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Autore: breezeblock    26/05/2020    2 recensioni
Non sapeva dire con esattezza quando si era perso. Sta di fatto che adesso faticava a ritrovarsi, tra quei ricci ribelli e morbidi, tra i lembi di stoffa del suo vestito color indaco, nell’incavo del collo che il suo maglione largo lasciava scoperto, nella sua bocca che sapeva di tè al limone. Si era perso in quel labirinto che sapeva di lei, c’era scivolato dentro e adesso annaspava per trovare una via d’uscita. [...]
La Granger alimentava i suoi desideri con i fiammiferi e poi li estingueva con secchiate di acqua gelida, tutto con la stessa bocca carnosa maledetta. [...] Sarebbe finito al San Mungo entro la fine dell’anno, di questo era ormai certo.
IN REVISIONE
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Muggle Studies - The Years '
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Muggle Studies


9

 

 
And though he had a false start
There's a promise of truth in his eyes
 
 
 

Draco portò con sé solo uno zaino nero, aveva utilizzato un incantesimo per far stare tutte le sue cose in un unico posto, alla fine sarebbero stati via solo due settimane e non gli serviva granché per sopravvivere. Il weekend prima della partenza era tornato a casa solo per salutare la madre e avvisarla dei suoi piani. Non le rivelò il perché desiderasse tornare a Londra e rimanere lì due settimane (ammesso che la Granger non avesse scoperto che la destinazione dei genitori fosse cambiata), né le disse con chi sarebbe partito. La Granger era per la sua famiglia la stessa cosa che Voldemort fu per il resto del mondo magico, un po’ Colei Che Non Deve Essere Nominata, un po’, ancora, la mezzosangue di cui sempre si parlava nelle riunioni tra Mangiamorte perché mandava sempre all’aria qualche piano insieme al prescelto. 
Narcissa, che non si era mai capito se fosse a tutti gli effetti un Mangiamorte come suo marito, come gran parte della sua famiglia natale, comunque non avrebbe capito, anche se di natura più comprensiva rispetto al resto dei Malfoy e dei Black. E poi, se solo Draco si fosse fatto sfuggire un qualsiasi dettaglio su di lei, alla madre non sarebbe servita nemmeno l’occlumanzia per scoprire il resto. E comunque, già da tempo sospettava che il figlio fosse coinvolto in faccende sentimentali, perché aveva sempre la testa tra le nuvole, non tornava a casa ormai da mesi, e ogni suo messaggio arrivatole tramite il suo gufo diceva a malapena tre parole in fila, come se fosse troppo impegnato o troppo distratto per rispondere con sentenze compiute e logiche. Lei non avrebbe mai fatto domande, lui non avrebbe comunque mai risposto, ma Narcissa sospettava che in ogni caso, qualsiasi cosa suo figlio le avesse detto, a loro non sarebbe mai piaciuta.
Dopo la guerra contro le forze del male, contro di loro, Draco ne aveva iniziata una tutta sua contro tutto ciò che era, e questo avrebbe inevitabilmente comportato una perdita da entrambe le parti, di cui forse la sofferenza più grande l’avrebbe patita lei, ma c’è sempre un momento, a prescindere dalle guerre dei padri, in cui i figli devono farne una da soli, ed è quella definitiva, il bene e il male non c’entrano.
Narcissa questo lo sapeva bene, perciò non disse nulla quando vide Draco allontanarsi da Malfoy Manor con lo zaino sulle spalle. 
 
 
 
 
La casa di Josephine Granger si trovava a nord di Londra, l’aveva ereditata da una lontana parente di cui lei non aveva mai parlato, il che infittiva ancora di più il mistero che era la nonna di Hermione. Era una donna grintosa, di spirito gioviale e sereno, capace di sorridere sempre di fronte alle insidie che la vita le poneva sul suo percorso, così straordinariamente ironica che la nipote pensava sempre di trovarsi in un romanzo di Jane Austen ogni volta che andava a trovarla. 
Dopo un breve viaggio in metropolitana, il primo di Draco, fecero qualche minuto a piedi verso casa sua. 
Il Serpeverde aveva sfiorato la soglia del ridicolo poco prima ed Hermione continuava a prendersi gioco di lui mimando la faccia stupita che il ragazzo fece non appena riuscì finalmente a passare il suo abbonamento sullo scanner all’entrata della metro. Una volta riuscito nell’impresa, aveva poi constatato quanto fossero ingegnose le scale mobili e ne parlava con tale trasporto che sembrava essere appena uscito da un manicomio perché vittima di un male incurabile. In metro poi, non faceva altro che osservare ai limiti del morboso le persone presenti nel vagone. C’era chi leggeva, chi parlava, chi ascoltava musica da “strani apparecchi” (“sono cuffiette, Draco” gli aveva detto) e chi invece lo osservava di rimando, specie i bambini, che forse si accorgono più degli adulti quando si è in presenza della magia. La Granger non faceva altro che ridere di gusto, ammirata dalla reazione così genuina e spontanea del ragazzo, espressioni che non gli aveva mai visto in volto prima di allora. 
Non credeva che un mago potesse essere così affascinato dal mondo non magico, e tantomeno Draco, che era cresciuto con tutti altri precetti. 
Erano appena usciti dalla metropolitana, il cielo era sereno e la luce del sole li abbagliava. Si distingueva chiaramente il canto degli uccelli sugli alberi in fiore e una leggera brezza gli scompigliava i capelli. 
“Non vedo mia nonna da mesi”, esordì Hermione. Camminava a testa bassa.
Lui non sapeva cosa dirle, si voltò a guardarla mentre continuavano a camminare. Dopo qualche minuto però, riuscì comunque a mugugnare qualcosa che potesse continuare quella conversazione casuale.
“Se può aiutarti, nemmeno io vedo la mia da tempo.”
“Dove vive?”
“In Francia, insieme al resto dei parenti Malfoy che forse avrò visto una volta in vita mia”.
“E non ti mancano?”
Lui si voltò verso di lei di nuovo e la guardò con aria scioccata.
“Secondo te?”
Hermione rise.
Draco era un fascio di nervi. Continuava, tra un’espressione meravigliata e un’altra, prima a pentirsi della scelta di aver seguito la Granger (anzi, di essersi praticamente autoinvitato a casa sua), poi a convincersi che forse era stata la scelta migliore, consapevole che non c’era altra persona da cui avrebbe voluto essere ospitato, e visto che una scelta la aveva avuta, voleva per una volta fare quella giusta. Tuttavia, giunti di fronte al giardinetto che apriva la strada alla casa di sua nonna, un brivido di terrore gli corse lungo la schiena, e dovette sopprimere con tutte le sue forze l’istinto di fuggire il più lontano possibile da lì.
Quando Josephine Granger aprì la porta rimase come folgorata, emise un lungo sospiro di sorpresa e corse ad abbracciare la nipote, che se ne stava un po’ timida poco più lontana dall’entrata.
“Hermione! Sei tu!”
Seguì un lungo abbraccio. Hermione non la ricordava così bassa. I capelli di un bianco purissimo erano avvolti in una crocchia elegante, gli occhiali che di solito l’accompagnavano sempre erano appoggiati intorno al collo sostenuti da una catenina d’argento. La camicetta bianca a maniche corte che indossava le davano un tocco sbarazzino in più, ma mai quanto la salopette blu di cui le bretelle poggiavano sui fianchi. 
“Nonna Jo”, rispose affettuosamente Hermione, dopo che la nonna la slegò da quel forte abbraccio.
Josephine fece un ampio sorriso e poi spostò l’attenzione sul Serpeverde, gli occhi incuriositi. 
“Ah già, nonna, questo è…”
“Ma non aveva i capelli rossi?” le chiese rivolgendo di nuovo lo sguardo ad Hermione.
“No signora, non sono Ronald.” Il ragazzo fece il sorriso più affabile che riuscì a trovare, poi continuò porgendole la mano da stringere.
“Sono Draco, è un piacere conoscerla.”
Lui si che sapeva come comportarsi con gli sconosciuti, ad essere educato e cordiale. Hermione quasi non lo riconosceva. Era arrossita visibilmente perché la nonna lo guardò ancora per qualche secondo molto incuriosita, squadrandolo dalla testa ai piedi, ma Draco non sembrava per nulla imbarazzato per quella intromissione visiva, non mosse un muscolo e rimase con la mano tesa verso di lei.
“Il piacere è mio…Draco, chiamami pure Jo”. La nonna fece una pausa dopo aver pronunciato il suo nome, cercando con gli occhi la conferma del ragazzo, come per essere sicura di averlo detto bene e poi con uno dei suoi caldi sorrisi li fece accomodare in casa, non prima di aver dato un’occhiata eloquente alla nipote, che però fece finta di non essersene accorta.
La casa di Jo era straordinariamente ordinaria. Tutto era al suo posto, la carta da parati era antica, con qualche disegno di fiori e spazi aperti, luminosa al punto giusto grazie alle finestre a vetro che circondavano tutta la casa. Il pavimento in parquet scricchiolava, dando una prima segnalazione di quanto fosse effettivamente vecchia quella dimora che però odorava di tutt’altro, di fiori freschi e di erba appena tagliata. L’abitazione si estendeva anche al secondo piano, adibita alle stanze da letto, la cucina al primo piano era piccola ma aveva tutto quello che serviva ad una signora anziana che viveva da sola e a cui piaceva dilettarsi in cucina di tanto in tanto. Draco constatò che forse la nipote aveva ereditato da lei l’amore per i libri, perché il soggiorno era letteralmente sepolto da manoscritti, romanzi e vecchi giornali. Sempre in soggiorno ma in un piccolo angolo vicino alla finestra che affacciava in giardino, c’era l’occorrente per realizzare vasi in ceramica e qualche modello mal riuscito poggiato a terra lì accanto. Il ragazzo sorrise distrattamente, non sapeva perché ma aveva sempre immaginato la casa di un babbano piena di cose inutili e inappetibili, tristi, prive di quello scintillio tipico delle case di un mago, in cui tutto funziona meccanicamente senza che nessuno dovesse muovere un muscolo.  Dovette ricredersi, come al solito, quando si trattava di qualcosa che avesse a che fare con la Granger.
 


La nonna mise a fare una tazza di thè, perché era primo pomeriggio e lei era una donna abbastanza abitudinaria. Lasciò che Hermione indicasse a Draco dove sistemare le sue cose dopo averle dato una fugace indicazione facendo riferimento al secondo piano. Si stupì del fatto che avevano portato solamente uno zaino a testa, ma suppose subito dopo che probabilmente ci fosse dietro uno dei “loro trucchetti”, come amava definirli.
Le stanze al secondo piano erano molto piccole e ce n’erano solo due, perché la nonna di rado riceveva ospiti che indugiavano lì per una notte e perché lei viveva da sola, da quando il marito era venuto a mancare qualche anno prima.
Hermione fece strada a Draco, che la seguiva mentre dava qualche occhiata curiosa alla casa.
Avevano posato le loro cose nella stanza degli ospiti, senza far riferimento al letto matrimoniale, che tra l’altro, Hermione constatò quando Draco era andato a rinfrescarsi nel bagno accanto, non era nemmeno separabile. In quel momento capì il motivo dell’occhiata della nonna sulla soglia di casa.
È carina”, disse lui quando rientrò nella stanza, appoggiando la spalla allo stipite della porta in legno.
“Grazie..e scusami per prima, lei non sa di me e Ron”.
“Non ti preoccupare, è stato divertente”, e non mentiva. L’espressione della nonna quando lo vide fu quasi esilarante, e lui era abituato agli sguardi scioccati che era in grado di suscitare solo con la sua presenza.
Hermione non rispose, gli sorrise fugacemente e uscì dalla stanza, cercando di non fargli notare ciò che aveva appena scoperto del letto. Draco la seguì senza fare domande.
Una volta tornati dalla nonna, questa le offrì del tè che Draco non poteva di certo rifiutare, come invece fece Hermione, che si accomodò sulla sedia e si diede un’occhiata intorno come per cercare di ricordare i dettagli della casa in cui aveva passato gran parte della sua infanzia, lontana dai genitori perché spesso impegnati in orari di lavoro estenuanti.
“Non ti sei fatta sentire, non una lettera o una telefonata”, esordì poi Jo, una volta accomodatasi di fronte a Draco, che soffocò il suo imbarazzo quasi immergendosi tutto nella tazza del tè.
Hermione sapeva che prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui la nonna si sarebbe lamentata del suo pessimo comportamento, e aveva tutte le ragioni.
Lei rimase ignara della sua battaglia contro Voldemort, ne ignorava l’esistenza, perché lei non si era mai pronunciata con la nonna sui continui attacchi del Signore Oscuro alla scuola che dovette affrontare fin dal primo anno. Forse fu meglio così, perché non aveva dovuto nemmeno obliviarla, come invece aveva fatto con i suoi. Voldemort non sapeva della sua esistenza, e questo grazie al fatto che lei non aveva mai pronunciato il suo nome, nemmeno alla presenza di Ron e Harry, il quale era spesso soggetto alle incursioni mentali di Riddle che gli avrebbero fornito facilmente informazioni che potevano minare la loro già compromessa vulnerabilità.
“Lo so Jo, mi dispiace molto, ma questi ultimi mesi ad Hogwarts sono stati…abbastanza impegnativi”.
“Oh posso immaginare”, rispose ironicamente lei, dando un’occhiata sospetta a Draco. 
Il ragazzo sprofondò sulla sedia come colpito e affondato da quello sguardo inquisitorio e continuò a sorseggiare il suo tè. 
“Mi dispiace moltissimo, ma adesso sono qui”, continuò Hermione, che nel frattempo passeggiava in soggiorno toccando alcuni vasi dalla ceramica un po’ fresca. 
Josephine Granger non era però una sciocca, e nonostante le continue omissioni della nipote, aveva capito che fosse successo qualcosa di terribile a cui fortunatamente Hermione era sopravvissuta. Aveva letto del crollo del Millennium Bridge appena uscì la notizia, e ricordò il gelo che sentì dietro la schiena, quando dopo alcune considerazioni arrivò alla consapevolezza che quello non poteva essere stato un attacco terroristico. C’entrava sicuramente la magia, aveva imparato a riconoscerla negli anni, grazie alla nipote ma anche per la nipote. Quando in famiglia avevano scoperto fosse una strega, era rimasta sconvolta e terrorizzata, ma anche un po’ divertita per la fine che Hermione aveva fatto fare al giardino di rose della sua vicina, che per altro lei detestava. 
Non voleva perderla, non voleva che la magia le allontanasse definitivamente, perciò iniziò a cercare con lei i libri di cui aveva bisogno per imparare tutto, e seppur lei non fosse dotata dei suoi stessi poteri, leggeva qualcosa con lei ogni tanto, giusto per sentirla vicina.
Quando sentì i suoi genitori dopo l’incidente del Millenium Bridge, pronunciò il nome della nipote al telefono chiedendo se sapessero che fine avesse fatto e perché non rispondeva ai suoi messaggi. Josephine capì che fosse successo qualcosa, perché questi le chiesero chi fosse Hermione, e le ripeterono più volte che non avevano una figlia, che lei, Josephine, avrebbe dovuto saperlo meglio di loro, che lei, Josephine, stava dando di matto.
Li lasciò partire per l’Australia senza battere ciglio, convinta che ci fosse lo zampino della nipote dietro quell’assurda decisione, così l’incidente in pieno centro di Londra prese ancora più senso. Le si spezzò il cuore quando raggiunse la consapevolezza che fosse successo qualcosa di così orribile e che Hermione potesse essere in pericolo, ma capì anche che la sua decisione di tenerla all’oscuro fosse importante, e che probabilmente avrebbe avuto bisogno del suo aiuto, un giorno, che il suo silenzio fosse dovuto al tentativo di proteggerla da qualcosa di più grande di lei, che forse non avrebbe potuto capire, che non stava scritto in nessuno dei libri che aveva comprato con lei tanto tempo prima.
E ora che aveva bisogno del suo aiuto, Josephine avrebbe fatto di tutto.
“So perché sei qui”, disse poi, dopo alcuni minuti passati in silenzio in cui Draco ebbe davvero l’impellente bisogno di uscire a fumare una sigaretta. Cosa che fece, lasciandole tranquille a parlare.
Josephine lo seguì con lo sguardo, stavolta addolcito, perché grata per quella sua accortezza.
“Davvero?”
“Hey non sarò una strega ma so capire quando mia nipote ha bisogno del mio aiuto”.
Hermione sorrise e la raggiunse e le prese le mani. 
“Non li troverai qui Londra”.
“Sono ancora in Australia?”
“No, sono tornati qualche settimana dopo. Dicevano di voler cambiare vita, ma che l’Australia fosse stata una scelta sbagliata, così sono partiti per la Scozia. Credimi Hermione, sono del tutto usciti fuori di senno.”
La Grifondoro sgranò gli occhi e cominciò a respirare in fretta, irrequieta.
“È tutta colpa mia. Li ho mandati io lì, credendo che l’incantesimo li avrebbe protetti. E adesso sono finiti in Scozia, chiaramente qualcosa è andato storto”.
“Mia cara l’importante è che sono vivi e vegeti, li ho sentiti due giorni fa, sembrano felici”.
“Dobbiamo partire subito”, Hermione si separò dalla nonna e cominciò a camminare confusamente avanti e indietro.
“Hermione Jean Granger! Cerca di respirare e calmati adesso, vedrai che si sistemerà tutto. Ormai è tardi, partirete domani”.
Josephine cominciò a versarle del tè, sicura che tutto si sarebbe risolto grazie al suo innato ottimismo. Hermione fece un respiro profondo e guardò alla finestra, Draco era ormai arrivato al filtro, ma stava facendo avanti e indietro per il giardino, dando un’occhiata distratta ai fiori.
“Piuttosto”, sua nonna tossicchiò e la distrasse dalla finestra.
“C’è qualcos’altro che devi dirmi? Che fine ha fatto Ronald? Sta bene, vero?”
Hermione la raggiunse al tavolo del soggiorno e si sedette accanto a lei, cominciando a sorseggiare il tè.
“Sta bene nonna, avrei voluto parlartene prima ma non c’è stato tempo”.
“C’entra per caso quel biondino li fuori?”
“Cosa? No, no…mi sta solo aiutando e poi è qui per un compito di scuola.” Josephine la guardava scettica, aspettando che continuasse.
Hermione posò la tazza sul tavolo, incerta su come proseguire.
“Ci siamo lasciati...io e Ron intendo, non avrebbe funzionato, comunque”.
“E lui cosa ci fa qui?”
“Te l’ho detto, mi sta dando una mano a far tornare indietro i miei, è del mio stesso anno”.
“Non me ne hai mai parlato, è della tua..come si chiama? Casa?”
“Si e..no, lui è un Serpeverde”.
“Il nome non promette bene, non credi? E poi..è sempre così serio?” nel dirle questo la nonna si sporse un po’ oltre Hermione, con lo sguardo alla finestra. Draco si era acceso un’altra sigaretta, era di spalle rispetto a loro, la mano destra nella tasca posteriore dei jeans.
Hermione sorrise per quell’affermazione. Erano lì solo da qualche ora e la nonna sembrava averlo già inquadrato.
“La casa Serpeverde è una casa come le altre, un mio professore di Pozioni era un Serpeverde, era davvero brillante.”
La nonna non smetteva di fissare Draco incuriosita.
“E comunque no..non è sempre così serio”. Si ricordò dei momenti che aveva condiviso con lui negli ultimi mesi, di quanto lo avesse visto sorridere e scherzare. Il suo viso si illuminò ai ricordi.
“Se lo dici tu”, concluse lei con uno strano sorriso. 
“È qui per imparare qualcosa sui babbani, per il corso che sta seguendo”.
“Babb..? Ah, si…questa parola mi ha sempre fatto sentire stupida”.
Hermione rise apertamente, di un sorriso che la nonna non le vedeva fare da tanto.
“Mi sei mancata”, le disse poi.
La nonna la guardò amorevolmente.
“Stasera ti farò il pasticcio di pollo, ti va?”
Draco rientrò, avendo notato sporgendosi alla finestra che stavano sorseggiando tranquille il tè rimasto. Le interruppe nel momento di un abbraccio e si sentì di nuovo di troppo.
“Va tutto bene?”, chiese poi. Prima aveva notato l’irrequietezza della Granger dal giardino, aveva preso a camminare avanti e indietro toccandosi nervosamente le mani.
“A meraviglia caro! Ti va di aiutarmi a preparare la cena? Hermione mi ha raccontato del tuo corso, sarà divertente vedrai!”
Draco impallidì, mentre la nonna sparì in cucina continuando a borbottare qualcosa che nessuno dei due ragazzi poté distinguere.
Il Serpeverde diede un’occhiataccia ad Hermione, che scoppiò in una grande risata notando il visibilissimo rossore del ragazzo sulle guance.
“Draco? Puoi venire ad aiutarmi un secondo? Non arrivo a prendere una pentola, non so neanche come è finita così in alto!”, la voce di Josephine li raggiunse dalla cucina.
“A te penserò più tardi”, le disse. Aveva tutta l’aria di chi avrebbe cercato vendetta da lì a momenti. Hermione non gli rispose, continuava a sorridergli. Non riusciva a parlare, fu presa da una strana sensazione di pienezza e di gioia, come non ricordava da tempo. Sapeva che quello che li aspettava sarebbe stato difficile, ma in quel momento, era felice.
Il ragazzo scomparve in cucina, lei tornò in camera a sistemare le sue cose.
 
 
 
La cena andò sorprendentemente bene, Josephine non aveva smesso di fargli domande fin da quando avevano iniziato a cucinare. Draco l’aveva aiutata a tagliare le verdure e a pulire il pollo, mentre lei pensò alla frolla con cui rivestire il pasticcio. Si incuriosì del tatuaggio sul braccio, gli chiese perché mai si era tatuato un disegno così spaventoso e che cosa significasse. Glielo chiese con il suo solito tono ironico e sorridente al quale era impossibile resistere. Draco infatti non si sentì per niente minacciato da quelle continue curiosità, le rispondeva con un vago sorriso sulle labbra, ironico anch’egli, Josephine era divertita.
“Errore di gioventù”, si limitò a rispondere lui, il che non era proprio falso.
“Oh, se ne fanno così tanti, e ne farai ancora ragazzo mio!”, le disse lei scherzando. C’era però un filo di verità. 
“Sei anche tu allo stesso anno di Hermione, così mi ha detto”, affermò poi lei, un momento prima che cominciasse ad impastare.
“È esatto”. Draco stava sminuzzando le verdure.
“Non mi ha mai parlato di te”.
Draco rise.
“Non mi stupisce”.
“Perché?”
“Non andavamo d’accordo, da piccoli”. 
“E perché?” 
“Diciamo che sua nipote sa essere odiosamente saccente”. Josephine le sembrava avesse un bel caratterino, tanto valeva essere sincero riguardo al suo, di carattere. 
(Il loro rapporto era sempre stato cristallino).
“Oh, non me lo dire, non me lo dire! È identica al padre! Anche lui era molto saputello a volte, ma sai, non ho mai smesso di prenderlo in giro, velatamente è ovvio, così che si ricordasse di tenere i piedi piantati per terra”.
“Oh, anche io la prendevo in giro, forse un po’ troppo seriamente, a volte”.
(“Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca Mezzosangue”)
“Ci è cascata, eh?”
Draco non sapeva più se stessero parlando del passato.
“Non le stavo molto simpatico”.
“Ah, quanti errori si fanno in gioventù! Non è così?”
“Già”.
 

 
Hermione aveva preparato la tavola in loro assenza, aiutandosi con la bacchetta. Aveva fatto aprire la credenza con la magia, i piatti uscirono da soli e si disposero sul tavolo assecondando il suo disegno.
Aveva poi preso alcuni fiori dal giardino della nonna e li aveva messi al centro della tavola.
La cena fu così imbarazzante per Hermione, che non faceva altro che arrossire per i ricordi di infanzia che la nonna tirava fuori così senza prima avvertire. Vedendola così in difficoltà, Draco pensò di aver ottenuto la sua vendetta, così non infierì più tardi, una volta aiutata la nonna a mettere tutto al suo posto. 
La stanza da letto cominciò a starle stretta, nessuno dei due commentò sulle proporzioni del letto. Draco aveva cambiato la sua maglietta, e rimase solamente in boxer, perché si era reso conto di non aver portato nessun pantalone della tuta o del pigiama con sé. Hermione rientrò in camera dopo essersi cambiata. Indossava una maglietta vecchia, le stava un po’ corta, ma almeno non si era dimenticata i pantaloni, pensò Draco nell’osservarla.
Dopo una sigaretta fumata al balcone della camera, il Serpeverde si accomodò a letto, la Granger era già sotto le coperte, lo sguardo al soffitto.
Quella non era la prima volta che dormivano insieme, eppure dai loro modi imbarazzati sembrava non avessero mai dormito con nessuno prima d’ora.
Hermione si voltò verso di lui non appena Draco si sdraiò del tutto.
“Sono in Scozia”.
“In Scozia? E che ci fanno lì?”
“Non ne ho idea, partiamo domani, se tu sei d’accordo”.
“Si, per me va bene, ma non abbiamo le scope”.
“Infatti andremo in treno”.
“In treno?”
Nessuno dei due sapeva perché stessero bisbigliando, sembravano due bambini che si stavano confidando un segreto nascosti sotto le coperte. 
“Non è molto lontana, e abbiamo ancora tutte e due le settimane a disposizione, se non vuoi venire puoi…”
“Hermione non sto dicendo questo, volevo solo fare più in fretta, ma poi chi la sente la Reynards, quindi che treno sia”.
Hermione sorrise lievemente, poi annuì.
Si diedero la buonanotte, poi caddero entrambi in un sonno profondo.
 
 


Il giorno dopo, Hermione si svegliò di buon mattino, si accorse appena aprì gli occhi di essere pericolosamente vicina al ragazzo, ancora profondamente addormentato. La sua mano era vicino al petto di lui, che si alzava e si abbassava tranquillo, secondo il ritmo del suo respiro. 
La ragazza si allontanò e quel poco che bastasse per non far sembrare il tutto più sconveniente di quello che già non fosse.
Poi lo svegliò, e una volta pronti scesero per le scale, da dove videro la tavola apparecchiata per la colazione. Il caffè era ancora caldo.
“Partite oggi?” disse poi, quando fu certa che tutti e due fossero svegli abbastanza da riuscire a capire l’inglese.
Draco stava finendo di bere il suo caffè, Hermione annuì.
“Prima andiamo e prima potremo risolvere”.
“Senti Hermione, qualsiasi cosa stiate per fare, stai attenta, ok?”
“Certo Jo”.
“Riportali a casa se puoi, mi mancano”. Disse Jo con sincerità.
La nonna si alzò allontanandosi dalla tavola. Era già vestita, lavata ed acconciata, sembrava fosse in piedi da un bel po’, aveva le mani sporche della terra del giardino.
 
 


Josephine Granger non si era mai abituata ai saluti e alle partenze, nonostante alla sua età di partenze e addii ne aveva sperimentati fin troppi. Perciò non indugiò molto nel vederli di nuovo con lo zaino in spalla, sul ciglio della porta.
“Tornerò presto”, cercò di rassicurarla Hermione.
“Ragazzina, forse è meglio che tu la smetta di fare promesse che non puoi mantenere”, le rispose ironica lei. Anche se quella volta sperò con tutta sé stessa che Hermione riuscisse a tenere fede a quel voto.
La ragazza, che aveva preso dalla nonna e che quindi odiava gli addii quasi quanto lei, si voltò e uscì in fretta dal vialetto.
Draco rimase ancora qualche secondo ad accomiatarsi come la sua educazione gli aveva sempre imposto.
“La ringrazio per l’ospitalità signora Granger”.
“Draco ti prego, cosa ti ho detto ieri?”
“Oh, ma certo, scusi…grazie Jo”, era comunque troppo imbarazzato per la confidenza che la donna gli aveva richiesto. 
Draco si voltò e fece per raggiungere Hermione, ma Josephine lo fermò per un altro momento.
“Dalle un occhio, intesi? E a volte, se puoi, riportala con i piedi a terra” sentenziò con il suo inconfondibile tono divertito.
“Lo farò”, rispose lui, complice del suo stesso sorriso. 
 
 
   
 

“Ginny sa di noi”, disse all’improvviso Hermione. 
Erano in treno, Draco stava leggendo un libro di pozioni che non poteva consultare a scuola perché molto avanzato. Era così concentrato che per un momento si isolò da tutto il resto. Hermione invece, presa dall’ansia di dover incontrare i suoi, non riusciva a stare ferma né con la testa né con il corpo. Gli disse la prima cosa che le venne in mente, incurante della reazione che il ragazzo avrebbe mostrato, forse per distrarsi dai pensieri angoscianti che la stavano assalendo senza lasciarla respirare. 
Pensandoci meglio, forse Draco aveva il diritto di saperlo, così che una volta tornati ad Hogwarts entrambi avrebbero saputo come comportarsi, si sarebbero evitati ogni volta che Ginny Weasley sarebbe passata nei loro paraggi per caso. 
Hermione non sapeva più cosa pensare, se non che stesse diventando paranoica.
“Perché glielo hai detto?” lui rispose calmissimo, sollevando gli occhi dal libro ancora aperto davanti a lui.
“Non gliel’ho detto io, lo ha capito da sola, ci ha visti alla festa delle Tassorosso e poi uscire insieme dalla Stanza delle Necessità”.
“Capisco”.
“Non ti sembra preoccupante?”
“E perché? In nessuno di quei momenti stavamo facendo cose compromettenti”.
“Si, ma…” non sapeva più cosa dire. Draco non le sembrava per niente toccato da quella sua confessione.
“Sento di averla persa, non era per niente contenta e.…”
“E quindi? Era ovvio che non lo fosse, mio padre ha cercato di ucciderla al suo primo anno e se Potter non l’avesse salvata ci sarebbe riuscito”.
Hermione lo guardò malissimo.
“Non dico che se lo meritasse, sto solo dicendo che è normale che si senta tradita o sia incazzata, visto che sei andata a letto con me”. Quella era la prima volta che Draco non girava intorno al fatto, aveva scandito quelle parole come se fosse normale. 
Non riuscì a capire il motivo sulle prime, ma quel discorso lo stava facendo innervosire.
“Tu pensi che lei abbia ragione? A non parlarmi più, intendo?”
“Non lo so, Granger”.
Non lo sapeva davvero. Era seccato per tutta quella storia, era contrariato perché sentiva di averla messa alle strette dopo ciò che avevano fatto, era incazzato con i suoi amici che non volevano saperne di lasciare indietro il passato. Era incazzato anche con sé stesso, perché non riusciva a lasciare andare lei.
Risponderle in modo scorbutico fu l’unica sua difesa.
Hermione si pentì di averglielo confidato. Sentiva di aver parlato troppo, rendendolo partecipe di una questione che solo lei doveva risolvere. Aveva ripetuto più volte a lui e più volte a sé stessa che quello che avevano fatto non sarebbe più accaduto, che c’era stato e che non potevano cancellarlo, ma che avrebbero potuto accettarlo e lasciarlo andare, ma nessuno dei due, a quanto pareva, era stato molto bravo a farlo.
Hermione sentì di essersi spinta troppo in là, la reazione di Jinny glielo aveva confermato, così come lo straniamento di Harry al binario. Forse era stato davvero uno sbaglio.
“Perché non cerchi semplicemente di capire quello che vuoi tu e lasci perdere quello che ti dicono gli altri?” esordì nuovamente lui. Il libro lo aveva lasciato sul sedile accanto. Nella cabina c’erano solo loro.
“Come faccio a lasciar perdere! Lei è una mia amica, la sua opinione conta!”
Hermione non gli disse che quella sera lo aveva difeso, non sapeva perché lo aveva fatto, forse per difendere anche un po’ sé stessa e giustificare la scelta di essersi lasciata andare così tanto con lui. 
“E allora che ci faccio qui?! Perché non hai chiesto aiuto ad altri, perché non Alister?”
Lo aveva veramente detto.
“Senti non so perché ti ho parlato dei miei, vuoi smetterla di chiedermelo? E Alister non sa nulla di questa storia e non lo conosco così bene da poterlo coinvolgere”. Si morse le labbra, era finita nella sua trappola con tutti e due i piedi.
“Vuoi dire che mi conosci così bene da potermi coinvolgere? È chiaro che però non sai nulla di me, visto che fino a qualche mese fa non facevi altro che dire quanto fossi spregevole insieme alla tua amichetta Grifondoro, e visto che ancora ti rifiuti di capire!”.
I toni si erano un po’ alzati ed Hermione era rossa in viso dalla rabbia. 
“Evidentemente non faccio altro che sbagliare con te!”.
Draco sgranò gli occhi, respirò forte e serrò la mascella. 
Hermione aveva praticamente ammesso di essersi pentita, nonostante altre volte gli avesse detto il contrario, era bastato il parere della Weasley a girare le carte in tavola. Draco lesse vergogna nei suoi occhi, e di nuovo quel sapore di rimorso che tutti e due avevano scongiurato ma che forse solo lui non aveva provato davvero. 
Lui si che la conosceva bene, la Granger, e non si era sbagliato quando la prima volta dopo aver fatto sesso, lui pensava che si fosse pentita e fosse piena di disgusto.
Era così facile smascherarla e lui che pensava per la prima volta di essersi sbagliato sul suo conto, tanto da esserne quasi felice
“È un bene allora che ci sia io a ricordarti di smetterla di fare altre cazzate”.
(“Con me, con Alister, con te stessa”).
“Ho smesso di stare al tuo gioco, qualsiasi esso sia”, concluse lui, prima di uscire dalla cabina.
Hermione non voleva giocare con nessuno, tantomeno con lui.
Non sapeva cosa volesse. Lo attraeva e lo respingeva di continuo, con frasi poco chiare, contorte, con azioni altrettanto confuse.
Il senso di colpa per quello che aveva detto la colpì dal momento in cui lui si allontanò dalla cabina. Non l’abbandonò nemmeno quando lui tornò, non si allievò durante il resto del viaggio e nemmeno durante la strada verso casa dei suoi, quella che avevano percorso in religioso silenzio. 
La nonna le aveva fornito l’indirizzo e la sera prima aveva contattato la madre avvertendola che la nipote di una sua amica avrebbe avuto bisogno di essere ospitata perché in cerca di un posto in Scozia in cui trasferirsi per gli studi. 
Arrivarono alla porta, e la ragazza dovette fare due respiri profondi. Non riusciva a suonare il campanello.
Draco notò la sua agitazione, e nonostante fosse incazzato, deluso, triste, premette il campanello al posto suo, e poi fece un passo indietro rispetto a lei.
Non staccò la mano dalla sua schiena per un attimo.
Nemmeno quando la porta si aprì, Hermione rivide sua madre e sembrò sul punto di svenire.






 
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Eccomi di nuovo! Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Il prossimo è praticamente scritto nella mia testa, devo solo trascriverlo :)
Vi lascio con una piccola playlist di canzoni
che sto ascoltando durante la stesura e che potete vedere come una piccola soundtrack della storia
visto che le frasi che vedete all'inizio dei capitoli sono prese proprio da alcune di queste.
Approfitto di questo spazio per ringraziare tutte le persone che stanno seguendo la storia, chi commenta
e chi legge solamente. State diventando tanti!
Grazie a tutti e a presto! 


Muggle Studies Soundtrack


1. Queen Bee - Johnny Flynn
2. The Water - Johnny Flynn
3. Einstein’s Idea - Johnny Flynn
4. Mumuration - Johnny Flynn
5. Anche a Piedi -Piero Pelù
6. Presto - Generic Animal
7. Opening - Far From the Madding Crowd Soundtrack 
8. I’m on fire - Bruce Springsteen
9. Human Touch - Bruce Springsteen
10. Orpheus - Shawn James
11. The Curse of the Fold - Shawn James 
12. The Witch’s Rune - SJ Tucker 
13. Song of the Witches - S J Tucker 
14. This City - Sam Fischer 
15. Beltaine - Beltaine
16. The Sea of Irish Dream - Beltaine 
17. Wicked Game - Ramin Djwadi 
18. Just for a moment - Olivia Rodrigo & Joshua Bassett
19. The Willow Maid - Erutan
20. Will o’ the Wisp - Erutan
21. Raindancer - Erutan


 
  
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