In the
still of the night
4.
-
Che tipo di pianta è questa?
-
È achillea – strappo una manciata di foglie dalla pianta e le porgo a Peeta. –
Mia madre la usa per i suoi infusi. Questi invece sono i fiori. – Gli indico
uno stelo pieno di fiorellini bianchi, a pochi passi da noi.
-
A cosa serve? – mi chiede ancora Peeta, osservando le foglie che ha in mano.
Siamo
nel bosco, non molto distanti dal Distretto. Nell’ultimo periodo abbiamo preso
l’abitudine di venirci insieme; in realtà è stato Peeta il primo a chiedermi se
potesse accompagnarmi qualche volta nelle mie scorribande nella foresta. Non
ero gran che entusiasta all’idea di noi due insieme a caccia: il ricordo degli
Hunger Games era ancora così vivido che mi sembrava di essere ancora lì. E
ricordo che Peeta era piuttosto rumoroso mentre vagavamo in cerca di cibo. Con
una gamba finta la situazione non doveva essere migliorata.
Ma
era davvero curioso e si vedeva che moriva dalla voglia di venire con me, così
non gli ho detto di no. Anche se cacciare sembrava impossibile – troppo
rumorosi – abbiamo trovato lo stesso qualcosa da fare: rintracciare e
raccogliere le erbe officinali per rifornire la scorta di mia madre. Peeta ha
fin da subito portato con sé un blocco da disegno e delle matite colorate, così
quando ci fermavamo per mangiare qualcosa faceva qualche schizzo sulle pagine
bianche. Rimango sempre senza parole per la facilità con cui riusciva a
riportare tutto quello che vedeva grazie a pochi tratti di matita.
Mi
è venuto spontaneo proporgli di aiutarmi ad aggiornare l’album delle piante che
io e la mamma conserviamo in casa. Lo aveva portato con sé quando lei e mio
padre si sposarono ed insieme avevano aggiornato le pagine, aggiungendo anche
quelle piante spontanee che erano commestibili e che, in tempi non molto
lontani, ci avevano permesso di sopravvivere. Adesso avevo altre nozioni da
aggiungere, comprese quelle apprese al centro di addestramento a Capitol City,
ma avevo anche bisogno di una mano. Io non so disegnare, per niente.
Peeta
è stato più che felice di aiutarmi, e così, eccoci qui. A vagare nel bosco,
raccogliendo e catalogando piante e bacche. Sono felice di non essere da sola
qui fuori, e poi mi piace davvero stare in compagnia di Peeta. Mi piace mostrargli
tutto quello che ho imparato qui fuori, tutto quello che la foresta offre sia
in termini di libertà che di cibo. Soprattutto di cibo. Mentre lui è intento a
disegnare, riesco a fare un piccolo giro di perlustrazione e ad uccidere
qualche scoiattolo, ma il più delle volte torniamo a casa quasi a mani vuote,
se non contiamo le prede che recuperiamo nelle trappole.
Non
ho smesso di aiutare Gale, anche se non ci vediamo da parecchi giorni.
All’inizio ho pensato che Peeta volesse venire perché non si fidava di me o di
Gale, ma è stato un pensiero che ho fin da subito scacciato via. È sempre così
tranquillo, e non ha detto niente riguardo il mio voler aiutare il mio amico e
la sua famiglia, anzi, si è offerto anche lui di dare una mano. Dopo il nostro
giro nel bosco portiamo le prede da Hazelle e torniamo insieme a casa. Una
volta siamo anche stati al Forno insieme; ho raccontato a Peeta dell’aiuto che
ci era stato dato da tutti, ma che nessuno di loro voleva essere ringraziato.
Ci siamo limitati a comprare qualche ciotola di zuppa da Sae la Zozza, anche se
quella roba più che placare la fame ti fa star male.
Oggi
ho preso tre scoiattoli, più della metà di quelli che riesco a cacciare da
quando Peeta viene con me. Ho deciso di tenerli da parte per suo padre, così
almeno per una volta non mi sentirò in colpa per tutti i pacchetti pieni di
pane, torte e biscotti che ci manda a casa. Siamo sommerse di cibo, senza
contare quello che Peeta prepara durante la giornata e che divide sempre tra
noi e Haymitch.
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Ha proprietà cicatrizzanti, ma la mamma la sua più che altro per curare il mal
di stomaco. Può essere utile anche per i dolori mestruali e per le
infiammazioni.
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Capito – prende un appunto sul suo blocco e poi torna a guardare lo stelo pieno
di fiori che ha raccolto. – Sei sicura di non voler continuare con questo
talento? Sei davvero brava – mi dice per l’ennesima volta.
Questa
storia di trovare un “talento nascosto” a tutti i costi comincia ad essere insopportabile.
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Sicurissima – rispondo per l’ennesima volta. – E poi non potrei farlo nemmeno
volendo. Effie dice che devo fare qualcosa di nuovo.
-
Ah, se lo ha detto Effie, allora…
Ridacchio.
Effie sa essere davvero petulante quando si impegna, e di solito non ce ne
mette mai troppo. Peeta, poi, è fortunato perché ha già il suo talento da mostrare,
e quindi deve solo sorbirsi le domande di Effie su come sta procedendo il suo
lavoro. Io, invece, devo fare tutto dall’inizio.
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Mi ha mandato una lista con una serie di attività che potrei imparare a fare –
ammetto. Raccolgo un altro fiore e me lo passo tra le dita. Tolgo qualche
petalo.
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Che tipo di attività?
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Cucinare, suonare il flauto, sistemare fiori… - Peeta ride e indica le mie
mani, che hanno strappato tutti i petali al fiore. Direi che posso già
depennare quella parte dalla lista. – Potrei darmi al giardinaggio.
-
Oh sì, hai un talento eccellente per queste cose! – esclama, sistemandosi a
sedere a terra accanto a me. – Se invece vuoi davvero dedicarti alla cucina,
posso darti una mano. Cucineremo insieme.
-
Come una coppia di sposi? – chiedo ridendo, ma serro subito le labbra quando mi
rendo conto di ciò che è appena uscito fuori da esse.
Non
che ci sia qualcosa di male, è una semplice battuta buttata nel discorso come
tante altre… ma con tutto quello che sta succedendo tra di noi non so se può
essere considerata come tale.
Ho
finalmente smesso di lottare con me stessa ed ho accettato i sentimenti che,
quasi senza accorgermene, hanno preso posto dentro di me. Ho finalmente capito
che Peeta non mi è affatto indifferente e la cosa, da quanto ho potuto
osservare, gli ha fatto un sacco piacere.
Dalla
mia confessione – avvenuta il giorno in cui c’è stato il bacio tra me e Gale –
non siamo più tornati sul discorso; è abbastanza discreto in questo e, forse,
lo ha fatto perché sa che io con i sentimenti, ma anche con le parole in
generale, non sono brava quanto lui. Quel poco che sono riuscita a cavare fuori
sembra essergli stato sufficiente.
Ma
per quanto ancora lo sarà?
Ecco
perché mi spavento ogni volta che aleggia attorno a noi lo spettro di un nostro
possibile coinvolgimento ad un “passo successivo”.
-
Sì, come una coppia di sposi – risponde Peeta. Il suo tono di voce è normale, e
questo in qualche modo mi tranquillizza. – Ci pensi mai al matrimonio?
Come
volevasi dimostrare.
-
Perché me lo chiedi? – domando, cercando di mostrarmi indifferente
all’argomento.
Lui
scrolla le spalle. – Non c’è un motivo preciso. Semplice curiosità, immagino.
Curiosità.
Raccolgo diversi fiori di achillea e comincio ad intrecciarli tra di loro,
sovrappensiero. Non c’è nulla di male ad essere curiosi, in fondo.
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Vorresti sposarti? Un giorno, intendo – la mia è una domanda troppo scontata,
perché so già a grandi linee l’opinione che Peeta ha del matrimonio.
Annuisce,
infatti. – Ho sempre pensato che un giorno lo avrei fatto. Sì, insomma, che
avrei avuto una moglie e dei figli. Le solite scemenze che escono fuori quando
si pensa al futuro.
No,
Peeta, non sono scemenze, penso. È il massimo che la vita
può offrire ad una persona. Se non fossi così risoluta sulle mie certezze,
probabilmente le penserei anche io. Nello stesso e identico modo.
-
Io non ho mai pensato di sposarmi – ammetto. I fiori tra le mie mani hanno
assunto la forma di una coroncina di fiori, simile a quella che le spose del
Distretto indossano alle loro nozze. La disfo in fretta.
-
Mai? – scuoto la testa. – E di avere figli?
-
Neanche. E non credo di cambiare idea su questo – lo guardo in viso. – Non dopo
quello che ho… che abbiamo affrontato. Non dopo quello che abbiamo visto.
Gli
Hunger Games. I giochi sono il motivo principale per cui non metterò mai al
mondo dei bambini innocenti, la cui unica colpa è quella di essere nati in un
Distretto e non nella capitale.
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Non vuoi avere bambini?
-
Essere un vincitore non ti esclude, Peeta. I miei figli potrebbero essere
sorteggiati alla mietitura… non lo sopporterei.
Ci
sono già stati casi in cui i vincitori delle edizioni passate hanno dovuto
vedere i loro figli subire la stessa sorte toccata a loro in precedenza, e la
maggior parte delle volte li hanno visti morire. La stragrande maggioranza dei
genitori ha visto i propri figli morire in diretta televisiva senza poter fare
nulla per loro. Sono rimasti inermi davanti ad uno schermo con davanti
solamente la prospettiva di dar loro l’ultimo addio una volta tornati a casa,
chiusi dentro bare di legno.
Con
che coraggio e con quale ostinazione costringono un genitore a sopravvivere al
proprio figlio?
-
Non è una decisione da prendere alla leggera – ammette Peeta dopo un lungo
momento di silenzio.
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Per niente – mormoro, le dita che percorrono le venature di una foglia. Lo
guardo ancora una volta. – Ma tu li vorresti lo stesso, vero?
-
Immagino di sì. Probabilmente farei una lista dei pro e dei contro e finirei
con l’ignorare quest’ultima.
Ridacchio,
scuotendo la testa. – Alcune convinzioni sono dure da abbandonare.
-
Eh già, lo sono eccome – Peeta alza lo sguardo, osservando la coltre di rami e
foglie che nasconde il cielo. – Che ore sono?
-
Dovrebbe essere quasi ora di pranzo.
-
Allora cominciamo ad andare. Ieri sera ho preparato una torta salata che devi
assolutamente assaggiare.
Già,
certe abitudini sono dure a morire.
Mi
alzo in piedi e tolgo con le mani le poche tracce di terra ed erba rimaste sui
miei pantaloni. Peeta invece è ancora seduto e sembra avere qualche problema a
rialzarsi. – Hai bisogno di una mano?
-
Credo di sì. La gamba non sembra voler collaborare.
-
Non è l’ultimo modello all’avanguardia? Fossi in te li chiamerei per protes-
Non
riesco a finire la frase perché Peeta ha afferrato la mano che gli ho offerto
e, opponendo resistenza, mi ha tirata verso il suo corpo. Nel giro di un
secondo mi ritrovo sdraiata su di lui, che ride sguaiatamente… come farebbe una
persona il cui intento è andato a buon fine.
-
Lo hai fatto apposta! – esclamo, picchiandolo sulle spalle.
-
Ehi, vacci piano! – continua a ridere ed io lo seguo a ruota, contagiata dal
suo buonumore. Almeno questa caduta ha un lato positivo: ha scacciato del tutto
l’amarezza che il nostro discorso di poco fa aveva scatenato.
Peeta
raccoglie una ciocca che è sfuggita dalla mia treccia e la fa passare dietro al
mio orecchio; lo fa lentamente, il suo è un gesto naturale che io faccio
praticamente tutti i giorni e che è vecchio come il mondo. Le due dita
percorrono il tragitto dall’orecchio alla guancia, fermandosi sulle mie labbra
con uno sfioramento che percepisco appena.
Per
una volta sono io a prendere l’iniziativa e faccio incontrare le nostre labbra.
Questo è diverso dagli altri: non è un bacio di cortesia, non è un bacio di
circostanza, non è un bacio finto. Non è un bacio per le telecamere. È quel
genere di bacio che te ne fa desiderare subito degli altri, che non ti fa
respirare, che ti tiene sulle spine.
È
quel genere di sensazione che ho provato solo una volta prima d’ora, e risale a
quel giorno nella grotta, durante gli Hunger Games.
Peeta
ha risposto al mio bacio con talmente tanta foga che mi fa rotolare sul
terreno, ribaltando le nostre posizioni. Adesso sono sdraiata sulla schiena e
lui è sopra di me, con una delle sue gambe stretta tra le mie.
-
N-non dovevamo tornare a casa? – balbetto a corto di fiato.
-
Possiamo restare un altro po' – mi risponde, tornando a baciarmi.
Ed
eccola di nuovo, la stessa sensazione. Mordo piano il suo labbro inferiore
mentre afferro le sue spalle, desiderosa di approfondire questo bacio. Ho le
farfalle nello stomaco.
È
questo che si prova?
La
prima cosa che notiamo non appena varchiamo il viale di accesso al Villaggio
dei Vincitori è la figura di Haymitch, posizionata davanti al portone di casa
sua. È trasandato come al solito, ma già il fatto che riesca a mettere il naso
fuori casa è una gran cosa. Probabilmente si è appena svegliato.
-
Ecco i piccioncini! – esclama quando siamo a portata d’orecchio. Da vicino il
suo aspetto non migliora, anzi peggiora. Le occhiaie scure e il colorito
pallido suggeriscono un dopo-sbornia coi fiocchi. – Fatto una bella
passeggiata?
-
Hai fame Haymitch? – gli chiede invece Peeta, eludendo le sue prese in giro. –
Ho un po' di torta salata se la vuoi, te la vado a prendere. Aspettami qui –
aggiunge, riservando a me le ultime parole prima di avviarsi verso casa sua.
-
Ma guardatevi, non vi riconosco quasi più. Che cosa combinate tutto il giorno
insieme? Non me la raccontate giusta, voi due.
-
Non sono affari tuoi – lo guardo in cagnesco, e questo non impedisce alle mie
guance di arrossire a causa delle sue allusioni. Quello che “combiniamo” io e
Peeta non è di certo affar suo… e poi non facciamo niente di male!
La
mia faccia deve divertirlo molto, perché non smette più di ridere. – Dolcezza, rilassati!
E chi l’avrebbe mai detto? Un pezzo di ghiaccio come te che si scandalizza per
un nonnulla. Neanche avessi detto che tu e il ragazzo scop-
-
Haymitch! – urlo. Questo è troppo.
-
Vedi? Non mi hai nemmeno fatto finire. A proposito: hai qualcosa sul collo,
proprio… - Haymitch mi si avvicina e punta il dito sul lato destro del mio
collo -…qui. Cos’è, un succhiotto per caso?
Sgrano
gli occhi e la mia mano scatta subito a coprire la pelle scoperta. La mia
reazione fa ridere Haymitch ancora più di prima, tanto che crolla a sedere sui
gradini e comincia ad asciugare le lacrime che gli escono dagli occhi.
-
Perché sta ridendo? – Peeta ci ha appena raggiunto e osserva la scena, non
riuscendo a capire il motivo di tanta ilarità.
Glielo
faccio capire io: è tutta colpa sua. – Che mi hai fatto al collo?
-
Io? niente! Il tuo collo non ha niente! – esclama.
Haymitch
mi sta ancora prendendo in giro.
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Ciao a tutti!
Breve capitolo di
passaggio in cui i piccioncini… fanno i piccioncini. Nulla di che, in effetti,
ma ogni tanto ci sta bene qualcosa di leggero :)
Al momento in cui
scrivo le note sono in piena fase di elaborazione del capitolo 14: sono un bel
pezzo avanti con la stesura e non pensavo assolutamente che sarei stata così
veloce nella scrittura. E, dato il numero di capitoli che ho già pronti – sono solo
da rivedere -, spero di riuscire a postare il prossimo in settimana. Incrociate
le dita! Se non dovessi riuscirci, ci vediamo come al solito lunedì prossimo…
Grazie ancora per
essere arrivati fin qui, e alla prossima!
D.