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Autore: Nereisi    30/04/2020    2 recensioni
A Punk Hazard gli Strawhats si scontrano con le abominevoli realtà del Nuovo Mondo: innocenti vittime della crudeltà di persone potenti, traffici di Frutti del Diavolo, esperimenti umani. Nonostante la loro vittoria, vengono a conoscenza di una terribile verità: non sono riusciti a salvare tutti i bambini. Decisi a porre fine ai rapimenti, gli Strawhats si imbarcano in un viaggio che li porterà alla ricerca di un nemico nascosto in piena vista.
La chiave per la soluzione di questo mistero sembra essere una ragazza che avrebbe preferito di gran lunga rimanere nell'ombra, capitata nel posto giusto al momento sbagliato.
Tra nuove isole, combattimenti contro il più insospettabile degli avversari, aiuti inaspettati e fin troppi Coup De Burst la ciurma di Cappello di Paglia verrà coinvolta in un viaggio che potrebbe scuotere - e forse distruggere - le fondamenta del mondo e dell'ordine che lo governa.
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nami, Nuovo personaggio, Sorpresa | Coppie: Franky/Nico Robin, Sanji/Zoro
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Footprints'
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Barefoot
- Crawling - 



“Luffy?”

Nulla.

“Luffy?”

Silenzio.

“Luffy.”

L’interessato le diede ostinatamente le spalle.

Nami sospirò. “Capitano.”

Con un’altezzosa tirata di naso, Luffy si girò finalmente verso di lei. “Dai, non fare così. Ho detto che mi dispiace.” Lui incrociò le braccia con fare petulante. Nami si spazientì. “Stai un po’ a sentire-“

“Non rompere, razza di gomma da masticare su gambe. Preferisci rimanere senza scorte?” La interruppe Sanji - Il che era strano. Sanji non la interrompeva mai.

Luffy saltò su. “Certo che no!” Berciò. “Ma avrebbe dovuto chiedermelo prima! Sono io il capitano, decido io dove andiamo!”

Sanji chiuse la scatola dell’ultimo pranzo al sacco e gli puntò una spatola contro con fare minaccioso. “Non romperle l’anima, ha fatto bene. Prima di cena hai dormito per ore e dopo ti sei ingozzato talmente tanto che ti è preso l’abbiocco. Era impossibile parlarti!”

“Beh, avrebbe potuto aspettare stamattina e chiedermelo!”

“Luffy, è stata una cosa abbastanza improvvisa. Se avessi aspettato questa mattina ci avrebbe fatto ritardare moltissimo sulla tabella di marcia. Stiamo navigando senza log pose, quindi non ho una rotta certa da seguire.”

Il ragazzo gonfiò le guance, indispettito. Non sapendo come controbattere, si limitò a borbottare proteste a mezza voce, distogliendo lo sguardo. Sanji lo sentì e sembrò sul punto di usare la padella sporca come arma contundente. Nami corrucciò lo sguardo.

“Guarda che è colpa tua se dobbiamo fare rifornimento prima del previsto! Sei un dannato pozzo senza fondo!” Berciò il cuoco. “E tieni giù quelle zampacce! Guarda che ti ho visto!” Luffy si affrettò a ritirare la mano dal cesto di frutta prima che il suo sottoposto decidesse di testare il filo del coltello lì vicino.

Nami sospirò e aprì la porta, concedendogli magnanimamente una via di fuga. “Dai, sparisci. Raus.”

Luffy uscì dalla cucina con la coda tra le gambe.

Nami chiuse la porta e si girò verso di Sanji. “Cos’hai?” Chiese, ammorbidendo la voce.

“Oggi non lo sopporto. Se sento ancora che rompe lo uso come ferma-spifferi.”

“Come mai tanto astio?”

Il cuoco afferrò la spugna con più forza del necessario. “Ieri ha rotto un piatto del servizio buono.” Disse, mettendosi a sfregare energicamente gli utensili sporchi.

Nami sbatté le palpebre. Il servizio buono? Sanji lo tirava fuori solo in occasioni speciali. Ci teneva moltissimo perché era identico al servizio che usavano al Baratie. Quando lo aveva trovato per caso in un negozio insospettabile era corso da lei per chiederle un prestito urgente ed era stato ben felice di indebitarsi e ridurre sensibilmente il suo consumo di tabacco per un mese intero. “Perché lo hai usato ieri sera?” Chiese, dando voce ai suoi pensieri.

Lui si fermò per un momento. “Beh… Volevo festeggiare.”

Nami sbatté nuovamente gli occhi. Festeggiare cosa? Non era successo nulla degno di nota da quando erano- oh. Oh. Sbuffò e gli si avvicinò, mettendogli una mano sulla spalla. “Era un pensiero carino, ma non penso che sia il tipo da notare certe piccolezze. Se vuoi fare pace mi sa che dovrai agire in modo più diretto.”

Lui non disse niente e continuò a insaponare l’argenteria. Nami si spazientì e gli diede una pacca in mezzo alle scapole, facendogli raddrizzare la schiena. Il biondo si girò verso di lei con un leggerissimo rossore sulle guance, preso in contropiede. “E stai dritto, che sembri un vecchietto! Non fare ‘sta faccia, devi solo parlarle. Che sarà mai! Manco ti stessi dicendo di andare contro un Imperatore.”

Lui tornò a girarsi verso il lavello. “In questo momento lo preferirei.” Nami trattenne a fatica l’ennesimo sospiro. Quando si andava a toccare argomenti del genere, diventava talmente serio da non sembrare nemmeno più lui.

“Dici così perché non sei ancora riuscito a fare ordine nei tuoi pensieri?” Sanji annuì. “È lo stesso problema di quando ti sei scontrato con Kalifa. Te ne parlai anche io, se ti ricordi.”

“Già.”

Nami lo scrutò. Era palese che fosse ancora convinto di essere nel giusto, ma era turbato dal fatto che la sua visione del mondo era stata rifiutata così bruscamente; addirittura presa come un insulto. A essere sincera nemmeno lei si era mai messa l’anima in pace riguardo a quel discorso. Forse un giorno il suo amico sarebbe potuto essere sconfitto – o peggio – da qualcuno contro il quale si era rifiutato di alzare le mani, anzi, le gambe. Ma aveva già insistito una volta. Non voleva tirare troppo la corda.

“Senti, facciamo così. Prenditi questa giornata per chiarirti le idee. Stasera, quando torniamo, mi invento un modo per farvi incontrare, così le parli. Sta a te decidere cosa dirle.” Sanji si girò verso di lei, sorpreso. Lei gli sorrise. Lui la imitò.

“Grazie.”

“Di nulla.”
 
-
 
 
Mana percorse la passerella di legno e toccò terraferma per la prima volta in settimane.

Anche se non era la destinazione che agognava così ardentemente di raggiungere, non poteva negare che fosse una sensazione stupenda e liberatoria. Per quanto tempo avesse passato a solcare le onde non si era ancora abituata alla vita in nave, ai limiti che comportava. Si sentiva un po’ meschina a pensarlo, ma nonostante l’urgenza della loro missione era quasi grata di questa pausa.

“Oi, Usopp! Tieni questo!” Mana si girò al suono di quella voce familiare. Ancora sulla Sunny, Franky aveva fermato il compagno di ciurma prima che potesse sbarcare, spingendogli un pacchetto nelle mani.

Il cecchino si affannò per non farlo cadere. “Asp- Cos- Cos’è?” Chiese, confuso.

“Mi servirebbero queste cose, per piacere. Ti ho anche messo i soldi, così non me li devi anticipare.”

“Franky, sai che non è un problema, ma… Non scendi? Sono settimane che navighiamo. Non vuoi sgranchirti un po’ le gambe?”

“Nah, non sono ancora sul punto di scoppiare. Posso reggere finché non arriviamo alla nostra vera destinazione. Ora mi interesserebbe finire questo progetto a cui sto lavorando… se mi ci metto tutta oggi, visto che non stiamo navigando e non devo badare alla Sunny, stasera dovrei riuscire a finire. Mi mancherebbero solo i materiali che mi dovresti portare tu.” Fece una pausa e abbassò la voce, ma Mana riuscì comunque a sentire. “E poi… se succede qualcosa non mi piace l’idea che ci siano solo Robin e Brook a bordo.”

Usopp lo guardò con uno sguardo tra il preoccupato e il comprensivo e a quel punto Mana si girò e si allontanò di qualche passo. Non voleva sentire oltre, non ne aveva il diritto.

Luffy scelse proprio quel momento per tentare uno sprint improvviso verso la città e Chopper dovette mutare nella sua forma più grande e placcarlo di violenza per impedirgli di mandare all’aria qualsiasi piano d’azione fosse stato preparato. Da quanto sapeva, era una ricorrenza molto comune nelle loro avventure.

Grazie, Chopper.” Disse Nami, visibilmente sollevata. Ora che la osservava meglio, aveva delle occhiaie a malapena celate da un filo di trucco. Fece cenno a tutti i presenti di avvicinarsi. “Allora, ciurma, questo è il nostro programma per oggi. Questa è una tappa non prevista, perciò cerchiamo di sfruttarla al massimo e leviamo le tende il prima possibile. Possiamo stare qui solo fino a stasera, altrimenti il log pose registrerà il magnetismo e non ho intenzione di diventare pazza per capire a quale rotta è legata questa isola. Team forza bruta,” chiamò. Luffy, Sanji e Zoro si fecero avanti con sicurezza. “Voi tre insieme siete la miscela perfetta per un disastro, quindi state lontani.”

Mana sbatté gli occhi. Questa non l’aveva prevista. Sapeva che Sanji e Roronoa erano il duo perfetto solo sul campo di battaglia, ma lo spadaccino e Luffy sembravano grandi amici. Come se le avesse letto nel pensiero, Nami stroncò sul nascere la protesta dei due e usò un plico di fogli arrolato come arma impropria per colpirli sulla testa. “Scemo e più scemo, voi due siete inaffidabili e vi gasate a vicenda quindi grazie ma no, non ho proprio le energie mentale per stare dietro ai vostri casini. Tu, Chopper e Franky vi occuperete delle provviste.”

“Uh, Nami… Franky ha detto che non viene.” Disse tentativamente Usopp.

“Hah?” Fece Nami. Ci pensò un attimo su e sembrò avere da ridire, ma poi lei e Usopp si scambiarono uno sguardo significativo. Sembrò quasi che stessero avendo un’intera conversazione senza dire nemmeno una parola. Per un momento, Mana fu invidiosa del loro legame. “… Va bene, lasciamo stare. Usopp, vai con Zoro e Chopper e tieni d’occhio quello scemo. Non fartelo scappare, mi raccomando.”

Il cecchino annuì. Nami continuò: “Sanji, con me.” Il biondo si lasciò andare a una danza di gioia per l’occasione di poter stare insieme alla sua musa. Lei lo lasciò fare, sembrando solo giusto un pizzico irritata; ma se Mana aveva imparato una cosa stando su quella nave era che Nami conosceva benissimo i suoi polli e c’era sempre una ragione dietro ogni sua decisione. Probabilmente lo aveva fatto per avere un valido protettore – e schiavo - in caso fosse successo un imprevisto. Inoltre, avendo le sue attenzioni, non sarebbe corso dietro ad altre donne e avrebbe potuto controllarlo meglio… Quella ragazza era davvero fenomenale quando si trattava di pianificare. Non a caso le decisioni strategiche della ciurma le prendeva lei; e non il capitano. Su qualsiasi altra nave sarebbe stata una follia anche solo pensarlo, ma lì era la normalità.

Mentre stava riflettendo sulle doti della navigatrice della ciurma, fece improvvisamente mente locale sulla attuale situazione e sulle sue precedenti parole. Dovevano andarsene entro quella sera?  Mana si irrigidì improvvisamente, sbarrando gli occhi.

Quella poteva essere la sua unica occasione per abbandonare la nave, in tutti i sensi. Se si fosse nascosta abbastanza bene avrebbero dovuto lasciarla indietro per forza. Però… Aveva appena iniziato il suo allenamento con Roronoa. E aveva appena iniziato a vedere dei risultati. E poi c’erano Luffy e Chopper… Mana strinse i pugni. Si era esposta troppo. Doveva cercare di ricordare l’ordine di idee con il quale si era unita a loro.

E proprio mentre lo pensava, la rossa di girò verso di lei. “Perfetto, allora resta Luffy. Mana, sei con lui.”

Lei strabuzzò gli occhi. “No, aspetta. Cosa?!”

“Ma certo, cosa pensavi? Così se venite attaccati saprà sicuramente proteggerti. La sicurezza prima di tutto! È il nostro capitano. È un po’ il suo lavoro, in fondo.” Presa in contropiede, non reagì per tempo quando Nami le afferrò il polso.

“No, aspetta-“

 “Mi raccomando, tienilo d’occhio!” Disse Nami, schiaffandole la mano di Luffy nella sua e chiudendole a forza l’una sull’altra. Mana guardò prima l’intrico di mani, poi Luffy – che si stava scaccolando con un dito, completamente disinteressato – e infine la navigatrice. Lei rispose al suo sguardo, sorridendo sorniona.

Com’era finita in quella situazione?

“Ma io- Lui- Cioè.” Mana si raccapezzò la testa per cercare una scusa.

La Gatta Ladra la interruppe sul nascere. “Usopp sarebbe dovuto venire con voi per aiutarti a tenerlo d’occhio, ma… Beh. Ormai è andata così.” La guardò con occhi stanchi e con voce monotona le mormorò: “Te lo dico sinceramente, normalmente me lo sarei accollato io. Ma oggi non ho proprio la forza anche solo per pensarci. Tieni.” Le allungò un piccolo sacchettino tintinnante.

Mana abbassò lo sguardo e lo rialzò su di lei, presa in contropiede. “Mi stai dando dei soldi?”

“Perché, pensavi che li avrei dati a lui?” Disse lei sprezzante, come se avesse appena detto una stupidaggine. “Lui li spenderebbe sicuramente in cibo o cavolate. Comprati dei vestiti comodi, così non dovremmo più preoccuparci di rammendare quelli che ti prestiamo.” Disse, facendole l’occhiolino. Mana arrossì.

“Ma… io non ho modo di ripagarti.”

A quelle parole, il viso della Gatta Ladra si illuminò. “Oh, ma non ti preoccupare! Me li ridarai a tempo debito. Con gli interessi, s’intende. Ho appena aperto un credito a tuo nome nel mio registro.” Disse, la voce acuta e melensa allo stesso tempo. A quelle parole, Roronoa si girò di scatto verso di loro e sembrò impallidire.

Mana la guardò e prese il sacchetto, ringraziandola con un cenno della testa. Nella testa le vorticavano una marea di pensieri. Quindi Nami era davvero convinta che sarebbe restata con loro a lungo termine? Si guardò intorno e nessuno sembrava sorpreso dalla discussione appena avvenuta. Cosa significava questo per loro? Cosa significava questo per lei?

 
-
 

Nami guardò Mana rabbuiarsi. In un altro momento il suo cervello si sarebbe aggrappato a quel particolare, calcolando e formulando ipotesi di quel comportamento per essere sempre un passo avanti. Ma quel giorno era particolarmente stanca e liquidò la cosa come semplice imbarazzo per essere ancora una volta in debito con lei.

E, a proposito di stanchezza… Era ora di sfoderare il suo asso nella manica, quello per cui aveva passato la notte in bianco, piegata sul banchetto dello studio. Srotolò il plico di fogli che teneva in mano. Leccandosi un dito, li contò e li separò in parti uguali. “Un altro obiettivo di oggi sarà raccogliere informazioni.” Disse, distribuendoli ai suoi compagni. Mana sembrava ancora immersa nei suoi pensieri e afferrò i fogli in modo assente, ma non appena si rese conto di cos’erano sgranò gli occhi e alzò la testa di scatto.

Nami finse di non vedere la sua reazione, guardandola da sotto le ciglia e con la coda dell’occhio. Si morse l’interno delle guance per non ghignare.

“Nami, ma questi sono i volantini che ti ha dato la marine! Quindi anche da questa isola sono stati rapiti dei bambini?” Esclamò Chopper.

Nami si mise le mani sui fianchi. “Ovvio, per chi mi avete presa? Pensate veramente che avrei pianificato una deviazione del tutto inutile alla nostra indagine?” Disse, pavoneggiandosi. “Sono scioccata, davvero. Potrei addirittura offendermi.”

“Whoo! La nostra navigatrice è la migliore!” Disse Luffy, subito imitato da Usopp e Chopper.

Nami si beò del riconoscimento dei suoi compagni. Certo che era la migliore. Aveva passato tutta la dannata notte a fare copie di quei volantini; e solo quelli che riguardavano quell’isola. Non sapeva perché Mana fosse interessata a quei fogli, ma non era così stupida da darglieli tutti e soprattutto da darle gli originali. Aveva passato giornate intere insieme a Robin a studiarli, cercando di ipotizzare perché le servissero, ma non erano riuscite ad arrivare a nulla di concreto.

“Mi dispiace ma non ho avuto abbastanza tempo per copiarli tutti.” Disse, girando la testa di lato verso l’altra ragazza. “Per questo motivo, sono tutti diversi. Ho fatto il meglio che potevo ma, sapete, la mia povera schiena.” Disse, volutamente esagerando il tono della voce. Sanji fu da lei in un secondo, ricoprendola di complimenti e premure, ma a lei interessava la reazione di Mana.

La ragazza stava fissando dritto verso di lei, con un’espressione che era un misto tra la confusione e la sorpresa. La navigatrice si lasciò allora andare a un piccolo ghigno vittorioso. L’aveva presa all’amo. Se voleva vedere gli altri documenti sarebbe dovuta andare a cercare gli altri gruppi e, in questo modo, l’avrebbero tenuta sotto controllo. Se avesse cercato di sgusciare via e tornare alla nave per rubare gli originali, c’era Robin ad attenderla dietro sue precise disposizioni. E il tempo che avevano su quell’isola era limitato. In ogni caso, se voleva quei dannati volantini, non aveva altra scelta: doveva continuare a stare con loro e, eventualmente, sganciare il resto delle informazioni in suo possesso.

Quando aveva realizzato che si sarebbero dovuti dividere a causa della scarsità di tempo, si era subito preoccupata. Dopo l’imprevisto di Franky, stava quasi per ripensarci e decidere di muoversi tutti insieme come nell’isola precedente. Usopp avrebbe dovuto essere il suo paio di occhi in più per tenere sotto controllo sia Luffy che, soprattutto, Mana. Il suo capitano era facilmente distraibile, ed era più che possibile che Mana rimanesse da sola, libera di agire. Ma non avevano molto tempo, era stanca e aveva fiducia nel piano che aveva ideato.

Mana non poteva scappare.

Nami sorrise, trionfante. Scommetteva che non avrebbe pensato ad altro per tutto il giorno.

 
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Posso scappare.

Il pensiero continuava a rimbalzarle in testa, surreale. Se non fosse per Luffy, che l’aveva tirata dietro di sé pieno di energia e spirito d’avventura, probabilmente sarebbe ancora ferma, piantata al molo.

Posso scappare. Non riusciva a pensare ad altro.

Non aveva ancora capito perché Nami l’avesse fissata in quel modo preoccupante. Sinceramente, la metteva a disagio. Che fossero dei falsi? Mana abbassò lo sguardo, sbirciando il volantino in cima al plico. Vide la faccia di un ragazzo di circa quattordici anni, con i capelli scuri e lunghi. Non le disse nulla. Forse non lo aveva mai incontrato, oppure il disegno aveva qualche imperfezione. Per ricreare le foto la navigatrice aveva ricopiato i volti a matita e sembrano essere molto fedeli, ma era del tutto possibile che non fossero identici. Avrebbe dovuto controllare meglio una volta rimasta da sola.

Una parte di lei era ancora combattuta. Una parte di lei, e non una insignificante, avrebbe voluto continuare a navigare con quella ciurma. Aveva sentito le voci che la circondavano, le testimonianze; ma vivere con loro era tutta un’altra cosa. In poco tempo erano riusciti a fare breccia nelle sue difese. Si sentiva come una di quelle cozze che Sanji aveva preparato per la raffinata cena della sera prima: aperta a forza e con cura, ma inesorabilmente. Aveva già iniziato ad affezionarsi e non andava bene, non andava bene per niente.

Ma, alla fine, non è che avesse giurato loro fedeltà. Il suo obiettivo finale era ancora il più importante. Non appena fosse riuscita a determinare l’autenticità dei volantini che aveva tra le mani, se la sarebbe svignata. Avrebbe trovato un nascondiglio e avrebbe aspettato che se ne andassero. E poi avrebbe aspettato, ancora e ancora, finché un’altra nave, la nave giusta, quella che le interessava, sarebbe tornata ad attraccare su quell’isola. E allora…

Mana scosse la testa. Non doveva mettere il carro davanti ai buoi. Una cosa alla volta.

“Luffy, ti va se ci dividiamo? So che ti stai annoiando.” In effetti non lo sentiva chiacchierare da un po’. Si sentì un po’ in colpa a non avergli dato attenzioni, le ultime che gli avrebbe mai dato, ma era occupata a pensare. “Io dovrei andare a comprare dei vestiti…” Si girò.

Dietro di lei non c’era nessuno.

In lontananza, le porte di un ristorante erano misteriosamente divelte.

Era rimasta da sola.

“Ah.”
 
-
 

“Ah, e poi se ha, uh… del vino?” Chiese Usopp assorto, leggendo dalla lista della spesa che gli aveva affidato Sanji. Zoro drizzò le antenne e Usopp gli rifilò un’occhiataccia. “Per cucinare, non da bere! Razza di spugna che non sei altro.” Meno male che l’alcol da bere lo prendeva il gruppo di Nami. Se così non fosse stato, probabilmente le bottiglie non sarebbero nemmeno arrivate fino alla Sunny.

La padrona del negozio rise, la forma giunonica scossa dai tremolii. “Vedo che le generazioni passano, ma la presa di un buon vino non risparmia nessuno. Va bene uno generico?”

Usopp inclinò la testa. “Uhm, qui non è specificata il tipo, quindi credo di sì.”

La signora si chinò, sparendo sotto il bancone. “Bianco o rosso?” Chiese, la voce che rimbombava.

“Uh…” Guardò nuovamente la lista, ma Sanji aveva semplicemente scritto “vino per cucinare”. Lui non era un cuoco, dannazione. Che ne poteva sapere?

“Bianco.” Usopp sbatté gli occhi e guardò Zoro. Aveva un’espressione quasi annoiata, poi notò il suo sguardo e alzò un sopracciglio. “Che c’è?”

“Ecco a voi, me n’è rimasta giusto una cassa.” Disse la negoziante, tirandosi su e appoggiando con cautela la merce sul bancone.

“Grazie mille, la prendiamo. Un momento solo…” Ricontrollò di aver preso tutto, facendo scorrere velocemente lo sguardo sul pezzo di carta. “Ok, è tutto.”

“Va bene, caro. Sono 27,530 Berry.”

Usopp pagò, poi assieme a Zoro si adoperò a sistemare il peso delle loro provviste nelle grandi sacche sulla groppa di Chopper. “Ce la fai?” Il suo amico fece qualche passo di prova e annuì. Avevano deciso di usufruire della sua forma quadrupede, fingendo che fosse un normale animale; quindi, ovviamente, vederlo parlare avrebbe sollevato non poche domande. “Riesci a tornare alla nave da solo?” Chopper scosse le corna e trotterellò fuori dal negozio, rendendo palese che non avesse bisogno di aiuto.

La signora dietro il bancone batté le mani, deliziata. “Oh, che meraviglia! È addestrato! Non avevo mai visto una creatura simile prima d’ora. Dev’essere molto intelligente se vi capisce quando parlate.”

Usopp le sorrise. “Signora mia, il mare è vasto e pieno di misteri!” Disse. Si girò verso lo spadaccino, che si stava guardando intorno con aria annoiata. “Io ho ancora delle commissioni da fare. Tu che hai intenzione di fare? Non ti lascio solo a perderti di nuovo.”

La padrona del negozio si intromise nuovamente nel discorso. “Stanno sfruttando la vostra forza lavoro ben bene, eh? Dovete essere alle prime armi se vi stanno usando come galoppini!”

“Uh…”  

Con fare sospettosamente amichevole, Zoro prese le redini della conversazione. “Sì, ma non per molto. Un giorno sarò il migliore di tutti e si pentiranno di avermi usato come loro schiavetto personale.” Disse, con un ghigno poco rassicurante.

“Cielo!” Fece lei, mettendosi la mano sulla bocca. “Beh, avere ambizione è una buona cosa.”

“Oh, se è di ambizione che si parla io ne ho assai.”

La signora rise, allungandosi per dargli un pizzicotto sulla guancia. Zoro fece una faccia costipata, ma si prestò al gesto. “Sei un bel giovanotto, aitante e con grande futuro davanti a te. Ricordati di questa umile negoziante quando sarai ammiraglio. E manda i tuoi plotoni a rifornirsi da me!” Esclamò, facendogli un occhiolino.

Usopp si girò per trattenere una risata. Li aveva scambiati per soldati della Marina. Oh, l’ironia!

“Oh, prima che andiate via,  volevo chiedervi una cosa! Per caso siete i compagni di quel ragazzo che è venuto prima?” Lui e Zoro si scambiarono un’occhiata. La signora continuò, insistendo. “Ma sì! Capelli neri, abbronzato. Cicatrice sull’occhio.” Elencò. “Era tanto caro, aveva un sorriso adorabile.”

Usopp non sapeva se rilassarsi o essere ancora più teso. Sembrava la perfetta descrizione di Luffy. Chissà cosa aveva blaterato. “Ehm, sì, lui.”

“Era tanto caro.” Ripeté lei a mezza voce, gli occhi assenti. “Aveva l’età di mio figlio, che è più o meno la vostra. Ci assomigliava un pochino, se non fosse che il mio era molto più gracilino.” Disse, ridendo con una strana tristezza nella voce. “Prima era venuto da me a chiedermi delle informazioni, ma dopo che gliele ho date l’ho visto girare subito nella direzione sbagliata. Se lo incontrate, indirizzatelo verso il porto principale.” Si mise le mani sui fianchi. “Non voglio che mi rovini la reputazione. Modestamente, so praticamente tutto di quest’isola.” Disse, sorridendo.

Usopp annuì, ma dentro di sé c’erano mille campanelli d’allarme. Qualcosa non andava. Perché mai Luffy avrebbe dovuto chiedere direzioni per il porto principale? Era all’estremo opposto dell’isola rispetto al porto secondario che avevano scelto per attraccare. Fece per riporre il portafoglio nella sua tracolla e, nel farlo, notò i volantini piegati. Giusto, c’era anche quello da fare. “Mi scusi, un’ultima cosa.” Disse, tirando fuori i fogli. “Staremmo anche, uhm… Cercando una persona.” Disse, avvicinandosi al bancone.

“Oh, anche voi cercate il vice-ammiraglio Fleckwolle?” Usopp si congelò sul posto. “Anche il vostro amico mi aveva chiesto di come trovarla. Ha attraccato giusto ieri per fare rifornimento, io e i gli altri negozi ci siamo dati battaglia per servirla prima!” Scherzò.

Zoro assottigliò lo sguardo. Continuava a tenere le braccia incrociate, ma ora la sua postura era tesa.

Usopp cercò di controllare mentalmente i propri pori per non fare un bagno di sudore. Eccola che tornava, la sua malattia più famosa, la Questa-Isola-Porta-Guai-patia. “M-M-Ma davvero…” Rise nervosamente.

“Certo che sì!” Incalzò la donna. “Forse voi non lo sapete perché siete dei novellini, ma lei qui è molto rispettata. Non molto tempo fa questo era un pessimo tratto di mare in cui vivere, ma con il suo pugno di ferro lo ha reso sicuro. Quest’isola le deve molto.” Disse, come se non aspettasse altro che parlare del proprio idolo. “E pensate che è stata promossa da pochissimi anni! Ed è riuscita a fare così tanto! Così giovane, poi! Io sinceramente non so come faccia, sono donna anch’io eppure una cosa del genere non riuscirei mai nemmeno a immaginarmela.” Disse, tenendosi la guancia con una mano, sospirando. “O forse sono io ad avere delle visioni troppo antiquate. Chissà.”

Lo sguardo di Zoro si era fatto famelico. Sembrava essere più che interessato a questo potenziale nuovo avversario e Usopp non aveva nessuna intenzione di finire in casini perfettamente evitabili. Secondo il suo modesto parere, la ritirata preventiva era una tattica perfettamente giustificata; anche e soprattutto perché la loro doveva essere una permanenza temporanea e anonima.

La padrona del negozio sussultò, come se avesse appena realizzato qualcosa. “Ma…! Se siete compagni del ragazzo di prima, vuol dire che siete anche voi parte del suo plotone! Che diamine, se me lo aveste detto vi avrei fatto uno sconto!”

Usopp scosse la testa, cercando di tagliare corto e andarsene da lì il prima possibile. Dovevano avvertire gli altri. Su quell’isola c’era un dannatissimo vice-ammiraglio e loro non lo sapevano. Erano divisi. Si giocava il suo Kabuto che Mana non era riuscita a tenere d’occhio Luffy. Chissà che razza di problemi avrebbe creato stavolta. “Ma no, davvero, non ce n’è bisogno… Cho- Insomma, la nostra renna è già andata via con la merce-“

“Avanti, giovanotto, non farti pregare! Guarda che mi offendo, eh!”

“Davvero, non deve-“

Lei si spazientì. “Giovane, se si sa in giro che ho fatto pagare al vice-ammiraglio il prezzo intero diventerò la pecora nera dell’isola! Vuoi che il mio negozio fallisca?! Avanti, fuori quel portafoglio, ti faccio lo sconto del venti percento.” Disse, aprendo energicamente la cassa e iniziando a contare i soldi.

Zoro gli rifilò una pacca sulla schiena, mandandolo a incespicare in avanti. “Muoviti, invece di fare storie.” Disse, con tono leggero. Ma lo sguardo che gli rifilò era tutt’altro che scherzoso. Aveva finalmente capito anche lui la gravità della situazione. Usopp sospirò e appoggiò i volantini sul bancone, mettendo di nuovo mano alla sua tracolla.

Aveva appena ripreso in mano il portafoglio, quando sentì un respiro brusco alle sue spalle. Alzò subito la testa, in allerta. La signora aveva smesso di contare il denaro ed era impallidita improvvisamente. Aveva la bocca semi aperta e gli occhi sgranati, fissi sui volantini che Usopp aveva appoggiato sul legno.

“Cosa… Come fate ad avere quei documenti?” Chiese lei.

Usopp si affrettò a rispondere. “Ci sono stati dati. Dai… dai nostri superiori.”

“Oh.” Lei tirò su col naso. Sembrava sull’orlo delle lacrime. “Oh. Quindi li stanno davvero cercando ancora. Io- perdonatemi, ma io non sapevo se crederci o meno. Invece…” Allungò una mano tremante e prese il primo foglio della pila. I Berry, dimenticati, caddero di nuovo nella cassa, le monete che rimbalzavano e tintinnavano per terra. “La signorina Klazina è davvero un angelo. Sta davvero facendo ciò che è meglio per noi. Lo dice sempre, ma ora lo vedo davvero.” Puntò di nuovo gli occhi umidi su di loro e Usopp cercò invano di deglutire un groppo alla gola. “Manda persino delle reclute come voi a indagare. Incredibile.”

Zoro gli diede una pedata sulla caviglia e Usopp fece quello che gli riusciva meglio: mentire. “Certo, signora. Ogni piccolo aiuto può farci avanzare nella ricerca. Per caso riconosce qualcuno?” Si congratulò con sé stesso per aver detto quella frase senza balbettare.

La padrona del negozio gli sorrise, ma il labbro le tremava. “Oh, . Sì. Certo che riconosco qualcuno.” Il cecchino si sentì improvvisamente colpevole. Lei abbassò lo sguardo sul volantino che teneva in mano, passandoci una mano sopra. “Lui.” Disse, con voce spezzata. “Il mio bambino, il mio amore, il mio sole. Mio figlio…”


-
 

Aadiv.

Il mondo intero si era ridotto ad un sottofondo ovattato di suoni e movimenti. Mana si era paralizzata in mezzo al sentiero, gli occhi sgranati e puntati sul ritratto di un giovane volto che la guardava dal volantino. Sentiva il sangue rombarle nelle orecchie e la testa girare. Non sapeva come stava riuscendo a rimanere in piedi; non si sentiva nemmeno più le gambe.
 

Voci che echeggiavano sulla pietra fredda. Il tintinnio di acciaio sull’acciaio.

“Ehi?”

Silenzio.

“Perché non mi rispondi?”

“Abbassa quella voce.” Uno scatto irato, teso. “È meglio non parlare tra di noi. ”

La voce si ridusse aun bisbiglio, ma venne comunque amplificata dai muri di pietra. “Perché?”

“Perché poi ti abitui.”

“Ed è una cosa brutta?”

“Sì.”

“Perché?”

“Perché non sai quando quella persona non ti risponderà più.”

Silenzio.

“Però tu mi stai rispondendo.”

Un mezzo ringhio gutturale. Un avvertimento. “Ti sto solo spiegando come funzionano le cose qui. Non abituarti.”

Un suono sordo e tetro, di catene trascinate. Quando la giovane voce parlò di nuovo, era molto più vicina a lei. Solo un muro li separava. “Spiegami ancora.”


Perse la presa e svariati fogli le scivolarono via dalle dita. Riprese il controllo delle proprie mani giusto in tempo per afferrare l’ultimo foglio, il più importante. Lo strinse così forte da spiegazzarlo, quasi strappandolo. Gli occhi sbarrati erano pieni di quel viso giovane, innocente, gentile. Le guance piene, il sorriso genuino I capelli scuri scompigliati da qualche marachella.

Mana iniziò ad ansimare.
 

Il mondo sembrò ingigantirsi mentre si abbassava, piegando le ginocchia. Due occhi nero pece si spalancarono. Delle mani si allungarono verso la sua testa, toccando con meraviglia i suoi capelli, quasi del tutto rasati.

“Non avevo mai visto capelli di questo colore.”

“Non erano così. Lo sono diventati.”

Silenzio. Una domanda sussurrata. “Anche i miei diventeranno così?”

Un moto di rabbia, impotenza e disperazione le squassò il corpo.


Un’ondata di sensazioni contrastanti la percorse da capo a piedi. Prima caldo, poi sudori freddi. Perse le forze e crollò a terra, perdendo completamente il controllo del suo respiro. I bracciali le pesavano sui polsi, bollenti come lava. Sapeva che avrebbe dovuto mettersi perlomeno seduta, appoggiata a qualcosa, ma non riusciva a spostarsi di un millimetro da quella posizione. Era come se anche solo muovere un braccio le richiedesse un dispendio di energie proibitivo. Intorno a lei, sparsi sull’erba, in mezzo alle margherite che punteggiavano il sentiero, i volantini dei bambini rapiti da quell’isola.

Ed esattamente davanti al suo viso, come se volesse assicurarsi di rimanere stampato nel suo cervello per sempre, c’era lui. Mana, inerme, continuò a fissare quel pezzo di carta, incapace di distogliere lo sguardo. Con i conati che minacciavano di farle svuotare lo stomaco da un momento all’altro, l’unica cosa che il suo cervello registrava erano le informazioni scritte su di esso.

Anni: 11.

Sesso: Maschio.

Nome:  Aadiv

 
“416.”

Il ragazzino sbatté gli occhi. “Ma io mi chiamo Aavid.”

Lei sorrise, amara. “Lo so. Ma finché sarai qua dentro il tuo nome sarà 416.”

Aavid fece un’espressione non troppo convinta. Mana gli prese una mano, la pelle scura come il legno delle foreste di Zaratan che faceva impallidire al confronto persino la sua carnagione. “Impara a rispondere al tuo nuovo nome. Meno errori fai e meno ti puniranno. Ci tengono molto alla disciplina.”

Una voce tuonò dal fondo della sala. “Il prossimo! 415!”

Aavid deglutì. “Che cosa mi faranno?”

“Oggi niente. Sei arrivato da poco. Probabilmente vorranno capire il tuo stato di salute.”

Occhi scuri e spaventati si specchiarono lei suoi. “E poi?”

Lei non rispose. Aveva un groppo in gola.

“Il prossimo! 416!”

Mana sbatté velocemente gli occhi. “Avanti.” Disse, cercando di mantenere calma la voce. “Non farli aspettare.”

Il suo piccolo vicino – piccolo, troppo piccolo, troppo giovane, troppo tutto – si incamminò verso la porta, girandosi di tanto in tanto verso di lei. La porta lo inghiottì e lei ricacciò indietro le lacrime. 

“174.” Una voce secca e autoritaria si levò da un angolo della sala. Mana si girò lentamente, un’espressione piena di odio chiaramente visibile sul viso. Un ghigno derisorio rispose alla sua silenziosa dichiarazione di guerra e un cenno che non ammetteva repliche la intimò a seguire la proprietaria di quella voce. Mana si incamminò, incapace di opporsi.


Aveva bisogno di aiuto. Chiunque, non importava chi. Pochi metri più avanti iniziavano le prime case della città. Da qualche parte, al suo interno, c’era la ciurma di Straw Hat che girava sparpagliata in vari gruppi. Da qualche parte in quella città, c’era Luffy. C’era Nami. C’era Roronoa. Se fosse riuscita a trascinarsi fin lì, era possibile che qualcuno la vedesse e la aiutasse.

Le braccia le tremavano visibilmente. Supportare il peso del suo corpo era estenuante, in quel momento. sentiva la schiena a pezzi, il dolore fantasma di ferite passate che le leccava la pelle.
 
“Mana!” La voce preoccupata del suo vicino di cella le raggiunse a malapena le orecchie mentre veniva trasportata nella propria. Era ricoperta di nuove bende, dappertutto. Le uniche che non cambiavano erano quelle sulle gambe. “Mana, che ti hanno fatto!?”

Mentre veniva delicatamente depositata a faccia in giù sul suo giaciglio, sentì un clangore e un urletto strozzato che riconobbe essere di Aavid. “Silenzio! Lei è 174. Mettetevi in testa di scordare i vostri vecchi nomi. In qualunque modo uscirete da qui, non ne avrete più bisogno.” Un altro colpo sulle sbarre, un altro eco che le trapanava la testa.

Riuscì solo a levare un grugnito di protesta. Poi, il nulla.


Sentì dei passi poco più avanti di lei. Mana, per la terza volta in vita sua, pregò. Pregò che fosse qualcuno della ciurma. Chiunque andava bene. Ma aveva bisogno di aiuto. Le andava bene anche venire portata via come un sacco di patate. Non le interessava più niente della fuga. In questo momento si malediceva per essersi separata così facilmente da Luffy, per essersi incamminata per quel sentiero poco frequentato.

Con immensa fatica alzò la testa. Giusto un paio di metri più in là, degli stivali neri si avvicinavano con passi lenti ma decisi. Chiunque. Chiunque andava bene. Solo, per pietà, aiutatemi. Vi prego.


Occhi grandi e neri la guardavano, terrorizzati. “Mana… Ho paura.”

“Vedo che ancora ci ostiniamo a non usare i codici.” Fece la voce che aveva imparato ad odiare più di tutti. “Allora direi che potremmo iniziare mostrandovi come si usano, mmh?” Mana si girò di scatto, un rifiuto rabbioso sulla punta della lingua. La voce la interruppe sul nascere. “174.” Ogni suo muscolo si contrasse.

Un respiro, un battito di cuore; e improvvisamente la voce era molto più vicina di prima. “Avanti, 174.” Disse.

“Fallo.”
 

Quasi si mise a piangere. Non le interessava altro all’infuori di quegli stivali neri. Aveva la vista appannata dallo sforzo di tenere sollevata la testa, ma un senso di sollievo le solleticò la gola. Qualcuno l’aveva trovata. L’avrebbero aiutata. Qualche dio aveva risposto alla sua preghiera; magari Roronoa si era perso come suo solito e l’aveva trovata per caso.

Gli stivali si fermarono davanti alla sua forma a carponi per terra. La persona davanti a lei si accucciò; e Mana raccolse le ultime forze per alzare del tutto la testa e guardare il suo soccorritore in faccia.

Lo stomaco le si attorcigliò, piombo fuso nelle sue viscere. Perché, se anche quegli stivali erano identici a quelli di Roronoa, era impossibile che quei lunghi capelli biondi appartenessero allo spadaccino della ciurma.

“Ma guarda un po’ chi si rivede.” Disse la voce crudele, la voce che aveva imparato ad odiare. Il viso di Klazina Fleckwolle si specchiò nei suoi occhi grandi e atterriti. “Ciao, 174.”



Note Autrice: Faccio un piccolo esperimento e provo a piazzare le note a fondo capitolo, piuttosto che all'inizio. Spero che facendo così siano più visibili. Volevo ringraziare le persone che hanno commentato lo scorso capitolo, c'è stata un'improvvisa onda di supporto e amore per questa storia che mi hanno davvero riempito il cuore. Non ero più abituata a ricevere complimenti entusiasti per qualcosa scritto interamente da me! Mi avete davvero risollevato l'autostima, grazie di cuore!
Da qui poi, arriva la ciccia grossa. Il prossimo sarà uno dei capitoli più importanti per la trama e il più difficile da scrivere, fin'ora. Spero che avrete la pazienza di aspettarmi cwc
Per il resto, spero che stiate tutti bene e al sicuro. La quarantena è dura per tutti, ma spero che questa piccola sciocchezza possa portarvi un minutino di respiro e sollievo.
 
Per rimanere aggiornati su tutte le mie traduzioni e lavori e sapere a che punto sono potete seguirmi su Tumblr !

 
  
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