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Autore: Valerie    21/04/2020    4 recensioni
Susan Sanders ha undici anni, un padre molto impegnato, forse troppo, un affascinante fratello più grande alle prese con una cotta adolescenziale, le farfalle nello stomaco, la prospettiva di un inizio importante nella tanto famigerata Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e tutta una vita davanti.
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Pronta per un nuovo viaggio, ho deciso di accompagnare Susan in questo percorso così importante per lei.
Sarà una strada lunga, a tratti faticosa, ma anche tanto emozionante e ricca di eventi, imprevisti piacevoli e non.
Spero che alcuni di voi vorranno intraprendere questo cammino insieme a noi.
_Valérie_
Genere: Azione, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cedric Diggory, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Questione di interessi
 
 
 
Il tempo passava inesorabile nella vita di tutti.
Susan era arrivata al suo terzo anno nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, mentre per Eric era il fatidico anno dei G.U.F.O.
Era una giornata particolarmente fredda quella: un sabato mattina come tanti, di un fine settimana di dicembre, poco prima delle vacanze di Natale.
Non che quella fosse la giornata ideale per una passeggiata all’aperto, visto i grossi nuvoloni grigi che aleggiavano sui territori del castello, però era uno di quei rari momenti in cui la neve dava un po’ di tregua.
Susan se ne stava appollaiata su una panca fra gli spalti dello stadio di Quidditch, in prossimità della curva rivolta a Sud, con il naso infilato nel suo Manuale di Incantesimi di Miranda Goshawk, intenta a ripassare l’Incantesimo di Ammorbidimento.
Che la squadra di Tassorosso stesse tenendo gli allenamenti per la successiva partita di Quidditch proprio in quel momento era da considerarsi totalmente casuale.
Ai suoi piedi una roccia delle dimensioni di una scarpa si ostinava a non diventare morbida come una spugna.
-Gommosus- ripeté dopo aver riletto per la terza volta tutto quello che c’era da sapere su quel benedetto incantesimo e agitando la bacchetta in direzione della pietra.
-Forse è qualcosa nel movimento di polso che non va- si disse, lanciando un’occhiata noncurante al campo di gioco.
‘Oppure sono i continui sguardi eloquenti che riservi al bel cercatore di Tassorosso il problema’.
Susan sentì chiaramente la voce di Adia riecheggiarle nelle orecchie.
Non erano chiaramente sfuggite all’amica le occhiate che Susan lanciava frequentemente di sottecchi a Cedric Diggory.
-Ti piace! - sentenziò un giorno in un sussurro, sprofondando accanto a lei nel divano della sala comune, circa un anno prima.
-Di che stai parlando? - fu l’evasiva contro-domanda della castana.
-Non fare la finta tonta con me, Susan Sanders- l’ammonì la compagna – Avresti tutto il mio appoggio! – concluse posando gli occhi sul bel ragazzo che si trovava poco distante da loro, abbandonato sulla poltrona davanti al camino.
Sue seguì lo sguardo di Adia, fino ad arrivare a Cedric.
I capelli spettinati, il capo leggermente reclinato all’indietro, adagiato sullo schienale della poltrona, la cravatta allentata poggiata disordinatamente su parte del petto lasciato scoperto dalla camicia leggermente sbottonata, le labbra schiuse e le palpebre abbassate a nascondere quegli occhi che a Susan facevano volare le farfalle nello stomaco.
-Non so di cosa tu stia parlando- si era limitata a liquidarla la castana, attorcigliandosi una ciocca di capelli fra le dita e voltando lo sguardo altrove.
-Io glielo direi- continuò Adia, ignorando totalmente le parole della compagna.
Susan la guardò sbigottita.
-Ma sì! – rimarcò la bionda -Non avresti nulla da perdere- disse ancora, intercettando lo sguardo scioccato di Susan.
Scosse veementemente la testa a quel ricordo e con un sonoro tonfo si decise a chiudere il libro di Incantesimi.
Ogni tanto Sue si ritrovava a pensare che Adia fosse stata smistata nella casa sbagliata. Con lo stendardo del coraggio e dell’audacia, Grifondoro sarebbe stata decisamente più adatta alla personalità dell’amica.
Notò, d’un tratto, con disappunto, che le scope volteggianti sul campo di Quidditch erano tornate a terra.
Alzò gli occhi verso il cielo, quel tanto per constatare che i nuvoloni sulla sua testa si erano fatti più minacciosi.
Raccolse in fretta i libri e i fogli con gli appunti sparsi sulla panca e li infilò alla bell’e meglio nella borsa a tracolla. Aveva scelto un punto strategico da cui guardare gli allenamenti della squadra di Tassorosso, ma gli spalti su cui si trovava risultavano i più distanti dalle uscite.
Solo una volta raggiunta la scala per scendere, Susan si ricordò di aver lasciato la pietra su cui si stava esercitando ai piedi delle panche.
-Ci mancherebbe che qualcuno inciampi a causa della mia noncuranza- si disse in risposta all’idea di abbandonare lì quel grande sasso.
La pioggia iniziò a cadere fitta mentre Sue tornava indietro. Raccolta la pietra procedette di nuovo a passo svelto verso le scale.
Era ormai zuppa quando raggiunse il limitare del campo da Quidditch, in prossimità della tenda degli spogliatoi.
L’acqua scendeva copiosamente dal cielo.
Così fitta era la pioggia che la ragazza faceva difficoltà a guardare davanti a sé, oltre che a riuscire ad impantanarsi con le scarpe nella fanghiglia formatasi sul terreno.
Si fermò sotto agli archi all’ingresso del piccolo stadio, con la speranza che spiovesse almeno un po’, prima di riprendere il cammino verso il castello.
Lì dove si trovava, Susan era totalmente esposta alla visuale di chiunque uscisse dal tendone degli spogliatoi, ma non ci fece caso, concentrata com’era a fare calcoli su come prendere meno acqua possibile rientrando a scuola.
-Una polmonite in cambio di due farfalle nello stomaco. Mi sembra uno scambio equo- si disse, maledicendosi mentalmente e stringendosi nel mantello ormai fradicio.
D’un tratto un rombo di tuono riempì l’aria.
 
 
***
 
-Anche questa è a posto- sentenziò Cedric riponendo l’ultima scopa nell’armadietto.
Aveva capito che sarebbe iniziato a piovere incessantemente e con la scusa si era messo a sistemare gli attrezzi nello spogliatoio.
Prima che avesse smesso di piovere avrebbe fatto in tempo a riordinare tutto, così si era deciso a rimanere nel tendone, mentre i suoi compagni si erano apprestati a rientrare nel castello per evitare di essere sorpresi dal temporale.
Si guardò intorno con aria soddisfatta: tutto era al proprio posto.
Il baule con la pluffa, i bolidi e il boccino era stato messo in un angolo dietro agli armadietti, in cui erano stipate alcune scope di riserva, messe a disposizione per chi non ne avesse una propria. Dalla parte opposta, un altro armadietto, adibito alla sistemazione dei cambi post allenamento era stato appena ripulito. Cedric vi aveva trovato un calzino solitario e diverse cartacce di merendine sparse qua e là.
Con un gesto della bacchetta e recitando la formula Reparo, il ragazzo aveva anche riparato l’ultimo gancio a destra per appendere gli abiti.
-Vediamo che intenzioni hanno questi nuvoloni- si disse infine, affacciandosi dallo spogliatoio.
A giudicare il battere incessante delle gocce d’acqua sul tendone, la pioggia non avrebbe diminuito di intensità ancora per un po’ e il cielo nero confermò la sua intuizione.
Si sporse il necessario per guardare quelle nuvole cariche di acqua, trasportate da un leggero vento, il cui avanzare era accompagnato da qualche lampo.
D’un tratto un lampo più intenso degli altri illuminò il cielo, seguito, poco dopo da un forte rombo di tuono.
 
***

Susan si era tappata le orecchie con forza e aveva incassato la testa nelle spalle.
I tuoni proprio no. Avrebbe sopportato tutta l’acqua del mondo, ma il rombo dei tuoni era qualcosa che l’aveva sempre scossa fin dentro le ossa.
Tornò a guardare verso il castello, abbastanza distante se messo in relazione alla quantità di acqua che ampiamente continuava a cadere dal cielo, tenendo sempre le mani ben premute sulle orecchie.
‘Ce la posso fare’ pensò mettendo un piede in avanti, prima di essere fermata da un altro lampo intenso, preludio di un ulteriore imminente rombo.
‘No, non ce la posso fare’ si disse strizzando gli occhi e tornando sui suoi passi.
Con ancora gli occhi chiusi, all’improvviso, Sue si sentì tirare per un braccio.
Urlò per lo spavento, ritraendosi istintivamente.
-Corri! – la voce di Cedric cercò di sovrastare il rumore del tuono, mentre il ragazzo le cercava la mano, intento a trascinarla via da lì.
Allora la mano di Susan incontrò quella del giovane Tassorosso e insieme corsero al riparo nel tendone degli spogliatoi.
 
***
 
-Che diavolo ci fai sotto la pioggia? – le chiese Cedric stupito nel vederla lì.
Susan era zuppa, spaventata dai tuoni e completamente priva di giustificazioni.
-Io…- temporeggiò strizzandosi inutilmente il mantello -…io mi ero messa a studiare sugli spalti- rispose col fiato corto, indicando un punto oltre il telo del tendone, verso il campo da Quidditch.
Quando aveva progettato il suo alibi quella mattina, ancora avviluppata nelle coperte del suo letto a baldacchino, le era parsa una buona scusante, ma adesso che si trovava lì di fronte a lui non sembrava affatto quella grande giustificazione.
Il ragazzo assunse una smorfia confusa, ma non indagò oltre, ritendendo di necessaria urgenza trovare un modo per asciugare i vestiti di Susan.
-Togliti quel mantello- le disse perentorio -Vediamo di evitare di farti prendere una polmonite – aggiunse poi avvicinandosi alla vecchia stufa posta al centro della tenda.
Non di rado quella stufa veniva accesa durante l’inverno, per riscaldare gli ambienti dello spogliatoio.
Infilò la mano nella tasca del suo mantello e ne tirò fuori la propria bacchetta, pronunciò la formula dell’incantesimo del fuoco e dopo un rapido gesto della mano accese un vivace fuocherello sotto la caldaia arrugginita in alcuni punti.
Susan si tolse il mantello dalle spalle, abbandonandolo su una panca lì a fianco e istintivamente si avvicinò alla fonte di calore, allungando le mani intirizzite dal freddo verso il fuoco.
-Anche il maglione deve essere bagnato- constatò Cedric toccandole il bordo del colletto –Guardati, hai i brividi di freddo- constatò con una nota di rimprovero nel tono della voce, notando la pelle d’oca sul collo di Susan.
Il maglione era completamente zuppo, ne convenivano entrambi, ma la pelle d’oca non era dovuto ai soli brividi di freddo.
Sue si sfilò anche il maglione, rimanendo con la sola camicetta leggera.
 
 
***
 
Cedric prese il mantello e il maglione di Susan e li pose sullo schienale di una sedia, posta di proposito accanto alla stufa.
-Non credo continuerà a piovere in questo modo per molto…- disse d’un tratto rivolto verso di lei -…ma per quel che ne rimane ti conviene asciugarti il più possibile, per evitare di ammalarti- le spiegò poi.
La vide annuire silenziosamente, quasi rannicchiata vicino alla vecchia stufa.
Aveva i capelli incollati al viso, le mani leggermente tremanti e la camicetta bagnata aderiva a quelle forme, notò Cedric, che dolci e leggermente pronunciate si stavano formando sul corpo della ormai non tanto più piccola Susan.
Distolse immediatamente lo sguardo, imbarazzato dai suoi stessi pensieri.
-Ho la giacca di una divisa da Quidditch- disse alla ragazza, affrettandosi a passarle l’indumento, prendendolo dal suo borsone.
Susan la poggiò ben volentieri sulle spalle bagnate, senza dire una parola.
Un imbarazzante silenzio aleggiava nell’aria, ma nella testa della ragazza tutto regnava, fuorché l’assenza di rumore.
Un brusio incessante di vocine fastidiose le affollava la mente.
Una gridava alla vergogna, una si votava al noviziato in clausura, una proponeva l’eremitaggio sul cucuzzolo di una montagna e un’altra ancora le ripeteva semplicemente che era meglio affrontare la tempesta di fulmini fuori da quella benedetta tenda.
 
 
***
 
Susan vide Cedric sedersi su una panca in prossimità dell’uscita dello spogliatoio, intento ad osservare il cielo chiuso e scurito dalle nuvole ancora cariche di pioggia.
-Eric mi ha detto che tornerete a casa per le vacanze di Natale- disse lui ad un certo punto, rompendo il silenzio, senza distogliere lo sguardo dai nuvoloni.
-Sì, il 23 prendiamo il treno per tornare a Londra- rispose la ragazza, rabbuiandosi un po’. Non amava passare le feste natalizie a Villa Sanders.
Lei ed Eric stavano crescendo, ma le vecchie abitudini della loro famiglia erano pressocché immutate. Il signor Sanders trascorreva la maggior parte del tempo in ospedale, fatta eccezione per la veglia di Natale, occasione in cui, Eric faceva notare con una punta di stizza nella voce, si degnava di stare alla loro presenza.
Dal canto suo, Sue aveva imparato ad apprezzare a pieno la vicinanza dei suoi compagni in quegli anni passati ad Hogwarts e separarsi da loro, anche solo per le feste natalizie, le procurava nostalgia.
Ormai, i lunghi periodi passati nella sua grande casa non rassomigliavano più a quelli di quando era bambina. Allora bastava un niente per divertirla o intrattenerla, nel grande giardino che circondava la villa, fra i più disparati alberi da frutto che la cara vecchia Leah amava coltivare con tanta cura.
Susan stava cambiando e con lei i suoi interessi.
Erano passati anni dal suo ingresso nella più famigerata scuola di magia d’Inghilterra, ma ricordava benissimo come l’interesse per il ragazzo seduto poco distante da lei aveva sempre fatto da sfondo a tutte le esperienze che aveva vissuto fino a quel momento.
-Tu tornerai a casa? - si azzardò a chiedergli Susan di rimando.
-Sì…- rispose lui tornando a guardarla -…passerò Natale con i miei. Per Capodanno, invece, tuo fratello mi ha chiesto di passarlo da voi-
Sue non poté evitare di sobbalzare appena.
-Ah…non ne sapevo nulla- disse, cercando di sembrare il più naturale possibile, soffocando quell’irresistibile impulso di sfoderare un sorriso a girocollo.
-Sì…- continuò Cedric -…lo ha chiesto anche a Vivian-
Vivian.
Erano tre anni che suo fratello sbavava letteralmente dietro quella ragazza, ma ancora non era riuscito a dichiararsi a dovere.
-Povera Vivian…- Susan si lasciò scappare quella riflessione ad alta voce.
Cedric sorrise divertito da quell’affermazione.
-Credo che dovrà dargli una mano lei, altrimenti tuo fratello potrebbe non farcela da solo- disse lui, intuendo a cosa si riferisse la ragazza.
-Mi dispiace, ma mi tocca dissentire! – lo contestò veementemente Sue.
-Ah, sì? E perché vossignoria dissentirebbe? – la incalzò il bel cercatore con un accenno di sorriso sulle labbra.
-Alle ragazze piace essere conquistate! – rispose con ovvietà la castana – Se non è il ragazzo a fare il primo passo, noi pensiamo che lui non sia abbastanza interessato- sentenziò con sapienza.
Cedric alzò un sopracciglio, stupito.
Da quando Susan Sanders si soffermava a riflettere sull’arte della conquista?
Quell’affermazione portava con sé tanti di quei sottintesi che Cedric fece fatica a realizzarli tutti assieme.
Quanto del modo di guardare il mondo della piccola Sue era cambiato? Arrivare ad una conclusione come quella che lei aveva appena esposto, implicava l’osservare i ragazzi con occhi diversi, soffermarsi a guardare e valutare atteggiamenti, comportamenti, che potessero palesare un interesse…
Cedric guardò la ragazza che ancora si scaldava al tepore della stufa poco distante da sé e si ritrovò a chiedersi se ci fosse qualcuno che lei desiderasse si facesse avanti.    
 
 
***
 
 
-Potremmo fare un gioco babbano! – esclamò entusiasta Adia alzando pe l’aria l’ennesimo boccale di burrobirra.
Alla fine, le vacanze erano arrivate, il Natale non portò con sé nessun cambiamento inaspettato, ma Susan godette come poté della presenza del padre, nella misura in cui lui riusciva ad esserci.
Crescendo, Susan aveva imparato anche un po’ a mediare l’attrito fra lui e suo fratello, che invece di diminuire si andava accentuando.
Quando parlò con Eric del fatto che gli aveva omesso il particolare dell’invito di Cedric a casa loro per il Capodanno, suo fratello, con la faccia di bronzo che solo lui sa mettere su davanti ad una bugia, le disse con una eccessiva noncuranza -Ma dai…ero convinto di avertelo detto! Vabbè, non sarà mica un problema, no? –
Era un problema?
Certo che era un problema!
-Adia devi assolutamente venire anche tu! – Sue si era prostrata in ginocchio davanti all’amica, nel momento esatto in cui era riuscita a trovarla, non appena aveva smesso di piovere quella strana mattina prima delle vacanze.
Susan, subito dopo aver varcato la porta del dormitorio aveva vomitato addosso alla compagna un incessante monologo su quello che le era appena successo e quello che aveva appena appreso da Cedric
-Solo se mi garantirai fiumi di burrobirra- fu la secca risposta che ricevette.
-Qualsiasi condizione verrà accettata senza replica – promise in modo solenne Susan con una mano sul petto.
-Bene, allora aggiungi del Whiskey incendiario- conclusa la bionda.
Così si era ritrovata a nascondere una bottiglia di Whiskey, neanche fosse un’alcolizzata, nel fondo del suo armadio.
L’aveva trafugata di nascosto dalla cantina di casa sua. C’erano così tante bottiglie lì sotto, che nessuno si sarebbe accorto se ne mancava una.
Leah, in accordo con il dottor Lionel, aveva riservato ai ragazzi la piccola dependance che si trovava nella parte posteriore del giardino della Villa.
‘Saranno più a loro agio ’ aveva spiegato la vecchia governante al padre dei fratelli Sanders ‘Avranno un posto tutto loro in cui festeggiare’.
Susan ed Eric accolsero l’idea con grande entusiasmo e passarono i giorni antecedenti l’ultimo dell’anno ad addobbare la piccola sala a dovere.
Adia raggiunse l’amica la mattina del 31 Dicembre, mentre gli altri arrivarono direttamente la sera.
 
-Quale gioco babbano? - chiese curiosa Vivian sedendosi al tavolo rotondo, fra Eric e Cedric.
Eric non riuscì a nascondere l’occhiata eloquente che dedicò all’amica di sempre.
La ragazza aveva sciolto i lunghi capelli dai singolari riflessi viola, rendendoli liberi di cadere sulle spalle, lasciate scoperte da un corto vestitino di maglina nera con lo scollo a barca.
Susan diede un pizzicotto sulla gamba del fratello.
-Ahia! – ringhiò fra i denti il ragazzo in direzione della sorella.
-Se non la baci sta sera, ti meriterai il titolo di più fesso fra i fratelli- gli sussurrò lei ad un orecchio.
-Si chiama Obbligo o Verità- rispose Adia bevendo un lungo sorso di burrobirra.
A Sue non piaceva quel gioco. Proprio per niente.
Lei e la sua amica lo avevano fatto qualche volta ed Adia era riuscita a metterne a punto una versione magica.
Se ad una domanda non si rispondeva con la verità o se non si assolveva l’obbligo che uno dei giocatori imponeva, dalla punta della bacchetta, che si usava come sorta di freccia che veniva fatta girare per sorteggiare il mal capitato di turno, usciva una qualche sostanza vischiosa, verde e puzzolente, che la sua cara amica amava chiamare muco di Troll.
-Ne ho sentito parlare- intervenne Cedric, seduto fra Adia e Vivian -Sembra una cosa divertente- aggiunse poi.
-Divertente ed intrigante! -incalzò la bionda ammiccando.
‘Dovevo sorvolare sulla questione del Whiskey Incendiario’ si disse Susan, maledicendo il momento in cui aveva fornito all’amica più alcol di quanto ne potesse reggere per conservare un minimo di lucidità.
-Ehi, dovevi aiutarmi, non mettermi in una situazione di potenziale difficoltà- disse a denti stretti alla bionda, tirandole l’angolo della lunga maglia dorata che portava sopra ad un paio di pantaloni a sigaretta neri opachi, ma Adia sembrò non ascoltarla minimamente.
 
***
 
-Tocca a me! – sentenziò Eric mettendo la sua bacchetta al centro del cerchio che avevano formato sedendosi sul grande tappeto rosso al centro della sala.
Su di loro un ampio lampadario in vetro reggeva diverse candele destinate a non esaurirsi mai.
Tutto in torno, le pareti erano addobbate con dei festoni e dei palloncini colorati, comprati per l’occasione.
Il moro era stato appena obbligato dal suo più caro amico ad ammettere davanti a tutti che durante il suo primo anno ad Hogwarts, una delle primissime volte in cui si era avventurato solitario per i corridoi del castello, al suo ritorno, si era ritrovato costretto a dormire in una delle botti delle cucine perché da solo non era riuscito a ritrovare il passaggio segreto per tornare nella sua sala comune.
-Dico che il prossimo che verrà sorteggiato dovrà dire la verità- scelse deciso.
Susan ebbe un brivido lungo tutta la schiena. Un brutto presentimento bussò alla porta del suo sesto senso.
Eric fece roteare la bacchetta su di un vassoio liscio, poggiato sul tappeto.
La bacchetta prese a girare e girare e girare.
Dopo attimi che sembrarono eterni, la punta dell’asticella di legno si fermò esattamente davanti a lei.
‘Voglio morire’ pensò. Suo fratello risultava gentile, premuroso e affidabile quando voleva, ma sapeva essere altrettanto spietato in altri casi e quello era sicuramente IL caso.
Sue sfoggiò un sorrisino tirato nel tentativo di impietosirlo.
-Vediamo…vediamo…- Eric sembrava passare in rassegna diverse domande, la maggior parte delle quali, Susan ne era sicura, erano di carattere spinoso, lo sentiva fin dentro le ossa.
-…vediamo…ah, sì! Ce l’ho! – esclamò d’un tratto – Hai baciato o no Tom Caddinton? –
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Bene!
Sono le 3.01.
Ho gli occhi impastati di sonno, ma sono riuscita a completare questo capitolo.
Avrei voluto renderlo più lungo, ma gli impegni universitari che bussano costantemente alla mia porta mi costringono a scegliere diversamente.
Ci tenevo a pubblicare ora perché nei prossimi giorni sarò impegnata con un benedetto laboratorio e poi ricomincerò a lavorare da remoto (un’avventura tutta nuova per me, facendo l’assistente educativo ai bambini con disabilità) …oltre a dovermi dedicare allo studio >.>
Ho finalmente deciso di effettuare un salto temporale, giusto per far entrare i protagonisti nell’età giusta per quella che potrebbe essere una sana cotta adolescenziale!
Volevo ringraziare tutti quelli che stanno leggendo e seguendo questa storia, in particolar modo tutti quelli che sono passati anche a lasciare una recensione -è sempre bello e motivante riceverne, oltre che altamente costruttivo -.
Grazie di vero cuore, quindi, a shilyss, Wall_Hellsong Pin.
Spero vi andrà di seguire ancora. Vi mando un forte abbraccio!
Buonanotte mia tribù di lettori,
_Valerie_
   
 
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