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Autore: breezeblock    12/05/2020    4 recensioni
Non sapeva dire con esattezza quando si era perso. Sta di fatto che adesso faticava a ritrovarsi, tra quei ricci ribelli e morbidi, tra i lembi di stoffa del suo vestito color indaco, nell’incavo del collo che il suo maglione largo lasciava scoperto, nella sua bocca che sapeva di tè al limone. Si era perso in quel labirinto che sapeva di lei, c’era scivolato dentro e adesso annaspava per trovare una via d’uscita. [...]
La Granger alimentava i suoi desideri con i fiammiferi e poi li estingueva con secchiate di acqua gelida, tutto con la stessa bocca carnosa maledetta. [...] Sarebbe finito al San Mungo entro la fine dell’anno, di questo era ormai certo.
IN REVISIONE
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Muggle Studies - The Years '
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Muggle Studies 


5.
 
LIKE SHE PULLS ON THE SEA 
-Gregory Alan Isakov, That Moon Song-
 
 

Angeline Barrow aveva un bel corpo e un bel carattere, ed erano accomunati dallo stesso spirito libertino il cui unico manifesto leggeva di non fare coppia fissa. Si stavano frequentando da un po', anche se quelle suddette frequentazioni non avevano nulla di serio. Forse per la prima volta nella storia delle relazioni finite male di Draco Malfoy - o meglio, mai cominciate-  la ragazza del settimo anno Tassorosso era seduta a cavalcioni su di lui, nel suo letto, nel suo dormitorio. Quello era un lusso che non concedeva mai a nessuna, tanomeno a se stesso, se non fosse per qualche eccezione che comprendeva ispezioni in piena notte da parte dei professori nei rispettivi dormitori delle sue scappatelle.
La ragazza gli stava lasciando piccoli segni umidi sul collo, mentre Draco procedeva spedito a slacciarle i bottoni della camicia, quando ad un tratto il suo sguardo fu catturato dal mantello nero abbondonato sulla sedia in pelle poco più in là del letto. 
La sua mente vagò lontana da lì e ritornò a due sere prima, quando diede il mantello alla Granger sulla strada del LumaClub. 

«Mi sono ricordato che ho ancora dei compiti da fare per Difesa contro le Arti Oscure» Draco interruppe bruscamente ciò che stava per accadere, fin troppo distratto per continuare.
«A quest’ora? E poi Voldemort è morto, quella materia non serve praticamente più» La ragazza gli sfilò la camicia con un sorriso impertinente stampato in volto.
«Mai dire mai, non credi? Infondo è tornato due volte» Draco cercò di fermarle i polsi senza troppa pressione, e si sollevò quel che bastasse per farla scivolare dalle sue ginocchia e alzarsi. 
«Vediamoci domani, ti va?»
«Nei tuoi sogni»
Angeline Barrow prese in fretta le sue cose, riabbottonò gli unici due bottoni che Draco era riuscito a slacciare e girò i tacchi senza nemmeno più guardarlo.


Il ragazzo sprofondò nuovamente nel letto sospirando, convinto che il fascino di quel tatuaggio avrebbe comunque fatto effetto ancora. Il fatto che fosse un Mangiamorte invece che allontanare le ragazze da lui le avvicinava, curiose di scoprire se quel tatuaggio esistesse veramente o meno. Draco si chiedeva spesso se le ragazze con cui usciva fossero realmente interessate a lui o al suo retaggio, ma non disperava mai nel constatare come il più delle volte il suo fascino fosse dovuto più al secondo caso che al primo. Alla fine, anche lui otteneva quel che voleva.
Con la Granger invece era diverso, e lo era sempre stato, ancor prima che combinassero qualcosa.
Fare qualsiasi cosa con lei sarebbe stato diverso, e così in effetti era stato. Si era ormai abituato a quella differenza, l’aveva accolta senza darci troppo peso, convinto che una possibilità del genere non si sarebbe mai presentata.
Eppure, ripensando a qella sera a Grimmauld Place, non riusciva ancora a capire cosa gli fosse preso. Non voleva metterla in una posizione compromettente, anche perché nessuno dei due vi avrebbe giovato, motivo per cui non fece nulla durante la sera del ballo. E non voleva nemmeno rischiare di finire coinvolto in un triangolo da cui ne sarebbe uscito sicuramente perdente. Non era nei suoi interessi diventare qualcosa per la Granger, ma non voleva nemmeno vederla consumarsi in drammi e tragedie greche a causa sua.
Ciò nonostante, starle lontano era difficile, e lei non gli facilitava le cose, al contrario, sembrava essere stata risucchiata nella sua stessa orbita senza neanche saperlo. Ovunque lui fosse, c’era anche lei, ovunque lei andasse, lui la seguiva, e non era come era sempre stato fin dal primo anno, quando proprio perché parte della stessa annualità, dovevano sopportarsi a vicenda. Quella vicinanza aveva tutt’altro colore, tutt’altro sapore. Era cominciata con del gin, poi con un pudding al cioccolato, ed era finita con del the al limone sparso sul pavimento.

Il fatto che non si fosse pentita poi, non gli abbandonava la mente per un secondo. Glielo aveva detto lei stessa per le scale, e si vedeva che quell’ammissione le era costata una certa fatica, così come a lui costò dirle la verità riguardo al dipinto. Draco non amava spiegare il perché dietro ogni suo gesto, le sue motivazioni restavano sue, ma la Granger aveva quel modo di fare così intrusivo che non gli lasciava scampo; entrava a gamba tesa in qualsiasi situazione, occupava ogni centimetro di spazio e lo prosciugava con la sua sete di conoscenza.
Ecco, l’immagine di lei era più simile a quella di un Dissennatore ultimamente, e
lui era la preda. 
Una cosa però rimaneva certa, non voleva che Hermione lasciasse Weasley per colpa sua; se era questo ciò che la lei voleva (ammesso che lo avrebbe fatto), doveva farlo per suo conto e non perché avevano fatto quel che avevano fatto. 


Andare a letto con la Granger era stato solo un errore di valutazione, una deviazione dalla linea del suo corretto agire. Se pure lei gli avesse dato quella ulteriore spinta nel fare qualcosa che aveva già premeditato di fare, e cioè bruciare quel dipinto, avrebbe continuato quel cammino da solo. Avrebbe solamente continuato ad usarla per i compiti di Babbanologia e lui in cambio aveva deciso di aiutarla con la questione dei suoi genitori. Di questo, la Granger non era a conoscenza, Draco preferiva dirle tutto a cose fatte, una volta trovata la soluzione, così da non farle credere di aver speso tantissimo tempo a fare qualcosa che lo avesse allontanato dai suoi impegni e dal suo studio. D’altronde non le doveva niente e la Granger non doveva nulla a lui, ma se Draco glielo avesse detto lei si sarebbe sicuramente sentita in colpa. E poi non era detto che sarebbe stata d’accordo, orgogliosa com’era.

Pensava e ripensava a ciò che si erano confessati quel giorno, e non riusciva a capire com’era possibile che persino Hermione Granger non riusciva ad annullare un suo incantesimo. Ignorava persino che quell’Oblivion si fosse rivelato necessario, ma di certo arrivò a comprenderne le ragioni. Già da troppi anni Voldemort vagava libero uccidendo i genitori e parenti di molti dei suoi compagni di scuola. Quelli che sopravvivevano si ritrovavano al San Mungo una volta dichiarati fuori di senno e quella forse era una sorte peggiore della morte. 
La Granger aveva fatto la scelta giusta per motivi altrettanto giusti. Non era da biasimare, ma capì anche perché ce l’avesse a morte con sé stessa. 

Cercare di allievare quel suo peso fu per lui una cosa naturale. Infondo con gli incantesimi se la cavava, ne avrebbe fatta una questione personale, celando a sé stesso il vero motivo per cui si era deciso ad aiutarla. A pensarci bene, non c’era un vero e proprio motivo, era solo questione di accettazione, doveva solo accettare che le cose stavano in quel modo, anche se non ci sarebbe stato mai nulla tra loro. Avrebbe continuato a spiarla di tanto in tanto tra un corridoio e un altro, avrebbe continuato a respirare l’odore dei suoi capelli durante la lezione di Difesa contro le arti oscure, avrebbe sfiorato il suo mantello fuori in giardino, cenato con lei durante gli incontri del Lumaclub. 
Non poteva esserci nient’altro che quello. Non voleva che ci fosse nient’altro che quello.
Si sarebbe cibato di quello che c’era stato fino a quel momento, avrebbe solamente immaginato -come aveva sempre fatto con lei- quello che c’era stato, fino a metterne in discussione la veridicità. I capelli leonini della Granger sparsi sul suo petto, le bocche ansanti, le mani che si cercavano tra le lenzuola, il sudore sul suo collo e sul petto, la sua totale essenza che si perdeva nella sua fino a confondercisi. 
 
 
 
Andarci a letto non era stato un errore. 
Ormai ne era convinta. 
Non che volesse da quel momento in poi pensare a Malfoy come qualcosa anche di lontanamente simile a un fidanzato, questo no, e lo aveva già appurato. Ma era convinta che dietro quel suo gesto, anzi, quei loro gesti, doveva esserci un motivo scatenante che forse proveniva da qualcosa di inconscio, come se fosse un bisogno di liberarsi dalle tante catene che si sentiva premere alle caviglie. Era sempre stata una ragazza in gamba, autonoma, e fare quella sua piccola ribellione con Malfoy come strumento, era stato come deviare temporaneamente da un sentiero già tracciato. Probabilmente da sola non avrebbe mai raggiunto quella consapevolezza, alla fine dei conti ad ogni azione corrisponde una reazione uguale o contraria e senza un secondo soggetto agente forse non avrebbe mai acceso quella miccia nella sua testa che le continuava a ripetere di scappare.  
In ogni caso, la cena del Lumaclub non era andata così male, erano tornati i soliti “Sta zitto Malfoy” e “Granger” di sempre, e non poteva negare di essersi anche un po’ divertita. 

Non era sua intenzione rivelargli quel segreto che teneva nascosto ormai da alcuni mesi, eppure farne parola davanti a lui, fu come riconoscerlo anche a sé stessa, ammettere la presenza di un dolore che non voleva accettare, che aveva tenuto sepolto fino a quel momento con tanti falsi sorrisi. Non poteva dire con certezza il motivo per cui non lo aveva mai confessato ad Harry, Ron o Ginny, in un certo senso era stanca di condividere con loro solo momenti di dolore e perdita, eppure sembrava che per la maggior parte della sua infanzia trascorsa ad Hogwarts, non avessero fatto altro. 

La cena del Lumaclub non aveva fatto nascere alcun sospetto in Harry, e nemmeno in Ginny, che forse tra i due era la più pericolosa. Probabilmente l’avrebbe completamente cancellata dalla faccia della terra se solo avesse saputo del male inferto a Ron. Anche se di solito per le questioni di cuore la sua amica Grifondoro aveva sempre dimostrato di possedere una massiccia dose di cinismo, non credeva che le avrebbe lasciato passare questo terribile inciampo. 
Eppure, lì nell’ufficio di Lumacorno non sospettarono niente, nemmeno del sussulto che fece non appena entrarono notando le due sedie vuote vicine. Ricordava benissimo di aver sentito Draco sospirare, come se quella vicinanza li avrebbe messi ulteriormente alla prova. Ricordò di come Harry le diede un’occhiata inquisitoria, come per controllare che andasse tutto bene, lei gli sorrise per rassicurarlo, e si sedette accanto a Draco, il quale le rivolse una fugace occhiata sprezzante. 
Si era già totalmente calato nella parte. 
Mangiarono quel che gli altri avevano lasciato e cioè parte del secondo e l’ottimo dolce al cioccolato che Lumacorno rifilava in ogni serata. Era un tipo piuttosto abitudinario. Ad una certa ora, come da copione, si accese un sigaro e si fece un bicchierino di brandy mentre conversava con alcuni eletti del club. 
McLaggen continuava a starle dietro di tanto in tanto, aveva rinunciato a farle una corte sfrontata solo perché aveva saputo di lei e Weasley, ma quella sera si comportò in modo decisamente strano, come quando aveva cercato di sedurla al sesto anno con tentativi abbastanza viscidi. 
Insomma, quella sera si era addirittura fatto avanti, anzi, praticamente le era finito addosso poco elegantemente intromettendosi tra lei e Ginny e chiedendole se volesse ballare. La Weasley ridacchiò e “è tutta tua” gli disse. Ricordò anche di aver pensato che probabilmente si stesse già vendicando ancora prima che le avesse confessato la verità. O forse stava semplicemente diventando ancora più paranoica di quanto già non fosse.
Hermione non fece in tempo a dirgli di no che già le sue mani erano intorno alla vita e l’avevano trascinata in mezzo ad altre due coppie che avevano iniziato a ballare una danza lenta, forse vecchia quanto Lumacorno, perché questi sorrideva come se lui stesso gli avesse insegnato i passi. 
Era così orgoglioso dei suoi alunni, nessuno faceva una piega in quel disegno di gloria e perfezione che lui solo gli stava cucendo addosso. Forse l’unico a fare qualche piega era Malfoy. Il giovane serpeverde, notando la vicinanza scomoda e insolita della Granger e McLaggen, non resistette, e con un gesto furtivo della mano spinse a terra la tanto amata clessidra di Lumacorno appena la coppia di ballerini era abbastanza vicino da sembrare gli unici colpevoli dell'accadduto. 
I due ragazzi raggelarono al tonfo sordo dell'oggetto e il professore esclamò qualcosa di incomprensibile mentre si avvicinava a passi svelti a raccogliere ciò che era rimasto della sua amata clessidra.
Il tempo, che in quella clessidra sembrava si fosse completamente fermato, riprese a scorrere veloce. Hermione si precipitò a terra vicino a Lumacorno in un istante, silenziosamente grata che quel trambusto avesse rotto gli equilibri e spezzato quel terribile abbraccio in cui era finita senza il suo volere. Si scusò e riscusò con il professore, che nel frattempo pareva essersi bloccato insieme alla sabbia della clessidra, balbettando e mugugnando tristemente. Gli studenti si dileguarono in men che non si dica, persino Harry e Ginny decisero non fosse il caso di intromettersi, conoscevano Hermione e se c’era una cosa che quella strega ostinata odiava era che qualcun altro sistemasse i suoi disastri al suo posto. McLaggen, che comunque era complice di quel disastro quanto lei, almeno secondo Lumacorno, seguì i suoi compagni fuori dall’ufficio, dileguandosi mentre si toccava la nuca con la mano visibilmente imbarazzato.
L’unico che rimase a fare compagnia alla Granger e ad osservare il “suo” disastro fu Malfoy, che se ne stava qualche passo indietro rispetto all’incidente, vigile come una serpe che osservava la sua preda. Era segretamente divertito da quella scenetta che aveva causato, e appariva piuttosto tranquillo di fronte agli altri due maghi piegati su sé stessi. In quel trambusto e per via dell’immenso imbarazzo, la genialità di Hermione parve essersi spenta.

«Professore, non è il caso di agitarsi, Reparo!»
«Signorino Malfoy se fosse così semplice non starei riversato sul pavimento a contare ogni granello di sabbia perso!»
Draco sgranò gli occhi, a quel punto visibilmente preoccupato. La clessidra non si ricompose come credeva avrebbe fatto. Hermione si sollevò in piedi e lo guardò con un’occhiata che avrebbe congelato persino il più temerario dei maghi. Draco però sembrò immune.
«Che c’è?» le chiese a bassa voce, inclinando il viso più in basso verso di lei. 
«C’entri tu in questa storia? Io non l’ho nemmeno sfiorata»
“Sarà stato il culo di McLaggen allora» un sorriso gli increspò le labbra. Hermione alzò gli occhi al cielo, palesemente infastidita di non avere sufficienti prove per incolparlo o scagionarlo. Nel frattempo, Lumacorno aveva ripulito il pavimento con un incantesimo e teneva in mano alcuni pezzi del serpente in vetro che circondava la clessidra.
«Era un regalo» confessò mestamente, parlando piano. 
Draco cominciava a sentirsi un po’ scomodo e imbarazzato.

«Potete andare ragazzi, ci vediamo a lezione»
«Professore io...mi dispiace veramente molto», dopo essersi scusata tante altre volte, Hermione uscì dalla stanza a testa bassa, seguita da Malfoy che procedette con le mani in tasca.
«Sei stato tu?»
«Perché dovrei essere stato io? Eri tu che ballavi con McLaggen»
«Eravamo lontani, noi...»
«Se avessi fatto più attenzione, forse…». Il tono di Malfoy era basso, come se non volesse svegliare nessun quadro con i loro soliti litigi. Quando si parlava di antagonismo secolare…
«Ti giuro che se scopro che sei stato tu io…»
«Tu cosa? La Clessidra non si può riparare, a quanto pare» Erano pericolosamente vicini, tutto quello che riguardava loro era ormai un pericolo. 
«Non se ti trasformo io, in una clessidra, saresti perfetto nella stanza di Lumacorno a sorbirti tutte quelle chiacchiere» 
Terzo piano.

«Nah, ti mancherei» Draco la superò sulle scale, il mantello stavolta sulle spalle e le mani sempre in tasca.
Hermione arrossì.

«Ah e...Hermione, sbaglio o la tua sala comune è al settimo piano? La Signora Grassa lo è troppo per riuscire a spostarsi, dico bene?» Draco, che per provocarla si voltò verso di lei ancora immobile qualche gradino più in su, inarcò un sopracciglio divertito.
La ragazza sbuffò e invertì la sua direzione, cominciando a risalire le scale. 

«
Avevi detto Serpeverde» alzò di poco la voce affinché l’ultima stoccata le arrivasse forte e chiara. 
Hermione si sporse dalle scale e  
«Allora vai a strisciare da un’altra parte!» gli rispose piccata.
Draco rise di gusto, e come succedeva spesso dal Ballo del Ceppo, Hermione rimase qualche secondo immobile a guardarlo mentre il giovane procedeva a grandi falcate verso l'oscurità.
 
 
 
Ormai la biblioteca era diventata il suo secondo dormitorio. Draco a volte ci dormiva letteralmente, al punto che Seamus spuntava sempre dietro le sue spalle per dargli una botta in testa con un libro per farlo svegliare. Un giorno Draco era così assorto che gli ci volle tutto il resto della giornata per scovare Seamus e vendicarsi per quel sopruso e alla fine lo trasformò in un accendino.
Mentre Ivy e Gracie ci trovarono tantissima poesia dietro quella trasformazione, Hermione si limitò solamente ad effettuare il contro incantesimo.
Il Serpeverde aveva temporaneamente sospeso le sue ricerche per il compito di Babbanologia e aveva iniziato a cercare la storia dell’Oblivion, le sue controindicazioni e -sperava- anche i suoi rimedi. Eppure, la ricerca si rivelò più difficile del previsto. Dimenticò due appuntamenti e un festino nella sala comune Serpeverde, tanto che Astoria e Daphne Greengrass cominciarono ad insospettirsi; l’unico a non trovarci nulla di strano era Blaise, che alle stramberie dei Malfoy era ormai abituato.
Fu solo lui che persuase le ragazze a non indagare, Draco gli aveva riferito la natura delle sue ricerche ma non aveva fornito molti dettagli riguardo al perché tali studi si fossero rivelati necessari. Il compagno però, che non era dotato di particolare curiosità al di fuori delle questioni amorose, lo lasciò fare senza indagare oltre e riuscì a distogliere da tale intento anche le sue colleghe. 
Fortuna che il disinteressamento nelle questioni altrui era una caratteristica che accomunava quasi tutti in quella casa. 
Aprile stava quasi per giungere al termine, il caldo cominciava a farsi più denso e ad appannare le vetrate delle aule, i mantelli non erano più necessari e così anche i maglioncini e le felpe. Solo al pensiero che la scuola avrebbe continuato con le sue attività fino a ottobre per recuperare i mesi persi durante la guerra contro Voldemort, Draco non sapeva quanto avrebbe potuto resistere ancora. L’ultimo anno ad Hogwarts si era rivelato essere il più arduo e non per colpa del Signore Oscuro. 
In un momento di lucidità forse dovuto all’esasperazione per non aver trovato nulla fino a quel momento, Draco rivolse uno sguardo alla sezione proibita sporgendosi dalla panca su cui era seduto. 
Prese i pochi appunti che era riuscito a ricavare fino a quel momento, poi rivolse il suo sguardo alla bibliotecaria e a quell’idiota di Seamus ed uscì dalla biblioteca mentre cominciava a pensare ad un piano per entrare nell’ala proibita senza venire scoperto. 
 
 
 

Hermione Granger percorreva l’immenso corridoio della Sala Grande in silenzio, a testa bassa, e si sentiva a malapena respirare. Ivy, che la teneva sottobraccio non le disse nulla, si limitava a guidare i loro passi senza che questi subissero brusche interruzioni da altri studenti. Arrivate oltre la sponda del ponte, si fermarono e l’amica Corvonero rimase in attesa di un suo cenno, di una sua qualche parola. Hermione faceva respiri profondi e guardava in lontananza, oltre il tramonto di quella giornata primaverile giunta ormai al termine.

«Come ti senti?»
Ormai sentirsi fare quella domanda era diventata un’abitudine e le dispiaceva un po’, non voleva apparire perennemente infelice agli occhi degli altri, sembrare indifesa e incapace di rialzarsi. 
«Sto bene»
«Sicura? Guarda che non dobbiamo sempre stare bene a tutti i costi, Herm…»
«Lo so, ma stavolta è diverso, sto davvero bene Ivy, non sento più quel peso addosso, so di aver fatto la scelta giusta»
Ron l’aveva presa piuttosto male all’inizio, poi, andando avanti con la conversazione, aveva assunto un atteggiamento quasi da filosofo, e le continuava a ripetere fosse tutto okay, che aveva avvertito un cambiamento e che forse avevano fatto il passo più lungo della gamba seguendo più l’adrenalina dei momenti condivisi sul filo del rasoio, che l’amore.
Forse le aveva detto tutto questo perché effettivamente era sotto shock e non sapeva cosa dire, forse voleva solo proteggersi da quel trauma appena subito, Hermione questo, non poteva saperlo né avrebbe chiesto spiegazioni, convinta che Ron avrebbe avuto bisogno del suo tempo per elaborare il tutto e farsi una sua idea delle cose. Ma sperava davvero che avrebbero potuto tornare ad essere amici.

«Loro come l’hanno presa?»
Curioso il fatto che Ivy avesse parlato al plurale e che riguardo alla situazione che infondo riguardava solo lei e Ron, l’amica avesse automaticamente incluso anche Harry e Ginny, i due più vicini a loro, i suoi migliori amici. D’altronde era inevitabile renderli partecipi di qualcosa in cui erano sempre stati gli attori principali. 
«Sono rimasti un po’ basiti, ovviamente non se lo aspettavano, ma sono anche miei amici, non solo di Ron, sono sicura che la sapranno gestire»
«E tu? La saprai gestire? Adesso che farai?»
La Grifondoro si voltò verso di lei, che se ne stava appoggiata dall’altra parte del ponte. Le sorrise.
«Adesso sarò semplicemente Hermione»
Ivy le sorrise ed annuì, la raggiunse e le si mise al fianco, appoggiandole la testa sulla spalla. Non le chiese di Draco, perché come aveva detto lui, era fuori dall’equazione, ed Ivy era intuitiva abbastanza da aver capito che quel percorso era di Hermione soltanto. 
«Comincerò da zero» 
«Insieme», concluse Ivy.
 
 
 

Riprendere in mano una scopa dopo tanto tempo fu per lui una gioia immensa, era come se si sentisse rinvigorito dall’unione simbiotica con quel pezzo di legno. Essere uscito dalla squadra al quinto anno fu per lui uno dei suoi rimorsi più grandi, insieme ad una lunga lista di tormenti a cui aveva iniziato a scrivere la parola fine. Dovette cambiare la divisa e ordinarne una più grande, come sempre il numero sette dietro la schiena gli dava una responsabilità dalla quale però non voleva tirarsi indietro. Essere il cercatore della squadra era da sempre stato un motivo di orgoglio personale, se spogliato da quello del padre che così a lungo aveva desiderato avere suo figlio nella squadra. Adesso quel piccolo trionfo era solo suo.
Era diretto al campo, quando fu distratto dalla vista di Lumacorno che rincorreva la Granger – anche lei diretta lì- con un passo scoordinato e goffo. 

«Voi andate avanti, vi raggiungo subito» disse al resto della squadra, che lasciò sul sentiero battuto. 
«Signorina Granger, volevo ringraziarla per la clessidra, non so proprio come ci sia riuscita!». Lumacorno aveva il fiatone e si mise le mani sulle ginocchia per riprendersi. Hermione lo guardava apprensiva e dubbiosa, perché non aveva la minima idea di che cosa stesse parlando.
«Herm noi ti aspettiamo al campo» Gracie aveva scorto in lontananza la figura di Malfoy venire verso di loro. Ivy le sorrise e dopo essersi congedate dal professore ripresero a camminare a passi svelti per raggiungere il resto dei compagni. In lontananza, cominciavano a librarsi in aria i canti delle squadre e gli schiamazzi degli studenti eccitati.
«Professore, sta bene? Di quale clessidra parla?»
«Suvvia non faccia la modesta, l’ho vista sulla mia scrivania stamattina bella e splendente come prima! Come ha fatto?»
«Io non…»
«Ah, professore anche lei qui! Si vuole godere la partita?» Draco irruppe nella conversazione e si mise accanto alla Granger, che nel frattempo gli stava rivolgendo un’occhiata inquisitoria.
«Certo Malfoy, sono pur sempre un Serpeverde anche io, si sente carico per oggi?»
«Mai stato meglio, signore» il Serpeverde gli sorrise, aveva il sole in faccia. Hermione continuava a torturarsi le mani e non sapeva cosa ci facesse ancora lì immobile, sembrava che fossero comparse radici dall’erba e che la vincolassero lì in quella posizione precaria tra Draco e Lumacorno.
«Non ho potuto fare a meno di sentire che ha riavuto la sua clessidra! Davvero una fortuna non trova?»
«Esattamente! Stavo giusto ringraziando la Granger, che come al solito non vuole prendersi il merito. Spirito da Grifondoro eh, Malfoy?»
«Già…» Draco allora la guardò e sorrise sghembo. Hermione ricambiò il suo sguardo vagamente imbarazzata, specialmente data la presenza di Lumacorno che continuava a scrutarla come in attesa di chissà quale rivelazione.
«Beh, tutto è bene quel che finisce bene giusto? Adesso dobbiamo andare professore, ci vediamo dopo la partita!»
«Oh, si si, faresti meglio ad andare Malfoy, buona fortuna! E signorina Granger…la ringrazio di nuovo… ci vediamo a lezione!»
I due ragazzi si dileguarono in fretta, lasciandosi un arrancante Lumacorno alle spalle che nel frattempo procedeva lentamente stando attento a non inciampare in discesa. 
«Che cosa hai combinato? Come hai…»
Il braccio della Granger sfiorava la sua tuta da Quidditch mentre camminavano, nessuno dei due ci diede troppo peso. Draco la guardò inclinando il volto verso il basso. La mano sinistra portava la scopa mentre quella destra scivolava libera avanti e indietro seguendo i movimenti delle gambe e scontrandosi, di tanto in tanto con quella della Granger. Aveva la maglietta rossa e oro con lo stemma dei Grifondoro e un paio di jeans chiari strappati alle ginocchia. 
«Potrei aver casualmente scambiato il mio anello con una copia della clessidra da Magie Sinister lo scorso sabato»
«Malfoy!» Hermione lo bloccò per il braccio libero, costringendolo a voltarsi. La ragazza sollevò il collo per poterlo guardare negli occhi. Sarà stato il dislivello del prato, perché sembrava molto più alto del solito.
«Granger ti prego, niente drammi, non mi è costato chissà quanto, potrei comprarmi tanti altri anelli ogni volta che voglio»
«Okay ma...perché lo hai fatto?»
«Potrei aver casualmente fatto cadere la clessidra quella sera al Lumaclub»,nel confessarle la verità, Draco non la guardò negli occhi, spostò lo sguardo in lontananza ma non riusciva a smettere di sorridere, consapevole della reazione che sarebbe seguita a quell’ ammissione di colpa.
«Tu..sei...» le guance della Grifondoro si fecero rosse in un istante e la colpa non era del sole di mezzogiorno alto in cielo. Il Serpeverde rise di gusto e «andiamo, non dirmi che la faccia di McLaggen non era divertente»Ripresero a camminare.
La Granger, seppur sotto sotto onestamente divertita dalla reazione del suo compagno Grifondoro sorvolò su quella battuta e gli rispose piccata. 

«Spero sinceramente che tu perda.»
«Nah, non è vero» Prenderla in giro era davvero più forte di lui, un istinto contro cui non voleva più lottare.
Tuttavia, dovette con tutte le sue forze reprimere il desiderio che aveva di spostarle quei capelli ribelli dal viso e magari di darle un buffetto su quelle guance accaldate (dello stesso colore intenso di quella notte). Perciò per evitare di cadere ancora in quella trappola mortale che era la Grifondoro, si mise a cavallo sulla scopa e raggiunse il campo in volo.
Lei lo guardò allontanarsi, il numero sette color argento sparire e confondersi nella luce intensa.

«Oh, Signorina Granger è ancora qui! Le dispiace darmi una mano?» Lumacorno era visibilmente accaldato, e come se non bastasse la divisa con la quale si ostinava ad uscire persino con quel caldo lo lasciava perennemente sudato e affaticato.
«Certo Signore»
E così, la Granger e Lumacorno si avviarono sottobraccio verso gli spalti.
  
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