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Autore: Master Chopper    01/05/2020    2 recensioni
[Shūmatsu no Valkyrie]
[Shūmatsu no Valkyrie]Per decidere le sorti dell'umanità, gli dèi di ogni pantheon si riuniscono e, disgraziatamente, la loro decisione è unanime: distruggere il genere umano. Una voce però si leva in opposizione, ed è quella di un dio misterioso di cui nessuno sa niente, ma che sfida dieci dèi ad affrontare dieci umani prima di poter accettare quel destino crudele.
Dieci esseri umani provenienti da qualsiasi epoca affronteranno dieci dèi provenienti da qualsiasi cultura: questo è il Ragnarok.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter 2: Fame and Shame

Gli dèi sumeri, riuniti ed intenti a sollazzarsi con vino e cibarie, risero sommessamente all’ingresso del loro campione.

“ Che scempio, che buffonata !” Sembrò protestare Enlil, il dio dell’aria e delle tempeste con un alto copricapo ricoperto da corna. “ Non posso tollerare che il nostro pantheon venga rappresentato da… quella cosa, al posto di Lui! Ci stiamo rimettendo a livello di immagine !”

“ Ma che dici ?” Sbottò Shamash, del Sole, rosso in volto dall’ebbrezza. “ Che cosa ci importa di chi ci rappresenta?! Tanto Enkidu sarà lo stesso capace di portarci alla vittoria e all’annientamento di quegli stolti umani.”

Ishtar, che intanto aveva preso posto tra di loro, rise sottovoce per quell’affermazione e non poté che gioire della vista che le si palesava dall’altro lato degli spalti.

 

Proprio lì, un umano moderno mostrava un’espressione confusa.

“ Chi… sarebbe questo Enkidu? Un dio sumero ?”

“ No.” Rispose qualcuno appena materializzatosi al suo fianco, con voce rauca e cavernosa.

Un guerriero sumero dalla lunga barba e con le braccia conserte guardava lo sfidante divino con sguardo imperturbabile, come si ammira il mare in tempesta o un altro fenomeno affascinante nella sua spaventosità.

“ Enkidu fu creato dagli dèi per insegnare al nostro re a comportarsi in modo responsabile e giusto verso il popolo. Il suo intento era dunque quello di sfidarlo e sconfiggerlo a duello …”

In pochi attimi l’uomo osservò come un’intera tribuna degli spalti si fosse popolata di guerrieri sumeri, tutti immobili come statue e dall’espressione conturbata.

“ Tuttavia lui ed il nostro re divennero cari amici, protettori della Mesopotamia da ogni angheria… erano i nostri eroi.” Questa volta a parlare fu un anziano dalla pelle come terracotta, il quale trasportava sottobraccio innumerevoli tavolette di pietra e aghi di ferro. “ I racconti delle loro gesta… erano i più amati del mondo allora conosciuto! Furono di grande ispirazione per tutti i combattenti che poi si ersero nelle nostra bellissima terra tra i fiumi.”

Sîn-lēqi-unninni, antico scrittore, iniziò a versare lacrime colme di dolore sulla sua stessa creazione: l’Epopea di Gilgamesh.

“ E ora ci hanno entrambi abbandonato, combattendo per la distruzione dell’umanità.” Come un canto funebre i pianti dell’esercito sumero vissuto milioni di anni prima riecheggiarono, colmi di miseria e tristezza.

 

Inevitabilmente questi raggiunsero le orecchie di Enkidu, il quale ora sostava al centro dell’arena.

Solo quel lamento straziante riempiva lo stadio, facendo agitare gli umani nella confusione ed aumentando soltanto le risate soffocate degli dèi sumeri.

Il rumore era così infestante da far tremare la terra.

“ STATE ZITTI !” Accade in un istante: la creazione divina spalancò le fauci, mostrando una fila di denti aguzzi, per poi eruttare in un grido talmente forte da scuotere ancor di più il suolo sul quale poggiavano tutti i presenti.

L’arena tremò, gli dèi impallidirono e gli umani si schiacciarono sulle loro stesse sedie dalla paura.

Quell’essere, fino ad allora avvolto da una calma misteriosa, aveva svelato una natura bestiale e selvaggia, pregna di intento omicida fino all’orlo.  Sollevando ripetutamente le gigantesche spalle nell’atto di riprendere fiato, la sua presenza al centro dell’arena sembrava essersi fatta di colpo più imponente e pericolosa. Persino i presentatori, al sicuro nel loro studio, si erano zittiti.

Di conseguenza tutto l’universo era piombato nel silenzio.

 

“ Quella bestia… è spaventosa.” Mormoravano gli dèi che mai avevano sentito parlare di Enkidu, così come gli uomini.

Iniziarono a sussurrare tra gli spalti i racconti delle sue gesta, o teorie su cosa sarebbe stato in grado di fare al suo malcapitato sfidante. Solo una cosa era certa: un pressante timore reverenziale stava dilagando tra gli spalti, dapprima gremiti di eccitazione per l’imminente battaglia.

“ Questa visione rimarrà sicuramente impressa nelle loro menti per parecchio tempo …” Commentò divertito un individuo all’ombra di una tribuna.

Era accompagnato da solo altre due divinità sue simili, le quali però rimasero in silenzio.

“ Non siete d’accordo ?” Si rivolse allora ai suoi compagni Fobetore, il dio minore del sonno creatore degli incubi. Il suo sorriso sgargiante era di provocazione. Sembrava un qualsiasi ragazzo sulla ventina, ma con solo una cresta di capelli neri e viola in testa, riprendendo il tema dei suoi vestiti eleganti.

“ Mi interessa relativamente poco quanto sia spaventoso.” Rispose allora una creatura distesa per terra, con la testa poggiata su di un cuscino.

Aveva le sembianze di un bambino grassottello e ricoperto da un mantello di pelliccia leonina, con un elmo di scaglie calato lungo il cranio e la nuca.

“ Sono esistite molte persone all’apparenza spaventose, ma con un’anima buona… e viceversa. Lo giudicherò quando sarà andato all’altro mondo.” Concluse Ammit, la bestia egizia detta La Divoratrice.

“ In questo modo presumi già che Enkidu sarà sconfitto ?” Fobetore assottigliò lo sguardo, e non notando più risposta dalla creatura iniziò a ridere sguaiatamente.

Il terzo del gruppo era rimasto in silenzio, con lo sguardo puntato verso l’arena.

- Che sia spaventoso… che la sua anima sia buona… nulla di tutto questo è rilevante.- Pensò.

- Ciò che conta è che, in quanto araldo di queste divinità patetiche e vanagloriose… crolli sotto la potenza dell’umanità !-

Il dio misterioso si rivolse infine verso la porta rimasta fino ad allora chiusa.

- Vinci, mio guerriero !-

 

“ B-B-Bene… !” Adramelech riprese con non poca fatica il controllo della propria voce, guardando St.Peter deglutire a vuoto.

“ Riuscirà il suo sfidante a regalarci un incontro degno di questo evento? Credo proprio di sì !”

Il lato dell’umanità a quel punto si concentrò su qualcosa di estremamente importante per tutti loro: chi avrebbe assicurato la loro salvezza?

“ Non sarà di certo un dio, ma davanti a noi sta per apparire l’uomo che ha scritto la bibbia delle arti marziali !”

Il secondo portone venne spalancato, presentando apparentemente solo una gigantesca sagoma di oscurità.

“ Colui che ha rivoluzionato il mondo del combattimento! Colui che non ha mai smesso di combattere, superando il secondo conflitto mondiale e divenendo l’orgoglio di Giappone e Corea.”

Qualcuno emerse infine dalle tenebre, avanzando lentamente in quel palcoscenico colossale con sicurezza, persino quando le acclamazioni della folla esplosero a tutto volume nei festeggiamenti.

Una fila di uomini e donne di ogni età, ma tutti al pieno delle proprie forze, vestiti con gi da artisti marziali, batterono i pugni sugli spalti in acclamazione.

“ Conosciuto anche come Baedal, l’Ammazza-Tori, ed originariamente, nella sua terra natia, come Choi Young-Eui …”

 

I karateka di tutto il mondo, riuniti in una sola voce, gridarono assieme ai presentatori il nome dell’uomo che avrebbe protetto la razza umana.

Circondato da quell’urlo, ora si stagliava sul campo di battaglia un uomo dai lineamenti duri come l’acciaio, due folte sopracciglia e ricoperto da un gi logoro, strappato in più punti e macchiato di sangue.

“ Masutatsu Oyama, la Mano Divina !!”

 

Il costrutto degli dèi sumeri, Enkidu, ed il karateka riconosciuto come il più forte del mondo si guardarono negli occhi. Finalmente l’uno di fronte all’altro, presentavano una differenza di altezza di qualche decina di centimetri, tuttavia incapace di far sembrare l’umano più piccolo al confronto. Infatti questo presentava un’ampiezza di petto ben superiore a quella della divinità con tanto di armatura.

Nessuno dei due fiatò, probabilmente osservando qualcosa che mai avevano avuto l’onore di vedere in tutta la loro vita.

 

Qualcuno tra gli umani si mostrò scettico.

“ Davvero stiamo affidando l’umanità ad un karateka? Il suo avversario è pur sempre un dio …”

I loro bisbigli amareggiati tuttavia vennero zittiti nel momento in cui un uomo seduto con spavalderia scoppiò in una fredda risata.

“ Quest’uomo… quest’uomo… ho sempre sognato di vederlo, così come di combatterlo. Sono sicuro che, se ai tempi non avessi dedicato la mia carriera al cinema, il nostro scontro sarebbe stato leggendario.”

Indossava una giacca cinese verde, in tinta con i pantaloni, ed aveva un nunchaku di ferro nero appoggiato sul collo. I suoi capelli erano corti, la fronte alta ed i tratti orientali.

Quando gli uomini seduti lì di fianco lo riconobbero, per poco non caddero o svennero sulle loro sedie.

“ Bruce Lee ?!”

Il celeberrimo artista marziale cinese, noto per aver esportato in Occidente la filosofia delle arti marziali, aveva sul volto il suo classico sorriso compiaciuto.

“ Masutastu Oyama è un artista marziale che ha seguito i miei insegnamenti tramite il mio libro, ed ha anche ripercorso tutti i miei addestramenti nello stesso luogo dove andai io in eremitaggio …” Borbottava pensieroso un altro personaggio, attirando l’attenzione di chi non era rimasto del tutto ammaliato dalla presenza di Bruce Lee.

L’uomo indossava un largo cappello di bambù dalla forma leggermente concava, il quale gli ricopriva il volto. L’unico dettaglio comprensibile della sua persona era dunque una barba incolta ed una coda di cavallo che ricadeva selvaggiamente lungo il collo.

Mentre parlava tra sé e sé accarezzava con il pollice il fodero della sua katana, custodita da una pancera.

“ Pensa te !” Sospirò infine lo spadaccino, sollevandosi il cappello con l’indice. “ Sembra che dovrò tifare per un mio allievo, una vera e propria fortuna !”

“ Ma lui è… !” Esclamarono tutti i giapponesi ed i conoscitori della storia attorno a lui, con una reazione ancor più sconvolta di prima.

“ Il Kensei, Miyamoto Musashi !” Riconobbero così il leggendario guerriero vissuto nel diciassettesimo secolo il cui titolo significa Santo della Spada.

Tutti i presenti erano giunti da epoche diverse per assistere allo scontro decisivo per il futuro del pianeta.

Ciò su cui concordavano Bruce Lee, Miyamoto Musashi, così come tutti i karateka allievi dello stile Kyokushinaki, era che se le arti marziali non avessero permesso all’uomo di battere il dio, allora per tutta l’umanità sarebbe stata la fine.

Fu allora che gli uomini si riunirono per pregare, non una divinità o un idolo, bensì la forza dei muscoli e della mente dei loro simili, che per millenni aveva plasmato le arti marziali.

 

“ Ed è così… !”

Adramelech e St. Peter presero un gran respiro prima di strepitare nel microfono a tutta forza ciò che chiunque voleva sentire:

“ … che il Ragnarok ha inizio !!”

Un religioso silenzio acquietò dèi e umani, facendo canalizzare le attenzioni di tutti sui due protagonisti di quella prima sfida.

Era difficile definire cosa ci si sarebbe aspettati di vedere. Qualcuno aveva pensato ad un match senza esclusione di colpi, altri ad un vero e proprio massacro unilaterale, o forse qualcosa di impossibile da comprendere per chi non era avvezzo ai combattimenti.

A dispetto di qualsiasi aspettativa, nulla di tutto ciò accadde.

Mas Oyama e Enkidu non avevano smesso di squadrarsi in silenzio neppure dopo l’annuncio dell’inizio.

Imperversò subito panico e confusione, come una tempesta lungo gli anelli dello stadio. Ugualmente il vociare non servì a scuotere gli animi dei due combattenti, i quali si fronteggiavano immobili.

Enkidu, alto ben due metri e cinquanta, riusciva a squadrare l’uomo davanti a sé, inglobandolo perfettamente nella proprio ombra gigantesca. Ne scrutò ogni minimo dettaglio: il vestiario cencioso come quello di un pellegrino, il volto indurito e scavato da innumerevoli ferite, ed i lunghi capelli gonfi come una criniera, i quali incorniciavano due piccoli occhi scuri.

Il karateka era alto un metro e settantacinque, e nell’apice del suo peso forma arrivava a pesare ottanta chili, ben duecentoventi in meno del suo avversario.

Ciò che vide davanti a sé fu qualcosa di selvaggio, ma ben più di un animale delle montagne, nonostante il portamento regale da nobiluomo. Infatti, quando prima di varcare il portone aveva sentito quell’urlo abominevole risuonare in tutta l’Arena del Valhalla, si era domandato se non fosse qualche bestia primordiale ad attenderlo.

Ritrovarsi davanti quella creatura ben più antropomorfa di quanto si aspettasse era stato quasi un sollievo.

 

“ Sei parecchio acclamato.” Osservò Enkidu, sorvolando rapidamente gli spalti attorno a sé.

Il karateka annuì, sollevando le spalle mentre assumeva un sorriso beffardo.

“ Più di quanto non facciano i tuoi simili, mi sembra.”

“ È assolutamente così.” Rispose senza scomporsi il guerriero sumero. “ Non vanto tra gli dèi la stessa fama di te, un valente artista marziale umano. Tuttavia mi perplime aver di fronte un guerriero così stimato… e trovarlo così tanto vuoto.”

Quelle parole, di una freddezza disarmante, bastarono per far scattare sull’attenti l’uomo. Non gli era stata rivolta alcuna minaccia, né il suo avversario pareva intenzionato ad attaccarlo, eppure con una semplice frase aveva azionato un meccanismo di protezione intrinseco nel suo cervello.

In Mas Oyama, senza nemmeno che potesse spiegarsi il perché, fremeva l’istinto di combattere privo di freni inibitori.

 All’esterno tuttavia parve solo molto confuso, al che il dio proseguì a parlare:

“ Mi sembri davvero tanto insoddisfatto delle lodi con cui ti acclama la tua razza. Forse non sono abbastanza? Oppure mi ritieni già un avversario noioso ?”

“ Nulla di tutto ciò. Un avversario noioso non oserebbe mai parlare così… a meno che non si tratti di uno bravo solo a dare fiato alla bocca !”

Incurvando leggermente la schiena ed estendendo le braccia ai lati del corpo, in un istante Masutatsu assunse una posa combattiva. Il suo volto, sul quale i capelli gettavano ombra, era contorto in un ghigno di sfida.

Enkidu sospirò seccato, prevedendo ciò che presto sarebbe accaduto.

 

Con lo stesso fragore di un tuono, il karateka schiantò entrambi i piedi sulla nuda terra, balzando in avanti. Si contorse in volo con agilità inaspettata nonostante la sua stazza, calando così un calcio ad ascia sul collo nemico.

“ Sei nato cinquemila anni dopo di me, ma noto con dispiacere che gli uomini restano sempre inebriati dalla propria foga omicida.” Il commento di Enkidu fu detto in totale calma mentre si scostava lateralmente per evitare il colpo, riuscendo ad essere sentito solo e soltanto dall’uomo.

Masutatsu tenne gli occhi ben aperti, osservando il suo viso impassibile. Mantenne lo sguardo fisso e concentrato anche quando, una volta sfiorata terra con l’altro piede, frustò l’aria con la gamba già contratta in un calcio di tallone.

Enkidu schivò il colpo proveniente da un angolo cieco semplicemente arretrando di un passo, coprendo ovviamente una lunga distanza.

“ Sei molto agile. Ho sentito che molti secoli dopo la caduta di Uruk i greci avrebbero inventato uno stile di combattimento chiamato pancrazio… eppure questa tua danza mi sembra qualcosa di completamente diverso.” Il sumero poté riprendere a parlare quando il suo avversario si fu fermato anche solo per un secondo, essendo rimasto a distanza di sicurezza.

“ Danza ?” Ripeté l’altro con tono assente, presentando un’espressione totalmente assorta.

L’istante successivo scattò nuovamente all’inseguimento del suo avversario, questa volta però rimanendo ancorato al suolo.

Scivolò all’interno della guardia di Enkidu, incollando le proprie gambe a quelle del suo avversario. Mantenendo le braccia ritirate al petto, si fermò di colpo.

Ogni suo muscolo, tranne quelli degli arti inferiori si rilassò, con grande sorpresa di Enkidu.

“ Credi che mantenere questa distanza ti renda più facile colpirmi ?” Le sue parole questa volta vennero sovrastate ed interrotte dalla voce del giapponese, sempre più meccanica.

“ Quella che tu chiami danza non è altro che secoli di arti marziali cinesi, coreane e giapponesi unite e rivoluzionate sotto la guida di molti maestri, me compreso, per raggiungere la perfezione assoluta in combattimento.”

Nonostante quella risposta gli avesse procurato una certa inquietudine, il dio ebbe da protestare.

“ Perfezione? Ti dimostrerò che anche da dove ti trovi adesso non riuscirai ad affondare un colpo, figuriamoci a …”

“ Perché continui ad evitare i miei attacchi ?” Lo interruppe un’altra volta l’uomo.

Questa volta sollevò la testa, scalando con lo sguardo la distanza che lo separava dalla divinità per fronteggiarlo con tutta la sua sicurezza e determinazione.

“ Da quel che si sa, gli esseri umani non dovrebbero essere capaci di ferire gli dèi… giusto ?”

Nell’ombra gettata da Enkidu stesso, si spalancò un agghiacciante sorriso a trentadue denti sulla faccia del giovane combattente.

Il dio sussultò al suono di quelle parole, ma non ebbe più tempo per rispondere con la ragione: nuovamente avvertì l’urgenza di evitare un attacco.

 

Masutatsu estese il braccio destro in un singolo rapido pugno, diretto verso l’alto, mentre Enkidu già procedeva a ritrarre il capo per evadere ancora una volta.

Un massiccio spostamento d’aria, ben più grande dei due combattenti, attraversò come una folata di vento l’intero campo di battaglia per poi abbattersi contro le mura sotto le tribune.

Polvere e terra si sollevarono in unisono, generando un solco a forma di imbuto profondo qualche centimetro. Con un solo colpo sembrava esser stato spazzato via il suono stesso, rendendo così impensabile che a produrlo fosse stato un braccio umano.

Quando il pulviscolo si fu diradato, le sagome dei combattenti vennero svelate per com’erano appena un secondo prima.

L’unica differenza era nel braccio di Masutatsu, esteso in avanti ma con il pugno arrestatosi ad appena un millimetro dal volto del suo sfidante. Il muscolo tremava ancora, con le vene pulsanti in superficie come in procinto di scoppiare.

“ Prima ho temporeggiato perché volevo scoprire come mai evitassi ogni mio colpo, nonostante la tua presunta immortalità.” Rivelò l’uomo in totale serenità, sollevando il mento per guardare finalmente dall’alto in basso il suo avversario.

“ Quindi immagina la mia sorpresa ora che ho scoperto la verità… ovvero che mi basta un solo dito per far sanguinare un dio !”

Un’agghiacciante rivelazione venne svelata da quelle parole, costringendo gli dèi con orrore e gli umani con stupore a concentrarsi proprio su Enkidu.

Ciò che avevano creduto per quei pochi secondi era in realtà falso: il pugno di Masutatsu si era effettivamente fermato senza collidere con niente, ciò nonostante la nocca del dito medio sporgeva come uno sperone, conficcata nel ponte nasale del dio.

In totale silenzio, ma impallidendo per la confusione, il dio sumero riuscì a ritrarre finalmente la testa. Ciò che ottenne fu che dalle lacerazioni lungo il suo setto nasale, ormai spezzato ed accartocciato verso l’interno, spruzzassero sottili fiumi di sangue.

- Allora… allora era vero …- Si domandò Enkidu, percependo troppo in ritardo qualcosa muoversi.

- Era solo un presentimento, eppure avevo ragione !!-

Masutatsu connesse un secondo pugno dopo aver afferrato il suo nemico per il pettorale dell’armatura, affondando il colpo nel viso fino a quanto potesse. Dalla bocca della creazione divina questa volta fluì una vera e propria cascata di sangue, la quale si riversò lungo il suo capo penzolante verso il basso.

Il karateka, continuando ad afferrarlo con una sola mano nonostante pesasse più del triplo di lui, sorrideva spavaldo agli spalti dell’umanità.

“ Già! Sembra che una volta rotta l’illusione, la mia gente possa finalmente sperare in un torneo più equo.”

La folla umana acclamò l’eroe con occhi lucidi, sollevando striscioni col suo nome.

 

D’altro canto, le tribune divine impazzivano nel caos.

“ Un umano che riesce a far sanguinare un dio?! Non è minimamente concepibile !” Urlò qualcuno, scandalizzato da tale blasfemia.

“ A dirla tutta …” Intervenne An, dio del cielo e presidente dell’assemblea delle divinità mesopotamiche, richiamando tutti al silenzio.

“ Nella storia infinita di innumerevoli pantheon e lotte tra dèi, semidei e umani, più volte si sente parlare di un dio che sanguina per mano umana.”

Il gigante, dalla pelle di un blu terso come il cielo illuminato da una splendente luna piena, rivolse il suo sguardo di sottecchi ad una certa dea seduta lì vicino.

“ Tuttavia un umano non riuscirebbe mai a fare tutto ciò senza un aiuto …”

Ben presto la realtà, volente o nolente, fece il giro degli anelli, diventando così un fatto noto a tutti, per quanto inspiegabile.

 

Il trio formato da Fobetore, Ammit ed il dio misterioso, se la ridevano sotto i baffi nel loro angolo ombroso.

“ Oh cielo! Oh cielo! Questo sì che riempirà le notti degli dèi di incubi !”

La Bestia Divoratrice sogghignò pigramente, per poi rivolgere uno sguardo malizioso al suo compagno rimasto in disparte: “ Sì, ma… quale è la sua Sefirot ?”

 

Le Dieci Sefirot sono tra i più potenti simboli esoterici conosciuti, collegati ed intersecati tra loro secondo l’Albero della Vita: benevolenti verso l’essere umano, rappresentano le vie che esso deve intraprendere secondo i canoni di Amore, Forza e Compassione.

Essendo fuori dal dominio degli dèi, sono l’unica arma che possa essere usata dall’umanità per fronteggiare l’estinzione.

“ La Potenza, Ghevura !”

 

Per gli dèi fu subito motivo di vergogna e orrore, mentre per gli umani rappresentò il primo vero e proprio barlume di speranza certa.

Dio poteva sanguinare. Dio poteva essere ucciso.

 

Giù nel campo di battaglia intanto l’atmosfera era pressante, schiacciata dal vociare sempre più intenso della folla.

I combattenti tuttavia non avevano versato nemmeno una goccia di sudore.

 “ Cosa combini? Ti stai arrendendo ?” Il karateka incalzò il suo avversario, ormai a peso morto e con le braccia distese fino a sfiorare il terreno.

“ Penso.”

“ Pensi ?” Ripeté, confuso.

“ Penso a chi possa avermi giocato questo brutto scherzo. Nemmeno io sapevo di essere vulnerabile ai colpi umani, eppure ho avuto un orrendo presagio nel momento in cui hai sferrato il tuo primo colpo: ho sentito l’urgenza di schivarlo, come se ne valesse della mia vita.”

“ Se pensi e parli soltanto non è un combattimento.” Rispose Masutatsu, accigliandosi. Non sapeva se essere più offeso o deluso dal comportamento del suo avversario. “ In un combattimento vero e proprio ci si deve arrabbiare, esprimendo i concetti tramite i pugni e basta !”

“ Vuoi che mi arrabbi ?” Dopo una lunga inattività, Enkidu sollevò appena il capo, degnando il suo avversario di uno sguardo diretto.

Il karateka riuscì così a riflettersi negli occhi del dio, trasparenti come un cielo limpido. Vide il proprio volto impallidire, ed un istante dopo quel riflesso si fece più grande e ravvicinato.

“ Ecco come mi arrabbio !” Ruggendo con ferocia, il gigante si era issato su con un colpo di reni, schiantando la propria testa contro quella dell’uomo.

Con quel semplice movimento riuscì a sollevare il karateka da terra di mezzo metro.

 

“ Incredibile! Masutatsu Oyama incassa il primo colpo dall’inizio dello scontro !” Strepitò Adramelech, seguito da un grido d’orrore della folla umana.

“ Sembra che due colpi inflitti ad Enkidu, per quanto sorprendenti, non siano stati abbastanza da fermarlo !“ Concordò St. Peter, ascoltando la folla divina esultare.

 

“ Se colpisci tu, esultano te e ripudiano me… e solo quando colpisco io osano lodarmi come se fossi un loro simile …” Enkidu non perse tempo, afferrando per le spalle l’umano mentre ancora si trovava in volo.

Bastarono le sue due mani per inglobargli quasi totalmente il corpo.

“ Tutta questa ipocrisia… ecco cosa mi fa arrabbiare !” Esplodendo nuovamente in un impeto di rabbia imprevedibile come prima, il dio sumero puntò il suo avversario con le proprie corna, affondandole verso il suo petto.

Mas, già lucido per un soffio dopo il precedente attacco a sorpresa, dovette fare appello a tutte le sue forze per non rimanere tramortito un secondo di più. Testimone l’adrenalina ed una viscerale paura della morte, causata dalla visione di due corna affilate in avvicinamento, portò le braccia in avanti. Le maniche del suo gi si squarciarono quando le più letali armi della creatura lo raggiunsero, scavando persino nei suoi avambracci. Una volta che ebbero appena sfiorato il gomito, però, smisero di affondare in profondità: l’uomo era riuscito a bloccare il loro percorso afferrando il cranio di Enkidu.

Il dio tuttavia non aveva completato la sua furia, dando anzi appena inizio al vero attacco.

Inclinò il capo verso il basso, facendo cozzare violentemente l’avversario al suolo, ormai involontariamente schiavo del suo stesso blocco. Successivamente mosse un passo in avanti.

Il karateka ritrasse le gambe, evitando che un piede di Enkidu gliele calpestasse. Comprese troppo tardi che l’intento dell’avversario non fosse di schiacciarlo, più precisamente quando iniziò a venir trascinato all’indietro. Un passo dopo l’altro, dapprima lentamente e poi sempre con più foga, il dio sfruttò ogni muscolo del suo corpo per scagliarsi in una carica travolgente.

Il campo visivo dell’uomo si  restrinse alle corna davanti a sé che minacciavano di perforarlo sempre di più, mentre la sua schiena veniva usata per scavare un solco nella pietra. La veste venne lacerata, mentre i muscoli dorsali iniziavano a squarciarsi, percossi da roccia durissima.

La velocità della carica di Enkidu registrata dall’esterno, ad opera degli addetti al broadcast dello scontro, fu di circa duecentosettanta chilometri orari.

 

“ È la Carica del Toro Celeste …” Esclamò un generale sumero, tremando per la sorpresa. Molti altri soldati come lui lì attorno sembrarono riconoscere ciò di cui stesse parlando, ed annuirono sottovoce.

“ La famosa tecnica che Enkidu ha appreso sconfiggendo il Toro Celeste, la creatura mandata dagli dèi per ucciderlo !”

Nella leggenda il Toro Celeste era una furia omicida capace solo di lasciarsi alle spalle morte e distruzione, ovvero proprio ciò che la tecnica di Enkidu stava riproponendo nella realtà, terrorizzando chiunque nella sua ferocia.

“ Un toro, eh ?” Sorprendentemente, una risata di scherno si sollevò per rispondere a quelle voci preoccupate.

Bruce Lee, senza aver mai fatto sparire il proprio sorriso dal viso, indicò l’arena, invitando i suoi simili a prestare maggiore attenzione.

“ Anche se non l’ho mai visto combattere dal vivo, le voci su Masutatsu Oyama sono famose in tutto il mondo… anche uno sciocco, infatti, sa che ha avuto a che fare con i tori fino alla sua morte !”

 

Perfettamente a tempo con le parole dell’arista marziale, Mas Oyama spalancò i suoi occhi.

Il dolore venne rapidamente soppresso, in quanto il suo cervello aveva iniziato a processare più veloce della carica di Enkidu i precisi segnali da inviare al corpo.

In meno di un secondo e venti decimi avrebbe raggiunto la parete del campo di battaglia, e a quella velocità si sarebbe senza dubbio trasformato in una poltiglia sanguinante. Non c’era un secondo da perdere.

Avendo le gambe libere ed ancora sane, le sollevò unite ben sopra il proprio corpo. Dopo averle abbassate sulle corna di Enkidu, aveva ormai tutti e quattro i suoi arti aggrappati ad esse.

Il muro era quanto più vicino, ma il dio non ebbe modo di vedere ciò che gli si parava di fronte: questo perché quando alzò lo sguardo non trovò più il suo avversario.

Sfuggendo dal suo campo visivo, infatti, Masutatsu si era issato con tutti e quattro gli arti sopra la sua testa, ricurvo in avanti.

Procedendo per inerzia in avanti, ed oltre la schiena dell’avversario, ritrasse le mani e trasferì tutta la propria forza nelle gambe. Ciò che accadde fu che i trecento chili di Enkidu vennero sollevati con facilità grazie alla sua stessa forza, ed in un istante il dio si ritrovò a librare in aria con il capo rivolto al cielo.

- Cosa… ?- Riuscì a domandarsi, perdendo l’accelerazione. Si soffermò sullo sguardo disgustato degli dèi suoi simili.

Prima che potesse formulare un altro pensiero, Masutatsu terminò la sua capriola distendendo le gambe verso il basso, abbattendo a piena velocità il proprio avversario contro il pavimento.

La terra tremò, così violentemente che una ragnatela di crepe si diramò lungo tutto quel fianco dell’arena, risalendo persino sulla parete lì di fianco.

 

Il karateka riatterrò sulle punte, osservando il corpo disteso del proprio nemico, ora immobile ed impossibilitato a mostrarsi la faccia.

“ Che rischio !” Si asciugò il sudore dalla fronte con un sospiro di sollievo. La presa delle corna con le gambe era stata una mossa inaspettata anche per lui, facendolo meravigliare di cosa il suo cervello potesse proporgli nei momenti di maggiore pericolo.

 

I ricordi di circa un decennio della sua vita si palesarono ironicamente proprio dopo aver evitato la morte: appartenevano al momento in cui, dopo aver sfidato e battuto tutti i maestri di arti marziali del Giappone, aveva compreso che qualcosa più forte dell’uomo poteva solo essere l’animale.

Cinquantadue, questo era stato il numero di tori uccisi a mani nude senza mai perdere, perché altrimenti ciò avrebbe significato la sua morte. Quando addirittura ne ebbe uccisi ben tre con un singolo pugno al centro della testa, si guadagnò anche il titolo di Mano Divina.

 

Gli artisti marziali di tutto il mondo intanto urlavano al cielo con i pugni sollevati, lodando il combattente come più forte degli dèi per la sua tecnica, velocità e forza.

“ Queste sì che possono definirsi arti marziali capaci di sconfiggere gli dèi.” Annuì soddisfatto dallo spettacolo il Kensei Miyamoto, ritornando a rilassarsi sulla sedia dopo tutta la tensione accumulata.

“ La battaglia però non è ancora finita …” Presagì, ed in quello stesso istante il boato di esaltazione si interruppe.

 

“ Io …” La mano di Enkidu si era poggiata sul terreno, mentre con la spalla iniziava a farsi forza per tentare di rialzarsi.

“ Non posso perdere qui.”

La figura di Masumatsu incombette su di lui come l’ombra della morte stessa, con gli occhi accesi dalla bramosia di continuare a combattere.

Sollevò il piede destro per poi pestarlo sulla nuca del dio, producendo un raccapricciante schioppo che echeggiò nell’aria.

“ Devo vincere …” Continuò Enkidu, apparentemente insensibile al colpo subito.

La sua schiena tremò appena mentre, grazie all’aiuto dell’altra mano puntata per terra, cercò di raddrizzarsi.

-… ed andarmene di qui !-

“ Urrryah !!” Gridò allora il karateka, decidendo di imprimere ancora più forza e peso nel prossimo colpo, approfittando della posizione indifesa del nemico: piegando il ginocchio ed avvitando l’intero corpo verso il basso, abbatté un fragoroso pugno discendente dritto sulla sua tempia.

A quel punto il dio tentennò, immobilizzandosi.

Un copioso rivolo di sangue gli scivolò lungo tutta la fronte, accumulandosi su di un sopracciglio prima di gocciolare fino al mento.

 - Voglio andarmene di qui. Non ce la faccio più …- Nella sua mente rimbombavano solo queste parole, assieme all’eco dei colpi subiti.

Riprese il suo tentativo di rialzarsi, imperterrito.

 

“ Non è possibile! Quel pugno è capace di uccidere un toro, Enkidu non dovrebbe nemmeno più nemmeno essere vivo dopo tutti quei colpi !” Strillò atterrito qualche umano, rabbrividendo per quello scenario così raccapricciante.

“ Enkidu è un guerriero leggendario.” Lo ammonì con voce di sapienza una donna.

“ Guerriero?! Semmai una bestia !” Rispose quello.

A quelle parole la donna contrasse il volto in un’espressione stizzita, carica di sofferenza e rabbia.

“ Lui è più di questo.”

Vestiva un lungo vestito blu, con motivi ad onde ricamati in pizzo. I lunghi capelli scuri ricadevano sulle sue spalle del colore della terra rossa, appena incoronati da un cerchietto di campanelle.

“ Quando venne al mondo per mano degli dèi era davvero una bestia, per tanto viveva con i suoi simili in completa armonia: beveva dai ruscelli, brucava dalle praterie e liberava le prede dai cacciatori… tuttavia, se noi abitanti di Uruk volevamo davvero essere salvati da quel dono divino, avremmo dovuto almeno educarlo ad essere più simile a noi.” Spiegò allora Shamhat, la sacerdotessa di Ishtar, primo essere umano che avesse mai conosciuto Enkidu.

La sua voce risuonava sempre più triste, rievocando quelle reminescenze infelici.

“ Io, in quanto sacerdotessa, fui l’incaricata: per sette giorni fummo insieme, gli insegnai i comportamenti degli uomini e persino quali abiti indossare… in quel lasso di tempo Enkidu aveva imparato a comportarsi esattamente come un uomo completamente civilizzato, nonostante qualche giorno prima non sapesse nulla di tutto ciò.”

“ Come dici? In una sola settimana ?!”

“ Esatto, e quando combatté con il nostro re, lo fece alla maniera dei sumeri. Ciò che voglio dire è che in Enkidu coesiste la furbizia dell’uomo con l’istinto animale, assieme ad una forza che è figlia di entrambe queste sue nature… oltre ovviamente alla capacità di adattarsi rapidamente a qualsiasi imprevisto, anche il più drastico. Questa abilità si chiama Naked Ape Intuition.”

Terminate quelle parola, Shamhat sollevò il capo per svelare un volto bagnato da amare lacrime di dolore.

“ E per quanto io possa essere stata una sacerdotessa, adesso vedo la mia vita in pericolo per via degli dèi… o meglio, per mano di Enkidu, il nostro salvatore… colui a cui ho insegnato tutto.”

“ È… vero !” Una voce cavernosa, ma rotta anch’essa dal pianto, la sostenne.

La sacerdotessa allora si voltò, trovandosi di fronte l’intera schiera di soldati di Uruk in lacrime.

Poco prima erano festosi per tutti i colpi andati a segno da Masutatsu, così come gli artisti marziali, eppure ora le loro facce erano più adatte ad funerale. Piangevano, gridavano, si artigliavano i pugni o li sbattevano violentemente contro gli spalti.

La loro disperazione era palpabile, al punto che non parevano nemmeno più interessati a chi dovesse vincere. In cuor loro, conoscevano solo cosa avevano perso.

“ Enkidu… Enkidu, tu …” Fece il primo di loro, prendendo fiato.

“ … sei un traditore! La vergogna di Uruk !”

Altri lo seguirono, questa volta consapevoli che niente li avrebbe fermati dall’esprimere tutta la loro tristezza. Stavano assistendo non solo alla disgrazia dell’umanità, ma anche al loro salvatore combattere con tenacia per porre fine alla loro vita.

“ Non sei degno di combattere con l’ardore di un guerriero di Uruk !”

“ Non meritavi la nostra amicizia !”

“ Io chiamai persino mio figlio col tuo nome, tanta era la mia adorazione! Come mi staresti ripagando ?!”

Soltanto le loro urla bastarono a sovrastare qualsiasi altro suono nell’Arena del Valhalla, raggiungendo inevitabilmente anche gli dèi.

Ishtar, seduta in disparte persino tra i suoi simili, accavallò le gambe e rivolse alla razza umana uno sguardo disgustato.

 

“ Stai ancora pensando, Enkidu ?” Masutatsu si rivolse nuovamente al suo avversario dopo un lungo silenzio. “ Pensi per caso a quanto sia inutile vivere, ora che ti vessano sia umani che dèi ?”

Le sue dure parole vennero udite nonostante le urla dagli spalti imperversassero nell’aria.

“ Pensavi forse che, se avessi vinto, avresti guadagnato la riconoscenza ed il rispetto dei tuoi… nuovi compagni? Invece eccoti qui: tu ora hai solo il nulla.”

Il karateka avanzò lentamente verso il suo nemico, ancora costretto in ginocchio ed incapacitato a muovere un muscolo di più. Arrivato ormai quasi a poterlo sfiorare con le gambe, inclinò la testa verso il basso, volendo raggiungere la sua per guardarlo di nuovo negli occhi.

“ Hai perso tutto, grande guerriero.” Sussurrò nelle sue orecchie, mentre nei propri occhi brillava una riflesso di pura violenza.

In quel momento, custodito dalla segretezza dello scontro, Mas Oyama si era trasformato in una volgare rappresentazione di distruzione e potenza, capace solo di schiacciare il proprio avversario con qualsiasi mezzo avesse a disposizione.

“ Almeno io mi sono arreso a questa evidenza …” Fu però la risposta del guerriero sumero, ribaltando le aspettative del karateka.

Enkidu a quel punto sollevò il capo, fronteggiando lo sguardo assassino dell’altro con un sorriso compiaciuto.

“ Tu invece sei sicuro di aver accettato che, per quanto possano lodarti, non avrai mai più indietro ciò che hai perso? Saresti addirittura disposto ad accettarlo in punto di morte? Non credo proprio… grande guerriero.”

 Quelle frasi di scherno furono il dito premuto sul grilletto: ogni barlume di controllo in Masutatsu crollò in frantumi, ed ogni luce nei suoi occhi si spense di colpo.

 

- COME OSI ?!- Il karateka sollevò immediatamente la gamba destra, puntandola verso il cielo prima di colpire il suo avversario senza più badare al rispetto della sua condizione.

Il calcio si prospettava essere più forte di qualsiasi colpo inferto in precedenza, e forse anche nella sua intera e già conclusa vita. Accecato però dalla propria potenza, si dimenticò del dettaglio più importante a cui aveva smesso di far caso: gli occhi di Enkidu. Questi, ora inclinati in un’espressione ridente, sparirono presto dalla sua visuale, così come l’intero corpo della bestia.

Avendo costretto l’avversario proprio nel momento più adeguato, il guerriero sumero seppe con facilità prevedere ogni sua singola mossa. Di conseguenza si rialzò con le forze recuperate, e sollevando anch’egli la gamba intercettò quella di Mas Oyama con un pesante calcio alto.

Le carni dei combattenti, temprati da innumerevoli e sovrumane battaglie, cozzarono producendo un fragore quasi metallico, come se ad infrangersi l’un l’altro fossero state delle corazze.

 

“ I calci di Enkidu e Masutatsu si sono incrociati !” Strillarono i presentatori all’unisono, atterriti da quella manifestazione di potere tanto quanto il pubblico.

Per un mero secondo, capace di apparire come un lasso di tempo infinito agli occhi dei presenti, le gambe degli sfidanti rimasero sospese in aria senza apparentemente muoversi.

Infine, terminata l’attesa, qualcosa si spostò: legamenti, ossa e muscoli.

La gamba di Enkidu penetrò con forza nella rotula del karateka, facendola esplodere in una poltiglia sanguinolenta nell’aria.

Il corpo dell’uomo non era stato in grado di sostenere l’immenso peso e la brutalità del colpo avversario, ed avendo incontrato il suo limite, inevitabilmente aveva ceduto.

Alcuni umani strillarono dall’orrore, mentre altri, consapevoli di cosa comportasse quel colpo al loro rappresentante, non trovarono neppure il coraggio di fiatare.

“ Siamo finiti …”

“ No. Masutatsu lo aveva previsto …” Mormorò Miyamoto Musashi, mai stato così serio e concentrato in vita sua.

 

Ciò che nessuno si sarebbe aspettato successe così velocemente da durare quanto un batter d’occhio.

La parte inferiore della gamba di Masutatsu, ormai rotta nella giuntura principale e completamente dislocata, si contorse verso il basso in una posizione umanamente irraggiungibile. Così facendo compiette un arco sopra la testa di Enkidu, calando come una falce su di un bersaglio già prefissato da tempo: una delle sue corna.

La Mano Divina sogghignò nonostante il dolore, contento più che mai di non essersi davvero fatto sopraffare dall’ira quando il suo calcio riuscì a spezzare il corno destro.

Questo si ruppe alla base, a causa dei precedenti colpi inferti con il segreto scopo di indebolirlo, e venne scagliato verso il basso. Lì incontrò solo la spalla scoperta di Enkidu, conficcandosi nella carne in tutta la sua affilatezza. Fu allora che per la prima volta al guerriero sumero venne strappato un atroce grido di dolore.

In preda allo shock la sua mente venne tempestata da fin troppi pensieri.

- Come è possibile? Quando? Con quale… forza ?!-

Mentre ancora in preda allo shock cercava di reagire, l’artista marziale era atterrato davanti a lui su di una sola gamba.

Rapidamente Mas Oyama afferrò entrambe le corna dell’avversario, quella sulla spalla destra e quella sinistra sulla testa, per poi girarsi di centoottanta gradi e scagliarlo con un urlo selvaggio verso il basso.

“ OSSU !”

Ciò che ne seguì fu paragonabile ad un fulmine che si schiantò sul pavimento del campo di battaglia, aprendo una voragine ancor più grande tra le crepe e facendo tremare pericolosamente le gigantesche mura circolari.

 

Il kiai, ovvero il grido usato durante l’attacco di Masutatsu, riecheggiava nell’aria coprendo persino il fragore della pietra infranta. Quell’urlo di battaglia, appartenente all’uomo forgiato dalle arti marziali, continuò a risalire verso il cielo, ascendendo nella gloria.

Non ci volle molto prima che gli umani, dapprima troppo meravigliati per muoversi, lo imitarono in coro.

“ Ossu! Ossu! Ossu! Ossu !” Gridava, cantava e gioiva l’umanità.

Il colpo decisivo agli dèi era stato inflitto.

Il karateka si ritrovò così al di sotto del cielo, ma ben più in alto di quanto avesse mai sperato di essere. Inorgoglito, gonfiò il petto, per poi regalare alla sua folla un sorriso smagliante.

 

Però, proprio come quello precedentemente mostrato da Enkidu, si trattava di un falso sorriso.


Angolo Autore:
Welcome back! 
Spero che la storia vi stia piacendo! Se è così sono proprio curioso di sentire i vostri pareri ora che l'azione è cominciata!
Intanto devo ammettere che se non fosse stato per la sezione reddit che mi ha incoraggiato a pubblicare, questa storia sarebbe stata resa pubblica chissà quando. 
Dopodiché volevo parlare di un po' di dettagli: il motivo alla base dello scontro tra Mas ed Enkidu è essenzialmente, è proprio quello di far affrontare un Ammazza-Tori contro una creatura bestiale dalle fatezze taurine. Per l'esattezza ogni volta che penso ad Enkidu non riesco a non pensare a Kaido di One Piece, anche se molto più basso... mentre per Mas ed il suo aspetto da karateka trasandato mi sono ispirato al film romanzato sulla sua vita: Fighter in the Wind.
Ah, e poi come tralasciare il discorso delle Sefirot. Sì, a differenza dell'opera originale, non volevo utilizzare le Valchirie ed il concetto di Volund. So che per adesso sembra molto campato per aria, ma diciamo che preferirei non vi focalizzaste su questi aspetti di trama ora come ora, perché non riceverete a breve una qualche risposta. E ovviamente perdonatemi se vi sembra una schifezza come concept, perché posso comprenderlo!
Bene, ci si vede domani con il prossimo capitolo! Annunciò già che vedremo il passato dei combattenti...
Alla prossima!

   
 
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