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Autore: Emmastory    25/04/2020    4 recensioni
Muovendosi lentamente, anche ad Eltaria il tempo ha continuato a scorrere, dettando legge nella selva, al villaggio e nelle vite dei suoi abitanti. Il freddo inverno ha fatto visita a sua volta, e solo pochi giorni dopo un lieto evento che cambierà le loro vite per sempre, in modi che solo il futuro potrà rivelare, la giovane fata Kaleia e Christopher, suo amato protettore, si preparano ad affrontare mano nella mano il resto della loro esistenza insieme, costellata per loro fortuna di visi amici in una comunità fiorente. Ad ogni modo, luci e ombre si impegnano in una lotta costante, mentre eventi inaspettati attendono un'occasione, sperando di poter dar vita, voce e volto al vero e proprio rovescio di una sempre aurea medaglia. Si può riscrivere il proprio destino? Cosa accadrà? Addentratevi di nuovo nella foresta, camminate assieme ai protagonisti e seguiteli in un nuovo viaggio fatto di novità, cambiamenti, e coraggiose scelte.
(Seguito di: Luce e ombra: Il Giardino segreto di Eltaria
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-IV-mod
 
 
Capitolo II 
 
Stessa selva, nuove vite 
 
Altri tre giorni erano così spariti dalle nostre rispettive vite, e tranquillamente seduta sul divano di casa, ascolto in silenzio il crepitare delle fiamme nel caminetto. Fa ancora freddo, e proprio accanto a una catasta di legna, Willow. Seduta composta, si lecca una zampa, e senza il minimo rumore, inizia a lavarsi il muso. “Cos’è? Hai anche tu un ragazzo, adesso?” scherzo, prendendola in giro. Totalmente presa da quel rituale di bellezza, lei mi ignora, e pigra come al solito, si acciambella sul tappeto. Limitandomi a osservarla, sorrido appena, poi mi chiudo nel silenzio. Sia Natale che Capodanno sono passati da poco, e il ricordo dei fuochi d’artificio è ancora impresso nella mia mente. Del tutto ignara di una tradizione di quel genere, avevo preso quella di qualche sera fa come una giornata del tutto normale, ma poi, quando il sole era ormai scomparso e la luna e le compagne stelle avevano come sempre preso il suo posto, li avevo visti. All’improvviso, fiori e cascate di mille colori dipinte nel cielo, alcune anche con una forma nascosta fra le luci, proprio come a volte accadeva con le nuvole. Meravigliata, ero rimasta a bocca aperta, e ammirando quello spettacolo dalla finestra della nostra stanza, seduta con Christopher sul bordo del letto, non avevo esitato a baciarlo. A ventidue anni, ero ancora una ragazza, giovanissimi e già madre di due figli suoi, o per meglio dire nostri, e felicissima, a volte non riuscivo a smettere di pensarci. Gli spiriti della foresta e quella dannata strega insistevano nel tentare di entrarmi in mente e convincermi che il nostro amore non avrebbe portato a nulla di concreto, costringendomi invece a soffrire in eterno, e ancora oggi, dopo ben tre, quasi quattro anni, mi chiedevo come potessero continuare a pensarlo. Per quanto ne sapevo, sia Marisa che sua madre erano capaci di intravedere brevi scorci di futuro tramite le loro sfere di cristallo, ma io stessa, essere magico o meno, credo che basti aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà per come si presenta. Il nostro avvenire è ancora incerto, ovvio, ma ora Chris ed io siamo felici. Quella sera, oltre ai fuochi guardavo anche le lanterne che custodivano i nostri piccoli, e felice, accarezzavo con dita delicate quei piccoli esseri di luce. Notandomi, azzardavano nel pigolare come pulcini, e ridendo divertita, ritiravo la mano, spaventata alla sola idea di far loro del male. “Vi amo, Kia. Amo tantissimo sia te che loro.” Mi aveva detto Christopher, raggiungendomi e imitandomi in quei gesti prima di stringermi a sé in un abbraccio. Innamorata come sempre, l’avevo lasciato fare, e con la pallida luce della luna sui nostri corpi, avevo sorriso lievemente prima di dargli una vera risposta. “Ti amo anch’io Chris. Ora e per sempre.” Una sola frase, poche parole, tanti sentimenti e una promessa eterna, fatta a lui quella notte come in mille altre, a seguito della quale, stanchi e pacificamente abbracciati, avevamo finito per addormentarci insieme, l’uno fra le braccia dell’altra, onorando il nostro amore mentre il villaggio appena fuori dalle nostre mura salutava il nuovo anno. Sapevo bene che c’erano tante, troppe cose che ancora non capivo né conoscevo della sua parte di mondo, ma ora so che Christopher resterà con me per sempre, pronto a insegnarmi, aiutarmi e sollevarmi se mai dovessi di nuovo cadere. Ora come ora, quella sera è solo un nitido ricordo, e all’improvviso, come a voler farsi beffe di me e riportarmi alla realtà, il sole mi solletica il viso, disturbandomi la vista. Confusa, scuoto la testa, ed è allora che il tempo torna a scorrere, lento, placido e normale. Chiusa in un silenzio tutto mio, sento di nuovo le fiamme nel caminetto, e tornando a guardare dritto di fronte a me, noto che Willow pare fissarmi. “Che ti succede?” sembra chiedere, stranita. Colta dall’imbarazzo, spero che nessuno oltre a lei abbia notato nulla, e proprio allora, una voce mi distrae. “Cara?” Ad essere sincera non me l’aspettavo, ma è Christopher, e a quanto pare non è solo. “Chris!” lo chiamo, sorridendogli. “Cosmo!” quasi urlo poco dopo, notando il nostro caro amico Arylu. Contento di vedermi, il cagnetto abbaia festoso, e alzandomi dal divano, gli faccio una frettolosa carezza sulla testa, grattando piano vicino alle orecchie. Chiudendo gli occhi azzurri come i miei, il cucciolo si gode il mio affetto, poi mostra la pancia. Un modo di esprimersi tipico dei cani, e uno come un altro per dire solo una cosa. “Ti voglio bene.” Intenerita da quella scena, mi fermo a guardarlo, ma dopo una battuta di silenzio, la voce del mio amato attira di nuovo la mia attenzione. Rispondendo al suo richiamo, torno a guardarlo, e in un istante, un abbraccio ci unisce. Veloce, sono la prima a parteciparvi, e nonostante sappia che mi ami, ora mi sembra rigido. “Va tutto bene?” non potei evitare di chiedere dopo altro silenzio, preoccupata. “Sì, solo...” balbettò, incerto come mai l’avevo visto. Senza proferire parola, non feci che guardarlo, e volendo aiutare, cercai la sua mano. “Chris, così mi preoccupo.” Confessai, con il cuore che batteva forte per l’emozione. “No, sta tranquilla. Anzi, vieni.” Mi rispose, abbozzando un sorriso e stringendo la presa sulla mia mano. Contagiata da quel modo di fare, sorrisi a mia volta, e seguendolo, tornai ad accomodarmi sul divano. Di lì a poco, il silenzio cadde ancora nella stanza, spezzandosi solo a causa delle onnipresenti fusa di Willow, ora in tutto simili a un leggero russare. “Chris, avanti. Si può sapere che ti succede?” azzardai poco dopo, ancora divertita ma decisamente stanca di aspettare. Testardo, il cuore continuava a battermi forte nel petto, e forse a contagiarmi c’era anche l’aria di festa che ancora si respirava al villaggio, ma ero emozionata, e aguzzando la vista, notai qualcosa. Se i miei occhi erano già pieni di luce, lo stesso valeva per i suoi, e come il tempo al suo fianco mi aveva insegnato, un dettaglio del genere poteva significare solo una cosa. Ricordavo di averlo già visto nel primo giorno di primavera che avevamo passato insieme, quando mi aveva portata per la prima volta alla comunità umana e dalla sua famiglia, e seppur con mille idee a vorticarmi in mente, tacqui. Curiosa, attesi per un tempo che mi parve infinito, e poi, approfittando di quel momento di pace fra noi, nonostante il costante e continuo rumore della coda di Cosmo che sbatteva contro il divano, mi sussurrò qualcosa all’orecchio. “Chiudi gli occhi, fatina mia.” In cinque parole, un comando al quale obbedii senza oppormi, e che perdendo la capacità di vedere, eseguii all’istante. Da allora in poi, non vidi più nulla, ma in compenso avvertii uno strano rumore, simile al fruscio delle foglie che senza volerlo spesso calpestavo. “Va bene, adesso riaprili.” Mi disse poi, deciso. Obbedendo ancora, riacquistai subito il dono della vista, e non credendo ai miei occhi, per poco non li strofinai, sicura di sognare. Era assurdo, perfino Cosmo e Willow sembravano increduli, ma davanti a me, proprio sul tavolino in legno del salotto, un’intera scatola di cioccolatini. Al latte, proprio come mi piacevano. A quella vista, sorrisi, e veloce, mi strinsi a lui, trovando sicurezza e conforto fra le sue braccia. “Chris, amore, grazie. Sono davvero per me?” chiesi, stupita. “O per noi, se vorrai dividerli, carina.” Non tardò a replicare, giocoso come sempre. “Certo, anche adesso. Tu ne vuoi?” concessi, l’emozione ancora nascosta negli occhi e nel cuore. “Volentieri!” rispose subito il mio amato, sporgendosi quanto bastava per afferrarne uno. Lasciandolo fare, attesi il mio turno con pazienza, ma prima che potessi muovermi, lui mi precedette. “Ferma dove sei.” Pregò, con la voce più profonda del normale e fintamente minacciosa. Sempre più divertita, trattenni a fatica una risata, e bloccandomi, attesi la sua prossima mossa. Tranquillo, Christopher scostò appena la mia mano dal dolcetto, e afferrandolo a sua volta, me lo porse, imboccandomi come una bambina. Sorpresa, arrossii in volto, e dopo aver sentito la cioccolata sciogliermisi in bocca, scoppiai a ridere. “Che ti è venuto in mente?” non mi trattenni dal chiedergli, assestandogli un affatto offensivo pugno sul braccio. “Cercavo di essere galante, nient’altro.” Si difese lui, stando al gioco e parando quel colpo con un cuscino. “Christopher, tu sei galante.” Gli feci notare, tornando subito seria. “Davvero?” azzardò lui, stranamente abbattuto e per nulla convinto. “Certo! Hai dimenticato la prima sera di Notteterna?” tentai, sperando di riuscire a riportargli alla mente quel ricordo. Insieme, avevamo camminato tenendoci per mano, osservato mille stelle e altrettante lanterne, incontrato le nostre amiche pixie e i loro genitori regalando alle bambine la gioia di giocare insieme con un palloncino che scoppiando aveva liberato una nuvola di coloratissima polvere magica, e concluso quella serata con un romantico passo a due. Per pura sfortuna, alle mie parole seguì il suo silenzio, e proprio quando credetti di aver fallito, un suo sorriso. “Hai ragione, scusa. A volte ho solo paura di deluderti, ecco.” Semplice eppure forte, la sua risposta arrivò solo pochi istanti dopo, colpendomi improvvisamente, come un pugno nello stomaco. “Amore, no. Non dirlo nemmeno. Fino ad ora non è mai successo, lo sai.” Lo rassicurai, cercando la sua mano e stringendola delicatamente. Sicura di me e di ciò che davvero provavo per lui, la sollevai fino a portarmela al petto, e solo allora, lui ascoltò il mio battito. “Lo senti?” gli sussurrai, decisa. Mantenendo il silenzio, lui si limitò ad annuire, e orgogliosa, lo abbracciai. “Non batterebbe così, se fossi vicino come dici a deludermi.” Continuai poco dopo, sempre felice e onorata del posto che sapevo di avere al suo fianco. Sorridendo ancora, Christopher ricambiò quella stretta, e cogliendomi di sorpresa, un bacio unì le nostre labbra. Colpita, mi irrigidii all’istante, ma bastò un attimo, e mi rilassai ancora. Quel contatto non durò molto, un minuto al massimo, e quando ci staccammo, decisi che era arrivato il momento di fare la mia mossa. Ero ancora lontana dal conoscere perfettamente ogni tradizione umana, e lo sapevo bene, ma quella sullo scambio dei regali era stata la prima a restarmi impressa, così, uscendo di casa a sua insaputa e nascondendo la mia assenza dietro a un biglietto e a una passeggiata, gliene avevo comprato uno anch’io. Sobrio ma elegante, un semplice portafoto dalla cornice argentata, cortesia di Seamus, il proprietario del rustico negozietto che avevo visitato. Non era quello di Garrus, ma la qualità non era certo inferiore, e ricordavo di aver sentito un peso svanirmi dal cuore quando, nonostante l’identità di leprecauno e la conseguente e proverbiale avarizia, aveva insistito per lasciarmelo acquistare senza spendere neanche un solo rublo di luna. “È un dono d‘amore, signorina, non si preoccupi.” Aveva detto, togliendosi il cappellino verde ed esibendosi in una sorta d’inchino da dietro il bancone. “Signora.” Avevo corretto, regalando al negoziante un lieve sorriso mentre mostravo con grazia l’anello che portavo al dito. Argenteo come la cornice, per me un simbolo dell’amore di mio marito, e per entrambi, di reciproca fede. Così, contenta del nuovo acquisto, ero tornata a casa, e affrettandomi, l’avevo nascosto nell’unico luogo dove sapevo si sarebbe mimetizzata alla perfezione. La libreria del salotto. Calma, mi alzai dal divano, e camminando fino a raggiungerla, finsi di osservare i libri che conteneva così da distrarlo, per poi cambiare idea e prendere in mano proprio il pacco che nascondevo. Piccolo e avvolto in una carta rossa e bianca, costellata di fiocchi di neve e bastoncini di zucchero, che mai avevo provato e che speravo di assaggiare, il regalo che aspettavo di consegnargli. Lenta e sorridente, tornai a sedermi con lui, ed evitando per un soffio il cuscino del divano, mi sedetti sulle sue ginocchia. Quando eravamo fidanzati era la nostra posizione di base da accoccolati, e nel tempo lo era rimasta, ragion per cui ero sicura che avrebbe accettato. Proprio come mi aspettavo, mi lasciò fare, e finalmente pronta, gli consegnai il suo regalo. “Questo è per te.” Gli dissi appena, posandoglielo davanti. “Grazie, tesoro, davvero” Rispose lui, sul volto dipinti la serenità e la gioia di un bambino. Incuriosito, iniziò a scartarlo, e non volendo restare ferma dov’ero, decisi di aiutarlo. “Che c’è? Credevi che l’avessi dimenticato?” indagai, fintamente infastidita dall’espressione che aveva in volto, passata in un attimo da gioiosa a perplessa. “Tu non dimentichi mai cose così importanti, Kaleia.” Replicò, sincero e innamorato mentre ancora si impegnava ad aprire quel pacco. “Esatto.” Sussurrai in risposta, tranquilla e sicura di me. Lenta e metodica, strappai la carta insieme a lui facendo attenzione a non rovinarla troppo, arrossendo e riducendomi al silenzio ogni volta che le nostre mani si sfiorarono. Non ero più un’adolescente, certo, ma per quanto strano o esagerato potesse sembrare, con lui tutto era diverso, e assumeva ogni volta le sfumature e il sapore del nuovo. Prima di lui non avevo mai conosciuto né l’amore né il romanticismo, e sapere che al suo fianco avessi avuto la fortuna di vivere un primo bacio, la gioia del matrimonio e la delicata ebbrezza della prima volta mi riempiva il cuore di gioia, spingendolo a traboccare d’amore per lui. Poco dopo, a lavoro finito, rimasi a guardarlo, e sorridendogli, gli sfiorai la guancia con le labbra. “Allora, ti piace?” chiesi, non riuscendo a tenere a freno la lingua e non aspettando altro che la sua opinione. “Sì. Sì, fatina mia, mi piace tantissimo.” Rispose, sincero com’era sempre stato. A quelle parole, sentii il sorriso incresparmi ancor di più le labbra, e nonostante il desiderio di abbracciarlo fosse fortissimo, resistetti. Imponendomi la calma, mi rimisi seduta al suo fianco, sfiorando con dita delicate la cornice ancora vuota. Notandomi, lui mi regalò un ennesimo e luminoso sorriso, poi parlò. “È bellissimo, davvero, ma perché proprio un portafoto?” azzardò, contento ma confuso dalla mia scelta. A quelle parole, non seppi cosa rispondere, e improvvisamente chiusa in uno stranissimo silenzio, esitai. Sapevo di avere la tendenza ad essere taciturna o a diventarlo se ero troppo emozionata, ma che mi stava succedendo? Non lo sapevo, e fu mordendomi un labbro in preda alla tensione che alla fine decisi. Non avevo scelto quel regalo affidandomi al caso, se l’avevo fatto c’era una ragione ben precisa, e lui doveva saperlo. “Vedi, Chris... c’è così tanto che non so del tuo mondo...” provai a spiegargli, non riuscendo però a finire quella frase a causa di un nodo che tiranno, mi strinse la gola. “E?” mi incalzò lui, incoraggiandomi a parlare e posandomi delicatamente una mano sulla spalla. “Non... non lo so, ho pensato che tu e la tua famiglia avreste potuto insegnarmi. Mi hai mostrato cosa sia la mia parte magica, e hai fatto lo stesso con quella umana, ma sento... sento di aver perso così tanto!” la risposta che diedi fu quella, affatto semplice ma elaborata, data con la voce spezzata come l’ala di un uccellino ferito. Senza volerlo avevo anche iniziato a piangere, e asciugandomi gli occhi con un fazzoletto tenuto nella tasca della veste, sperai che non mi considerasse una sciocca. In totale onestà quell’intera situazione sfiorava la follia, e ne ero cosciente, ma nonostante tutto volevo che scoprisse le ragioni dietro al mio gesto, ovvero imparare lentamente ogni cosa sul mondo umano mentre il nostro rapporto come fata e protettore continuava ad evolvere, lasciandoci vivere uno in perfetta simbiosi con l’altra. Nel silenzio della mia indecisione, però, una luce alla fine di quel metaforico tunnel.“Kia, amore, certo!” rispose subito il mio Christopher, non potendo evitare di sorridere e allargando le braccia per accogliermi. Sconvolta, annuii lentamente, e avvicinandomi, trovai in lui e nel suo calore il mio ennesimo rifugio. “Sai, probabilmente Lea lo detesterebbe. Le piacciono anche quelle normali, ma lei e Danny preferiscono scattarsi foto con il cellulare.” Commentò, divertito al solo pensiero. “Con il cosa?” non mi trattenni dal chiedere, spaesata. Sapevo che gli umani avevano oggetti e diavolerie tecnologiche tutte loro, e nonostante avessi sentito parlare di uno dotato di schermo e tastiera, ciò di cui parlava non mi era per niente familiare. “Cellulare. Serve a parlare con le persone e a scrivere messaggi. Come lettere, ma più veloci.” Mi spiegò, tranquillo e paziente mentre mi guardava, cancellando lentamente una mia lacrima con il pollice. “Amore, davvero. Non è un problema. Prima o poi ti spiegherò come usare una fotocamera, e ci faremo tutte le foto che vorrai.” Mi disse semplicemente, nelle sue parole la pazienza e l’amore che mi avevano attratta sin dal primo giorno. “Ti credo, Chris.” Ebbi appena la forza di rispondergli, senza più piangere ma con il corpo scosso da piccoli tremiti. “E non vedo l’ora.” Aggiunsi poco dopo, sforzandomi per tornare alla calma. “Sì, va bene, ma adesso sta tranquilla.” Mi pregò, attirandomi di nuovo a sé e tenendomi stretta. Nervosa, mi scoprii di nuovo vicina a piangere, ma più veloce dei miei stessi pensieri, Christopher fu lì per me, di nuovo pronto ad aiutarmi. “Kaleia, Kaleia, amore. Basta, non è successo niente. Non pensare a questo, concentrati su altro.” Un consiglio che sentii appena, poiché mi giunse come ovattato, ma che ascoltai con un altro cenno del capo. “Come... come la natura.” Sussurrai, parlando più con me stessa che con lui. Contrariamente a ciò che pensavo, lui riuscì a sentirmi, e veloce, mi offrì un cioccolatino. “Esatto. Tieni, mangia pure.” Continuò Christopher, emulando il mio tono di voce così da non spaventarmi ancora. Ad essere sincera non sapevo cosa mi fosse accaduta, forse era stata una sorta di reazione istintiva e primordiale, un dettaglio mai conosciuto della mia parte magica confusa dal mio desiderio di umanità, e dopo un ultimo tremito e un respiro profondo, accettai quel dolce. “Grazie, Chris, grazie.” Ripetei più volte, respirando a fondo per calmarmi. “Non è niente, Kia, solo parte di me e del mio lavoro.” Ancora una volta, un sussurro pari ai miei, così che non mi spaventassi ancora di più, e quando finalmente smisi di tremare, solo un bacio, un abbraccio e un viaggio verso la camera da letto. Non era ancora notte, e neanche sera, ma quel pomeriggio era stato decisamente pieno di emozioni, e volevo, anzi, dovevo rilassarmi. Prendendo il mio Christopher per mano, lo seguii senza più parlare, e sdraiandomi a letto ancora vestita, mi abbandonai fra le sue braccia e rilassai completamente, dando un occhio al panorama appena fuori dalla finestra e ai miei due amati bambini, le cui lanterne erano vicine al nostro letto, e finalmente, a sera, mi chiesi cosa stesse succedendo a Primedia, come stessero mia madre, mia sorella, la cara Leara e il suo Danny che non vedevo da moltissimo tempo, rivolgendo anche un pensiero ad Aster, al suo Carlos e alle sorelle ninfe. In breve, quest‘ultimo avrebbe continuato a scorrere, mostrandomi lentamente la stessa selva piena di vecchie e nuove vite.  
   
 
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