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Autore: Signorina Granger    07/04/2020    10 recensioni
INTERATTIVA || Completa
Toujours Pur, per sempre puro.
Solo questo conta, per la Famiglia Black: la purezza che da tanti secoli decantano fieramente.
E' una famiglia dalle regole e dai valori molto rigidi, che non ammette anticonformisti al suo interno, chi esce dagli schemi viene cancellato, letteralmente.
Ci sono grandi aspettative per i membri più giovani della famiglia che un giorno, forse, terrano in mano le redini della società, prendendo il posto dei loro genitori. E altrettanto alte sono le aspettative verso coloro che sederanno accanto ad un Black.
[La storia prende ispirazione da "Elite" di Lady Blackfyre e ne è una sorta di prequel]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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Capitolo 6
 
 
Cora si mise a sedere di scatto, svegliandosi con un sobbalzo e il respiro quasi affannoso. La strega ci mise qualche istante per rendersi conto di essere nella sua stanza a casa dei Burke, guardandosi intorno nel buio per accertarsi che fosse tutto a posto. Dopodiché sospirò, passandosi una mano tra i lunghi capelli scuri prima di rimettersi lentamente supina sul materasso, fissando il soffitto con gli occhi chiari.
 
Sua nonna glielo aveva ripetuto fino alla nausea anche quando, da ragazzina, si svegliava urlando nel cuore della notte: era tutto a posto.
Anja non era più lì con lei per rassicurarla, così Cora fece esattamente quello che faceva quando le capitava di avere quegli incubi ad Hogwarts: ripeterselo da sola, che era tutto a posto. Ricordava come se fossero passati solo pochi giorni quando svegliava le sue compagne di stanza e Amanda si sedeva accanto a lei, abbracciando l’amica in lacrime per calmarla e rassicurarla, assicurandole che non era sola.
 
 
Lì, sola e completamente al buio, Cora si sfiorò il braccio sinistro con la mano destra, sentendo con le dita le linee delle cicatrici anche se non poteva vederle.
Non amava guardarsi allo specchio quando aveva le braccia scoperte, e non permetteva mai che altre persone la guardassero: nessuno, a parte i medici, sua nonna e i suoi fratelli avevano mai visto quei segni. Neanche Amanda, anche se la sua migliore amica sapeva della loro esistenza da ormai quasi 10 anni.
 
Le mancava molto, la sua cara Amanda, così dolce e sempre pronta ad ascoltarla.
Cora decise che le avrebbe scritto l’indomani mattina per chiederle di vedersi.
Dopodiché sprofondò di nuovo nel sonno, questa volta senza sognare una certa notte di molti anni prima che era ancora impressa indelebile nella sua memoria.
 
 
*
 
 
“Sapete, non vedo davvero l’ora di diventare zia! Sono sicura che Perseus e Amanda sarebbero dei genitori magnifichi.”
 
Danae sorrise allegramente mentre spalmava del burro su una fetta di pane e Althea, seduta accanto a lei, imitò l’amica piegando le labbra rosee in un candido sorriso:
 
“Lo penso anche io, Amanda è molto dolce.”
“E pensare che alla loro età mia madre aveva già avuto sia Perseus che me e Tor… Mi fa rabbrividire pensare che anche alla MIA età era già sposata e aveva già avuto mio fratello… anzi, ha avuto me e Tor a 23 anni, quindi probabilmente era già incinta.”
 
Danae sfoggiò una piccola smorfia, faticando ad immaginarsi già sposata e con figli come sua madre mentre Althea rideva, asserendo che ancora non ce la vedeva a fare la mamma.
 
“Adoro i bambini, ma neanche io mi ci vedo… Ma quando ne avranno uno mio fratello e Amanda sarò molto felice di coccolarlo e di fare pratica! Chissà quanto sarebbe carino!”
 
 
Danae sorrise gli occhi cerulei luccicanti nell’immaginare un mini-Perseus o una mini-Amanda mentre Ewart, seduto di fronte a lei, soffocava un lieve sbuffo dietro la tazza di caffè.
 
“Ewart, perché sbuffi? Se sai qualcosa devi dirmelo!”
 
Danae sollevò il coltello da burro e lo puntò minacciosamente contro il Malfoy come se si trattasse di un’arma letale, ma Ewart non si scompose e appoggiò la tazza di porcellana sul piattino prima di parlare con tono pacato, stringendosi nelle spalle:
 
“Non so niente di niente, Danae, ma non preoccuparti, sono sicuro che quando saranno in dolce attesa sari una dei primi a saperlo. Ma data la mia esperienza di zio, ti assicuro che possono essere molto impegnativi, anche se finirai comunque per innamorartene e lo tratterai come un piccolo miracolo.”
 
“Oh, è vero, tua sorella ha un figlio… Perseus dice che non ti ci vede molto, con i bambini.”
 
“Non ho mai avuto una particolare predilezione per i marmocchi, ma non posso negare di voler bene a mio nipote… Quando crescerà un po’ sarò ben lieto di contribuire alla sua educazione.”
 
Ewart sfoggiò un sorrisetto, già tramando di far diventare il piccolo Brutus (chiamato come suo padre) una piccola peste e di fargli ascoltare musica jazz a fiumi. Danae, intuendo cosa volesse dire, asserì che non volva essere nei panni di sua sorella Cadence.  
 
 
 
“Buongiorno… Di che cosa parlate di bello?”
 
Athyna si avvicinò al tavolo con un sorriso, e prima che Danae potesse dire una parola Althea informò l’amica ed ex compagna di Casa che stavano parlando di bambini.
Athyna si voltò verso Danae senza battere ciglio, chiedendole sé stesse ancora sperando in un certo annuncio da parte di fratello maggiore e cognata.
 
“Ammetto che la cosa mi farebbe felice, ma non parlate come se fossi diventata mia madre, per favore! RIGEL, so che stai per dire qualcosa, taci.”
 
“Volevo sol dire che la somiglianza si fa sempre più innegabile…”
 
Danae, approfittando dell’assenza dei genitori, lanciò il tovagliolo contro il cugino e gli suggerì di ringraziarla per non aver usato il coltello mentre Athyna si godeva la scena con aria sognante – come se scene simili fossero vicinissime ai suoi desideri più grandi – e Rigel ridacchiava, ringraziando la cugina per il tovagliolo mentre Gerard, seduto accanto a lui, lo guardava vagamente esasperato:
 
“Ma tu non riesci mai a stare zitto, Rigel?”
“Che cosa vuoi che ci faccia Olivander, è più forte di me! Athyna, ti prego, so di essere splendido, ma se non ti togli quell’espressione sognante dal tuo bel faccino potrei anche sentirmi troppo lusingato.”
 
“Sogno solo di poterti, un giorno, lanciare contro qualcosa di più contundente di un tovagliolo, Burke, non montarti la testa.”
 
 
*
 
 
“Gerard! Scusa se ti disturbo, ma sai dove posso trovare Cora? Avrei bisogno di parlarle.”
 
Gerard non amava essere disturbato, di norma, ma si trattava pur sempre della sorellina di una sua carissima amica, così si limitò ad alzare lo sguardo dal pesante libro che aveva sulle ginocchia per posarlo su Lilith:
 
“Ciao Lilith… Cora è in camera sua, stanotte ha dormito male e credo volesse riposare un po’.”
“Mi spiacerebbe molto disturbarla, ma devo parlare di Amanda, è importante… Beh, grazie mille comunque.”
 
Lily sorrise al ragazzo, che in quel momento riuscì a vedere la grandissima somiglianza che c’era tra lei e Amanda, prima di girare sui tacchi e allontanarsi, diretta verso le scale.
 
L’ex Tassorosso pensava di essere di nuovo solo e tornò a concentrarsi sul vecchio libro dalla copertina in spessa pelle e le pagine molto ingiallite, ma non ebbe il tempo di leggere che un paio di righe prima di sentirsi chiamare nuovamente:
 
“Proprio te cercavo!”
 
A differenza di Lilith Ewart non chiese alcun permesso e sedette semplicemente accanto a lui, guadagnandosi un’occhiata quasi torva dall’ex Tassorosso:
 
“In cosa posso esserti utile, Ewart?”
“Stai leggendo un libro sulle bacchette?”
 
"È un manuale che ha scritto il mio bis bisnonno, tutti in famiglia l’abbiamo letto, e mio fratello maggiore me l’ha passato poco tempo fa.”
 
“Beh, devi sapere che io sono molto, molto interessato all’argomento, le bacchette mi affascinano tantissimo… mi chiedevo se…”
 
“Non te lo presterò, Ewart, non esce dalle mani di un Olivander da 100 anni e non sarò certo io a rompere la tradizione.”
“Tranquillo, lo immaginavo, e lo capisco… ma non c’è nessuna morale di famiglia che ti vieta di parlare, no? Mi chiedevo solo se potessi insegnarmi qualcosa che non so su segreti delle bacchette. Trovo assurdo che quegli oggetti siano fondamentali per noi, le usiamo tutti i giorni dai nostri 11 anni fino alla morte, e che nonostante questo ne sappiamo pochissimo.”
 
 
“Quindi sei curioso?”
“Io penso che non si finisca mai di imparare, e ho la fortuna di avere qui con me un membro della famiglia che fabbrica bacchette a tutto il Regno Unito da secoli, anzi, millenni. Perciò, mi chiedevo se sei disposto a rispondere ad alcune delle mie domande.”
 
 
Ewart sorrise, affabile, e Gerard ebbe come l’impressione che non fossero proprio “alcune”, ma dopotutto quel ragazzo gli piaceva (anche se non glie l’avrebbe mai detto) e la sua era sicuramente una compagnia migliore di molte altre, lì dentro, per lui.
Dopo qualche istante di esitazione Gerard annuì, chiudendo il libro:
 
 
“D’accordo. Non sono certo esperto come mio padre o mio nonno, ma sono sicuro di poterti essere utile. In cambio, ti prego, vieni a salvarmi quando mi vedi da solo con Rigel nei paraggi.”
“Affare fatto. Io l’ho sempre trovato divertente, comunque.”
 
“Diciamo che non abbiamo personalità… compatibili. Beato te che non devi condividere la stanza con nessuno, ti invidio molto.”
“Cosa vuoi farci, io godo di un certo trattamento di favore qui, non per vantarmi, ma i Signori Burke mi adorano.”
 
Ewart accavallò elegantemente e gambe con un movimento fluido e disinvolto, continuando a sfoggiare un certo sorrisetto quasi beffardo che rese Gerard certo di una cosa: quel ragazzo sapeva benissimo come farsi ben volere.
 
 
*
 
 
Lilith indugiò davanti alla porta, incerta sul da farsi, ma alla fine sollevò una mano e bussò delicatamente, aspettando pazientemente una risposta che non tardò ad arrivare.
 
 
“Avanti.”
 
“Cora? Gerard mi ha detto che volevi riposare… Non voglio disturbarti, ma vorrei parlarti di una cosa.”
 
“Oh, ciao Lily… Non preoccuparti, vieni e dimmi tutto. Riguarda tua sorella? Le ho appena scritto.”
 
Cora, seduta sul suo letto, fece segno alla ragazza di avvicinarsi tamburellando sul materasso accanto a sé, e Lilith obbedì dopo essersi chiusa la porta alle spalle. L’ex Corvonero sedette e rivolse un’occhiata leggermente apprensiva all’amica della sorella, parlando con tono incerto:
 
“Sei stata male ieri notte?”
“No, non preoccuparti sto benissimo… Forza, sputa il rospo.”
 
 
“Beh, sai che non amo ficcanasare, ma trattandosi di mia sorella… Ieri ho visto Shedir con una lettera che gli aveva scritto lei.”
“Ne sei sicura?”
“Assolutamente, riconosco la sua grafia senza problemi. Cosa pensi che significhi? Tu la conosci meglio di chiunque, oltre a me.”
 
Cora esitò, la fronte aggrottata: aveva ancora chiaro nella mente il confronto che l’amica aveva avuto con Shedir, pochi giorni prima.
 
“Quando lei e Perseus sono stati qui li ho sentiti parlare… Non guardarmi così Lily, anche tu avresti ficcanasato in quel momento!”
 
Lilith alzò gli occhi al cielo ma si astenne dal commentare mentre Cora proseguiva, raccontandole in breve quel che aveva sentito insieme a Gerry.
 
“Non so cosa pensare, Cora. So che Amanda ama Perseus e non lo farebbe mai soffrire, ma ho paura che quello che ha provato per Shedir e la sua presenza qui possano… confonderla.”
“Lo so Lily, è comprensibile. Ma non preoccuparti dolcezza, parlerò con tua sorella e se c’è qualcosa da scoprire, stai pur certa che certa che lo scoprirò.”
 
 Cora sorrise e Lilith, di fronte ai suoi occhi chiari luccicanti e alla sua espressione risoluta, non poté che imitarla e rilassarsi: Cora Prewett e sua sorella erano amiche da anni, erano diventate insperabili già dai primi giorni di scuola, e quella ragazza era sempre piaciuta molto anche a lei, tanto che dopo tutti quegli anni la vedeva quasi come una seconda sorella maggiore.
 
“Ti fidi di me Lily?”
“Ma certo, sei una delle persone più testarde che conosca e se c’è qualcuno che può far parlare mia sorella, quella sei tu.”
 
 
Lilith sorrise e Cora la imitò, scordandosi della spiacevole notte passata mentre arruffava affettuosamente i capelli della più piccola, asserendo che anche se ormai era cresciuta sarebbe sempre rimasta l’adorabile sorellina della sua migliore amica.
 
 
 
*
 
 
 
Non sapeva di preciso dove si fosse cacciata Lilith, ma immaginava che stesse parlando con Cora e non si era disturbata di iniziare a cercarla: quella casa era così grande che avrebbe potuto metterci anche tutto il pomeriggio, così Megara aveva deciso di aspettare che fosse l’amica a farsi viva e per aspettarla aveva portato fuori l’occorrente e aveva iniziato a fare qualcosa che amava molto: dipingere.
 
La casa dei Burke si trovava in una posizione che le piaceva moltissimo, e nei giorni di sole adorava guardare i raggi riflettersi sull’acqua del lago, facendola quasi brillare, per non parlare dei fiori che riempivano i prati e le aiuole di colori e gli alberi rigogliosi di foglie verdissime.
 
Un bel dipinto sarebbe stato un ricordo indelebile di quell’esperienza, e in quel modo avrebbe potuto potarne un po’ a sua sorella gemella Nemea, che adorava sebbene fossero molto diverse e che le mancava profondamente.
 
 
“Però, sei brav-“
 
Megara si mosse così bruscamente che quasi le partì di mano il pennello che stava usando per tracciare i segni della luce sull’acqua cristallina del lago, sobbalzando. Probabilmente il suo movimento improvviso avrebbe anche rischiato di ribaltare il cavalletto, per fortunatamente il suo spettatore a sorpresa ebbe la prontezza di riflessi di bloccarlo.
 
 
“PER LA BARBA DI MERLINO! S-scusa, ma mi hai… colta di sorpresa.”
 
“No, non devi scusarti, semmai il contrario… è risaputo che è preferibile non disturbare una persona concentrata. Per fortuna lui sta bene, non me lo sarei mai perdonato.”
 
Edward sorrise e si voltò verso il quadro, studiandolo mentre Megara, rimettendosi lentamente a sedere, mormorava che era ancora solo a metà arrossendo leggermente:
 
“Non importa, direi che la direzione che sta prendendo è ottima. Sei davvero brava Megara.”
 
“Grazie, Edward.”
 
Megara inclinò le labbra rosee e carnose in un sorriso, gli occhi celesti quasi luccicanti nel sentirsi fare dei complimenti: era sempre molto riservata su ciò che dipingeva, e non era abituata a sentirsi fare i complimenti per i suoi disegni.
 
“Grazie per avergli impedito di cadere, avrei fatto un disastro.”
“I lati positivi di giocare a Quidditch da anni, immagino… i miei riflessi sono più che temprati, ormai. Ma adoro anche l’arte.”
 
Edward sorrise mentre si infilava le mani in tasca, sorriso che si allargò di fronte all’espressione quasi sorpresa che sorse sul volto dell’ex Corvonero non appena ebbe pronunciato quelle parole:
 
“Non capirò mai perché la gente si stupisce tanto… Il fatto che giochi a Quidditch da professionista mi impedisce di avere an he interessi culturali, secondo l’opinione comune.”
“No, insomma… non volevo offenderti, è solo che… la gente magari non se lo aspetta, ecco.”
 
“Lo so bene. Ma penso che sia importante avere più di un interesse, nella vita… insomma, non potrò giocare per sempre, è una carriera bellissima e può essere molto fortunata, ma non è destinata a durare a lungo. Io e Vivian siamo andati alla National Gallery, ieri.”
 
“Ci sono stata due anni fa, avevo appena preso il Diploma e mio nonno mi ci portò. Fu strano essere circondati da Babbani, ma è una mostra meravigliosa.”
 
Megara sorrise e gli occhi le scintillarono nel nominare il nonno paterno, a cui era molto legata, e per tutta risposta Edward scoppiò a ridere, sorpreso a sua volta:
 
“Questa volta ad essere sorpreso sono io, Laios Travers che va in una mostra d’arte babbana, ammetto che fatico a figurarmelo… O ti vuole molto bene o hai la fortuna di avere un nonno moderno, Megara.”
 
“Entrambe le cose, credo. Lui è sempre molto presente per noi.”
 
 
Ed era stato lui a spingerla ad accettare l’”invito” del patriarca dei Black, ma Megara evitò d’aggiungere anche quella parte mentre Edward assumeva un’espressione pensierosa, quasi accigliata, mentre guardava con aria assorta il suo dipinto.
 
“Sì… anche mio nonno, ma forse non allo stesso modo.”
 
Megara pensò all’uomo in questione, ossia Giano Parkinson, che la sua mente aveva sempre associato a Phineas Nigellus Black per temperamento e modo di fare: era evidente chi fosse a prendere le decisioni in quella famiglia, così come tra i Black. E come per il patriarca dei Black, anche quello dei Parkinson le aveva sempre suscitato un po’ di timore.
 
Edward sembrò ridestarsi e sorrise all’ex Corvonero, asserendo che non voleva certo distrarla dal suo lavoro e che l’avrebbe lasciata lavorare in pace.
 
“Mi raccomando però, voglio vederlo una volta finito. E cerca di stare con i nervi più rilassati, Megara… fidati.”
 
La giovane strega annuì, abbozzando un lieve e quasi timido sorriso mentre il ragazzo si allontanava, superandola per tornare in casa.
 
 
Fu solo una volta sola che la fanciulla si rese conto di aver appena intrattenuto una conversazione con Edward Parkinson, un ragazzo che a scuola non si sarebbe mai sognata di avvicinare, un giocatore di Quidditch famoso, per di più… e senza fare figuracce. O almeno così sperava.
 
Beh, di certo sua sorella e suo nonno sarebbero stati molto orgogliosi di lei per i progressi della sua timidezza.
 
 
*
 
 
“Non amo farmi gli affari degli altri, di norma non mi interessano, ma devo proprio chiedertelo: cosa stai guardando?”
 
Vivian se ne stava comodamente stesa su un divano alla francese color panna mentre sfogliava una rivista, anche se la posa era così elegante che sembrava dovesse posare per un ritratto o per una scultura. Edward, invece, era in piedi vicino alla grande finestra a bovindo, le mani nelle tasche dei leggeri pantaloni color carta da zucchero abbinati alla camicia bianca.
La strega parlò senza alzare lo sguardo sul ragazzo, continuando a studiare i vestiti che aveva davanti, ma quando non ebbe alcuna risposta sollevò il capo, lanciando un’occhiata torva all’ex Serpeverde: Vivian Lumacorno non amava essere ignorata, e soprattutto non ci era abituata.
 
“Edward?”
“Non sto guardando niente in particolare Vivian, solo il panorama.”
“E’ quello che vedi tutti i giorni da più di una settimana, cosa c’è di tanto straordinario? Ha a che fare con l’incontro che hai fatto prima?”


Edward si voltò, finalmente, e Vivian abbozzò un sorrisetto mentre il ragazzo dava le spalle alla finestra, appoggiandosi al vetro per rivolgerlesi completamente:
 
“Mi sono solo imbattuto in Megara che dipingeva e mi sono interessato a quel che stava facendo. Piacerebbe anche a me, ma sfortunatamente non ho talento.”
“Consolati mio caro, hai un talento che tantissimi ti invidiano e che ti frutta molto denaro, non hai certo di che lamentarti. Non tutti sanno disegnare bene.”
 
“Suo nonno Laios è il tuo capo, giusto?”
 
“Non è proprio il mio “capo”, ha sposato una McClan e quindi possiede metà negozio, ma quell’uomo ha ben altro a cui interessarsi rispetto ad una sartoria.”
 
 
Vivian si strinse nelle spalle, non ricordando di aver mai visto Laios Travers nel negozio, sia quando faceva acquisti con sua madre o Amanda, sia quando si recava in sartoria per far aggiustare un abito o quando lavorava per la proprietaria come modella per i capi.
 
“Immagino di sì.”
“Come mai tutto quest’interesse per i Travers, comunque?”
 
“Nessun interesse particolare, era tanto per chiedere, Laios è molto stimato, anche da mio nonno.”
“Anche dal nostro ex Preside, ecco perché Megara si trova qui… Ma lei e Castor sono amici da molto tempo, da quel che ne so, dubito fortemente che lui possa interessarsi a lei.”
 
Vivian tornò a concentrarsi sulla sua rivista ed Edward annuì, immaginando che la ragazza avesse ragione prima di asserire che sarebbe uscito a fare una passeggiata.
 
Una volta sola nel salottino Vivian sorrise, scuotendo leggermente il capo prima di mormorare qualcosa con una nota divertita appena percettibile nella voce:
 
“Sì, una passeggiata, e io sono Priscilla Corvonero…”
 
 
*
 
 
“CASTOR, LA TUA VITA FINISCE OGGI, SAPPILO!”
 
Christopher non era mai stato troppo avvezzo alle risate, tranne che per qualche eccezione: i gemelli Burke-Black (da lui soprannomati scherzosamente “i gemelli doppia B” per prenderli in giro) erano una tra queste.
 
Castor aveva fatto chiamare Danae nel giardino sul retro, dove si estendeva un orto gigantesco e molto rigoglioso, da un elfo, e quando la ragazza aveva messo il naso fuori dalla porta l’aveva innaffiata con un palloncino pieno d’acqua.
 
Ora, mentre Danae partiva all’inseguimento brandendo la bacchetta e Castor si dava alla fuga, l’ex Tassorosso si stava quasi piegando in due dal ridere, tanto che da una finestra, attratta dalla confusione e dall’urlo dell’amica, spuntò Aghata:
 
“Ma che succede?”
 
Christopher era troppo impegnato a ridere per riuscire ad esprimersi, ma scorgendo Danae bagnata fradicia – e impegnata a cercare di colpire il gemello con un getto dei suoi Aguamenti mentre lo inseguiva su confini dei campi di grano – Aghata capì, e un attimo dopo il suo viso venne illuminato da un larghissimo sorriso:
 
“RAGAZZE, Danae sta inseguendo Castor per lavarlo!”
“Cosa, dove?”
“FUORI! Andiamo anche noi!”
 
 
“BRUTTO VIGLIACCO, NON TI SALVERAI SOLO PERCHE’ HAI LE GAMBE PIU’ LUNGHE DELLE MIE! Chris, se non la smetti di ridere…”
 
Danae scoccò un’occhiata furente all’ex Tassorosso, che ora si stava comprendo il viso con le mani per cercare di attenuare il suono delle sue grasse risate. Capendo che ci voleva una lezione per quei due, Danae non si fece pregare e, puntata la bacchetta contro l’amico, lo investì con un poderoso getto d’acqua.
 
“DANY!”
“Ops, scusa, pensavo che con questo caldo avresti gradito una rinfrescata… CASTOR, NON MI SFUGGI QUESTA VOLTA!”
 
 
Gerard stava leggendo il suo prezioso manuale e, affacciandosi alla finestra della sua stanza, scorse quel curioso teatrino: Danae inseguiva Castor, Christopher imprecava, bagnato fradicio, e Aghata, Athyna e Althea li raggiungevano sul retro, riempiendo il giardino di grida, risate e getti d’acqua.
 
 
 
Anche una certa ex Serpeverde si affacciò ad una finestra, attratta dalla confusione, ma Vivian si limitò ad alzare gli occhi e a borbottare “bambini” prima di rimettersi a leggere, così come Gerard non si scompose e continuò a leggere il suo libro.
 
Una reazione ben diverse l’ebbero Amias e Rigel dal piano superiore, tanto che l’ex Grifondoro indicò il gruppo con un sorriso a trentadue denti:
 
“Finalmente ci si diverte… Muoviti Burke, andiamo, diamo una lezione alle ragazze!”
“Questa è la volta buona per fare un bello scherzo a mia cugina, non me la faccio scappare neanche morto.”
 
 
 
“Ma che cavolo sta succedendo?!”
 
Cora, confusa, si sporse dal balcone con la fronte aggrottata, ma non ebbe tempo di fare o dire nulla, perché venne investita in pieno da un’ondata di acqua gelida, facendo rotolare dalle risate sia Rigel che Amias.
 
“… BURKE, IO TI AMMAZZO! Ora scendo e ti faccio rimpiangere di essere nato! E tu, Paciock, ridi pure, ora vi sistema Cora Prewett!”
 
 
*
 
 
“No, vi prego, abbiate pietà!”
 
Castor parlò cercando di non ridere e di assumere la sua espressione più implorante mentre Danae e Aghata si scambiavano un sorriso dopo averlo inchiodato contro un albero:
 
“Tranquillo, Aghata non far proprio niente, ma lo stesso non si può dire di me. Hai bisogno di una rinfrescata, fratellino, ti aiuto io.”
 
Danae sogghignò mentre puntava pigramente la bacchetta contro il gemello, facendo scaturire un violento getto d’acqua senza pronunciare neanche una parola, lavando l’ex Corvonero da capo a piedi e senza smettere per diversi minuti interi, ignorando le sue preghiere e lamentele miste a risate.
 
“Oh no, non provarci Tor… Impedimenta.”
 
Aghata sorrise angelicamente e, con un rapido movimento, provvide a rallentare i movimenti del ragazzo per non farlo scappare, guadagnandosi un sorriso da parte dell’amica:
 
“Grazie Agy!”
“Figurati Dany. Ma dov’è quel musone di mio cugino? Vado a cercarlo?”
“No Agy, ci servi qui per mettere KO i ragazzi anche oggi.”
 
 
“Non per dire, ma Cora da sola fa buona parte del lavoro…”
 
Aghata accennò all’ex Corvonero, e Danae voltandosi vide l’amica della cognata impegnata in un acceso scontro con Amias e Rigel.
 
“Non avevo alcun dubbio, conoscendola…”
“Ragazze, vi prego, basta acqua!”
 
“Come dici Tor? Non sento proprio!”


 
Quando Ewart mise piede sul giardino sul retro sapeva cosa stesse per succedere, e fermò Althea e Athyna semplicemente sollevando una mano:
 
“Un momento, prego.”    Il ragazzo si sfilò il suo gilet preferito, appoggiandolo sulla panchina di pietra che aveva accanto, e fece alcuni risvolti alle maniche della camicia per portarle fin sopra ai gomiti, dopodiché prese la bacchetta e si schiarì la gola.
 
“Bene, ora possiamo cominciare. Prego, signore.”
 
“EHY, CHRIS STA SCAPPANDO!”
“Qualcuno prenda Abbott!”
 
“Ci penso io!”    Althea partì all’inseguimento dell’ex Tassorosso, che si lamentò del fatto che era stato Castor a cominciare e che lui era innocente, ma la bionda non sembrò curarsene mentre lo seguiva persino dentro al campo di grano.
 
 
 
*
 
 
“Ehi! Ho sentito che dietro stanno facendo una specie di guerra acquatica, non vuoi andare?”
 
“Non voglio fare la guastafeste Lily, ma i miei capelli ricci se bagnati e fatti asciugare all’aria… credimi, non vuoi saperlo.”
Megara scosse il capo con aria grave e Lilith sorrise, asserendo che capiva perfettamente mentre, sedutasi sulla sedia che aveva appena fatto comparire accanto all’amica, osservava il suo lavoro ormai completato con un sorriso.
 
“E’ molto bello, sai Meggie?”
“Grazie. Prima Edward mi ha fatto i complimenti.”
 
“Davvero? E non sei svenuta?”
 
Megara colpì l’amica con una gomitata e Lily rise, scusandosi per il colpo basso prima di spostare lo sguardo proprio sul ragazzo, scorgendolo intento a passeggiare lungo il viale.
 
“Vedo che non siamo le uniche che si sono esentate dalla battaglia.”
“Già. Tu hai parlato con Cora?”
“Lei e Amanda dovrebbero vedersi nei prossimi giorni e giura che le parlerà… direi che sono in buone mani, Amanda dice a Cora dice qualunque cosa, sono più tranquilla ora.”
 
Lilith si strinse nelle spalle e Megara annuì, lieta di sentirglielo dire.
Per qualche istante tra le due amiche cadde il silenzio, mentre entrambe si godevano il calore del sole sulla pelle e i piacevoli rumori offerti dalla natura circostante, tra cui i versi degli uccelli o le fronde degli alberi mosse leggermente dalla brezza estiva.
 
 
Megara stava per dire che era davvero una splendida giornata quando una voce maschile nota ad entrambe sopraggiunse alle loro spalle:
 
“Megara, sono deluso, volevo farti uscire dalla tua corazza facendoti il bagno.”
 
Le due Corvonero si voltarono, trovandosi davanti Castor zuppo d’acqua, ma sorridente e visibilmente allegro. Megara lo imitò, guardandolo divertita:
 
“Sono spiacente, ma ero impegnata a fare qualcosa di più produttivo, come puoi ben vedere.”
La giovane strega accennò col capo al suo dipinto e Castor annuì, annunciando con un sorriso vittorioso che questa volta l’avevano avuta vinta i ragazzi.
 
“Potete ritenervi responsabili, grazie alla vostra assenza e a quella di Vivian eravamo in maggioranza.”
“Ci faremo perdonare, e ti ricordo che Lily ha preso il Boccino ala partita di Quidditch e abbiamo vinto grazie a lei, direi che ha fatto la sua parte per segnare la supremazia femminile.”
 
Fu proprio a quel punto che Castor si rivolse alla seconda ragazza, assumendo un’espressione improvvisamente più seria prima di parlare:
 
“Lilith, mi volevo… scusare per il comportamento che ho assunto spesso nei tuoi confronti. Se pensi che tu non mi piccia sappi che… che non è così, ecco. Mi dispiace, purtroppo mia sorella ha ragione quando dice che a volte non sono poi così intelligente.”
 
“Oh. Non preoccuparti, non c’è problema.”
 
Lilith, più che sorpresa, sorrise debolmente all’ex compagno di Casa, che la imitò mentre annuiva:
 
“Mi farò perdonare. Ora credo di dovermi andare a cambiare… ci vediamo a cena.”
 
Il ragazzo si congedò con un educato cenno del capo e si accinse a tornare dentro casa mentre Megara sorrideva, finalmente soddisfatta, e l’amica la guardava con un sopracciglio inarcato:


“Tu hai per caso a che fare con questo cambiamento improvviso, Meg?”
“Chi, io? Ma certo che no! Dai, aiutami a portare dentro tutto.”  Megara si alzò, allegra, e Lilith la imitò incrociando le braccia al petto:
“Ah, vedo che mi usi come elfo domestico, ma brava!”
 
“Non lamentarti, è solo un cavalletto!”
“Un cavalletto pesante!”
“Usa la magia di cui sei dotata, sciocca!”
 
 
 
Edward, appoggiato al tronco di un ciliegio con una spalla, osservò le due Corvonero tornare all’interno della casa, scorgendo anche l’opera conclusa di Megara. Anche a distanza sembrava molto bello, ma era sicuro che avrebbe avuto modo di vederlo anche da vicino. Aveva appena visto Castor parlare con le due prima di congedarsi, e l’ex Serpeverde si domandò se non ci fosse mai stato niente tra lui e Megara, vedendoli così affiatati: lei sembrava molto meno timida, in sua presenza.
Tuttavia Edward si riscosse dopo appena un attimo, scuotendo il capo e ripetendosi che non erano affari suoi rima di voltarsi e riprendendo a camminare, pensieroso e con le mani in tasca.
 
 
*
 
 
“Temo proprio che questa volta dobbiate accettare la sconfitta, abbiamo innegabilmente vinto noi.”
 
Amias, finalmente asciutto, sedette sul divano con un sorriso, tenendo le braccia conserte e un’espressione soddisfatta dipinta sul volto mentre Aghata e Athyna, sedute di fronte a lui, scoccavano all’ex compagno di Casa di quest’ultima un’occhiata torva:
 
“Una volta su tre Paciock, non montarti la testa!”
“Esattamente!”
 
“Oh, beh, abbiamo tutto il tempo di rimontare la classifica, dico bene Rigel?”
“Dici benissimo, vi raggiungeremo in un batter d’occhio, sarà facile come bere un bicchiere…”
 
“Fossi in te non finirei la frase.”    Athyna ridusse gli occhi da cerbiatta a due fessure, facendo per estrare la bacchetta mentre Amias deglutiva, dando una leggera gomitata all’ex Serpeverde: Rigel aveva decisamente torchiato Athyna per tutto il tempo, in giardino, e la Grifondoro sembrava solo in cerca di una scusa per vendicarsi.
 
“Un bicchiere di… succo di zucca.”
“Lo spero per te.”
 
“Che cosa potremmo inventarci la prossima volta? Arrampicata sugli alberi?”  Aghata parlò con tono pensieroso e Athyna scosse il capo, asserendo che lei si sarebbe sicuramente rotta l’osso del collo.
 
“No, lasciamo stare gli alberi… che ne dite di duelli o gare di incantesimi?”
“Direi che si può fare, Olivander.”
 
 
*
 
 
“AHI!”
“Smettila di lamentarti, non ti sto torturando!”
“Questione di punti di vista.. potresti fare più piano?”
 
Christopher sbuffò, seduto su una sedia con un asciugamano sulle spalle e le braccia strette al petto mentre Althea, in piedi alle sue spalle, gli pettinava i capelli con un rigido pettine di legno per farli asciugare più in fretta, eliminando l’acqua in eccesso. La bionda alzò gli occhi al cielo, mormorando “maschi” con un borbottio che il ragazzo non udì.
 
Poco più in là Danae stava strofinando energicamente i capelli scuri di Rigel, che si lamentò a sua volta per la poca grazia della cugina mentre Shedir, aggrottando la fronte, domandò per quale motivo non si asciugassero con la magia.
 
“… Cielo, Shedir ha ragione. Rigel, arrangiati.”  Danae mollò di sana pianta l’asciugamano sul capo del cugino prima di allontanarsi, facendo sbuffare il Serpeverde, che se lo levò dalla testa per prendere, al suo posto, la bacchetta:
 
“La delicatezza fatta persona, mia cugina…”
“Di certo non vi annoiate mai, in famiglia.”
“No, proprio no. Prossimamente potremmo darci ai duelli e TU, mio caro Nott, dovrai essere dei nostri, chiaro?”
 
“D’accordo, l’idea mi piace. Molto più della… guerra dell’acqua.”
“Intanto abbiamo comunque vinto, alla faccia delle signorine. Anche se non ti auguro di trovarti contro Cora, onestamente un po’ mi intimorisce quando si arrabbia…”
 
Shedir abbozzò un sorriso amaro, non osando immaginare che avrebbe fatto a lui se avesse sospettato che stava cercando di mettersi in mezzo tra Amanda e Perseus. Era sempre stata la migliore amica di Amanda, ma loro due non avevano mai legato.
 
“Lo terrò a mente, grazie Rigel.”
 
 
 
*
 
 
 
Gerard si portò distrattamente la sigaretta alle labbra, fissando il panorama. Vide il gatto di Edward, Artemis, sfrecciargli davanti inseguendo qualcosa che si muoveva sull’erba, ma non ci fece caso, troppo assorto nei suoi pensieri.
 
Sapeva che fumare era una pessima abitudine, ma ogni tanto ne aveva bisogno, quando rifletteva. Un’abitudine che Cora odiava profondamente, tanto che spesso il ragazzo non trovava le sigarette perché l’amica gliele nascondeva.
 
Cora
 
 
Gerard chiuse gli occhi, ripensando a quando aveva visto l’amica parlare con Ewart Malfoy a pranzo e nel tardo pomeriggio, quando erano entrati insieme ridendo nell’ingresso, entrambi fradici.
Sorrideva, e non era così abituato a vederla sorridere.
 
Ewart Malfoy era molto bello. Elegante. Di ottima famiglia. Raffinato.
Un partito più che ideale.
 
 
Riaprì gli occhi, mentre una consapevolezza si faceva strada dentro di lui: Cora non era più una ragazzina, aveva 25 anni. Non sarebbe rimasta per sempre la sua amica, presto magari si sarebbe sposata, avrebbe avuto una famiglia sua… Le cose non sarebbero rimaste così in eterno.
Era strano, tuttavia, pensare quelle cose…
 
Cora non aveva mai avuto un ragazzo, nessuno si era mai messo tra di loro. Aveva un migliore amico, che conosceva da tutta la vita, Cameron Selwyn, ma non era la stessa cosa.
Non era abituato a pensare a lei immaginandola fidanzata con qualcuno. Era strano.
 
Aveva sempre considerato quella situazione come un assurdo esperimento dei Black per accasare i nipoti, soprattutto Danae, non si era mai concentrato sul fatto che anche le altre ragazze avrebbero potuto trovare un fidanzato.
Non aveva mai pensato che Cora avrebbe potuto essere tra queste.
 
 
Lei era sempre stata la sua Cora
 
No
 
Gerard scosse il capo, dicendosi che non era affatto la sua Cora, che mai lo sarebbe stata. Mai.
Ma come poteva definirsi inguardabile, lui non lo capiva, o pensare che non avrebbe mai trovato marito.
 
L’uomo che l’avrebbe sposata sarebbe stato immensamente fortunato, Gerard lo sapeva. Lei forse no, ma lui sì. E l’avrebbe detto, quel giorno, a lei e al suddetto fortunato.
 
 
“Cugino, smettila di fare il musone solitario, c’è il dolce! STAI FUMANDO?”
 
Aghata, appena uscita sotto il portico, si mise le mani sui fianchi e parlò in tono di rimprovero al cugino, che però aveva fatto evanascere silenziosamente la sigaretta non appena aveva sentito dei passi alle sue spalle.
 
“No.”
“Sì, invece, ti ho visto, e puzzi. Guarda che se non ti muovi lo dico a Cora, ti prenderà lei per un orecchio.”
 
“Ok Aghata, arrivo, non serve ricorrere a certe minacce!”
 
Gerard si alzò dal gradino con uno sbuffo sommesso, spolverandosi leggermente i pantaloni scuri mentre Aghata, al contrario, sorrideva, seguendolo di nuovo all’interno della casa con aria soddisfatta.
 
 
 
*
 
 
“Caro, sai che oggi i tuoi figli e buona parte dei nostri ospiti si sono azzuffati a suon di getti d’acqua?”
“Dopo 22 anni ancora non mi spiego perché ogni tanto quei due diventano improvvisamente “i miei figli” anziché “nostri”….”
 
“Ovviamente a cominciare sono stati loro, ma non me ne stupisco più, ormai… Assurdo, pensavo quei ragazzi che fossero qui per altri motivi, non per mettersi a giocare!”
 
“Lasciali fare Belvina, sono giovani… Tra qualche anno probabilmente buona parte di loro avrà una famiglia, e non potrà più permettersi di fare queste cose. Che si divertano e che facciano i ragazzi, finché possono, purtroppo per persone come noi la giovinezza spensierata dura poco, se capisci cosa voglio dire.”
 
 
Belvina sorrise gelida mentre si spazzolava i capelli scuri prima di mettersi a dormire, astenendosi dal dire al marito che lei, essendosi sposata a 18 anni e avendo avuto il primo figlio a 20, sapeva perfettamente cosa volesse dire dover crescere all’improvviso per prendersi responsabilità da adulta quando era ancora praticamente una bambina. Lo sapeva meglio di chiunque altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
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Angolo Autrice:
 
Buonasera mie care lettrici!
Innanzitutto, grazie infinite per le recensioni, scusate se spesso non rispondo, ma sono sempre apprezzatissime. Inoltre, spero di essermi rifatta co questo capitolo, che mi soddisfa molto più del precedente.
Questa volta torno con una domanda per voi: come se la cava il vostro OC nei duelli e con gli Incantesimi in generale? Cercate di rispondere entro l’11!
Ora scusate, ma corro a dedicarmi a noiose cose universitarie prima di godermi I Doni della Morte Parte 2! Buona serata a tutte,
Signorina Granger  
 
Ps. Visto che molte di voi me l’hanno segnalato ho reinserito la foto di Aghata, spero che ora la vediate, altrimenti non so proprio come fare, scusate. Comunque lo scrivo qui, così potete leggerlo tutte: il suo PV è Drew Barrymore (un po’ di anni fa, ovviamente)
   
 
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