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Autore: destiel87    03/06/2020    2 recensioni
3 trilogie, 3 storie ambientate al college, 3 improbabili dj.
1968 San Francisco: Il professor Kenobi insegna storia, il suo ragazzo Anakin, suona in un gruppo rock, i Sith. Padme si batte per la fine della guerra in vietnam. I loro destini s’incrociano, mentre i Beatles suonano alla radio e dj Yoda ci racconta una storia.
1979 Chicago: Leila insegna diritto. Han corre con la sua macchina, il Falcon, e il suo compagno di stanza Luke, immortala tutto con la sua polaroid, R2D2. I due ragazzi fanno una promessa, mentre Leila dovrà scegliere tra il cuore e la ragione. Dj Chewbecca ci guida tra i classici del rock.
2010 NY: Ben Solo insegna filosofia e suona il piano. Rey per poco non lo investe con la sua moto. Tra di loro si crea un unione, nata tra i ricordi di una vita passata e di una presente che s’intrecciano. Finn scappa dalla sua gang, The First Order, aiutato da Poe. Da allora diventano inseparabili, finché amicizia ed amore non diventano una cosa sola. Dj Hux,ci racconta i rapporti attraverso la musica pop.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Kylo Ren, Luke Skywalker, Obi-Wan Kenobi, Principessa Leia Organa
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Story 2 - Walking on the moon
 


 

“Walking on the moon, we could walk forever,
Walking on the moon, we could live together,
Walking on the moon, walking back from your house,

Walking on the moon, feet they hardly touch the ground.”

 
 
 
“Qui è dj Chewbecca, in diretta da Chicago per la Rebel radio! Abbiamo appena ascoltato un classico del ’79, Walking on the moon, dei Police! Oggi ci sono 17 gradi, e sulla città nevica, mettendo a dura prova la pazienza degli automobilisti, che al momento sono bloccati sulla Michigan Avenue. Se avete fretta di andare da qualche parte, al lavoro, a scuola, dalla vostra bella mogliettina o dall’amante, mettetevi il cuore in pace, ci sarà da aspettare! Ma non preoccupatevi, non pensate alla destinazione e godetevi il viaggio! Il vostro dj preferito è qui per tenervi compagnia. E ora ditemi amici miei, se poteste passeggiare sulla luna, con chi vorreste essere?”
 
“Che razza di domanda!” Esclamò Han, tamburellando con le mani sul volante. “Con la mia Leila ovviamente!” Aggiunse, infilandosi tra una macchina e l’altra per guadagnare terreno.
“E da quando è diventata la tua Leila?” Chiese Luke, abbassando il finestrino per fare una foto.
Posizionò la sua polaroid più un alto possibile, in modo da immortalare la neve  che scendeva.
“Oh lo sarà prima o poi, vedrai piccolo!” Disse Han, superando una toyota grigia. “E chiudi quel dannato finestrino, prima che moriamo congelati!”
Fece un’altra brusca manovra, immettendosi in una stradina laterale, mentre un tizio dietro di lui imprecava a gran voce.
“Sempre se non moriamo in un incidente d’auto, prima!” Esclamò Luke, raccogliendo i libri che erano caduti durante la manovra.
“Ma con chi credi di parlare? Devo ricordarti che ho fatto la magnificent mile in 12 minuti?”
“Devo ricordati che ti hanno tolto la patente per tre mesi quella notte?”
“Non è questo il punto mi pare!”
Luke alzò gli occhi al cielo, dando distrattamente un’occhiata ai dadi dorati appesi allo specchietto della macchina.
“Arriveremo in ritardo, comunque!” Sbuffò alla fine, appoggiandosi al sedile.
“Non arriveremo in ritardo, fidati del tuo Han!” Rispose l’altro, con quel suo tipico sorriso da furbetto.
Era a causa di quel sorrisetto che tutte le ragazze gli cascavano ai piedi.
Tutte, tranne una.
La professoressa Organa stava camminando nel parco della Loyola university of Chicago, stando ben attenta a non scivolare sulla neve.
Portava i capelli neri raccolti in uno chignon, e una treccia sottile le incorniciava la testa come una coroncina. Era per quello che molti ragazzi la chiamavano “la principessa”.
Uno di quelli era proprio Han, che dopo aver parcheggiato in tutta fretta, aveva corso sotto la neve fino a raggiungerla.
Dietro di lui, Luke le stava scattando una foto, catturando il momento in cui si era fermata a guardare la neve che si posava sul ramo di un albero.
“Principessa!” Esclamò Han, andandole incontro con il suo solito sorriso.
Lei alzò gli occhi al cielo. “Le ho detto molte volte di non chiamarmi in quel modo, signor Solo.”
“E io ti ho detto molte volte di non chiamarmi signor Solo! Mi fa sembrare vecchio!”
Lei lo guardò con la coda dell’occhio, mentre saliva le scale di pietra che conducevano all’ingresso principale.
Han si affrettò a porgerle il braccio, da vero gentiluomo. O almeno, era quello che cercava di fare, anche se lo sguardo malizioso tradiva la sua poca dimestichezza con la galanteria.
“Non se ne parla neanche!” Disse lei. “Preferisco cadere.” Esclamò sprezzante, facendo meno attenzione ai suoi passi.
Dopo tre scalini, finì per scivolare, ritrovandosi a volare all’indietro.
Con suo grande stupore però, non era Han il suo salvatore, ma Luke.
Quando si voltò a guardarlo, il ragazzo abbozzò un timido sorriso, arrossendo sulle guancie e sul naso.
“Ti ringrazio Luke.” Disse lei gentilmente, lasciando che lui la aiutasse a rimettersi in piedi.
Han lanciò al compagno di stanza un’occhiata che prometteva una sfuriata, e lui fece spallucce.
“Perché lui è solo Luke e non signor Skywalker?” Borbottò nervoso, ma prima di poter aggiungere altro lei era già svanita tra la folla di ragazzi che si apprestava ad entrare all’università.
Han sospirò, scosse la testa, poi avvolse il braccio intorno al collo di Luke, trascinandolo dentro.
Mentre camminavano, si ritrovarono in lungo corridoio, che conduceva all’ala ovest, e proprio davanti a loro, la professoressa Organa camminava a testa alta, con la grazia e la fierezza che la contraddistinguevano da tutte le altre ragazze accanto a lei.
“Non è la donna più bella del mondo, Luke?” Fece Han, tirandolo un po’ più verso di sé.
“Se dico di si, ti arrabbierai?” Chiese l’altro, mentre cercava di scrollare la neve dal suo giubbotto arancione.
 “E’ probabile!”
“Allora no!”
“Bugiardo!”
Luke fece un sorriso imbarazzato, nascondendo il viso dietro la sua polaroid azzurra e bianca.
Era una OneStep land, con la lente fissa e la telecamera istantanea.
Entrarono nell’aula di diritto penale, sedendosi come sempre negli ultimi posti.
“Come hai detto che l’hai chiamata, la tua polaroid?”
“R2D2.” Rispose Luke, sistemando i libri davanti a sé.
“Assurdo, dare un nome ad una macchina fotografica!” Rispose Han, piazzando i piedi sopra il lungo banco di legno.
Luke lo prese per una gamba e glieli tirò immediatamente giù.
“Oh quindi tu puoi dare un nome alla tua macchina e io no?”
“Il Falcon non è una semplice macchina piccolo, è il mio orgoglio e la mia gioia, la più veloce di Chicago, e forse anche dell’intero stato!” Dicendolo, si batteva il petto all’altezza del cuore, come farebbe un padre orgoglioso.
“Ancora non mi sembra vero, che l’hai vinta a Lando! Che avresti fatto se avesse vinto lui? Non avevi una Chevrolet da dargli…”
“Probabilmente gli avrei dato te! A pensarci bene, ci avrebbe guadagnato, quell’idiota!”
Luke aprì la bocca per replicare qualcosa, ma non sapendo se prendere il suo commento come un complimento o una offesa, rimase in silenzio.
Nel frattempo, la professoressa Organa aveva iniziato  a scrivere sulla grande lavagna i passaggi dell’udienza preliminare, nella quale il giudice può rilasciare l’imputato sulla parola o fissare una cauzione per la futura comparizione in udienza.
Luke scriva scrupolosamente appunti, mentre Han invece lanciava occhiate lascive alla professoressa, che si muoveva con grazia nel suo tailleur bianco, cercando di ignorarlo.
“Ancora non capisco per quale motivo ti sei iscritto al corso di diritto penale…” Disse Luke, scuotendo la testa.
“Beh non tutti vogliono diventare avvocati come te! Ma del resto, con tutte le volte che mi ha fermato la polizia, conoscere qualche trucchetto in più per zittirli, mi farebbe comodo…”
Luke sospirò, poi riprese a prendere appunti.
Alla fine della lezione, Han si trattenne fino all’ultimo, per avere modo di parlare con la professoressa.
Prima che lei riuscisse a prendere tutti i libri e avviarsi verso la porta, lui si era già posizionato tra lei e la suddetta porta.
“Allora tesoro, che ne diresti di venire con me ad un concerto stasera? C’è un gruppo che suona le canzoni dei Journey!” Gli fece il suo sorriso più accattivante, muovendo leggermente i fianchi.
“Preferirei rompermi una gamba, tesoro!” Rispose lei, spostandolo con la forza.
Han cercò di inseguirla, finché si sentì tirare per il giubbotto di pelle.
C’era solo un ragazzo, che si ostinava a tirarlo in quel modo, quasi fosse un bambino.
“Luke, non è il momento!” Sbottò, cercando di divincolarsi.
“Blues!” Esclamò l’altro.
“Come?”
“C’è un concerto Blues stasera in centro!” Disse, indicando la professoressa con lo sguardo.
Han gli diede un energica pacca sulla spalla, borbottando qualcosa mentre correva per i corridoi.
Luke lo osservò per qualche istante, prima di incamminarsi verso l’aula di diritto civile, nell’ala est dell’edificio.
Come sempre, teneva la polaroid sul viso, pronto a scattare una volta trovato il soggetto giusto.
C’era una ragazza asiatica,  con i capelli completamente rosa e le cuffie sulla testa, che ballava sulle scale d’emergenza, gli occhi chiusi e le braccia aperte.
Luke sorrise e scattò una foto.
Gli piaceva catturare quei momenti nascosti, quando le persone non sapevano di essere viste e si comportavano naturalmente, senza maschere o filtri.
Non sopportava i sorrisi falsi, le pose costruite, gli abbracci dati per circostanza.
Rimase ancora un po’ a guardare quella ragazza, cantare e danzare, come se fosse sola al mondo.
Poi osservò la sua macchina fotografica, e per un momento si chiese cosa si provasse a trovarsi dall’altra parte dell’obbiettivo.
Ad essere catturato dall’obbiettivo.
Aveva provato a farsi delle foto, qualche giorno prima, nel terrazzino dell’appartamento che condivideva con Han, ma le aveva trovate stupide, banali, senza significato. Così le aveva buttate nel cestino della cucina.
Sospirò, poi tornò sui suoi passi, e si diresse verso l’aula.
Le ore passarono più in fretta del previsto, e verso le cinque tornò al parcheggio, dove trovò Han intento a togliere la neve dal parabrezza del suo Falcon.
“Allora, ci viene?” Chiese con poca speranza. L’altro scosse la testa avvilito.
A causa del traffico e della neve ci volle quasi un ora per tornare a casa, un piccolo appartamento nell’east side.
Erano al sesto piano e l’ascensore era rotto da prima del loro arrivo, ma era a buon mercato.
L’ingresso si apriva in un salottino, dove c’erano un divano verde e una tv, una bella collezione di vinili sistemata nella libreria, e alcuni modellini di macchine sparsi qua e la.
Alle pareti spiccavano alcuni poster di belle donne, rock band, e appesi ai fili del bucato, le fotografie di Luke. C’era un cucinino sulla destra, separato dalla sala da un tavolo a penisola.
Un piccolo bagno, sempre pieno di magliette sporche, asciugamani e calzini stesi sul calorifero.
E una camera da letto.
Sulle prime, i due guardando quell’unico letto matrimoniale, scuotendo energicamente la testa.
Poi, guardarono i loro miseri risparmi, tenuti in un vecchio pacchetto di sigarette, e annuirono.
Non fu facile all’inizio, Han russava, e Luke scalciava.
Provarono a dormire in direzioni opposte, testa contro piedi, ma a furia di prendersi calci in testa, Han ci rinunciò, sistemandosi accanto a lui.
Stavano facendo una colletta, per comprare due letti, ma le continue spese dell’università vedevano quella misera colletta ridotta a dodici dollari e venticinque penny.
Quella sera, mentre Han cucinava,  mettendo in una padella degli spaghetti in scatola, Luke stava ascoltando la radio, sdraiato sul letto.
Tamburellava con le dita sulle ginocchia, canticchiando il ritornello, quando di sfuggita guardò la scrivania di Han, piena come sempre di pezzi di macchine.
A dir il vero, erano sparsi un po’ ovunque per la casa, ma almeno, lo aiutavano ad arrotondare.
E comunque, era sempre meglio che lavare i piatti come faceva lui.
Il suo sguardo passò dai tubi alla chiave inglese, passando per rotelle e cose di cui non conosceva neanche il nome.
Poi si fermò sulla bacheca che si trovava sopra la scrivania, dove Han aveva appeso le foto dei suoi amici, delle sue tante ragazze, e naturalmente, delle sue macchine.
C’è n’era anche una dei suoi genitori, in bianco e nero, leggermente spiegazzata. Era l’unica che aveva.
E poi mentre vagava tra i tanti volti femminili, di cui non ricordava i nomi, trovò una sua foto. Quella foto che era sicuro di aver buttato nel cestino qualche giorno prima.
Non poté far a meno di sorridere, mentre ascoltava un’altra canzone.
 
“Qui è dj Chewbecca, in diretta dalla Rebel radio. A Chicago sono le otto e trentacinque minuti, ditemi amici miei, come state passando questa serata? A cena dalla vostra incasinata famiglia? A letto con la vostra ragazza? Sui libri di scuola, o con gli amici a bere birra? In qualunque modo la stiate passando, con chiunque voi siate, non dimenticatevi di guardare il cielo questa notte! E’ una data storica amici miei, oggi primo febbraio, la sonda della NASA Voyager, ha fotografato per la prima volta il pianeta Giove, da una distanza di 32,7 milioni di chilometri. Riuscite a immaginarlo? Da qualche parte molto lontano da qui, nella galassia c’è un grande pianeta chiamato Giove, e chissà se ci abita qualcuno, se ci sono tanti piccoli uomini blu, che fanno l’amore con le loro piccole donne blu, proprio in questo momento. E adesso vi lascio con il singolo degli Scorpions: Is there anybody there!”
 
Quella mattina Han era dovuto andare a dare una mano in officina, avrebbe saltato un paio di lezioni, ma del resto, non si poteva dire di no a settanta dollari con facilità.
Luke era nel parco del campus, e stava scattando alcune fotografie ad un uccellino intento a mangiare briciole sulla neve fresca.
Si era sdraiato a terra, per avere una migliore prospettiva, e proprio nel momento in cui stava per schiacciare il bottoncino verde, qualcuno inciampò sulle sue gambe, cadendo a terra.
Luke si voltò per scusarsi, quando si rese conto chi aveva davanti.
C’erano tre ragazzi che lo guardavano dall’alto verso il basso, e non proprio tre bravi ragazzi.
Quello che era a terra, scattò verso di lui con il pugno aperto, e Luke si affrettò ad alzarsi, mettendosi a correre il più velocemente possibile.
Purtroppo per lui, i bravi ragazzi in questione giocavano a football, e ci misero poco a prenderlo.
Il più alto dei quattro gli prese la polaroid, lanciandola poi al suo compagno come se fosse un pallone.
Luke provò a scusarsi, a chiedere per favore, ad intercettare la polaroid quando la lanciavano, ma sembrava tutto inutile.
Finché d’improvviso una mano afferrò la macchina fotografica.
Voltandosi per vedere chi fosse stato, non poté fare a meno di sorridere.
“Vi divertite ragazzi?” Esclamò Han, con il suo solito sorriso beffardo.
“Ma guarda guarda, sei fortunato moccioso!” Esclamò uno dei ragazzi. “E’ arrivato il tuo fidanzato!”
“Coinquilino, prego.” Lo corresse Han. Poi prese Luke per un braccio, trascinandolo dietro di lui.
“Allora, avete altro da dire o volete passare direttamente ai pugni?” Chiese, tirandosi su le maniche della giacca.
Luke provò a farlo desistere, ma ottenne solo la sua amata polaroid e un sorriso incerto.
Quando la professoressa Organa arrivò, uno degli atleti era a terra, con l’occhio pesto. Un altro era in ginocchio, con il labbro sanguinante.
Han stava facendo a pugni con i due rimasti, mentre Luke aveva appena sollevato un ramo, preparandosi a colpire.
“Che cosa sta succedendo qui?” Urlò, incrociando le braccia al petto.
Quasi tutti iniziarono a parlare contemporaneamente, accusandosi a vicenda.
“Adesso basta!” Tuonò lei. “Via da qui voi quattro, prima che chiami la polizia!”
I bravi ragazzi si allontanarono in fretta, conoscendo bene la reputazione severa della professoressa.
“E ora, voglio sapere la verità. Coraggio!”
Han iniziò a parlare, ma fu  interrotto dal suo cenno di silenzio.
“Non da te. Luke, dimmi ogni cosa.”
Han alzò gli occhi al cielo, e Luke buttò a terra il bastone.
“Ecco… Quei ragazzi mi hanno preso la polaroid e… Non volevano più ridarmela. Poi è arrivato Han in mio aiuto e poi… Poi è arrivata lei in aiuto a tutte e due.”
“Ehy, io avevo tutto sotto controllo!” Esclamò Han, asciugandosi il sangue sulla fronte con la manica della giacca.
Com’era prevedibile, si beccarono entrambi una bella sfuriata.
E dopo, un paio di cerotti sulla testa.
Più tardi quello stesso giorno, mentre Luke era ancora in biblioteca per un ricerca, e fuori nevicava,
Han decise di tornare a casa, a farsi un meritato pisolino.
Proprio mentre era per strada, canticchiando allegramente una canzone dei Clash, notò sul marciapiede opposto una ragazza che camminava sotto la neve fitta, coprendosi la testa con un libro.
Frenò bruscamente, facendo stridere le ruote, poi fece un inversione a u, che gli costò non pochi insulti da parte degli altri automobilisti, fino a ritrovarsela davanti.
“Vuoi un passaggio principessa?” Chiese, con il suo miglior sorriso.
“No.” Rispose lei, inarcando il sopracciglio.
Lui la seguì per qualche metro, continuando ad insistere.
“Sta nevicando!”
“La neve mi piace!”
“Ti prenderai un raffreddore!”
“Mi berrò un the caldo quando sarò a casa.”
Dopo vari tentativi, parcheggiò la macchina.
Non si era mai arreso in vita sua, non avrebbe iniziato adesso.
Prese l’ombrello dal sedile posteriore, la seguì e poi si mise al suo fianco, riparandola.
“Oh per l’amor del cielo!” Sbottò lei, non riuscendo a non sorridere.
Lui fece spallucce, avvicinandosi di più a lei, che in tutta risposta lo spinse via, facendolo cadere sulla neve.
Non riuscì a trattenere una risata, e nemmeno lui, perché dopotutto, almeno era riuscito a farla ridere.
Si posizionò di nuovo al suo fianco, reggendo il suo ombrello azzurro.
Lei alzò gli occhi, studiando con curiosità i robot bianchi che vi erano stampati sopra.
“E’ di Luke.” Si giustificò lui.
“Dovevo immaginarlo.” Rispose lei.
Han le offri il braccio, mordendosi appena il labbro.
Lei sbuffò, e lo prese.
Fecero quattro isolati a piedi, in silenzio.
Lui avrebbe voluto dirle tante cose, ma gli sembravano tutte stupide.
Lei avrebbe voluto chiedergli molte cose, ma temeva di risultare invadente o noiosa.
Alla fine, lui la accompagnò fin sotto la porta di casa, lei frugò nella borsa fino a trovare le chiavi, ed aprì la porta.
Han si sporse verso di lei, socchiudendo gli occhi e corrucciando le labbra in un bacio.
Lei lo fece avvicinare, guardandolo con fare malizioso.
Poi, gli chiuse la porta in faccia.
Lui si massaggiò il naso dolorante, riprendo l’ombrello.
“Che diavolo di donna!” Disse tra sé e sé, con un sorriso.
Mentre tornava verso la macchina ripensò a quella canzone, Walking on the moon, e capì cosa volesse dire essere così felice da avere la sensazione di camminare sulla luna, senza peso e senza pensieri.
“Walking on the moon, walking back from your house.” Iniziò a canticchiare. “Walking on the moon, feet they hardly touch the ground.”
 
“Qui è il vostro dj Chewbecca, da Chicago. Oggi fa freddo, terribilmente freddo! E’ proprio la giornata ideale per avere una folta pelliccia, o per infilarsi nel letto di qualcuno, e scaldarsi a vicenda. Ditemi amici miei, avete qualcuno di speciale a scaldarvi? C’è qualcuno che sfrega il naso contro il vostro? Che mette i piedi sotto i vostri? Che vi infila le mani sotto la maglietta, facendovi rabbrividire? Se non è così, non preoccupatevi, perché la buona musica è la più fedele delle amanti! Ci penserà lei a scaldarvi il cuore, amici miei. E adesso, un altro successo dei Clash, Lovers rock!”
 
Era una bella domenica di sole a Chicago, e i due ragazzi erano andati a fare un giro in macchina, fermandosi poi al Millennium Park per mangiare un panino e sdraiarsi un po’ sul prato.
Poi approfittando del sole, Han si era messo a lavare la macchina, mentre Luke se ne stava seduto contro un albero, canticchiando qualcosa e scattandogli delle foto di tanto in tanto.
Han dal canto suo non disdegnava essere al centro dell’attenzione, quindi reagiva a tutte quelle foto mettendosi in posa e facendo le boccacce.
Poi, proprio mentre si era messo in posa esibendo i muscoli, udirono una risata famigliare.
“Ah gli uomini e  il loro orgoglio…” Esclamò Leila, sollevando il braccio ed imitandone i movimenti.
Luke scoppiò a ridere, beccandosi uno straccio in faccia.
Han non si scompose, appoggiandosi contro la macchina, e spostando le braccia dietro la schiena per mettere in mostra il petto, che la maglietta bianca bagnata risaltava ancora di più.
In tutta risposta Leila gonfiò il petto, imitandone la posa.
Luke rise di nuovo, e Han alzò gli occhi al cielo, sconfitto per la seconda volta.
“Se proprio ti diverte tanto prendermi in giro, vieni a vedermi domani stasera! Scommetto che quando mi vedrai sfrecciare con il mio Falcon, ti tremeranno quelle belle gambe che hai.”
“Le mie belle gambe non tremano per nessuno, tanto meno per te!” Rispose lei, incrociando le braccia.
“Ah se ne sei così sicura, allora vieni!” Esclamò lui, andandole vicino e mettendole un braccio intorno alla vita, che subito lei scostò bruscamente.
“E dove si tiene questa gara di preciso?”
“Nel South side, si parte a mezzanotte, davanti alla fabbrica di carne dei fratelli Earl. Allora principessa, ci vieni a vedere il tuo cavaliere che corre?”
“Non dirai sul serio spero? E’ un quartiere pericoloso quello! Correre è pericoloso! Vuoi forse morire giovane?”
“Perché, ti dispiacerebbe se io morissi?” Rispose lui, avvicinando il viso al suo.
Lei gli mise una mano sulla faccia, spostandolo malamente.
“E tu non dici niente? Lo lasci correre?” Disse rivolgendosi a Luke.
“Non è mica mia moglie!” Si affrettò a dire Han.
“E anche se fosse, non mi darebbe comunque retta.” Aggiunse Luke.
Han si limitò a fare spallucce.
“L’unica cosa che posso fare è correre con lui, almeno lo tengo d’occhio.”
“Non dirmi che corri anche tu? Ma è una pazzia! Han, se gli succede qualcosa sarà tutta colpa tua!” Aggiunse alla fine Leila, dandogli una leggera spinta.
“Vieni a vederci principessa, e dammi un bacio come portafortuna. Vedrai che poi torno da te sano e salvo. E ovviamente, anche il mio copilota!” Aggiunse facendole l’occhiolino.
“Neanche per sogno! Fate quello che volete, non me ne importa niente!” Disse lei nervosamente, allontanandosi a gran passo.
I due ragazzi rimasero per un po’ a guardarla camminare tra gli alberi, sorridendo mentre lei scuoteva la testa e borbottava qualcosa tra sé e sé.
“Quella è cotta di me, te lo dico io!” Esclamò Han, grattandosi la nuca con un sospiro.
“Lascia perdere, non hai speranze con lei…”
“Ma se mi ama!”
“Ma se ti disprezza!”
Han fece uno dei suoi soliti sorrisi, mettendogli il braccio intorno al collo.
“Ah ma le donne innamorate fanno cosi piccolo, ti urlano addosso e alzano gli occhi al cielo, aspettando che tu le baci.”
“Forse lei vorrebbe qualcuno di piu… Serio, maturo…”
“Come te vuoi dire?”
Luke balbettò qualcosa imbarazzato, nascondendo il viso nella giacca di jeans.
“Guarda che è inutile, lo sai benissimo che sei un pessimo bugiardo. Ti piace, e non posso darti torto, è semplicemente bellissima.”
“Non è per quello che io…” Iniziò a dire, senza sapere come continuare. In effetti, non era mai riuscito a capire cosa le piacesse tanto di lei.
“Ah non importa quale sia il motivo, è così e basta. Non si può condannare un uomo perché si è innamorato. Perciò falle pure la corte, e se riesci a conquistarla, potrei anche brindare alla vostra salute.”
“Lo faresti davvero?” Chiese l’altro incredulo.
“Beh, prima dovrei ubriacarmi parecchio per conto mio, sarebbe un boccone davvero amaro, da mandare giù. Ma fammi una promessa, accada quel che accada, noi resteremo sempre amici, ok?”
Disse, porgendogli la mano.
Luke lo fissò per qualche istante, e notò che non aveva quel suo sorriso sfacciato, ma che anzi, era molto serio. Ed era molto raro, vedere Han così serio.
“Te lo prometto.” Disse scansando la sua mano. “Tu sei come un fratello per me. Più di un fratello” Aggiunse, poi si tuffò tra le sue braccia, stringendolo forte.
“Ehi, adesso non esagerare! Ho una reputazione da mantenere!” Esclamò Han, che era sempre un po’ a disagio  nelle manifestazioni d’affetto maschili.
“Dormi con me ogni notte e adesso ti lagni per un abbraccio?” Rispose Luke ridendo.
“Mi raccomando urlalo un po’ più forte, quella gang laggiù non ti ha sentito bene!” Esclamò Han, spostandolo, per poi scompigliargli i capelli biondi.

“Eccomi di nuovo con voi, ragazze e ragazzi di tutte le età! Qui è dj Chewbecca che vi parla, dalla Rebel radio. Questo due febbraio, è una data che rimarrà segnata per sempre nei nostri cuori. Abbiamo perso una stella, una stella che ha bruciato il cielo con la sua musica, e che troppo presto si è spenta. Sid Vicious, il bassista dei Sex Pistols, è stato trovato morto per overdose, a New York. Succede così a volte, per quanto tragico possa sembrarci, certe persone non sono nate per questo mondo, non gli appartengono. Appartengono al firmamento, allo spazio, all’infinito. Vivono tra noi, illuminano le nostre vite grigie come fuochi d’artificio, e poi bruciano della notte. La prossima canzone è dedicata a te, amico mio. Ascoltiamo adesso Lonely boy, dei Sex Pistols.”
 
Erano le undici e cinquanta, e i due ragazzi se ne stavano appoggiati contro il Falcon, intorno a loro c’erano altre sette macchine, tutte in attesa di partire.
Uno di loro aveva uno stereo appoggiato sul cofano, e in tutta la strada risuonavano le note di Highway to hell, degli ACDC.
Una ragazza camminava tra le macchine, con un fazzoletto bianco arrotolato sulla coscia destra. Bionda, occhi azzurri penetranti e un abitino rosso che lasciava poco all’immaginazione.
Tutti gli sguardi erano su di lei, tutti, tranne quelli di due ragazzi. 
“Secondo me non viene…” Disse Luke, allacciandosi il giubbotto arancione.
“Verrà.” Rispose secco Han, accendendosi una sigaretta.
“Tra poco dobbiamo andare…”
“Verrà.” Rispose, soffiando il fumo verso il cielo.
Poi, quando mancavano meno di cinque minuti alla partenza, Leila arrivò.
Portava i capelli neri sciolti, un fazzoletto blu sulla testa e un abito dello stesso colore, che le lasciava scoperta la schiena.
“Lo sapevo, che saresti venuta!” Disse Han, buttando la sigaretta per terra e correndole incontro.
“Oh falla finita, voglio solo assicurarmi che arriviate vivi a domani. Se succede qualcosa a Luke, non potrò mai perdonartelo!”
Lui la prese tra le braccia, avvicinando il viso al suo.
“Stronzate. La verità è che ti piaccio!”
“Ma quando mai!”
“Ti piaccio perché sono un farabutto... Non ci sono abbastanza farabutti nella tua vita.” Esclamò, reclamando un bacio.
“A me piacciono gli uomini gentili.” Rispose lei, spostando il viso per nascondere un sorriso.
“Come Luke vero? Lo so lui è adorabile. E’ impossibile non volergli bene... Però non sono gli uomini gentili che ti fanno battere il cuore…”
“E chi ti dice che tu mi faccia battere il cuore?” Rispose lei, cercando nonostante il rossore, di mantenere la posizione.
Han le appoggiò le dita sul collo, accarezzandola delicatamente, salendo fino all’orecchio e poi scendendo fino alla clavicola.
“Lo sento. Sento il tuo cuore che batte accelerato… Che batte per me.”
Per qualche istante rimasero immobili, l’uno perso negli occhi dell’altro, con i respiri che si mischiavano e i corpi che fremevano per avere maggiore contatto.
Poi la ragazza in rosso annunciò di prendere posizione, e tutti i piloti salirono nello loro macchine, facendo rombare i motori.
Han la prese per mano, nonostante lei cercasse di svincolarsi, fino ad arrivare davanti al Falcon.
“Allora, sei proprio sicuro di vincere?” Chiese lei, guardando prima lui e poi Luke, con aria preoccupata.
“Principessa, la vedi quella meraviglia? Disse indicando la sua macchina nera. “Quella, è una Nissan R32 Skyline GT-R modificata. E io sono il miglior pilota al mondo. E’ chiaro che vincerò, ma se tu mi dessi un bacio, allora potrei bruciare l’asfalto.”
“Non ti arrendi mai, vero?”
“Mai principessa.”
Lei lo guardò per qualche minuto, avvicinando le labbra alle sue.
Poi improvvisamente lo spostò, afferrò il viso di Luke e gli stampò un bacio.
Fu in quel momento, che qualcosa diventò evidente per tutti loro:
Han capì che quella donna irritante, era fatta apposta per lui.
Leila capì che quel ragazzo testardo, sarebbe stata la sua fine.
Luke capì che non era poi così innamorato come pensava.
Alla fine i due salirono in macchina, la ragazza sventolò il fazzoletto, e otto macchine sfrecciarono sotto le stelle.
Leila restò immobile, guardando la macchina sparire fino all’orizzonte, e anche se erano dieci anni che non pregava, quella sera si ritrovò a incrociare le mani e guardare il cielo.
I minuti sembravano interminabili, e ogni rumore la faceva scattare.
Iniziò a battere i tacchi sull’asfalto, mangiandosi le unghie.
Odiava stare così, per un uomo poi! E che uomo!
Quel mascalzone, testardo, idiota di un… Un rumore improvviso fermò il flusso dei suoi pensieri, ed ecco che quella maledetta macchina nera apparse davanti a lei, stracciando il traguardo.
E d’improvviso, il mascalzone uscì dalla macchina, correndole incontro. E questa volta neanche tutta la sua forza di volontà riuscì ad impedirle di saltargli addosso, incrociando  le braccia dietro il suo collo e le gambe dietro la sua schiena.
“Hai visto principessa? Te l’avevo detto che avrei vinto!” Disse lui raggiante, sfregando il naso contro il suo.
“Tu, razza di un farabutto!” Esclamò lei, in bilico tra la rabbia e l’eccitazione.
Lui le stampò un bacio, al quale lei non riuscì a sottrarsi.
Non era certo il primo bacio che riceveva, ma era il primo che aveva ricambiato con altrettanta passione.
Han aveva le labbra calde e morbide, la lingua vivace e una leggera barba che le pungeva le guancie.
Le sue mani le tenevano saldamente i fianchi, e i capelli castani erano morbidi sotto le sue dita affusolate.
Preso dall’euforia del momento, Han si mise a roteare, facendola dondolare tra le sue braccia, sempre più forte, finché aprendo le braccia Leila ebbe la sensazione di poter volare.
Luke sorrise, prese la sua polaroid, e scattò una foto.
Tutto attorno a loro risultava sfocato, privo d’importanza. Lo sguardo orgoglioso di lui, Il sorriso di lei e le sue braccia che si allungavano verso la luna, quasi che potesse prenderla tra le mani, erano le uniche cose importanti.
Verso l’una di notte, si ritrovarono tutti e tre a bere birra, seduti sul cofano della macchina, mentre guardavano le luci della città, silenziosa e fredda, che si espandeva sotto di loro.
Rimasero lì per qualche ora, finché Luke iniziò a sbadigliare, gli occhi iniziarono a farsi pesanti, e finì per appoggiare la testa sulla spalla di Han.
Dopo un po’, dall’altra parte anche Leila iniziò a sbadigliare, strofinandosi gli occhi. Poggiò la testa sulla spalla libera del ragazzo, rannicchiandosi su di lui.
Mentre i due dormivano serenamente, Han riuscì, non senza qualche difficoltà, a sfilare la polaroid dal collo di Luke, e a scattare una fotografia a tutti e tre.
Sorrise, combattendo contro il fastidioso impulso di commuoversi, e mise la foto nel taschino della sua giacca.
Poi passò un braccio intorno ad ognuno dei due, e si perse a guardare le luci della città, simili alle stelle nel cielo notturno.


“Eccomi di nuovo qui con voi, ragazzi e ragazze, il vostro dj Chewbecca, in diretta dalla rebel radio.
La città brilla stanotte! C’è chi torna a casa dalla sua fidanzata, c’è chi è stato appena lasciato e sfreccia nella notte, sperando di seminare le lacrime. C’è chi dorme al calduccio nel proprio letto, sognando feste indimenticabili e trofei sul caminetto. C’è chi dorme per strada, avvolto da un cartone, e sogna un bel letto caldo. C’è chi ascolta blues, sdraiato sul divano, senza riuscire a prendere sonno. C’è chi sta lavorando, e si appoggia ad una scopa per non crollare per terra. C’è chi sta ballando, c’è chi suonando una chitarra. Ci siamo tutti noi, insaziabili sognatori, incorreggibili amanti, affamati di musica, affamati di vita. E allora la prossima canzone la dedico a voi, perfetti sconosciuti che vivete nella notte. Questa è  Goodbye stranger dei Supertramp. Qui è il vostro dj Chewbecca, che la forza sia con voi. Passo e chiudo!”



 
  
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