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Autore: A_Liebert    14/05/2020    1 recensioni
Lance è davvero, davvero preso da quel ragazzo intelligente e carino della classe di spagnolo e non ha la più pallida idea di come conquistarlo.
Finché non gli viene la geniale idea di farsi aiutare dall'amico emo, solitario e inquietante della sua cotta, Keith, che è anche il suo più acerrimo nemico.
O, quando i tentativi di Lance di conquistare Pidge finiscono per conquistare Keith.
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#1 in KLANCE su Wattpad (21/06/2020)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Venerdì 7:45
 


Keith esitava, sulla soglia della sua stanza, una mano già sopra la maniglia.
Guardava la giacca marrone poggiata sulla sedia, la giacca che Lance gli aveva prestato il giorno prima e si chiedeva cosa farne.
Posso semplicemente far finta di averla scordata, pensò, uscendo veloce dalla stanza.
"Allora questo pomeriggio ci sei?" gli chiese Shiro mentre come un fulmine raggiungeva la porta d'ingresso.
"Non lo so. Forse"
"Keith, hai promesso" lo ammonì.
"Ciao" salutò, chiudendo la porta alle sue spalle.
Arrivò a scuola relativamente presto. Quando scese dalla moto e si levò il casco, incontrò subito lo sguardo di Lance, che parlava con Hunk, la schiena appoggiata al muro e le mani nelle tasche. Lance gli fece un cenno, Keith andò nel panico e allontanò subito gli occhi.
Sto impazzendo si disse mentre cercava la calma.
"Spero che ieri come minimo ti sia divertito anche per me, altrimenti potrei non perdonarti l'avermi abbandonato un giorno intero da solo in quella giungla selvaggia nota come scuola"
Pidge gli spuntò davanti, aggiustandosi gli occhiali troppo grandi.
"Un giorno imparerai a salutare normalmente le persone?"
"Ne dubito. Dai, andiamo da Hunk e Lance"
"Eh?" troppo tardi, l'altro lo stava già tirando per un braccio e prima che se ne rendesse conto era di fronte a Lance. Si sentiva sul punto di vomitare.
"Buongiorno, splendori" Lance sogghignò.
"Ehi, Keith. Double-P"
"Big-H"
Hunk e Pidge fecero pugno e pugno.
"Ehi, non è giusto, anche noi vogliamo dei soprannomi!" protestò Lance.
"Tu sei Space Bi" lo indicò Pidge "e Keith è Emo Boy"
"Io non sono emo"
"Il mio nome è Keith, sono cooosì emo" Pidge imitò la sua voce e, benché Keith pensasse che non gli assomigliasse per niente, Lance scoppiò in una fragorosa risata.
In quel momento la campanella suonò e lui fu salvato dall'imbarazzo.

"Psss. Keith"
La testa nera rimase girata in avanti. Lance però era sicuro che lo sentisse, a giudicare dalle spalle tese dell'altro.
"Keith. Emo Boy"
Strinse le spalle con un piccolo sussulto e allora Lance ne fu certo.
Capì di dover ricorrere a misure drastiche.
Prese una penna dall'astuccio e levò l'inchiostro, infilandoci dentro una pallina di carta.
Prese la mira e...
La pallina di carta cadde tra i capelli di  Keith, ignaro di tutto. Dovette premersi una mano contro la bocca per non scoppiare a ridere. Ne lanciò altre, finché una non colpì Keith sulla spalla e quello si girò con sguardo assassino.
"Che c'è?" sillabò.
Lance alzò un angolo della bocca e oscillò indietro con la sedia.
"Hai qualcosa tra i capelli"
Keith sbatté le palpebre, confuso, poi si passò una mano in testa e una notevole quantità di palline di carte cadde a terra, lasciandolo a bocca aperta e Lance rise così tanto della sua espressione che il prof lo cacciò fuori dall'aula.
"Non capisco perché abbia incolpato me" protestò Keith, incorciando le braccia e appoggiandosi al muro.
"Perché sei il ragazzo problematico" enfatizzò le ultime due parole e con sua sorpresa Keith si accigliò e aggrottò le sopracciglia.
Lance si sedette sul pavimento affianco a lui.
"Ehi, non te la prendere. Mr Smith è un'idiota"
Keith non rispose.
Lance scorreva la home di instagram senza guardarla davvero.
A un certo punto Keith si lasciò scivolare sul pavimento, sedendosi.
Con la coda dell'occhio, lo vide concentrato, come se fosse nel mezzo di una lotta interiore e si chiese cosa stesse pensando con tanta intensità.
"Quindi..." tossì quando Lance si girò a guardarlo apertamente "hai deciso se riprendere il karate?"
Lo sguardo di Keith sfuggiva il suo.
Lance si fece impercettibilmente più vicino.
"Sì. Mi sono iscritto alla mia vecchia palestra"
L'espressione di genuina sorpresa e, felicità?, che illuminò il volto dell'altro, abbassato così che i capelli lo coprissero, mosse qualcosa dentro di lui.
"Puoi venirmi a vedere, qualche volta, se ti va" le parole gli sfuggirono dalle labbra prima che potesse impedirlo e adesso gli occhi neri di Keith erano sui suoi.
"Certo" rispose dopo pochi secondi e adesso guardava il ginocchio di Lance, che sfiorava la sua gamba, adesso era di nuovo lontano e Lance lo rivoleva su di sé.
Silenzio.
"Fai qualcosa oggi?" chiese Lance e adesso era lui quello che non aveva il coraggio di alzare gli occhi.
Keith esitò, poi rispose "No"
Ti va di uscire insieme?, la domanda era lì, sulla punta della sua lingua. Voleva pronunciarla, ma un'ondata di confusione lo mandò in tilt. Perché il desiderio di stare con lui era così prepotente? Ok, forse non lo odiava più, ma perché, perché voleva rimanere seduto al suo fianco per il resto della giornata e sentire la sua voce e conquistare uno sguardo di quegli occhi così intensi?
"Devo andare in bagno" si alzò di scatto e preso dal panico corse lontano.
Il ricordo del sorriso che Keith gli aveva rivolto il giorno prima era ben vivido nella sua memoria.


Venerdì 13:10

 

"Wow, Keith, io scherzavo ma oggi sei davvero un sacco emo"
Keith alzò lo sguardo dal proprio piatto e  dalla patatina che stava tormentando. Pidge si sedette con un tonfo.
"È successo qualcosa in particolare o è solo la tua mood del giorno?"
"Nulla di importante" rispose.
Pidge alzò un sopracciglio e si sporse.
"È importante se ti fa stare male. Lo sai cosa ti dice sempre Shiro, non c'è bisogno di tenerti tutto dentro"
La forchetta di Keith sbatté contro il piatto.
"Non capisco perché tutti devono sempre supporre che ci sia qualcosa che non va in me" sbottò.
"Dai, lo sai che non intendevo in quel-"
"Oi, ragazzi, possiamo sederci?"
Entrambi alzarono lo sguardo su un Hunk sorridente, affiancato da Lance, il cui sorriso era rivolto a Keith.
Odiò come, ancora una volta, ogni funzione logica del suo cervello esplose in caos e quando restituì il sorriso sembrò più una smorfia.
Voleva morire.
"Certo, amico" Pidge fece un cenno alle sedie libere.
Gli ingranaggi nella testa di Keith andarono definitivamente in cortocircuito quando Lance si sedette affianco a lui.
Non capiva perché si sentiva e si comportava come un idiota ogni volta che lui era nelle vicinanze.
"Come sono andati i vostri compiti di spagnolo?" chiese Lance "Io ho collezionato un'altra A+"
"Anche a me è andata bene. Te l'ho detto, solo con l'orale ho problemi" rispose Pidge.
"Idem" Hunk era già completamente preso dal suo pranzo.
Lance si girò verso Keith.
"A" mormorò imbarazzato.
Il ragazzo si aprì in un enorme sorriso.
"Wow! Sapevo che ce l'avresti fatta!"
Keith si sentì sciogliere a quei complimenti e arrossì, senza sapere come reagire.
"Keith, la tua prima A!" Pidge lo abbracciò "Bisogna festeggiare"
"Andiamo tutti a prendere un gelato dopo scuola" suggerì Hunk e gli altri annuirono entusiasti.
Keith si sentiva felice, i pensieri deprimenti dimenticati grazie ai sorrisi di Lance e ai suoi complimenti e a come il suo braccio sfiorasse il proprio ogni volta che si muoveva.
"C'è qualcosa di diverso tra voi due" osservò Pidge.
Lance e Keith lo guardarono con un'espressione identica.
"Già, sembrate più amichevoli" disse Hunk.
Keith alzò un sopracciglio.
"Amichevoli?"
"Nah," fece Lance "voglio sempre rasare Keith a zero nel sonno. Niente di diverso"
"Odi così tanto i miei capelli?" Keith lo guardò.
"Amico, sono ridicoli, te l'ho detto" alzò le spalle.
Keith si passò una mano tra quelli sulla nuca.
"A me piacciono lunghi"
"È questo il punto, non sono lunghi ma una via di mezzo oscena"
"Allora forse dovrei tagliarli" rifletté.
Lance saltò sulla sedia e il succo che aveva in mano cadde.
"No, ehi, non farlo perché te lo dico io. Dovresti tenerli se ti piacciono. E non sono così brutti, cioè, sì, lo sono, ma tu sei, carino?" l'ultima parola uscì di un'ottava più alta "con quel taglio, quindi. Sì. Fai come vuoi. Devo andare a lezione"
Afferrò la borsa e, lasciato il pranzo a metà, corse fuori dalla mensa.
Keith rimase ad osservare il punto dove era sparito.
"Ok, cosa è appena successo?" chiese Pidge.
Keith riprese a mangiare con una mano a coprirgli la faccia.
Keith non capiva.
Non capiva perché ogni volta che, quel giorno, intravedesse Lance, si sentisse improvvisamente come una ragazzina con una cotta per il ragazzo più carino della scuola.
Non che lui-
Insomma.
Il paragone era- non andava bene, decisamente.
Non era quello il senso.
Comunque. Mentre infilava i libri nell'armadietto, lo vide e pensò che, oggettivamente parlando, Lance *era* il ragazzo più carino della scuola. Il suo sorriso era molto caloroso, gli occhi ridenti e intensi. Era alto, poco più di Keith, per quanto gli dispiacesse ammetterlo, e nonostante il periodo di inattività il suo corpo era ancora in forma, per non parlare poi della pelle color caramello e del suo modo di muoversi e di parlare, che tradiva un'origine latino-americana, sexy.
In quel momento Lance si accorse che Keith lo stava osservando e il ragazzo girò di scatto la testa e sbatté lo sportello.
Sto impazzendo? Sto decisamente impazzendo.
"Tutto bene, Keith?" chiese Pidge, faticando a tenere il suo passo.
Keith non rispose.
"Pidge" disse poi "chi è il ragazzo più carino della scuola?"
"Cosa?" lo guardò scioccato.
"Rispondi da un punto di vista oggettivo"
"Beh, penso che la bellezza sia soggettiva, ma, se proprio devo... Probabilmente Lucas Jefferson"
"Ah sì?" mormorò pensieroso mentre si dirigevano a lezione "Non pensi che i latino-americani siano i più attraenti?"
"Non saprei" gli rivolse un'occhiata strana "Magari sì. Perché questo improvviso interessamento? Pensi che Lance sia attraente?"
Keith inciampò e gli cadde il libro.
"Mi spieghi c-cosa centra questo con tutto il resto?!" esclamò, certo di star per avere un infarto. Si chinò a raccogliere il libro, ma prima che potesse qualcun altro lo aveva già fatto al suo posto.
"Tieni" glielo porse un Lance spuntato dal nulla nel momento decisamente meno adatto, perché il suo cuore, già fuori controllo, andò definitivamente in fibrillazione.
"Ah" arrossì, strofinando i piedi per terra mentre indietreggiava "G-grazie"
Le loro dita si sfiorarono quando prese il libro e Keith fu, infine, KO.
"Allora... io, vado" indicò con gesti rigidi la direzione che doveva seguire.
"Cos'hai ora?" gli chiese Lance che, perché?!, lo stava seguendo, Pidge intanto che era svanito nel nulla chissà quando.
"Storia" non aveva il coraggio di guardarlo in faccia.
"Ti senti bene? Sei strano" improvvisamente la mano di Lance fu sulla sua spalla e Keith sussultò, scappando a lezione.
"Sto bene non preoccuparti a dopo!"
Che mi succede?, si urlò mentalmente Keith.

"Cos'ha Keith oggi?" chiese Lance ad Hunk. Il suo amico scrollò le spalle.
"Chi lo sa"
Lance si morse il labbro, appoggiato al muro della scuola mentre aspettava con Hunk che Pidge e Keith li raggiungessero per il gelato.
Non riusciva a capire dove avesse sbagliato per far sì che Keith lo ignorasse tutto il giorno. Anche allora, quando lo raggiunse, il suo sguardo lo evitava accuratamente.
Lance si guardò la punta dei piedi. Forse aveva frainteso tutto? Forse Keith non voleva essere suo amico, dopotutto? Quel pensiero gli causò un doloroso groppo in gola.
Mentre si avviavano verso la gelateria, sia Lance che Keith rimasero in religioso silenzio, gli sguardi bassi.
"Adesso si ignorano" Pidge scosse la testa "No comment"
Hunk si unì a lui nell'occhiata esasperata che rivolsero loro.
Lance aprì bocca per protestare, ma vide Keith guardarlo e dimenticò cosa stesse per dire, quindi la richiuse, imbarazzato. Si grattò la nuca e accelerò il passo per distanziarsi dall'altro.
In un modo o nell'altro, raggiunsero la destinazione prefissata e Lance prese un enorme gelato alla vaniglia, con già l'acquolina in bocca soltanto a guardarlo.
"Oh, c'era anche alla vaniglia?" Keith fece un'espressione delusa, il proprio gelato al limone ormai già in mano.
"Ah" Lance si bloccò, spostando lo sguardo da lui al suo gelato e poi porgendoglielo "Vuoi fare a cambio?"
"Eh?" Keith spalancò gli occhi "No no"
"Preferisco il limone, comunque" Non era vero.
"Tranquillo, sul serio" adesso stava... arrossendo? Cavolo. Lo aveva messo in imbarazzo. Non ne fai mai una giusta, Lance.
"Ok, scusa"
"No, scusa tu"
"Santo cielo!" esclamò Pidge "Scambiatevi i gelati e fatela finita"
Esitarono, poi fecero come ordinato. Lance odiò il gelato al limone ma non lo diede a vedere.
Gli sfuggì un'occhiata a Keith e, appena lo vide leccare, si sentì diventare rosso fuoco e per il resto del tempo evitò accuratamente di guardarlo.
"Finalmente il weekend" sospirò Hunk, abbandonandosi su una panchina.
"Voi avete impegni? Perché non vediamo un film tutti insieme a casa mia?" propose Pidge.
"Qualcuno ha Thor? Ho voglia di vedere Thor" disse Hunk.
"Mio fratello ce l'ha" disse Keith.
"Allora dopo portalo a casa mia"
Annuì.
A Lance piacque la proposta, ma qualcosa lo lasciava con un senso di insoddisfacenza al pensiero di stare tutti insieme. Non capiva, però, a causa di cosa. Certo non poteva essere perché voleva passare del tempo solo con Keith, no?
No?
Rimasero per un po' a parlare, poi decisero di avviarsi a casa di Pidge e Keith disse che sarebbe passato a casa per prendere il film.
"Ci vai in moto?" chiese Lance, gli occhi che gli luccicavano al ricordo della bellezza su due ruote.
"Sì" rispose Keith e si avviò, ma poi si fermò e girò il capo verso di lui "Vuoi venire?"
"Sicuro?" Lance sentì il cuore battere più forte. Non sapeva se al pensiero di salire sulla moto o di rimanere solo con l'altro.
Keith annuì.
"Ci metterò solo un secondo"
"Okay allora" sogghignò Lance, seguendolo.
Se ne andarono lasciando dietro di loro un Pidge e un Hunk senza parole.


 

Keith non poteva smettere di pensare a quanto tutto ciò sembrasse un appuntamento.
Lance che gli offriva il gelato, il giro in moto, il film da vedere insieme più tardi.
Doveva costantemente ricordare alla sua mente che quella era solo una visione distorta dei fatti e che, in concreto, non erano altro che due amici che passavano il tempo insieme.
Difficile invece convincere dello stesso il suo cuore impazzito, mentre le braccia di Lance lo stringevano a lui. Concentrarsi sulla strada non era mai stato così difficile, ma cercò comunque di imboccare le strade più lunghe.
Mi sto innamorando, quindi posso prendermi il mio tempo in questo giro.
Keith spalancò gli occhi.
Sentì il respiro spezzarsi.
Le mani sudare dentro i guanti.
Le guance arrossire in un secondo.
E intanto Lance imprecava e rideva dietro di lui, stringendolo sempre di più contro il suo petto caldo e confortevole.
E Keith si stava innamorando.
Ci mancò poco che non facessero un incidente per la sua distrazione, ma si riprese giusto in tempo.
"Keith, se mi uccidi ti perseguiterò per sempre come fantasma!" gli gridò Lance e il moro si morse il labbro per trattenere un sorriso.
Il mondo sembrava luccicare di una luce diversa mentre era con Lance e avrebbe dato qualunque cosa per non far finire mai quel giro in moto.
Alla fine dovettero fermarsi, sotto casa di Keith, che si levò il casco per primo.
"Sei un pazzo suicida" gli disse Lance appena fece lo stesso e Keith alzò un sopracciglio. Cercò di mostrarsi impassibile, ma in realtà si sentiva sconvolto dalla vista dell'altro con i capelli all'indietro, schiacciati dal casco, mentre si asciugava il sudore dalla fronte col palmo della mano.
Sbuffò e tirò l'orlo della maglia per il caldo. Keith ebbe una chiara vista delle sue clavicole.
"Ok" si girò subito "Vado a prendere il film. Aspettami qui"
"Capito"
Appena fu dentro il palazzo e fuori dal suo campo visivo, si spalmò con la schiena contro il muro, lasciando cadere il casco per terra e si portò le mani alla faccia.
Tutte le emozioni che stava trattenendo gli si riversarono sul viso, rendendo il suo viso rosso e i suoi occhi lucidi.
Che devo fare?, pensò.
Come poteva guardarlo in faccia come prima?
E, innanzitutto, come poteva essersi innamorato - qui le gambe non ressero più il suo peso e lo lasciarono scivolare a terra - in così pochi giorni?
Voleva chiudersi nella sua camera e non uscirne mai più, seppellire la faccia nel cuscino e gridare un'ora intera di frustrazione.
Sospirò e passò una mano tra i capelli.
Adesso Lance lo stava aspettando fuori ed entro pochi minuti avrebbe dovuto affrontarlo come se niente fosse successo, come se nessuna realizzazione lo avesse colpito all'improvviso come un camion durante quel giro in moto.
Come se non provasse niente per lui.
Sì, così doveva comportarsi. Soffocare i sentimenti stupidi e inutili e non far sospettare Lance di nulla.
Keith si alzò da terra e recuperò il casco, sperando di aver riacquistato la calma sul suo viso. Salì le scale e, ancora perso nei suoi pensieri, che andavano da euforia a depressione nell'arco di un secondo, entrò in casa.
"Keith"
Si pietrificò sul posto.



 

Lance rimase a smanettare col cellulare per il tempo in cui Keith fu a casa sua e si fece anche un selfie con la moto che postò su instagram. Voleva taggare Keith, ma si rese conto che non aveva un profilo. Avrebbero dovuto provvedere a questo, più tardi.
Finalmente, il ragazzo uscì dal portone.
"Era ora, ma quanto ci hai-"
"Sali"
Keith aveva uno sguardo strano e, ignorandolo, si infilò il casco e salì sulla moto. Lance ebbe appena il tempo di fare lo stesso, che diede gas e partì con una sgommata.
Non sapeva cosa stesse succedendo, ma qualcosa sembrava fuori posto e diverso rispetto a prima. Le spalle di Keith erano tese e le strade che faceva sconosciute a Lance.
Quando uscirono dalla città, cercò di attirare la sua attenzione, ma lui lo ignorò e Lance non andò oltre per paura di provocare un incidente. Cosa poteva essere successo nell'arco di quei dieci minuti che era stato a casa?
Alla fine, rallentò in un sentiero tra le colline e fermò la moto.
"Dove siamo?" chiese Lance.
Keith si levò il casco con insolita lentezza e rispose senza guardarlo in faccia.
"Qui è dove faccio motocross"
"Ok?" Lance gli si avvicinò cautamente, posando il casco a terra "È... successo qualcosa? Vuoi parlarne?"
"Non è successo niente"
Keith lanciò il casco per terra e iniziò a camminare su per una delle piccole colline.
"Ehi!" lo inseguì Lance "Per rapirmi e farti correre in moto come un pazzo in mezzo al nulla, non lo definirei esattamente niente"
Keith continuò la sua dannata marcia senza senso e Lance cercò di raggiungerlo, inciampando sui sassi.
Gli afferrò il braccio e lo costrinse a girarsi a guardarlo.
Si ritrovarono faccia a faccia.
Quella di Keith sembrava di pietra, ma Lance poteva capire che ci fosse qualcosa che lo turbava profondamente e sentì l'impulso di abbracciarlo, ma si trattenne.
"Se ti va di parlarne, ormai sono qui" gli sorrise. Qualcosa dentro di lui si agitò come una bestia impazzita mentre si perdeva negli occhi neri e intensi dell'altro. Per questo rimase un po' deluso quando li chiuse e, con un sospiro, si sedette lì per terra.
Lance gli si sedette accanto, una gamba piegata e una stesa e le braccia a reggerlo. Aspettò pazientemente che Keith iniziasse a parlare.
"C'erano i miei genitori, a casa" iniziò Keith "Sono venuto qui perché volevo essere il più lontano possibile da loro. Mi dispiace"
Le spalle erano incurvate in avanti e gli occhi sembravano tormentati.
"Non vai d'accordo con loro?" chiese Lance.
"Non... direi così" Keith sospirò "Ma non rispettano la mia decisione di essermene andato di casa. Non smetteranno mai di farmi pressioni e cercare di comandarmi"
"Sicuro sia per questo che ti rivogliono con loro?"
Keith si girò a guardarlo.
"Cosa intendi dire?"
Lance si stese per terra e alzò gli occhi sul cielo, di un azzurro brillante privo di nuvole.
"Non è che magari, che ne so, ci tengono a te? Penso questo lo sappia anche tu. E il fatto che te ne sei andato perché cercavano di comandarti sembra un po' una scusa, onestamente"
L'ho sparata grossa, vero?
Ormai però era troppo tardi per scusarsi della propria presunzione, o le sue parole avrebbero perso di validità, quindi rimase in silenzio e aspettò che l'altro rispondesse.
Con sua sorpresa, Keith si stese accanto a lui, appoggiato a terra su un gomito per poterlo guardare dall'alto.
Lance pensò che Keith fosse carino visto da quella prospettiva.
"Loro hanno grandi aspettative" disse "Ma io faccio schifo nello studio. Lo sai anche tu questo. Ho pensato che fosse meglio per loro arrendersi del tutto con me che continuare una battaglia persa"
"Ehi!" Lance si alzò di scatto e afferrò il viso di Keith, avvicinandolo al suo. Quello sbattè le palpebre sorpreso, le guancie premute dai sui palmi che si gonfiavano come quelle di uno scoiattolo.
"Tu saresti una battaglia persa? Come ti permetti di dire una cosa del genere? Sai come mi sono sempre sentito nei tuoi confronti? Come un rivale. Una persona che si aspira a superare per poter primeggiare e per questo deve essere una persona alla mia stessa altezza. Quindi, non ti permetterò di dire che il mio rivale non è altro che una battaglia persa. Intesi?"
Rimasero qualche secondo immobili, poi Keith annuì.
Lance lo lasciò andare e tornò a stendersi, le mani incrociate dietro la nuca, e anche l'altro, dopo qualche secondo, gli si stese accanto, stavolta col capo per terra.
Oddio. Che ho fatto?, Lance cercò di rimanere cool all'esterno, ma dentro stava morendo. Gli ho afferrato il viso come se volessi baciarlo. Sono impazzito? E gli ho detto che lo considero un rivale! Che cosa ridicola! Aaaaah, voglio morire!
Stettero in silenzio qualche minuto e Lance urlava nella sua testa e si chiedeva cosa stesse pensando Keith nel frattempo.
"Cos'era" tossì Keith dopo un po' "Cos'era quella cosa che mi consideri un rivale?"
Ecco. Questo è il momento giusto per morire.
"Beh" Lance girò il volto dall'altra parte "Mi hai battuto alle semifinali di karate dello scorso anno. Per forza volevo vederti morto"
"Capisco" Keith mantenne un tono serio e Lance ebbe qualche speranza, ma poi dalla bocca dell'altro sfuggì un "Pfff" e quel bastardo scoppiò a ridere.
Lance si sedette a guardarlo, profondamente offeso e arrossito d'imbarazzo.
"Cosa ridi!" lo attaccò, ma Keith intercettò le sue mani e iniziarono una specie di lotta, mentre l'infame ancora rideva di fronte la sua faccia, lui che cercava di ucciderlo a mani nude.
Alla fine la risata sfumò e il viso di Keith rimase solo sorridente, gli occhi socchiusi lucidi e i capelli sconvolti.
"E adesso?" chiese, risvegliando Lance che si era imbambolato nel guardarlo.
"E adesso cosa?"
"Mi consideri ancora un rivale?"
Lance sogghignò e avvicinò il viso al suo, le loro mani ancora unite nel tentativo di respingersi reciprocamente.
"Certo. Mi verrà sempre voglia di calpestarti sotto di me. Ma" in un atto istintivo, intrecciò le dita a quelle dell'altro e strinse le sue mani "credo che tu ti sia meritato il titolo di mio amico"
Keith non disse niente e socchiuse le labbra.
Lance sogghignò ancora una volta e tornò a stendersi accanto a lui, sciogliendo l'intreccio di una mano, ma lasciando l'altra.
"Cos'è quella faccia? Non lo avevi capito da solo?"
Ok, questo è il momento in cui dovrei lasciar andare la sua mano, prima che le cose diventino imbarazzanti.
La staccò lentamente e la riportò al proprio fianco. Non aveva il coraggio di guardare Keith e continuò ad osservare l'azzurro del cielo.
Chiuse gli occhi e lasciò che un venticello fresco gli accarezzasse il volto, i suoni della natura come una ninna nanna nelle sue orecchie.
Prima di addormentarsi, sentì delle dita intrufolarsi tra le sue.


Venerdì 18:23

 

Li svegliò Beyoncé.
Keith strizzò gli occhi con forza quando sentì le note di qualche sua canzone rompere il pacifico silenzio che li aveva circondati.
Si strinse con più forza alla fonte di calore, rifiutandosi di lasciarsi svegliare.
"Ah, Keith" disse la voce assonnata di Lance "fammi prendere... il telefono"
Keith per un secondo ignorò quella voce e i suoi movimenti.
Poi spalancò gli occhi e si immobilizzò.
La sua testa era appoggiata al petto di Lance e le loro gambe erano intrecciate, così come le loro mani.
COSA
COME
PERCHÉ
Keith fece un salto all'indietro nello stesso momento in cui Lance accettava la telefonata.
"Uh? Pidge?" si strofinò gli occhi con la mano non intrecciata alla sua, oddio no no no no, Keith la allontanò come se si fosse scottata.
Si raggomitolò il più lontano possibile dall'altro, in preda a un attacco di panico.
"Ah è vero!" esclamò "Scusa, ci siamo dimenticati del film. Sono successe alcune cose e adesso stavamo dormendo..."
Keith gli strappò il telefono di mano, sconvolto.
"Pidge!" il panico trasudava dalla sua voce "Facciamo domani per il film, oggi non possiamo e dimentica quello che ha detto Lance!"
"... Quali cose sono successe, Keith?" chiese, cautamente.
"Niente!" sudò freddo e riattaccò senza dargli la possibilità di ribattere.
"Quando si è fatto così buio?" Lance si alzò in piedi e si stiracchiò "Ci siamo addormentati, eh?"
Keith non rispose.
Sospirò.
"Non posso tornare a casa. Mi staranno sicuramente aspettando per parlare"
"Beh, non puoi evitarli per sempre"
Lance lo guardava dall'alto mentre lui rimaneva in silenzio.
"Ho capito" sbuffò "Vengo con te"
"Cosa?"
Quello iniziò a incamminarsi giù per la collina, le mani nella tasche. Si girò a rivolgergli un sogghigno.
"Sono tuo amico, no?"
Keith esitò qualche secondo, poi lo seguì.
"Non vedo l'ora di rifarmi gli occhi alla vista di tuo fratello e la sua ragazza" disse appena Keith parcheggiò.
"Se i miei chiedono chi sei..." iniziò.
"Dico che sono il tuo ragazzo?"
Keith rimase a bocca aperta.
"Cosa?"
"Cosa?" ripetè Lance. Si fissarono.
Lance tossì e si girò.
"Scherzavo, non c'è bisogno di fare quella faccia"
Il tuo ragazzo.
Keith inspirò, espirò, mise avanti il piede destro, poi il sinistro e in qualche modo raggiunse la porta di casa sua su per le scale.
C'era da dire, però, che a causa del nervosismo causato da Lance, quello per i suoi genitori passava nettamente in secondo pianto.
Girò la chiave e aprì.
"Keith!" la voce di Allura lo investì prima ancora che potesse entrare.
Come si aspettava, sua madre e suo padre erano ancora lì, seduti sul divano con i loro abiti costosi, ed entrambi rimasero visibilmente sorpresi nel vederlo.
"E... Lance?" aggiunse Allura, che intanto si era alzata per andargli incontro.
"Hola amigos" Lance alzò la mano nel segno della pace.
Verso i suoi genitori.
Keith scosse la testa con un sospiro.
"Keith" si alzò sua madre "Chi è il tuo amico?"
"Lance" rispose, prima che l'altro potesse fare qualcos'altro di imbarazzante.
"Può parlare inglese?" chiese suo padre abbassando la voce, come se questo potesse impedire a una persona straniera di capire.
Lance continuò a sorridere come se non avesse capito niente. Alla fine, Keith gli diede un calcio e lo costrinse ad ammettere che parlava e capiva perfettamente l'inglese da 6 anni.
"Okay" Shiro si alzò nel chiaro tentativo di salvare la situazione "La cena è pronta, perché non mangiamo tutti insieme? Basterà aggiungere un posto per Lance"
Grazie all'idiozia dell'altro ragazzo, Keith fu capace di ignorare i suoi genitori e a comportarsi quasi normalmente per tutto il tempo del pasto. Quando finirono, entrambi aiutarono a pulire e non ci fu nessun silenzio imbarazzante, perché Lance non smetteva mai, davvero, mai, di parlare, riuscendo a diventare l'oggetto delle attenzioni dei suoi genitori.
Gli propose di accompagnarlo a casa in moto, ma lui rifiutò e lo salutò scompigliandogli i capelli. Abbracciò Shiro e Allura e persino i suoi genitori, come se fosse stato uno di famiglia, e Keith lo cacciò fuori chiudendogli la porta in faccia.
Nel momento in cui si trovò solo contro la sua intera famiglia, si volatizzò in camera e chiuse a chiave.
Dopo un po', la porta d'ingresso si aprì e chiuse e lui sospirò di sollievo.
Ce l'aveva fatta.
Era sopravvissuto a una cena con i suoi genitori.
Grazie a Lance.
I suoi occhi caddero sulla giacca di quest'ultimo, che aveva lasciato abbandonata su una sedia.
Si morse il labbro e si alzò, avvicinandovisi. Dopo qualche secondo di esitazione, la prese e la indossò sopra i suoi vestiti.
L'odore di Lance era ancora forte e lo fece arrossire di imbarazzo per come si stava comportando. Fortunatamente, nessuno poteva vederlo.
Si gettò sul letto e sbloccò il telefono.
Keith: pidge
Pidge: Keith? Che succede?
Pidge: ho bisogno di un consiglio
Pidge: Ok, chiamami
Keith: no parliamo qua
Pidge: Perché??
Keith: ...è troppo imbarazzante
Pidge: D'accordo Keith, tranquillo. Sai che con me puoi parlare di tutto
Keith: ok. hai presente lance?
Pidge: Intendi il rumoroso cubano che fino a due giorni fa mi veniva dietro? Come faccio a non averlo presente?
Keith: va bene.. questo potrebbe essere uno shock per te ma...
Keith: lui
Keith: mi piace
Keith: intendo a me
Keith: però solo un po', non troppo

Keith aspettò con ansia la risposta, mordendosi un dito.

Pidge: Noooooooooo
Pidge: Ma daiiiiii
Pidge: Che rivelazione assolutamente inaspettata!
Keith: già
Pidge: ...Keith sono sarcastico, ovviamente
Pidge: Era abbastanza chiaro da capire, bastava guardare la tua faccia negli ultimi giorni. Io e Hunk non siamo ciechi, sai
Keith: cosa
Keith: ma io non
Keith: io sono stato attento che non si notass e
Pidge: Amico, alcune cose non possono essere controllare, fattene una ragione. Ora, penso di aver capito di quale consiglio hai bisogno. Non sai come comportarti con lui, un tuo amico, ora che hai capito che ti piace, giusto?
Keith: no
Keith: però se vuoi puoi dirmelo
Pidge: Capisco che la situazione ti sembri disperata, ma io penso che non importi cosa possa succedere, è sempre meglio mettere in chiaro i propri sentimenti
Keith: non se ne parla nemmeno lontanamente
Pidge: Keith...
Keith: devo andare a dormire. buonantte.

Keith uscì dalla conversazione. Dichiararsi sarebbe stata l'ultima delle cose che avrebbe fatto. Piuttosto, era meglio aspettare che col tempo i propri stupidi sentimenti sparissero da soli.
Si strinse nella giacca di Lance e in un atto di coraggio aprì un'altra chat.

Keith: Ehi, Lance. Ho la tua giacca. Quando potrei restituirtela? Buonanotte

 

  
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