, signor Sanders, a cosa devo la sua visita?- gli chiese, voltandosi completamente.
-Professoressa, mi scusi se la disturbo fuori dall'orario di lezione, ma avrei bisogno di parlarle- l'urgenza con cui pronunciò quella frase spinse la Sprite ad abbandonare il Grinzafico sul tavolo di legno e a volgere tutta la sua attenzione al ragazzo che aveva di fronte.
-Cosa succede caro?- gli chiese ancora.
-Possiamo sederci da qualche parte?- fece Eric di rimando.
La Sprite gli indicò allora un paio di sedie accantonate in un angolo della serra e vi si seddetero.
-Ehm...non so da dove cominciare...- disse lo studente passandosi nervosamente una mano nei capelli -...vede professoressa, quest'anno mia sorella Susan è entrata in questa scuola- la donna annuì, a conferma del fatto che lo stesse seguendo -Sono stato così felice quando è stata smistata in Tassorosso. 'Potrò esserle d'aiuto' mi sono detto. Però mi sono reso conto, giorno per giorno, che lei non aveva tutto questo bisogno di me per cavarsela da sola-
-E questo non mi sembra un male- lo interruppe la professoressa.
-No! Non lo è affatto!- concordò Eric -Però...oh professoressa è assurdo quello che sto per dirle, lo so, ma mi faccia finire di parlare...più Susan diventa autonoma, più in me cresce dell'ansia. Mi sento come se stessi perdendo il controllo di qualcosa, delle situazioni...della mia vita...- disse con enfasi.
La Sprite lo guardava con espressione seria, ma serena.
-Ti è mai capitato di vivere una situazione come questa prima d'ora?- gli chiese semplicemente.
-Io...- ad Eric si appannarono gli occhi -Sì...- disse puntando lo sguardo a terra.
-Quando mia madre si ammalò...- iniziò a spiegarle -...mi sentii così disorientato. Era come se ogni cosa mi sfuggisse di mano, le abitudini della nostra famiglia vennero stravolte, tutto ciò che facevamo era legato alle terapie della mamma, al suo stato di salute. Anche le relazioni fra di noi cambiarono, non potevamo affaticarla, quindi la vedevamo solo in alcune ore della giornata. Papà diventava sempre più distante, fino a chiudersi completamente in se stesso. Mi è rimasta solo Susan, alla fine- ammise, tornando a guardare la sua insegnante.
-Hai paura di rivivere la perdita, Eric?- incalzò lei. 
La Sprite aveva capito dove il ragazzo volesse arrivare, ma desiderava che fosse lui stesso a tirarlo fuori.
-Sì...- si ritrovò ad ammettere di nuovo -Mi dispiace!- esclamò -Non lo faccio di proposito, ma mi riesce difficile contrastare questo atteggiamento...-
-No caro, certo che non lo fai di proposito- si affrettò a rassicurarlo la donna -Devi sapere che ci sono dei dolori così forti nella nostra vita, che ci hanno talmente fatto male, che non passano mai del tutto. Spesso rimangono annidati nei nostri ricordi, un po' nascosti, e che a volte riaffiorano. Questa si chiama memoria emotiva- fece un momento di pausa -Ti faccio un esempio molto banale: se uno Kneazle ti morde quando sei piccolo, quando cresci e un'altra di queste creature ti si avvicina, la tua memoria emotiva si attiva, riproponendoti le stesse emozioni che hai provato al momento del fattaccio, anche lo Kneazle è buono ed addomesticato- si fermò ancora, come a far metabolizzare al ragazzo le sue parole.
-Eric, perdere un genitore è una delle esperienze più dolorose che un essere consapevole di sè stesso può vivere durante la propria esistenza. Credo sia normale che questo si riproponga in un modo o nell'altro nella tua storia...-
-Ma si può guarire da questo dolore?- la interruppe Eric in un singiozzo.
-Ma certo mio caro, e tu sei già sulla buona strada...-
-Ho iniziato a pedinare mia sorella...- controbatté lui.
-La guarigione di un dolore parte dalla consapevolezza che abbiamo di esso e dalla sua successiva elaborazione-
-Non lo so come si elabora un lutto...- tentennò il ragazzo.
-Si ammette che ci fa male...e immagino che si pianga anche un po'- disse semplicemente la Sprite, aprendosi in un sorriso triste ma, al contempo, accogliente.


Parlare con la responsabile della sua casa aveva aiutato Eric a prendere consapevolezza di tante cose.
-Se conosci il tuo nemico, puoi sconfiggerlo- le aveva detto la sua insegnante di Erbologia.
Era vero. 
Si sentiva più sereno e, in qualche modo, molto più libero.
Si prese il tempo giusto per metabolizzare tutte quelle cose. Pianse anche il necessario, lontano dagli occhi dei suoi amici, ma poi tornò da Cedric. Gli doveva delle scuse.
   
 
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