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Autore: H_A_Stratford    21/05/2020    16 recensioni
«Io…» mormorò Spencer ancora con la mano sulla maniglia della porta. Che fare ora?
Aveva pensato a tutta la notte alle parole della ragazza e in quel momento nessuno dei discorsi pre impostati sembravano funzionare.
«Ho realizzato che niente è normale tra di noi. Tu sei tu, io sono io e insieme… il caos cosmico» ammise la ragazza mordicchiandosi leggermente il labbro. Reid stava per ribattere sul caos cosmico ma si rese conto che non era il momento. Camminavano già abbastanza sui cocci per poter aggiungere carne al fuoco. Però allo stesso tempo non riuscì a trattenere un sorriso.
«E non voglio perdere quello che abbiamo, qualunque cosa sia» continuò guardandolo. «Prometto che ti lascerò tutto lo spazio che ti servirà, tu credi di poter creare un posto nella tua vita per me?»
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Spoiler ottava stagione. Non segue linearmente la serie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo uno
 
“L'incontro di due personalità è come il contatto
tra due sostanze chimiche; se c'è una qualche relazione, 
entrambi ne vengono trasformati.”
- Carl Gustav Jung 

«Quindi è iniziato tutto da David?» chiese Athena prendendo un’altra patatina fritta, mentre Spencer annuiva. Era colpa sua se avevano iniziato il "tutti contro Reid". Se non fosse stato per quella frase, i suoi colleghi non lo avrebbero tormentato tanto. Però alla fine era contento, forse quella era stata la spinta finale che gli serviva.
Stavano cenando nel solito locale dove si trovavano da mesi ormai. C’erano capitati una volta per sbaglio e da lì in poi non avevano più cambiato. Un po’ come loro due, si erano trovati per puro caso e ora non riuscivano più a staccarsi l’uno dall’altra. Con il lavoro di lui e gli impegni di lei, si vedevano per lunghi o brevi periodi. Non avevano un calendario fisso e non pianificavano mai. Era semplice, genuino, quasi liberatorio. A loro andava bene così, forse perché troppo spaventati da cosa sarebbe successo se avessero definito la loro situazione. Erano giovani e nessun progetto a lungo termine, quindi coglievano l’attimo ogni volta. Spencer aveva già il suo punto fisso, il lavoro all’FBI, mentre Athena era ancora incerta sul suo futuro. La laurea appena presa l’aveva resa felice ma allo stesso tempo le aveva aperto un mondo che non sapeva potesse affascinarla tanto.
«E tu alla fine hai ceduto» concluse puntandogli metaforicamente il dito contro. Alla televisione stavano dando un servizio sul caso appena concluso del ragazzo, ma nessuno dei due ci stava facendo caso. Spencer era stanco. Il caso appena risolto non lo aveva fatto ragionare con molta lucidità mentre doveva difendersi dagli attacchi dei colleghi. Aveva quasi voglia di chiedere di spegnerla quella televisione. Ormai aveva intuito che qualcosa turbasse la ragazza, da come l’aveva incontrata assorta dai suoi pensieri, a come anche in quel momento la sua mente sembrava fosse altrove.
«Te l'ho detto Athena – disse— anche i supercervelloni devono riposare». Afferrò un altro pezzo di pizza. Se il guilty pleasure di lei erano le patatine, quello di lui era decisamente la pizza.
«Mhmh, Garcia ti ha detto dove trovarmi, vero?» inarcò un sopracciglio lasciando in sospeso la mano con l’ennesima patatina.
Spencer si voltò verso di lei. «Oh si –rispose— è stata anche colpa sua se è venuto fuori che io e te... Diciamo che è arrivata nel momento sbagliato di una tipica conversazione tra colleghi. Ma ormai il gioco è fatto e non m'importa.»
«Ma ora dimmi che ti passa per la mente. Hai accettato l’offerta della Lincoln?» incalzò senza lasciarle il tempo di replicare. Non voleva continuare a parlare di lui, si sentiva già abbastanza in imbarazzo per poter continuare.
Athena rimase in silenzio, colpita e affondata. «Lo so che è una buona offerta ma… se l’accettassi solo per paura di cercare altro?» disse sapendo di aver fatto perdere il filo al ragazzo. Ovviamente, neanche un genio come lui poteva capire essendo all’oscuro dei fatti. Così lei si rassegnò si iniziò a raccontare di come, durante la preparazione dell’ultima sessione di esami, prima della laurea, qualcosa scattò il lei. Non sapeva come ma in qualche modo mentre leggeva crime fiction la sua attenzione si focalizzava sempre sull’aspetto criminale in modo particolare, distante dal suo solito approccio letterario. Più leggeva più si ritrovava attirata al mondo degli studi criminali.
«Quindi, per tre mesi sei non solo riuscita a farmi capire nulla, hai ricevuto l’offerta di una cattedra in lingue e hai ottenuto il massimo dei punteggi per Yale con tanto di borsa di studio?» disse Spencer inclinando leggermente la testa. «Criminalità come seconda laurea. Sei sicura?».
Athena alzò gli occhi al cielo e si ricordò perché non gli avesse ancora detto nulla.
«Vedi? Devi dirmi di accettare la cattedra come hanno fanno tutti i miei famigliari, per favore. Questa è una pazzia, vero? Insomma, basta parlare del tuo lavoro! Non sono portata per una cosa del genere, vero? Cioè, lo so. Non tollero quando nei film muore il cane, come potrei studiare i criminali?» parlava tanto velocemente che quasi si spaventò da sola.
Spencer circondò il corpo di Athena con le lunghe braccia e la strinse a se, lasciandole un bacio sulla tempia per calmarla. La sua prima reazione sarebbe stata quella di ridere ma non era né la situazione né il momento giusto. Si era quasi rivisto in lei. Si morse appena il labbro perché in fondo sapeva che lei sarebbe stata perfetta in ogni situazione.
«La verità è che hai già scelto, hai solo paura di dirlo ad alta voce» le mormorò all’orecchio prima di lasciarla andare. Quell’improvviso contatto fisico con lei lo aveva scosso, però allo stesso tempo sapeva che sarebbe stato capace di abituarsi ad averlo ogni giorno per molto, molto tempo.
 
L’orologio batteva le 3.09 l’ultima volta che Spencer aveva girato lo sguardo per guardare l’ora. Non riusciva a chiudere occhio, la serata passata con Athena lo teneva sveglio, la sua mente non faceva che formulare domande, scenari possibili ed eventuali, realtà che non aveva il coraggio di affrontare.
Sbuffò leggermente e si stropicciò gli occhi. Perché si era comportato in quel modo?
Ancora non riusciva a spiegarsi il comportamento tenuto qualche ora prima, sembrava quasi un’altra persona. Un’altra persona, si. Era sempre lui, ma prima di Maeve.
Anche solo il pensiero del suo nome lo fece sussultare. Non era pronto, non era decisamente pronto.
L’adrenalina, era tutta colpa dell’adrenalina. Se il suo corpo non ne fosse stato pieno, non avrebbe mai baciato Athena o aver cercato tutto quel contatto fisico. No, non lo avrebbe mai fatto. Avrebbe semplicemente parlato, straparlato per la correttezza e lo avrebbe utilizzato come scudo per le sue emozioni.
Sorrise al pensiero dei suoi sentimenti per la ragazza. Se fosse stato un mondo perfetto probabilmente ora non sarebbe solo in quella stanza. Ma il mondo non è mai giusto e la vita più volte glielo aveva dimostrato.
2 anni, 4 mesi, 22 giorni e appena 15 ore dall’ultima volta che aveva visto Maeve. Dall’ultima volta che aveva lasciato che qualcuno entrasse davvero nella sua vita. Erano 2 anni, 4 mesi, 22 giorni e appena 15 ore che non era più lo stesso, non che prima fosse un latin lover, ma sapeva quel giorno gli aveva chiuso in faccia altre realtà, altre possibilità di essere felice. Perché in fin dei conti Spencer pensava di non meritarsi di essere felice, non dopo che aveva lasciato che il destino di Maeve finisse così tragicamente.
Il suo cuore perse un battito al pensiero dei suoi ultimi istanti con lei.
No, doveva tenere Athena il più distante possibile. Era per il suo bene. Era strano come la sua felicità di qualche ora prima fosse svanita nel nulla, gli era bastato tornare alla realtà.
No, lui non era un ragazzo espansivo, spensierato e pronto ad impegnarsi con una meravigliosa ragazza. Non era il tipo. O meglio: non era pronto. I ricordi erano ancora troppo vivi per essere dimenticati. Lo stava facendo per Athena, per risparmiarle quella sofferenza. Si, lo stava facendo per lei.
 
Erano le 7:03 del mattino quando Athena decise che era il momento perfetto per chiamare Spencer. Si rotolò dall’altro capo del letto e tastò il comodino per trovare il telefono.
«Lo so che sei già sveglio, quindi non mi sento in colpa per l’ora. Anzi, dovrei anche arrabbiarmi, o forse sgridarti, perché alla fine ieri sera non abbiamo parlato» esordì la ragazza passandosi una mano sul viso. Negli ultimi mesi aveva imparato a memoria di quanto precisa fosse la sveglia biologica di Spencer, veglio alle sette in punto, non un minuto più tardi. Ancora ricordava un messaggio che le aveva mandato alle 5.36 del mattino e ricordava ancor meglio la sua risposta alle 10.48. Certamente non si poteva negare che fossero decisamente su due poli opposti. Soprattutto quando si parlava Athena e del suo amore per dormire.
Dall’altro capo del telefono il ragazzo stava sorseggiando il suo primo caffè della giornata dopo una notte quasi insonne. Ormai era abituato a dormire poco, soprattutto quando aveva pensieri per la testa.
«Di cosa?» provò a negare facendo alzare gli occhi al cielo alla ragazza. La verità era che gli era piaciuto focalizzarsi su di lei, aiutarla nel capire cose fare, o meglio, come accettare la sua scelta. Sapeva sin dal primo momento in cui l’aveva incontrata che non si sarebbe mai accontentata di conoscere tre lingue oltre a quella madre o ricordare secoli e secoli di letteratura. Finalmente aveva fatto il salto dalla finzione della crime fiction alla realtà. Questo però allo stesso tempo lo spaventava a morte. Cosa avrebbe fatto se un giorno fosse stata presa dall’FBI?
Trattenne un sospiro e si passo una mano sul viso. Non voleva incominciare a parlare della loro situazione, sapeva come sarebbe andata a finire. Il suo lavoro era anti-relazione, ne aveva viste varie cadere a pezzi a causa dei continui viaggi e i carichi emotivi che portavano a casa. Per non parlare di quanto lui, e il suo carattere, fossero anti-relazione. Il suo passato ne era certamente una prova.
Dopo tutto, si sentiva veramente pronto per la una relazione? Allo stesso tempo, però, era impossibile pensare ad una realtà dove Athena non fosse presente.
«Io… ho bisogno di sapere. Adoro passare le domeniche a lamentarmi di quanto la tua libreria manchi di letteratura classica mentre la passo a rassegna per l’ennesima volta. A proposito, l’hai aggiornata? Perché se la prossima che vengo da te non vedrò nulla, saranno guai. Sappilo. Cosa stavo dicendo? Ah, si. Oppure quando torni da me dopo un caso duro e stiamo semplicemente sul mio divano in silenzio. Però ho bisogno di sapere» disse lei quasi senza rendersene conto, perdendosi nelle sue stesse parole. Con lui era facile parlare, non era la prima volta che si lasciava andare ai suoi flussi di coscienza, ma era decisamente il momento di soffermarsi sulle parole. Non poteva spaventarlo, non poteva permettersi di dire la cosa sbagliata.
Erano arrivati al punto decisivo: o dentro o fuori. I due, però, non sapevano cosa gli avrebbe spaventati di più.
Spencer stava per replicare quando Garcia interruppe la chiamata: era arrivato un caso. Si morse appena la lingua leggendo il nome dell’amica e mormorò un «Scusa, devo andare. Ti chiamo appena posso» prima di riattaccare. Se ne pentì subito dopo, ma non sapeva che altro fare. Aveva bisogno di una via d’uscita e la colse al volo. Sapeva che sarebbe riuscito a farsi perdonare a caso finito.
«Eri al telefono?» disse Garcia giocherellando con la sua penna colorata tra le mani. «Era lei?» aggiunse subito dopo sorridendo e mettendosi con la schiena diritta sulla sedia. Spencer sbuffò leggermente. «Oh dolcezza, mi hai ingannato una volta, ma non ci sarà una seconda. Preparata il tuo miglior cappello da cowboy, perché andate in Texas.»
 
«Quindi quando la conosceremo?» disse Morgan sedendosi accanto a Reid che era concentrato nella lettura del suo fascicolo, anche se già lo conosceva a memoria. Tre ragazze scomparse nell’arco di 10 mesi. Già immaginava che non sarebbe stato facile.
«Sono sicuro che Hotch stia per dare inizio alla discussione» rispose Spencer senza alzare gli occhi dai fogli. In realtà il resto della squadra era ancora per le sue, cercando di raccogliere i propri pensieri sul caso.
«Dai ragazzo, è un evento più unico che raro…» iniziò a dire, ma lo schermo davanti a loro si illuminò, mostrando il meraviglioso volto di Garcia.
«Hey bambolina» disse Morgan sorridendo verso la donna, lasciando cadere l’argomento precedente. Sapeva già che non ci avrebbe cavato molto. Garcia gli fece l’occhiolino ma aveva così tanto materiale da condividere con la squadra che si limitò solo a quello. Sapeva benissimo che poteva aspettare una loro chiamata privata per dare il meglio di sé.
«Lo so che vi mancava questo bel faccino, e come biasimarvi, ma è appena arrivata una denuncia di persona scomparsa e rientra nei parametri delle altre vittime.»
In quel momento Athena stava guardando assorta il sito di Yale. Un click avrebbe stravolto ancora di più la sua vita, ma sapeva che non era veramente quello che la spaventava.
Prese un respiro profondo e chiuse il pc. Non era ancora arrivato il momento per lei. Inoltre continuava a ripensare alla conversazione avuta la mattina con Spencer, e più lo faceva, più risultava ridicola.
«Ma a cosa pensavi?» mormorò tra sé e sé mentre si passava una mano tra i capelli. Lei e il suo bisogno di avere sempre delle risposte l’avrebbe messa nei guai prima o poi.
Ancora ricordava quando a otto anni aveva inchiodato al divano il fratello Justin, riempendolo di domande su domande, tanto che il sedicenne scappò piangendo dalla madre per essere liberato da quella tortura. Da quell’episodio venne creata la ‘Regola di Athena’ che permetteva solo un certo numero di domande da parte della ragazza per giorno. Ancora rideva se ci pensava e il fratello ancora aveva gli incubi se ricordava.
La ragazza andò in cucina e guardò il calendario, mancavano esattamente due settimane al matrimonio del fratello e Kate. Faceva fatica a credere che quei due piccioncini, amanti sin dal primo anno di superiori, stessero per convogliare a nozze.
Kate negli anni era stata come una sorella per lei, un porto sicuro dove correre quando i due fratelli maggiori non le davano tregua. Era felice per lei, sapeva quanto si amassero e non vedeva l’ora di partecipare a questa loro felicità. Eppure vedere quel più uno nel suo invito al matrimonio ancora le faceva storcere il naso. Sapeva benissimo che Kate aveva intuito qualcosa su Spencer, ma da ammettere che uscivano casualmente a portarlo in famiglia per un matrimonio, il passo era a dir troppo lungo.
Spencer e la sua famiglia. Il solo pensiero la fece scoppiare a ridere. Sapeva che il ragazzo non era pronto a tutto ciò, però una parte di lei continuava a chiedersi se buttarsi e non pensare sarebbe stata la mossa migliore.
   
 
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