Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: _Bri_    26/06/2020    8 recensioni
[Storia Interattiva - Iscrizioni Chiuse]
Mentre ad Hogwarts si sta svolgendo il Torneo Tre Maghi, da qualche parte, in Inghilterra, esiste un "Giardino Segreto" apparentemente bellissimo ed unico, ma che nasconde ben più degli incanti che lo immergono nel costante clima primaverile. Dodici celle, occupate da dodici creature che il dottor Steiner ha rinchiuso lì. Il motivo è sconosciuto, ma chi vi è rinchiuso dovrà lottare con tutto se stesso, per ottenere la libertà.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
CAPITOLO XV
Il Dottore

 
‘ Liebe (1) Bonnie,
Perdona ancora una volta questo mio inglese, ma sto studiando per migliorare la mia lingua e il mio scritto, così quando arriverò in Inghilterra parleremo bene.
Ho ricevuto la tua ultima lettera e sono stato molto contento: sai Bonnie, credo che il tuo aiuto per me è importante e spero tanto di conoscere presto tutte le persone di cui tu mi ha parlato, Lui per primo, ma bisogna che io aspetta ancora un po’.
Sono felice di sapere che der kleine Adrian abbia di salute, anche se tu mi dici che il suo animo è (come tu hai detto) “turbolento”. Sono molto curioso di conoscere presto questo bambino e di abbracciare te, è tanto tempo che noi due non ci vediamo, forse da quando sei venuta qui in München, ormai nove primavere dietro.
Volevo darti sicurezza: i miei bagagli sono quasi tutti pronti e fra tre settimane arrivo con la passaporta che mi porta in Londra. Ci vediamo presto.
 
Robert Malus Steiner,
 
Il giovane apprendista medimago piegò la pergamena con la meticolosità che gli era propria, prima di inserirla in una busta color crema sulla quale era impresso il nome di Bonnie Reed, sua cugina. Affidata al suo miglior gufo, il ragazzo si guardò intorno mentre, al di fuori della finestra della sua camera, il rapace stagliava il cielo particolarmente terso, sfiorando i tetti degli edifici di Monaco. Era tutto pronto e presto, molto presto (era difficile mantenere un contegno, tanto era la frenesia che lo pervadeva) il giovane Robert sarebbe arrivato in Inghilterra.
I suoi genitori ambedue provenienti da facoltose famiglie purosangue, inizialmente avevano preso il suo interesse nei confronti di questo mago che si faceva chiamare ‘Lord Voldemort’ in maniera positiva; eppure man mano che arrivavano loro notizie da parte di alcuni parenti siti in Inghilterra, fu abbastanza normale cambiare il proprio punto di vista. Questo Lord Voldemort mostrava difatti idee oltranziste - troppo invero - e la schiera di personaggi che lo circondavano apparivano assoggettate a lui. Più che streghe e maghi pronti a condividere i concetti che vi erano alla base della dialettica di questo mago così potente, sembravano le sue marionette.
Ma Robert, giovane e indipendente, aveva seguito passo dopo passo i movimenti di Tom Riddle e quando una sera di ritorno dal proprio tirocinio, informò i suoi cari di volersi recare in Inghilterra, Azius e Hester non ne rimasero affatto sorpresi. Così, a malincuore, videro il figlio armeggiare con i propri bagagli, pronto per lasciare Monaco e raggiungere la cugina in terra anglosassone.
 
 
Le labbra si stesero in un sorriso delicato mentre il passo, che non mostrava nessuna frenesia, si manteneva regolare. Davanti a Robert, estremamente teso e con le braccia strette intorno all’ampio torace, Adrian si girava di tanto in tanto solo per osservare Elyon, la quale procedeva alla destra di Robert. Le espressioni di entrambi non lasciavano spazio all’immaginazione, rimandando rabbia, tensione, delusione, ma Robert non dava a queste molto conto, anche se non gli sarebbe affatto dispiaciuto intravedere un velo di paura da parte di almeno uno dei due. Eppure il dottore conosceva molto, molto bene sia Adrian che Elyon e infondo al proprio animo, sapeva che non avrebbe dovuto aspettarsi una simile emozione. Ne avevano passate talmente tante, nelle loro povere vite, che l’unico modo per far provare loro paura non era che quello che stava attuando Robert: minacciare l’incolumità dell’amato. Fin tanto quindi che i due si muovevano insieme (e incolumi) era sicuro non avrebbero tremato.
Mentre si avvicinavano alla porta corrosa di rossa ruggine che li avrebbe condotti all’interno della villa, Robert soppesò la figura di Adrian, il cui volto che cominciava ad essere segnato dalle prime rughe, celava i tratti fisionomici di quel ragazzino che aveva visto crescere.
 
“Moooom! È tornato! È tornato Robert!”
 
Adrian abbandonò il piccolo cappio a terra, con il quale stava tentando la cattura di alcune lucertole che tentavano di godere del sole che illuminava il giardino del villino dei Reed. Corse in direzione dell’Audi dalla quale scese il giovane medimago: quest’ultimo aveva il viso illuminato da un ampio sorriso e una scintilla di eccitazione bruciava gli occhi verdi. La bellissima Bonnie si affacciò dal portone del patio: si pentì subito di aver lasciato il proprio viso sprovvisto di trucco, così come di non aver acconciato i lunghi capelli biondi; dall’auto, al fianco di Robert, vide spuntare Igor. Non se l’aspettava affatto in realtà, visto con quale lentezza giungeva a fare visita a lei e suo figlio. Eppure sentì il cuore cominciare a battere fortissimo, come ogni volta che il compagno dagli stessi capelli di Adrian, metteva piede in quella sua prigione dorata. Differente fu invece la reazione di Adrian: il ragazzino frenò l’entusiasmo di ricongiungersi con il cugino tedesco non appena capì che quello non fosse solo. Igor, rosso d’imbarazzo, tentò di avvicinarsi ad Adrian, ma quest’ultimo scappò via non dando peso al tanto sgridarlo di Bonnie; non che a lei interessasse davvero che Adrian costruisse un rapporto sincero col padre; temeva invece la brutta figura davanti all’uomo che amava, ma fortunatamente a spezzare la tensione del momento fu Robert il quale disse qualcosa in tedesco con voce particolarmente allegra per poi passare all’inglese, invitando entrambi ad entrare dentro casa.
Davanti a del bourbon, Robert cominciò a narrare del suo primo incontro con Lord Voldemort in persona.
 
“Tutto grazie a Igor! Si è dimostrato davvero buono amico, mia cara cugina! Non pensavo mai che dopo nemmeno ein jahr(2), Lord Voldemort mi abbia incontrato! “
 
Igor, di tutta risposta, piegò le labbra in un sorriso sbieco ed alzò il bicchiere in direzione di Robert, nonostante gli occhi cerulei puntavano Bonnie: “L’ho fatto con piacere. Non appena gli ho parlato di te, il Signore Oscuro si è mostrato molto interessato; Bonnie cara… “ disse, passando dichiaratamente a lei, “Ha detto che sarebbe perfetto, se avesse fra i suoi più personalità come quella di Robert. Non solo un medimago promettente e uno scienziato dalle affinate capacità analitiche, bensì una mente sopraffine! Avresti dovuto vedere come si è mostrato interessato a lui… e fidati di me: Lord Voldemort difficilmente mostra reale interesse per qualcuno.”
 
Bonnie si sforzò di sorridere, nonostante sentisse il petto andare in fiamme; da un lato sperava che l’accostarsi di Robert ai Mangiamorte avrebbe fatto si che anche lei guadagnasse qualche posto di rilievo, dall’altra sentiva la gelosia galoppare. Lei non aveva mai conosciuto Lord Voldemort, tantomeno buona parte delle personalità purosangue con cui si accompagnava. Ancora una volta, fu Robert a scrollare via i pensieri malevoli dalla sua mente, rivolgendosi direttamente a lei: “Ha detto che, insieme, possiamo fare grandi cose, perché le nostre teste… come è che ha detto lui, Igor?”
 
“Viaggiano sullo stesso binario.” Gli andò incontro Igor, mantenendo quel sorriso sghembo che tanto faceva girare la testa a Bonnie. La strega si abbandonò ad un sospiro, prima di scolarsi il bicchiere e riempirlo di nuovo; non le restava che sperare in Robert: in fondo se il ragazzo era riuscito ad entrare in contatto con Lord Voldemort, il merito non era che suo e se davvero fosse rientrato nelle grazie del Signore Oscuro, avrebbe dovuto ricambiare il favore. Sorrise con fiducia, Bonnie, mentre sentiva un'altra ondata di bourbon scaldarle la gola: finalmente le porte del successo le se sarebbero spalancate davanti e con quelle, sperava fortemente, la totale abnegazione da parte di Igor il quale travolto dall’eccitazione, da lì a qualche ora, l’avrebbe fatta sua nella camera da letto posta al piano superiore.
 
Adrian fu il primo ad attraversare il cunicolo in cui imperversavano venti violenti; lo aveva percorso decine e decine di volte, ma era la prima da prigioniero. Uscito da lì, la sola cosa che gli premette fu voltarsi indietro, in attesa di vedere sbucare Robert e Elyon, la quale non aveva abbandonato la sua rigida espressione, sebbene fosse lievemente frastornata. Le ampie vetrate dell’androne a cui si accedeva dal cunicolo, rimandavano una fioca luce rossastra, merito del sole in tramonto, che stava lasciando spazio alla notte. Mentre seguiva Robert, Elyon si chiese se quella sarebbe stata una notte di luna piena, nonostante non lo credesse affatto; in prossimità di quella, difatti, il suo corpo le rimandava sempre dei segnali ben chiari e la frenesia si incastrava fra le fauci, come volesse prepararla ad un sontuoso banchetto. No, rispose a se stessa: questa deve essere una notte senza luna.
I tre camminarono a lungo, attraversando l’enorme edificio lungo tutto il suo intero perimetro: passarono per sale buie e dismette, altre invece sistemate a regola d’arte, con evidenti segni di vita vissuta; calpestarono il marmo di un laboratorio che odorava di disinfettante e Elyon non ebbe il coraggio di guardarsi sufficientemente intorno, con la paura di cogliere indizi di qualche sevizia, magari nei confronti di Lucas, che non vedeva ormai da tantissimo tempo. Infine, proprio nel momento crepuscolare, il gruppo di tre varcò la soglia di un chiostro, circondato da una serie di colonne di marmo delineate da foglie d’acanto e capitelli erosi dal tempo. Al centro di esso, illuminati dalle ultime luci, vi erano legati e imbavagliati Lucas e Joshua i quali, nello scorgere il dottore, cominciarono ad agitarsi, tentando persino di urlare qualcosa che i bavagli assopirono.
 
- Calmatevi, cari ragazzi. Noi non siamo che i primi ospiti, ma dobbiamo aspettare gli altri, prima di dare il via alle danze. -
 
*
 
Quando Martha vide arrivare un paio di uomini incappucciati di nero (non sapeva dire se fossero i Mangiamorte che erano ormai soliti frequentare il Giardino oppure no), avvicinarsi a lei, Odette e Cora, non poté dire di non aspettarselo. Capitava sempre più di frequente, difatti, che qualcosa in lei scostasse il velo che divideva la realtà tangibile, da un altro piano fisico e temporale. Martha era sempre stata abbastanza scettica, in realtà; non era mai stata una grande fan di sé stessa, sotto quel punto di vista e delle sue doti extraordinarie (come amava chiamarle Phil) non si fidava più di tanto. Eppure, nei lunghi mesi passati nella prigione verdeggiante, pare che essi si fossero potenziati in qualche modo.
Per questo motivo, Martha ordinò prima del tempo a Odette di tacere; la strega si era bloccata e dopo qualche secondo aveva sgranato gli occhi e guardato la bionda come se fosse tutto chiaro e Cora aveva assistito al muto scambio fra le due, mantenendo un sopracciglio molto inarcato. Ci sarebbe mancato che a lei arrivasse fra capo e collo una profezia e il club delle acute sarebbe stato al completo.
 
- Posso sentire i loro pensieri,- bisbigliò la medimago, - stanno cercando proprio noi. –
 
E di fatti, di lì a poco, videro sbucare dietro una siepe, proprio due figure nerovestite. Con grande stupore dei due uomini, le tre si fecero trovare in piedi, con le braccia conserte ed espressioni alquanto minacciose. Martha, al centro fra le tre, fece un passo avanti e prese la parola: - Bene, signori, dove volete portarci? –
 
 
*
 
Elyon si guardò intorno e rimase fortemente spaesata dalla visione di quel chiostro, che a breve si sarebbe immerso nel buio della notte. Mentre su di Adrian venne posto subito un incarceramus, che lo obbligò ad inginocchiarsi a terra, lontano dal colonnato circolare, Elyon obbedì all’ordine di Steiner di occupare un capitello avulso della colonna, sul quale era impresso il simbolo η. Il dottore, invece, si incamminò verso Joshua e Lucas, mentre ondeggiava la bacchetta con un movimento placido: da essa un getto di luce dorata fece fluttuare via i due, allontanandoli dal centro del chiostro.
 
-Questo non è il posto che spetta a voi. – Si limitò a dire, mentre i due uomini ricadevano mollemente in un angolo buio di quel chiostro. Elyon seguì il fluttuare con lo sguardo; era difficile non reagire in alcun modo, ma sapeva benissimo che Robert si sarebbe aspettato un movimento falso da uno di loro due. Pregò, infatti, che Adrian non facesse colpi di testa: dovevano aspettare il momento opportuno per sperare di farla franca.
Ma Robert, in realtà, non stava prestando attenzione né a Elyon, tantomeno ad Adrian; le pupille avevano ridotto le iridi a fili sottili, mentre percorrevano la figura tramortita di Lucas; pensò che Martha sarebbe dovuta arrivare da un momento all’altro, come da accordi. Da un lato Robert si era pentito di aver coinvolto la strega in tutta quella faccenda, visto la reazione che ebbe quando incontrò il nipote; dall’altro il dottore non poteva negare a se stesso che, se era giunto a quel punto, se era stato in grado di maturare  le conoscenze tali da permettergli di costruire il Giardino, era anche per merito della Mangiamorte.
 
 
Martha era stata l’ennesima rivelazione, per Robert; certo, la giovane donna non poteva essere paragonata alla grandiosità di Camilla, ma il mago tedesco capì dal loro primo incontro, che la strega seguace di Lord Voldemort gli sarebbe tornata molto utile. La Mangiamorte si trovava ad un gradino inferiore rispetto Bellatrix Lestrange, era cosa ovvia a chiunque, eppure questo non aveva mai impedito alla donna di investire ogni briciolo di se stessa per accontentare il Signore Oscuro, facendole presto guadagnare fama e rispetto. Con lei, il giovane Steiner aveva intrapreso lunghe conversazioni in merito alla conservazione della purezza del sangue magico e si era sentito piacevolmente appagato, nel riscontrare che le sue idee non proprio convenzionali, riguardo all’impiego della magimedicina, erano state accolte da Martha con ampio consenso. Inizialmente le confidò quasi con timidezza le modalità con cui avrebbe manipolato la magiscienza per intervenire sulle creature magiche così dette “inferiori” (Licantropi e Centauri non erano esclusi dalla conta), in un certo qual modo impaurito da una possibile reazione di sdegno da parte della giovane strega dai lunghi capelli dorati; eppure Martha lo lasciò piacevolmente stupito, arrivando addirittura a parlargli del nipotino ancora in fasce, di cui lei si sarebbe sbarazzata più che volentieri. Robert Steiner, affascinato dalla strega e dal ruolo che ricopriva, aveva presto iniziato a corteggiarla con la classe che gli era propria e Martha ci aveva messo ben poco a cadere vittima del fascino di questo brillante dottore tedesco, nonostante Robert avesse da subito chiarito che non avrebbe mai e poi mai anteposto la propria vita personale alla missione dei Mangiamorte. Di metter su famiglia, in buona sostanza, non se ne sarebbe mai parlato. Ma la relazione fra i due funzionò immediatamente proprio perché ciò che li univa non era di certo l’amore nei confronti dell’altro, bensì quello riposto nell’ideologia ancorata a Lord Voldemort.
Quando giunse il nefasto 1981, Robert e Martha erano già fortemente legati; seppur un iniziale sgomento fosse sopraggiunto loro, una volta appresa la notizia della scomparsa di Lord Voldemort a seguito dell’incontro con i Potter, non persero mai totalmente la fiducia: Robert, che aveva già iniziato a porre la propria attenzione allo studio delle anomalie delle dinamiche temporali, decise di buttarsi a capofitto sull’argomento, fermamente convinto che prima o poi sarebbe riuscito a trovare il modo di sfruttare il tempo a proprio piacimento. Martha fu la sua fedele alleata. Fu lei, una mattina di ottobre del 1984 a presentarsi da lui con un paio di antichi testi, provenienti dall’oracolo di Delfi.
 
“Mi avevi chiesto di approfondire le tue ricerche. Penso che qui dentro potrai trovare del materiale molto interessante.”
 
Robert afferrò i tomi con piglio circospetto e prese a sfogliarli con cura, delicatezza e tutto il rispetto che dei testi tanto antichi meritavano. Come Martha fosse arrivata a possederli, non era una domanda che Robert avrebbe posto alla bionda strega che lo guardava con un sorriso soddisfatto e che, non appena lo sguardo chiaro di lui prese a concentrarsi sulle lettere di greco antico, finì per puntualizzare: “immagino che molti abbiano pensato sia solo una leggenda, ma potrebbe non essere così: si parla chiaramente di uomini e donne in grado di camminare nel tempo. Cronos stesso benedisse i primi… “
 
Il mago interruppe il flusso di parole con uno stizzito gesto della mano: aveva esigenza di approfondire da sé. Nonostante Martha fosse visibilmente contrariata, si limitò a borbottare qualcosa, prima di lasciare Robert solo nel suo studio, con l’interessante lettura fra le mani.
La bacchetta fece il proprio lavoro, traducendo in simultanea l’arcaica lingua e l’uomo impiegò poco tempo a individuare la porzione di testo di suo interesse.
 
*Cronos, padrone del tempo, decise di premiare un essere umano e una creatura marina che si erano perdutamente innamorati, ma che per ovvie ragioni di diversità di specie non erano in grado di procreare. Cronos decise così di fare loro dono di una figlia, ma in cambio avrebbero dovuto sacrificare la cosa più preziosa che avevano e, pegno ancora peggiore, avrebbero dovuto donare loro figlia a lui come sposa, una volta che avesse compiuto la maggiore età. Presi dal momento, la coppia decise di acconsentire, sacrificando una rarissima fenice appartenente alla famiglia dell’umano; così la notte a seguire, sulla spuma del mare del loro nido d’amore, planò una culletta e da essa un vagito dolce scaldò il cuore degli amanti: avevano ricevuto loro figlia, come promesso dal dio del tempo; no, non era una bambina come le altre, ma una splendida creatura capace di librarsi in volo a piacimento. Gli anni passarono e la bambina crebbe felice, ricoperta d’amore. Alle porte del suo quattordicesimo compleanno, però, i genitori non si sentirono pronti a staccarsi da lei; così corsero a chiedere aiuto all’oracolo del piccolo paese ellenico e la donna, munita di un occhio velato, predisse un futuro nefasto per la ragazza, se i genitori si fossero ostinati a non cederla a Cronos; aggiunse però, con grande sollievo dei due innamorati, che se avessero rinchiuso la giovane all’interno di una delle torri magiche del paese e avessero utilizzato una chiave speciale consegnata da lei stessa, per chiudere la porta d’ingresso, il dio non sarebbe riuscito a trovarla.
Così fecero. La ragazza passò due anni rinchiusa in quella gabbia possente, che la tutelava da un lato, ma che le impediva la libertà dall’altra. Ebbene, una calda notte d’estate, la giovane decise di librarsi oltre la finestra della torre e spiccò il volo, ma nell’esatto istante in cui volò fuori di lì, i sottoposti di Cronos la trovarono. A nulla servì tentare di scappare, perché le semidivinità che la catturarono erano ben più forti di lei. Durante il tragitto che l’avrebbe condotta dal dio Cronos, la ragazza urlava e cantava delle sue disgrazie e la sua magica voce arrivò, per buona sorte di lei, alle orecchie di un eroe che stava compiendo incredibili gesta nel Peloponneso. Il ragazzo si fece trascinare dall’onda luminosa della voce di lei, speronò il suo cavallo e corse in quella direzione, appena in tempo per far saltare l’imminente matrimonio con il dio del tempo.
Cronos, adirato, lanciò potenti incantesimi contro il mortale ma quest’ultimo –a seguito di un grande servigio- aveva ricevuto da Atena uno scudo speciale, molto simile a quello della stessa dea, con il quale l’eroe riuscì a respingere ogni sorta di incantesimo. L’ultimo rimbalzò indietro e finì per colpire il dio, segregandolo infine nelle profondità della terra e riuscendo a salvare la giovane donna. Durante lo scontro e grazie al magico scudo, una parte dei poteri di Cronos vennero assorbiti dai due giovani: essi furono in grado di camminare lungo le linee temporali. I due giovani figliarono, e trasmisero il potere alle generazioni future.*
 
 La lettura della breve favola, lasciò molto pensieroso il dottor Steiner. Sebbene lui fosse un uomo di scienza, la sua mente non riusciva a separarsi dal pensiero che si trattasse pur sempre di trascrizioni dell’Oracolo di Delfi e che del vero doveva essere nascosto all’interno del linguaggio nebuloso e costruito. Le dita presero a massaggiare le tempie sporcate di capelli sottili e chiarissimi: e se questo potere, questa antica magia fosse davvero passata di generazione in generazione? Sarebbe esistito ancora oggi qualcuno che avesse conservato dentro di sé, in maniera latente, un barlume di questo atavico dono? La sua curiosità non riuscì ad arrestarsi a quel pensiero così, dopo aver ordinato all’elfo domestico di portargli una tazza di caffè, Robert era tornato a concentrarsi sulla lettura. Non ricavò altro di utile, all’interno del testo ma quella stessa notte, mentre stringeva i fianchi di Martha esplodendo con lei in un magnifico amplesso, una rivelazione riverberò nella mente: se fosse esistito qualche essere umano in grado di giocare con il tempo, sapeva dove avrebbe potuto trovare quell’informazione.
 
*
 
Non seppe spiegare a se stesso la gioia che provò quando incontrò, dopo alcuni giorni di lontananza, il magifabbro. Alistair quasi non sembrò fare caso al fatto che, al suo fianco, ci fosse Roxanne, con un viso scuro in volto. Il babbano uscì dalla sua cella e si gettò ad abbracciare Yann, il quale ormai si stava abituando sempre di più agli slanci calorosi di questi giovanotti pervasi dalle emozioni. Quando si staccarono, Alistair volse il capo verso Roxanne e non riuscì ad evitare che le sue orecchie andassero a fuoco. La donna però non sorrise; al contrario il suo volto era contrito e la tristezza fluttuava nei suoi occhi chiari, rivolti a lui con attenzione.
 
- C-credo c-che non stia su-succed-d-dendo nulla di b-buono, vero? -
 
Yann premeva il palmo della mano sulla spalla sporgente di Alistair, mentre guardava Roxanne con complicità e rassegnazione. Lei, di contro, trattenne un sospiro, prima di rivolgersi al giovane babbano: - Devi venire con noi Alistair… ordini del dottore. –
 
- Ti ho detto che troveremo una soluzione, non fare quella faccia. – Yann ammorbidì il tono solitamente sempre tanto burbero, quando si rivolse alla strega; quest’ultima annuì, ma Alistair notò che la tristezza non l’aveva abbandonata.
 
-Volete s-spieg-garmi c-cosa succede? D-dove s-s-stiamo andando? –
 
La risposta non arrivò né da Roxanne, tantomeno da Yann. Alistair stava cominciando ad innervosirsi e non capiva il motivo per il quale i due sembravano tenergli nascosto qualcosa di molto grosso. Quando arrivarono alla porta consumata, che Alistair aveva attraversato parecchie volte nel corso dei mesi di prigionia, si bloccò di botto, pretendendo qualche tipo di spiegazione. Yann si accostò a lui, spalla a spalla e sussurrò con voce roca, mentre Roxanne anticipava i due nell’attraversamento dei cunicoli ventosi.
 
- Siamo strettamente sorvegliati. Anche io non so molto, ma credo che oggi inizierà la fase due degli esperimenti di Robert Steiner. -
 
Alistair si ammutolì; sentì un brivido gelido, poi un improvviso calore pervadergli il volto. Qualunque cosa fosse quella fase due, pensò mentre tentava di lottare contro il vento all’interno del cunicolo, non sarebbe stato affatto semplice affrontarla.
 
*


 
Per la prima volta da quando era stato portato nel Giardino, ad Alon fu permesso di uscire dai confini di esso. Il ragazzo era stato prelevato da un Mangiamorte che non aveva mai visto prima, accompagnato da William il quale, al solito, aveva dipinta sul volto una rilassata espressione di rassegnazione. Assieme giunsero ad una porta malconcia che Alon sospettò essere il congiungimento con un’ala a lui sconosciuta, superarono i cunicoli ventosi e giunsero all’interno di un grande atrio. Fu subito evidente che le condizioni climatiche non fossero le stesse del Giardino; probabilmente erano arrivati in un luogo “reale”, forse lo stesso in cui soggiornavano i Mangiamorte e lo stesso dottor Steiner. Passo dopo passo, Alon tentò di rivolgere delle domande a William, ma ad ogni tentativo il Mangiamorte lo redarguiva, fino ad arrivare a minacciarlo sul serio: dovevano starsene zitti e seguirlo senza comunicare.
Non c’era assolutamente nulla di buono, in quella situazione. L’atmosfera era tesa, come se una forte umidità rarefacesse l’aria al punto di permettere con difficoltà la respirazione. Il sole oltre i vetri che mostravano l’esterno, sembrava basso e in procinto di tramontare: era un tramonto vero, non come quello artificiale che aveva preceduto l’arrivo della luna, il giorno in cui Mazelyn Zabini perse la vita. Alon cominciò a sentire brividi di freddo; che quella fosse paura? Probabile fosse così.
Quando il grande chiostro si aprì alla loro vista, William si concesse di sgranare appena gli occhi: il sole dipingeva sanguigne linee sui capitelli posizionati in circolo e alberi scheletrici, sebbene la primavera entrante avrebbe dovuto ricoprirli di verdi foglie gravide, proiettavano ombre oblunghe su di essi, come presagi di morte. William notò con estremo stupore che alcuni dei suoi compagni erano posizionati su alcuni dei capitelli posizionati in circolo, mentre tre capitelli in parte ancora vuoti, uno di fianco l’altro costituivano il nucleo. C’era Elyon, che torturava nervosamente il lobo dell’orecchio mentre lanciava occhiate a Adrian Reed, trattenuto da corde invisibili ai margini del chiostro. C’era Alistair, in piedi su uno dei capitelli in linea all’interno del cerchio, che tremava visibilmente anche a metri di distanza. C’era Yann, braccia incrociate e sguardo torvo e quando lui e Alon giunsero, il dottor Steiner ordinò al Mangiamorte che li aveva condotti fin lì di posizionarli a dovere. Alon finì sul capitello opposto a Yann, mentre lui si guadagnò il posto al fianco destro dell’ibrido. L’atmosfera si faceva sempre più tesa, perché il dottor Steiner non permise a nessuno di loro di porgli alcuna domanda. Addirittura il mago arrivò a lanciare un incantesimo silenziatore a Lucas e Joshua, che erano stati estromessi da quell’inquietante cerchio e si trovavano legati l’uno all’altro al lato opposto rispetto a dove si trovava Adrian Reed. Due Mangiamorte camminavano avanti e indietro, passando vicino agli ostaggi e minacciandoli di tanto in tanto di non tentare mosse azzardate, come dare sfoggio di atti eroici improvvisati.
La situazione mutò rapidamente quando tornò Roxanne Borgin, seguita dal passo leggero di Jules; nel vederla arrivare sia Yann che Alon tirarono un sospiro di sollievo e lo stesso William non riuscì a trattenere un sorriso. Solo a quel punto Robert Steiner allargò il sorriso, così come le braccia e si rivolse alla tassorosso la quale, d’istinto, aveva allungato il passo in direzione di Alon nella speranza di guadagnarsi un posticino al suo fianco:
 
- Piccola mia, quello non è posto per te. – Accompagnato da un tetro sorriso, Robert indicò il capitello che rappresentava l’ombelico del cerchio, - A te, adorata Jules, spetta il posto d’onore. Da brava, vai lì. -
 
Jules guardò Alon con gli occhi lucidi, in una muta richiesta d’aiuto. Al ragazzo si spezzò il cuore. Avrebbe voluto dire qualcosa, mettersi in mezzo e pretendere che Jules gli rimanesse accanto, ma qualcosa dentro di sé lo stava avvisando di non dire una sola parola; se si fosse ribellato, probabilmente sarebbe stato estromesso dal cerchio come Lucas e Joshua e a quel punto non sarebbe potuto essere di alcun aiuto per Jules, né per nessun altro. Non sapeva cosa sarebbe accaduto, ma sentiva che non doveva commettere passi falsi. A quel punto allungò una mano in direzione della giovane tassorosso e solo dopo che lei ricambiò la stretta con le dita piccole e fragili, lui sussurrò: -Fai come ti dice. Io sono qui, sarò sempre qui. Non mi muoverò di un passo, intesi? –
 
Jules avrebbe voluto rispondere. Si sentiva frastornata, destabilizzata e impaurita come non mai; però decise di essere forte e di credere alle parole di Alon che non l’aveva mai tradita in tutti quei mesi e che le aveva sempre dimostrato sincero affetto. Passò un polso sugli occhi, per asciugarli per bene dai goccioloni salati che avevano imperlato la linea inferiore (Alon deglutì e si trattene dal non piangere a sua volta) e con titubanza abbandonò  la mano di lui. Passò invece a fissare quel capitello sul quale era scolpita una grande gamma, poi si incamminò e vi ci si posizionò sopra, solo dopo aver fissato Alistair, tremante al suo fianco ma che tentava anche lui di trasmetterle conforto con lo sguardo.
Robert annuì con soddisfazione. Aveva avuto il timore che quella ragazzina che aveva visto crescere si fosse ribellata e che lui avrebbe per questo dovuto prendere degli spiacevoli provvedimenti. Non aveva alcuna intenzione di fare del male a Jules e non solo perché una minuscola parte di lui era arrivata ad affezionarsi a quella strana streghetta volante: Jules era colei che aveva portato Robert Steiner a rintracciare e catturare i reclusi di quel Giardino. Jules Airgood, lo sentiva, sarebbe stata la sua arma, senza la quale non sarebbe stato in grado di portare a termine l’esperimento.
 
All’interno del suo studio, nel corso degli anni passati in Inghilterra, avevano messo piede un largo numero di pazienti con problematiche di ogni genere, difficilmente diagnosticabili. Robert Steiner era diventato famoso per la sua capacità di trovare sempre e per chiunque la giusta diagnosi, portando spesso e volentieri il paziente se non proprio alla guarigione, quantomeno al miglioramento o alla stabilizzazione. Fu la conoscenza di Jules che mandò per la prima volta in tutta la sua carriera, Robert Steiner totalmente in confusione. I genitori della piccina si erano decisi a portarla da lui dopo aver sentito tanto parlare delle capacità del giovane luminare, speranzosi di trovare per lei una soluzione al più presto. Quel che accadde il giorno in cui Jules Airgood quasi distrusse il suo studio, Robert se lo sarebbe ricordato per sempre; eppure non era la sua capacità di volare, o di manovrare l’elemento dell’aria, ad averlo fatto tanto legare alla piccina. Con il passare del tempo, incontro dopo incontro, anno dopo anno, Robert si rese conto che la piccola Jules possedesse un’altra strana capacità. Durante un piccolo ma innocuo esperimento, accadde qualcosa di molto insolito: Robert sapeva di essere sempre rimasto all’interno dello studio, mentre Jules a seguito dell’ingerimento di una mistura in fase di sperimentazione, si impegnava con tutta se stessa per rimanere ancorata al pavimento. Eppure si ritrovò a sbattere le palpebre, come frastornato, con in corpo una strana sensazione di torpore.
 
“Sono tornata.” Si limitò a cinguettare la piccola. Il dottore sentiva la manina della strega strattonargli un angolo dei pantaloni e notò con stupore che aveva di nuovo le sue pesanti scarpe di ferro ai piedi.
 
“Tornata?” chiese poi, tentando di mantenere un tono rilassato, seppure l’agitazione lo aveva colto di sorpresa. A quel punto Jules, che aveva gli occhi lucidi – segno evidente che dovesse essere spaventata per qualche oscura ragione – si aggrappò con forza alla sua gamba. Spinta a confidarsi da Robert e calmata dalle carezze che l’adulto dedicava al capo di riccioli biondi, Jules sbottò: “Ti sei congelato! Non ti muovevi più… niente si muoveva più! “ gridò fra i singhiozzi. Per quanto Robert insistette, non era stato capace di far spiegare meglio la paziente, che congedò con un lecca lecca ai lamponi e un confortevole abbraccio.
 
All’appuntamento di rito del mese successivo, la piccola Jules si sorprese nel notare che il dottore non fosse solo; difatti una bellissima donna dai lunghi capelli corvini e un sorriso rassicurante sedeva accanto a lui: nelle sue dita, teneva stretto un orologio dorato, a cui l’adulta allungava occhiate che lei non era in grado di comprendere.
 
Kleine wolke (3) , non avere timore: lei è una mia grande amica! Le ho parlato così tanto di te, che non vedeva l’ora di conoscerti. Si chiama Roxanne; ti andrebbe se rimanesse con noi, durante l’ora che passeremo insieme? “
 
Robert conosceva ormai bene la sua paziente e sapeva che, dopo un primo momento di timidezza, non avrebbe detto di no.
La presenza di Roxanne si dimostrò fondamentale: Robert Steiner diede a Jules un comune succo di mirtilli, ma si premurò di farle credere che era una nuova medicina e che avrebbe dovuto impegnarsi ancor più rispetto alla volta precedente, per tentare di ottenere dei risultati. La bambina di soli  9 anni non colse l’inganno e accettò di intraprendere quella nuova via. Sfortunatamente l’esito non fu lo stesso della volta precedente eppure, proprio quando l’ora che avevano a disposizione stava per scadere, Roxanne strinse il polso di Robert Steiner, mentre gli occhi chiari rimasero saldamente legati alle lancette del suo orologio magico che presero a vibrare con solerzia.
 
“È successo qualcosa di anomalo Robert, ne sono sicura!” La voce di Roxanne risultò incrinata e febbrile. Evidentemente si era dovuta contenere più del dovuto e solo una volta che Heron aveva recuperato la figlia per riportarla a casa, la Mangiamorte si era sentita libera di sfogarsi.
 
“Lo sapevo… quella ragazzina è un angelo, una benedizione!” Robert si alzò di scatto e portò le mani alla nuca, in un raro gesto di esaltazione, “Lo capisci mia cara? Questo è un segno! Sapevo che il tuo magnifico orologio avrebbe reagito in sua presenza, lo sapevo! Non mi resta di capire per quale motivo… che sia dovuto alla sua condizione speciale? Oppure… “ Il mago iniziò a camminare avanti e indietro per lo studio –massaggiandosi il mento- , mentre Roxanne lo osservava con attenzione: “… Oppure potrebbe essere il contrario. Il contrario, si. “
 
“Questa volta non credo di riuscire a stare dietro ai tuoi pensieri.” La strega accennò un sorriso, poi si alzò e sistemò con accuratezza maniacale il proprio abito, “ Ma credo che tu abbia bisogno di riflettere da solo. Se avrai ancora bisogno di me, sai dove trovarmi.” Concluse prima di congedarsi con un bacio sulla guancia, un gesto che palesava la reale amicizia che legava i due. Robert quasi non fece caso al fatto di essere stato lasciato solo. In quel momento non faceva altro che ripercorrere con la mente gli incontri con Jules, sentendo nel suo profondo che si trovava sulla strada giusta: sarebbe stata lei la soluzione ai suoi interrogativi, l’arma che lo avrebbe portato alla vittoria. Doveva solo capirne la ragione.
 
*
- Tu sei proprio sicura delle indicazioni che ti ha dato quel delinquente? –
 
Hestia tolse dalla chioma vermiglia una manciata di foglie rimaste incastrate durante l’attraversamento di un tratto boscoso, prima di bisbigliare nei confronti della collega: - Quante volte hai deciso di farmi questa domanda? Hai deciso di seguire la mia pista, quindi non capisco perché continui a borbottare da quando siamo uscite dal Ministero. –
 
- Beh, ti rendi conto che il nome Louis Murray non è affatto una garanzia? Potrebbe averti tirato un brutto scherzo, nonostante tutto. Ma quelli sono muli? – La donna dai tratti spagnoli assottigliò gli occhi in direzione di tre asini che pascolavano, sereni e indisturbati, in una grande radura.
 
- Hai riconosciuto i tuoi simili, che brava! – la elogiò Hestia, prima di beccarsi uno scappellotto dietro la nuca: - Vorrei ricordarti che sono a capo della missione, dovresti portarmi più rispetto. -
 
- Ma se ci ubriachiamo insieme almeno una volta a settimana… sono anni che hai perso di credibilità Mad. Comunque non ti fiderai del signor Murray, ma ti fidi di me, o sbaglio? E io sono sicura che lui non mi abbia mentito. Lo so. -
 
Madeline evitò di indagare oltre. Negli ultimi tempi, ogni volta che si nominava Louis Ludwig Murray, Hestia diventava particolarmente evasiva e tesa. Aveva deciso di fidarsi della sua amica e collega e di seguirla, quindi, lungo il percorso che le avrebbe dovute condurre nei pressi di questa fantomatica Villa. Pare che quella specie di capobanda di Birmingham le avesse indicato più o meno (purtroppo molto meno che più) il luogo in cui doveva trovarsi Robert Malus Steiner. Un luogo nei pressi della cittadina di Amersham, con ogni probabilità nascosto da incantesimi celanti e a cui non bisognava girare intorno utilizzando la magia, se non avessero voluto essere scoperte. Per questo avevano girato per ore a piedi, alla ricerca di qualcosa in quella zona che potesse mascherare l’edificio in cui si nascondeva il dottore. Mentre Hestia continuava a berciare, sparando una lunga quantità di sciocchezze, Madeline venne attratta da un rudere, che affacciava su una strada dismessa, seppur praticabile.
 
- Forse ci siamo! – Madeline cominciò a correre, nascondendosi fra un cespuglio e l’altro, in direzione del rudere. Hestia, di suo, la guardò con un sopracciglio molto inarcato, prima di guardarsi intorno e decidere di seguirla. A tutti gli effetti, quella poteva essere l’abitazione che stavano cercando. La conferma arrivò loro quando videro spuntare da un angolo del rudere, un uomo sulla mezza età, che scrollava il capo da un lato all’altro con circospezione. Un uomo che Madeline riconobbe all’istante essere Faretrus Glome, ricercato dagli Auror per aver infranto un numero considerevole di leggi magiche e con la fama di essere un nostalgico dei tempi di Lord Voldemort. Le due si scambiarono un’occhiata eloquente così, passetto passetto, arrivarono ad accerchiare il mago, al quale prese un gran colpo quando percepì la punta della bacchetta di Hestia Jones contro la sua schiena:
 
- Se non vuoi fare una brutta fine e ci tieni a rivedere i tuoi figli ancora una volta, ti consiglio di rivelarci subito alla Villa. – La voce velenosa di Mad, assieme a un sorriso sottile, fecero deglutire rumorosamente Faretrus: era stato fregato proprio per bene.

 
*
 
Era difficile resistere ai singhiozzi. Quella piramide a tutti gli effetti doveva contenere un potentissimo incantesimo obliviante, che aveva portato Victor a dimenticarsi del tempo trascorso all’interno del Giardino e con esso, delle persone conosciute durante il corso di quei mesi. Per Evangeline tale consapevolezza fu la goccia che fece traboccare il vaso. Victor era stato per lei un balsamo di felicità e grazie a lui era riuscita a mantenere il controllo di sé e scacciare quelle nuvole nere, che avevano oscurato il cielo della sua vita. E ora? Cosa sarebbe accaduto? Sarebbe stato possibile tornare indietro da quell’incantesimo? Non lo sapeva e oltretutto aveva paura a chiederselo. Quando furono portati nel chiostro, la giovane Montague si trovava in uno stato semi catatonico; non riusciva a guardare Victor, che sbraitava e pretendeva gli venisse fornita una spiegazione. Tentò di dirgli di calmarsi, in un raro momento di lucidità, ma si trovò a trattenere i gemiti quando quei bastardi che li stavano conducendo all’interno della villa, per farlo stare buono, lo avevano colpito con una maledizione cruciatus che lo aveva reso praticamente una larva.
 
Questo è solo un incubo, solo un tremendo incubo. Tentò di ripetere a se stessa Evie. La verità però la conosceva bene e forse negarla a se stessa sarebbe stato dannoso, oltre che inutile. Tanto valeva prendere coraggio per essere in grado di affrontare la situazione attuale e quello che sarebbe successo di lì a poco, di cui Evangeline sentiva l’olezzo.
Ma era difficile riuscire a ragionare davvero quando la testa sovrabbonda di pensieri che schizzano da un lato all’altro. Mentre veniva fatta entrare nel chiostro, l’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi era che fino a qualche ora prima era in compagnia di Victor e che poco dopo lui non ricordava più nemmeno il suo nome.
Devi essere forte, devi essere forte continuava a ripetersi mentre seguiva con meccanicità l’ordine di posizionarsi sul capitello segnato dalla lettera lambda.
Forte, molto più di così. Sei una Montague, niente di tutto questo può sgretolarti. Al massimo… al massimo ammaccarti un po’. Ferirti, sì. Sbucciarti il cuore per l’ennesima volta. L’ennesima volta, l’ennesima volta.
 
- Vi starete chiedendo cosa sia successo al nostro magigiornalista con la lingua lunga, non è vero? -
 
Le parole di Robert Steiner, riportarono Evangeline su un piano reale. Con difficoltà rimise la vista a fuoco e alzò lo sguardo verso il dottore, chinato su Victor a stringergli le spalle da dietro, mentre il ragazzo sembrava quasi un cane remissivo. Colpa della crucitus, pensò Evie provando una fitta di dolore.
 
- Il problema è che non possiamo permetterci colpi di testa, cari miei. Ragion per cui ho avuto l’idea di creare qualcosa che sarebbe stato in grado di frenare i più facinorosi di voi. Quella piramide, che ognuno di voi possiede nella propria cella, altro non è che un contenitore d’incantesimi. Essa è stata programmata per esplodere e rilasciare un potente oblivion, se si sono raggiunte dieci ammonizioni. -
 
- Perché? – Fu William a porre la domanda, senza apparente esitazione, - Cancellarci la memoria non è dannoso, per voi? -
 
Robert sorrise nel sentir parlare William. Allontanò le mani dalle spalle di Victor che immediatamente afferrò le gambe con le braccia lunghe e si chiuse in se stesso, quindi si avviò verso William, con passo rilassato: -Ha ragione signor Lewis. Cancellandovi la memoria, perdo tutti i progressi ottenuti nel corso di questi mesi, rendendovi inutili allo scopo ultimo. Ma dovete sapere che il mio è un gesto di estrema magnanimità: piuttosto che eliminarvi, preferisco cancellare le vostre memorie e resettarvi. –
 
-Tzk… non lo fa per noi, lo fa perché ha bisogno di noi. Ci usa come cavie da laboratorio, ucciderci risulterebbe una grave perdita. – Questa volta fu Yann a prendere la parola. William notò che il sorriso di Robert Steiner, in piedi al suo fianco, era diventato più teso, finto.
 
- Cancellarvi la memoria è per me come eliminarvi. Perdete di utilità, lo capisci, ometto dalla mente semplice? Però sarebbe più rischioso mantenervi sensienti e facinorosi. Che quanto è successo con il signor Selwyn sia di monito a tutti voi. -
 
Una risatina isterica attirò l’attenzione di Robert. Il dottore si girò, per permettersi di puntare gli occhi in quelli dalle iridi di intenso verde di Elyon. La donna sorrideva in maniera inquietante e per un momento Robert Steiner provò la spiacevole sensazione di trovarsi fuori posto:
 
- Sei sempre stato bravo a trovare nuovi giochetti e a sfruttare le persone, non è vero Robert? Dovevo capirlo molto prima… del resto piacevi così tanto a mia madre! Come avresti potuto essere una persona migliore di lei? -
 
Il ricordo di Camilla, Maurice e la stessa Elyon lo colse di sorpresa, amaro come il fiele. Grazie a Camilla si era evoluto, arrivando ad essere ciò che era. E grazie a Elyon, aveva avuto la possibilità di aggiungere un altro importantissimo, fondamentale mattone, per far sorgere il Giardino.
 
Penetrare all’interno del Ministero non era stata un’impresa semplice. Non importava che Robert fosse entrato a tutti gli effetti a far parte della cerchia ristretta del Signore Oscuro: gli Auror e L’Ordine della Fenice erano ancora in grado di tenere ben protetti i luoghi potenzialmente utili allo scopo dei Mangiamorte; fra tutti, rientrava senza ombra di dubbio l’Ufficio Misteri in tutte le sue Stanze. Eppure Robert doveva trovare il modo di accedere in tutta libertà all’Ufficio Misteri, nello specifico alla Stanza del Tempo.
La fortuna, comunque, sembrò girare dalla sua parte e questa prese il nome di Elyon Olivia Yaxley, figlia di Maurice Yaxley. Camilla Marie Fawley.
Il primo incontro con quest’ultima, donna di una bellezza lontana dall’umana comprensione, avvenne a ridosso del suo arrivo in Inghilterra: Camilla era molto più di una comune strega, ella era una medimaga di grandissime capacità, a capo del reparto di Lesioni da incantesimo ed il correlato reparto speciale Janus Tickey. Lo stesso reparto, invero, a cui venne affidato il giovane specializzando, che da principio rientrò nelle grazie della sua mentore.
Robert non si soffermò all’aspetto esteriore della donna, bensì capì presto che le potenzialità di Camilla erano infinite e da lei avrebbe potuto apprendere e ricevere molto, se solo si fosse fatto furbo. Non fu semplice, inizialmente, in quanto se Camilla dimostrò subito di subire il fascino del giovane mago straniero, lo stesso capitò proprio a Robert; ai suoi occhi, lei racchiudeva tutto ciò che una strega avrebbe dovuto possedere: intelligenza, caparbietà, gelida fermezza di spirito, bellezza e quella giusta dose di potere che gli sarebbe tornata presto utile. Inoltre un dettaglio non di certo irrilevante andava ad aggiungersi ad un puzzle praticamente completo: Camilla era la moglie di Maurice Gregory Yaxley, facoltoso impiegato all’interno del Ministero, nonché fratello di uno dei più fedeli Mangiamorte di Lord Voldemort. Sarebbe stato Maurice, infine, a fornirgli l’opportunità di agire indisturbato nel Ministero, anche se per mano della sua unica figlia Elyon.
Robert non aveva mai avuto una grande considerazione di Maurice Yaxley, considerandolo un mago senza spina dorsale, incapace di svolgere anche il più semplice dei compiti, nonché un inutile ingombro al potenziale di Camilla, (e infatti la sua attuale condizione vegetativa non poteva che rallegrarlo); eppure aveva generato una figlia come Elyon: una mina vagante, un licantropo, ma munita di un potere unico. La giovane donna, che pendeva dalle sue labbra, aveva deciso di aiutarlo a penetrare nel Ministero giocandosi la carta del padre. Essendo l’unica erede di Maurice, aveva preso appuntamento per recuperare dei documenti di suo padre e si era fatta accompagnare da Robert, in veste di medimago di riferimento. Una volta entrati nel Ministero e raggiunto il piano sottostante a quello dell’Ufficio Misteri, Elyon si era occupata di scatenare un terremoto di modesta potenza, in modo da distrarre funzionari e Auror, compresi quelli a guardia degli Uffici. A quel punto, Robert riuscì ad entrare nella Stanza del Tempo. Così, mentre penetrava in quella sala rivestita di un mistero stagnante, ma dall’irresistibile fascino, Robert percepì con nettezza la scarica di adrenalina scrollargli le membra: dopo due anni di studi, finalmente aveva la possibilità di comprovare le sue supposizioni.
Avrebbe voluto perdere tempo nel guardarsi intorno,  sfogliare quanti più manuali quell’incredibile fonte di tesoro conteneva, abbeverarsi con le scritture vergate da potenti maghi che avevano passato la loro intera esistenza a studiare la grandiosità del tempo. O ancora, avrebbe desiderato aprire le vetrine contenenti il numero ormai esiguo delle giratempo custodite con gelosia dal ministero, per poterne studiare i magimeccanismi, anche se sapeva bene che non sarebbero state utili al suo scopo. Si sarebbe immerso nei ricordi fluttuanti degli studiosi, adoperando il grande pensatoio intarsiato di brillanti e smeraldi, posizionato nell’ombelico di quella maestosa stanza. Ma Robert era conscio di non aver a disposizione se non una manciata di minuti, cosicché sfoderò la sua bacchetta e con un incantesimo non verbale individuò il faldone di suo interesse. Esso si disincastrò dal polveroso archivio in legno massello che lo conteneva e arrivò infine fra le sue mani, rese tremanti dal desiderio di conoscenza. Il medimago non riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto, mentre gli occhi brillanti di vittoria scorrevano le pagine, ansiose di trovare le informazioni desiderate. Infine sentì il cuore accelerare nel battito, quando la pagina 1408(4) si rivelò essere lo scopo ultimo della sua ricerca:
 
Episodi di sfasamento temporale avvenuti in Inghilterra. Anni di competenza 1982-1992
 
Justine Solman – 1982 – Liverpool
Morgan Rolls – 1982 – Salisbury
Geordie Borgin – 1983 – Preston
Glenda Hollström – 1984 – Londra
Lucas Heathcote – 1984 – Hogwarts
Odette Cassandra McCall – 1985 – Hogwarts
Glenn Amelia Marlow – 1985 – Bath
Victor Selwyn – 1985 - Londra
Sonne Roth – 1986 – Canterbury
Jules Airgood (c.s.) – 1986 – Londra
Joshua Hollens – 1987 – Hogwarts
Ellettra Jean Scrimgeour – Oxford – 1988
Cora Dagenhart – 1988 – Londra
Mazelyn Athena Zabini (c.s.) – 1989 – Londra
Yann Reinhardt – 1990 – Londra magica
Alistair Gordon (b.)- 1990 – Londra
Astrid Birch – 1991 - Durham
William Herman Lewis – 1991 – Nottingham
Alon Morgan (c.s.)– 1991 – Hogwarts
Elyon Olivia Yaxley – 1992 – Londra
Evangeline Annabel Montague – 1992 – Londra
Lucille Vila Björk – 1992 - York
Martha Sophie Zeller - 1992 - Culloden Moor
 
A vederlo da fuori, chiunque sarebbe stato in grado di leggere nel sorriso di Robert Steiner la gioia e la vittoria. Vibrante d’estasi, il dottore puntò la bacchetta alla tempia destra, mentre la mano libera recuperò un’ampollina di cristallo lucido all’interno del taschino, nella quale ripose il ricordo appena estratto dalla sua memoria; riconobbe all’istante alcuni dei nomi segnati sul registro e la notizia non fece che far schizzare l’adrenalina alle stelle.
Conservato il ricordo ripose il faldone al proprio posto e dopo aver gettato un’ultima occhiata alla Stanza del Tempo, uscì con compostezza. Sarebbe stata questione di poco tempo, ma avrebbe rintracciato quanti più possibili casi, ne valeva l’esito positivo del suo esperimento.
 
*
 
- Facile come bere un bicchier d’acqua! – Nonostante tentasse di mantenere un tono mediamente basso, la voce di Hestia riecheggiò, sbattendo da una parete all’altra dell’atrio dell’imponente villa. Lei e Madeline avevano sospettato che gli incantesimi celassero una sorta di magione, ma a giudicare da come essa si era a loro rivelata, la realtà aveva di gran lunga superato le aspettative.
 
- Sssshh… parla piano! Anzi, evita proprio di farlo. Dobbiamo sbrigarci, non credo proprio che quel Glome rimarrà stordito a lungo. Vieni, proviamo ad andare per di qua. -
 
Le due streghe salirono al piano superiore della villa e tentarono di spalancare ogni porta lungo il loro cammino, ma nessuna di esse voleva saperne di aprirsi. Dopo tanto girare, decisero di tornare al piano terra e di orientarsi verso un lungo corridoio sul quale vetrate di colori accesi, rimandavano il tramonto dal mondo esterno. Madeline cercava di mantenere il sangue freddo, ma era davvero difficile: erano mesi che lavorava sul caso delle persone scomparse e finalmente sembrava essere arrivata al nocciolo della questione. Dovevano solo essere molto silenziose, mantenere la calma e…
 
- Chi diavolo saresti voi due? E che ci fate qui? -
 
Svoltato l’angolo del corridoio, Madeline e Hestia si trovarono faccia a faccia con una strega dal viso maturo, di una bellezza costruita e dai lunghi capelli biondi; puntava la propria bacchetta nella loro direzione, pronta a sferrare incantesimi.
Madeline deglutì; aveva visto decine di fotografie di Martha Heathcote, nel corso degli ultimi dieci anni e sapeva bene quanto la strega fosse imprevedibile, iraconda e temibile.
 
*
 
Odette quasi trasecolò, una volta entrata nel chiostro al fianco di Martha e Cora. D’altronde, la scena non era delle migliori e nonostante avesse assistito alle cose più assurde, nel corso degli ultimi mesi, la sua mente stentò a metabolizzare la scena. Quando si rese conto che Lucas e Joshua erano abbandonati in un angolo, tramortiti, cacciò un grido:
 
- Lucas! Josh! – D’istinto affrettò il passo nella loro direzione, ma uno dei due Mangiamorte che aveva scortato lei e le altre due streghe fin lì, la placcò brutalmente. Fu costretta a seguire le indicazioni del Dottor Steiner, che con lentezza inesorabile e le mani allacciate dietro la schiena, si stava avvicinando a loro.
Intanto Martha lanciava sguardi frenetici intorno a sé: vide Jules e Alistair al centro di quello strano cerchio fatto di persone e pietre e con rabbia constatò che Victor era rannicchiato nell’angolo opposto rispetto a Joshua e Lucas, vicino a Adrian Reed che si dimenava, nel tentativo di liberarsi di corde invisibili. Che diavolo gli era successo? In quelle condizioni, Martha non lo aveva mai visto. Il suo amico Victor era sempre stato fin troppo vitale, persino nei momenti più acuti della sua malattia che all’interno del Giardino era vistosamente peggiorata. I suoi pensieri furono distratti dal dottore, ormai di fronte alle tre. Robert si posizionò davanti Cora, fece un cenno ai due Mangiamorte (che subito trascinarono Martha e Odette fino al cerchio) e indugiò con lo sguardo sul viso dell’erede dei Dagenhart. Un sorriso precedette le parole che Cora percepì amare come il fiele:
 
- Mia cara, prenditi un momento per guardarti intorno. – Il dottore passò un braccio intorno alle spalle di Cora e allargò l’arto libero in maniera eloquente: - Sappi che tutto questo è stato possibile solo grazie a te. Tu sei stata la molla d’attivazione. -
 
Cora aveva preso a tremare di rabbia. Ormai sapeva bene che Robert Steiner altro non era che un mostro e che aveva trattato ognuno di loro alla stregua di animali da laboratorio. Tutto quello che avrebbe voluto fare, Cora, sarebbe stato tirare una bella gomitata a quell’uomo spregevole e gridargli qualsiasi cosa le fosse passata per la mente. Ma era consapevole che nell’agire così non ne avrebbe ricavato nulla: vari Mangiamorte erano presenti in quel chiostro su cui ormai non splendeva più il sole. Era lo stesso marmo a riflettere la luce di una luna sottile. Anche volendo reagire, non possedeva una bacchetta. Si limitò quindi a non guardarlo negli occhi e ad attendere che Robert arrivasse al punto.
 
- Tu non potrai ricordartelo, ma credo che dentro di sé la bella Cora abbia sempre saputo cosa successe quel giorno che fui io a trattenerla dal rovinare a terra. Lo ricordi, vero Cora? -
 
La strega lo guardò di sbieco. Sospettava di aver detto qualcosa, probabilmente di aver pronunciato una profezia piccina. Purtroppo Cora non era pronta al racconto di Robert Steiner, che riportò a lei e a tutti loro cosa era successo tempo prima.
 
 
Fu come vedere comporre un puzzle davanti ai propri occhi a tutta velocità. Cora Dagenhart, proprio lei, non era che la voce dell’Oracolo, che avrebbe dato il via a tutto. Ancora una volta, come spesso era successo nell’arco degli ultimi vent’anni, quando Robert aveva avuto la fortuna di conoscere Cora, capì che era stato il fato a spedirla a lui, in un gesto di magnanima volontà. ‘Non è che il volere divino, il segno che a tutto c’è una risposta.’
Robert Steiner era convinto di agire nel giusto. Lo seppe nel momento stesso in cui venne a conoscenza dell’esistenza di Tom Riddle, o per meglio dire Lord Voldemort, il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi. Lo capì quando prese la decisione di trasferirsi in Inghilterra, per avere la possibilità di avvicinarlo e di asservirsi a lui. Lo capì quando Lord Voldemort iniziò a prenderlo in considerazione e a fidarsi di lui. Poi le conferme arrivarono con il corso del tempo, attraverso l’avvicendarsi degli eventi che lo avevano condotto, come la voce di un dio, ad approfondire gli studi sul tempo e di conseguenza, a conoscere quel caleidoscopio di persone che avevano ingravidato il suo progetto.
E per tornare a Cora, la strega fu colei che più di tutti lo aveva spinto a perseverare, grazie a quell’involontaria profezia che uscì dalle labbra folgorate dal rossetto vermiglio, che probabilmente Cora aveva deciso di utilizzare per far si che il suo sorriso irretisse il maggior numero dei presenti all’evento organizzato dai suoi genitori.
Nel momento esatto in cui Cora pronunciò con voce altisonante la profezia, Robert comprese quale fosse il motivo per cui si era sentito spinto nella sua direzione: ella non era che una ragazzina, che nulla se non una fiorente bellezza innegabile avrebbe potuto concedergli. No, non era attrazione, quella che il dottore provava nei suoi confronti. Era qualcosa di alto, inizialmente indecifrabile. Era il destino.
Cosa, se non una forza superiore, lo avrebbe dovuto condurre a quel momento specifico, a sostenere la giovane strega che aveva perso l’equilibrio e che per non rovinare a terra si era aggrappata con tenacia al suo braccio?
Tutto, in quel momento, perse di consistenza; la voce di Cora, che Robert avrebbe poi ascoltato centinaia di volte attraverso lo scandagliare del proprio ricordo, aveva fagocitato il mondo tutto. Gli occhi fattosi velati avrebbero spaventato chiunque, la voce raschiante avrebbe fatto scappare via il più impavido degli eroi. Ma ogni singola parola era un dono prezioso e Robert, da quel momento, avrebbe associato per sempre quegli occhi e quella voce al più sublime degli amplessi.
 
“Apri gli occhi, Ariano stregone:
l’Oscuro Signore tornerà a camminare,
ancora una volta fai tua la ragione
così che il tempo dorato, saprai infin sfruttare.
Raccogli i vettori e muovili a modo,
l’Arma che fluttua sfodererai,
ma a Padre e Madre fare attenzione dovrai
per non sentire del cappio il nodo.
L’Occhio che tutto vede avviserà del peccato,
l’Incantatore griderà a perdifiato,
la Torre Tua di nasconderla tenterà
e il Fuoco dello Spirito aprirà il tuo inferno celato.
Guardati bene dal perduto Eroe,
che dello Scudo servirsi potrà
per strapparti via la Vergine arma illibata
asservita, al momento, alla tua oscurità.
Se concludendo abile sarai nell’atto
L’equilibrio ristabilire potrai,
Il Signore Oscuro risorgerà, vedrai,
Ma solo se il Giardino Segreto conterrà l’impatto.”
 
Da quel momento, fu tutto semplice: sapeva che esistevano persone che avevano la facoltà di giocare con il tempo. Aveva dalla sua parte i fedeli Mangiamorte di Lord Voldemort che altro non aspettavano che qualcuno si adoperasse per riportare il loro leader in vita. Aveva la capacità di creare un laboratorio perfetto, adatto a permettergli di procedere con ogni sorta di esperimento avesse ritenuto opportuno per raggiungere il proprio obiettivo. Robert Steiner avrebbe creato il Giardino Segreto e avrebbe fatto in modo che la profezia pronunciata da Cora si fosse avverata. Sarebbero bastati una dozzina di elementi, forse anche di meno, per saltare da un anno all’altro e arrivare a tirare via Lord Voldemort dal suo futuro già scritto, già avvenuto.
Era giunto il momento di mettersi all’opera.
 
Alla fine di quel tremendo racconto, Yann cercò Roxanne con lo sguardo: ciò che lesse nella donna, seppure al solito era abilissima a mascherare i propri veri sentimenti, era sgomento. Roxanne non era neanche lontanamente a conoscenza della profezia pronunciata da Cora, come probabilmente era all’oscuro di buona parte di quell’esperimento, che Robert Steiner prese a spiegare con solerzia.
 
- Voi tutti possedete un dono rarissimo. In tutta l’Inghilterra esisteranno una sessantina di elementi come voi. Ebbene, ragazzi miei, ormai avrete capito che siete in grado non solo di congelare il tempo, bensì di muovervi all’interno di esso! – Robert fece incontrare le mani con entusiasmo. – E questo, lasciatevelo dire, è meraviglioso. Ora non ci resta che metterci al lavoro, l’Oscuro Signore risorgerà grazie a tutti noi! -
 
Elyon cercò di girarsi verso Adrian, tentando di non farsi vedere. Ma uno dei Mangiamorte le strinse una spalla e la intimò di prestare attenzione.
 
- Le cose andranno così, - il dottore indicò Jules: - La mia splendida Jules, che fin da bambina ha mostrato delle capacità sbalorditive, sarà il vostro “parafulmine”: raccoglierà la vostra energia e riuscirà a creare una bolla, all’interno della quale ci troveremo il caro Alistair e io, mentre Roxanne con il suo orologio e questi altri uomini di fiducia si occuperanno di controllare che non spezziate il flusso. -
 
Mantenendo un aplomb invidiabile, Roxanne  accennò un sorriso, prima di rivolgersi a Robert: - Ho bisogno che ti spieghi meglio… devo sapere esattamente cosa andrai a fare con il babbano, per assicurarmi che abbiate il tempo necessario per agire. –
 
Il dottore annuì e spalancò entrambe le braccia: - Credevi vi avrei lasciati all’oscuro? – A quel punto si allontanò da Cora, in piedi sul capitello di sua assegnazione e visibilmente sconvolta da quanto aveva appena raccontato, così raggiunse Jules, Alistair e Roxanne al centro del cerchio: - Questo non è che il primo vero esperimento che condurremo, ma chissà se la buona sorte sarà dalla nostra. Ebbene… grazie alla forza concentrata in Jules, io e Alistair saremo in grado di tornare al momento in cui, sfortunatamente, l’incantesimo di quella Lily Evans protesse Harry Potter, facendo rimbalzare l’anatema mortale su Lord Voldemort. Sarà perfetto… perfetto, sì. – Robert Steiner si prese un momento, prima di inchiodare gli occhi gelidi in quelli impauriti di Alistair: - Noi arriveremo proprio in quel momento e tu, mio caro Alistair, userai il tuo tocco magico su Harry Potter e Lord Voldemort! A quel punto l’infante morirà, come era giusto che fosse e l’Oscuro Signore rimarrà in vita! –
 
*
 
- Dannata stronza! –
 
Hestia dovette ammettere che quella lurida Mangiamorte se la cavava più che bene con i duelli. Nonostante fossero in due contro di lei, era riuscita non solo a evitare ogni tipo di attacco, inoltre aveva spedito al mittente un paio di brutte fatture, facendo gemere di dolore sia lei che Madeline.
Probabilmente le Auror avrebbero dovuto giocare in maniera più scorretta, visto che Martha Heathcote stava esibendo il repertorio al completo delle maledizioni senza perdono, più qualche altra fattura sconosciuta ai più.
Madeline invece avrebbe voluto catturarla e portarla immediatamente al Ministero; quella era una strega ricercata da anni e probabilmente non avrebbe mai più avuto a disposizione la ghiotta possibilità di catturarla. Eppure se si fosse concentrata su di lei, gli sforzi fatti per arrivare a quei risultati sarebbero andati in fumo.
Forse avrebbe potuto mandare Hestia e proseguire da sola.
 
- Ti… conviene… lasciarci passare! – Madeline evitò l’ennesima maledizione. Che stupida era stata, avrebbe dovuto riferire il proprio piano al suo superiore e portare con sé un più nutrito gruppo di Auror. Il problema era che non le avrebbero mai permesso di seguire la pista lanciata da quel criminale di Louis Murray e lei per prima non avrebbe permesso che dei suoi colleghi finissero nei guai a causa di una sua azione tanto sconsiderata.
Fortunatamente quella grandiosa strega di nome Hestia Jones, riuscì a mettere definitivamente al tappeto Martha Heathcote; aveva lanciato un grido di guerra, un’imprecazione che avrebbe intimidito il peggior manigoldo dei bassifondi di Londra e l’aveva colpita con una potenza tale, da lasciare Madeline esterrefatta. Con il fiatone e un sorriso di vittoria, Hestia si girò verso Mad e lanciò uno sguardo al grande portone a chiusura del corridoio, proprio quello verso cui, sospettava, si stava incamminando la Mangiamorte prima di incontrarle.
 
-Credo… credo sia… lì. Forza Maddie, andiamo… ad incastrare… -
 
- Risparmia il fiato e muoviti! -
 
Hestia seguì con gli occhi sgranati la sua collega correre verso il portone di cupo ebano, poi scosse il capo e borbottò fra sé: - Ma guarda tu… neanche mezzo complimento, stronza. –
 
*
 
- Erano secoli che non parlavo più così tanto… è stato decisamente stancante. – Dalla bocca di Robert uscì una risatina che raggelò tutti i reclusi del Giardino. Evangeline era totalmente sconvolta e avrebbe voluto correre in direzione di Victor, per fare in modo che il ragazzo si riprendesse. Martha aveva avuto lo stesso istinto, eppure qualcosa in lei la distrasse dal pensiero dell’amico: mentre Robert Steiner si spingeva in spiegazioni, la strega venne assalita da un forte senso di nausea e percepì la vista annebbiarsi. Poi, come era successo altre volte nel corso del tempo, il paesaggio intorno a lei si modificò, diventando estremamente più vivido: riuscì a vedere oltre le pareti del chiostro, oltrepassare i corridoi bui, aprire porte e porticine. Poi sussultò: qualcuno aveva squarciato il velo incantato che ricopriva il luogo in cui erano nascosti. Non era stata in grado di riconoscere nessuno, eppure le parve di percepire quella voce di donna che aveva sentito in quell’angosciante sogno lucido in cui c’era anche Phil. Dovevano essere amici, persone buone. Forse qualcuno che li stava cercando per portarli in salvo. A quel punto Martha attirò l’attenzione di Odette, in piedi sul capitello alla sua destra.
 
-Psss… -
 
Odette, rapita e disgustata al contempo dall’esposizione del Dottore, ci mise un po’ prima di capire che Martha stava cercando di chiamarla. Quando si girò nella sua direzione, la bionda portò l’indice alla tempia, che prese a picchiettare.
 
- Lo so, sta fuori di testa… - Sussurrò Odette, riferita al dottor Steiner. Martha a quel punto alzò gli occhi al cielo, sconsolata, prima di tornare ad insistere. Picchiettava la tempia e lanciava occhiate al portone d’ingresso del chiostro. Solo dopo ripetuti tentativi, Odette capì che doveva concentrarsi su qualcosa al di là del portone e finalmente Martha poté sospirare e confidare nelle capacità della medimaga.
 
- Ora  direi che è giunto il momento di procedere: Roxanne, l’orologio. Tieniti vicina a Jules per cortesia e se noti qualcosa di strano da quel tuo incredibile marchingegno, non esitare a dirmelo. Sai che non vorrei mai che la piccola ci rimettesse più del dovuto!-
 
Nel sentire quelle parole, sia Yann che Alon scattarono. Furono entrambi fermati da due Mangiamorte, ma il più giovane non dava cenno di volersi placare:
 
- Sei un bastardo! Non puoi usarla come fosse di tua proprietà, finirai per ammazzarla! -
 
Odette colse l’occasione del trambusto che si era venuto a creare e tentò di chiudere la mente alle voci intorno a sé, per poter canalizzare la lettura del pensiero oltre il portone. Martha la guardava con apprensione, fin quando sorrise nel vedere Odette sgranare gli occhi e rivolgersi a lei: - Ci sono, sono due! –
 
Le due streghe non dissero altro, per non rischiare di essere scoperte. Annuirono vicendevolmente, pronte a intervenire.
Nel frattempo Roxanne si era ammutolita, nel vano tentativo di trovare in fretta una soluzione, che impedisse a Robert di compiere quel mostruoso esperimento. Era abbastanza sicura che non sarebbe riuscito alla prima occasione e che quindi avrebbe avuto modo, ora che era venuta a conoscenza di tutto il piano di lui, di mandare all’aria il progetto senza che nessuno di loro ci rimettesse la vita. Ma se invece avesse funzionato?
Pensa Roxanne... sei una delle streghe più brillanti della tua generazione, devi trovare la…
Un dolore acuto, una fitta lancinante la colpì esattamente in mezzo alla fronte.
 
- Ma che diamine… - Roxanne si massaggiò la fronte e poi si guardò intorno, bypassando il trambusto che stavano tirando su Yann e Alon e si soffermò sul volto teso di Elyon Yaxley, la quale fece dei rapidi gesti convulsi che Roxanne, tutto sommato, riuscì a tradurre con fai qualcosa! La bacchetta! La bacchetta!
Nel suo intimo, Roxanne aveva sempre considerato Elyon una strega grandiosa, dall’intelligenza spiccata. Era doloroso ammetterlo, ma era così. Ma quando agiva in quella maniera quasi si sentiva rinfrancata visto l’astio che provava nei suoi confronti: cosa diavolo pensava avrebbe potuto fare, affiancata da Robert e da un manipolo di Mangiamorte?!
 
- Basta! – La voce del dottore fu come un tuono dal poderoso clangore. Yann e Alon smisero lentamente di agitarsi e tutti i presenti, sia reclusi che Mangiamorte, dedicarono timorosa attenzione a Robert Steiner.
 
- Non perdiamo altro tempo… - il medimago parve aver riacquistato la calma, - E iniziamo l’esperimento. Alistair, rimani al mio fianco. Jules, piccola Jules… se riuscirai a comportarti bene, ti prometto che lascerò vivi i tuoi amici; ma devi concentrarti come non hai mai fatto prima, mi sono spiegato? E voi altri… - Robert scandagliò uno ad uno con lo sguardo, - Ora dovete concentrarvi su Jules e su lei soltanto. Sappiate che se riusciremo nell’intento, c’è la possibilità che la nostra dimensione arrivi a collimare con l’altra, quella in cui l’Oscuro Signore tornerà a nuova vita! E sappiate che ognuno di voi potrà avere un posto d’onore fra i suoi alleati. Ora basta perdere tempo: iniziate! -
 
Dopo un’iniziale titubanza e un sonoro sprono da parte dei Mangiamorte che si trovavano al di fuori del cerchio, gli ospiti del Giardino segreto abbandonarono le rimostranze e fecero come chiesto loro. La luna illuminava i loro capitelli e giocava d’ombra sui loro visi provati. Uno ad uno iniziarono a produrre fremiti che Roxanne percepì istantaneamente, visto che le lancette del suo orologio presero ad oscillare da destra a sinistra. Quella era una reazione che non aveva mai visto prima d’ora.
Delle onde di luce bluastra spiccarono dai loro toraci, in direzione di Jules; la tassorosso stringeva i pugni e cercava sguardi rassicuranti da coloro con cui aveva condiviso gli ultimi mesi. Mano a mano i fasci di luce la colpirono con dolcezza, creando una reazione di piacevole calore all’interno del corpo.
 
- Sta funzionando… - Gli occhi di Robert brillavano d’entusiasmo. Stentava a credere che anni di studio lo avevano infine condotto a quel momento lì. Frenare l’eccitazione era un’impresa ardua.
 
Ma quale orrore provò, non appena sentì un frastuono assordante provenire dall’ingresso del chiostro; degli schiantesimi avevano fatto saltare in aria il portone d’ebano.
 
- Fermi, qualsiasi cosa stiate facendo! -
 
Madeline pensò che quella che nella testa di Hestia probabilmente era una frase a effetto, dovette essere risultata davvero molto stupida. Ma di tempo per rimuginare sulle facoltà dialettiche dell’amica non ce n’era;  la strega rimase infatti sconvolta dalla vista di quel chiostro, tanto che quasi rischiò di prendersi in pieno le fatture lanciate dai Mangiamorte a confine del cerchio.
 
- Non spostatevi! Continuate! – Sconvolto, seppur caparbio, Robert mantenne il sangue freddo; non aveva idea di cosa sarebbe accaduto se il cerchio si fosse rotto di botto. I Mangiamorte e le due Auror iniziarono a duellare senza sosta, mentre si avvicinavano pericolosamente al luogo in cui era ancora rannicchiato Victor Selwyn. Evangeline non resistette; la vista di un paio di maledizioni che schizzavano vicino al mago le fecero accantonare ogni rimostranza. Non avrebbe mai permesso che il mago venisse colpito, ci avrebbe rimesso la sua stessa vita se fosse stato necessario.
Fu in quell’istante che si scatenò il vero caos: mentre Evangeline si fiondava su Victor nel tentativo di proteggerlo con il suo stesso corpo, l’onda luminosa si scollegò da lei e venne totalmente assorbita da Jules, che lamentò un affanno.
A quel punto Roxanne decise di approfittarne; doveva fare qualcosa e in fretta. Senza ragionarci, infilò l’orologio nella tasca ( le lancette erano impazzite e vorticavano in maniera convulsa) e afferrò la propria bacchetta, con rapidità scagliò un incantesimo per liberare Adrian dall’incarceramus e immediatamente dopo puntò il legno contro Robert. Quest’ultimo si distanziò da Jules e Alistair e tese di rimando la bacchetta. Gli venne automatico, anche se mai si sarebbe aspettato di veder reagire Roxanne. Non contro di lui. Inarcò un sopracciglio e tentò un tono conciliante:
 
- Roxanne… cosa stai facendo? -
 
- Devi liberarli al più presto. Guarda Jules, non resisterà a lungo. -
 
I due cominciarono a girare in circolo, mai disattendendo lo sguardo dell’altro e con le bacchette tese.
 
- Ma cosa diavolo dici! Non possiamo rinunciarci ora! Devi tornare in te Roxanne, devi… -
 
- Io so tutto. So quello che mi hai fatto. So di… mio padre e… e di Regulus. Sei ancora in tempo Robert, ancora in tempo… gli auror sono qui, costituisciti, subito! -
 
Le pupille vibrarono nei cerchi glaciali di Robert. Da quanto tempo Roxanne era a conoscenza di quello che aveva fatto? E come aveva fatto a scoprirlo?
 
 
 
- Ad! - Non appena Roxanne lo aveva liberato, Elyon aveva mandato al diavolo le raccomandazioni di Robert ed era scesa dal capitello. Anche in quel caso, il fascio di energia venne assorbito di botto da Jules. Ancora stordito, Adrian tossì con forza nel tentativo di recuperare quanto più ossigeno possibile. Fra un colpo di tosse e l’altro percepì l’immagine di Elyon correre verso di lui, per poi immobilizzarsi e crollare a terra fra tremori violenti: la strega era stata colpita da un crucio lanciato da uno dei Mangiamorte in direzione delle Auror, già messe a dura prova dallo scontro con la Mangiamorte di prima.
 
 
L’attenzione di Martha venne totalmente assorbita da Jules; non aveva solo percepito che qualcosa non andasse: Man mano che le persone si staccavano dal cerchio, Jules si colmava di tutta la loro energia. In quel momento  delle piccole scosse elettrice rivestivano il corpo della giovane strega la quale, urlante di dolore, si era rannicchiata sul suo capitello. Martha gridò in direzione di Alon: - Alon ti prego! Fai qualcosa! –
Il ragazzo scese dal proprio capitello e corse in direzione di Jules; non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare, ma non aveva intenzione di lasciare che la strega subisse ancora.
 
-Alon! – Mentre gridava il suo nome fra i singhiozzi, Jules allungò una mano nella sua direzione; da essa esplose un fulmine, che colpì Alon in pieno petto, facendolo sbalzare lontano di molti metri, inerme.
Fu il turno di William, sarebbe toccato a lui cercare di aiutare Jules a venire fuori da quella situazione. Aveva capito che l’ennesima variazione di posizione avrebbe comportato ulteriore danno a Jules, per questo decise di rimanere sul capitello e tentare di usare il proprio potere a distanza. Non aveva idea di cosa sarebbe accaduto, ma d’altro canto non gli importava; avrebbe sacrificato volentieri la propria vita per salvare quella della piccola. Concentrandosi, tentò di assorbire ciò che stava distruggendo la giovane strega; inizialmente sembrò anche funzionare, ma l’energia era troppo potente, troppo. Era l’energia di otto maghi e streghe concentrata unicamente su di lei, non sarebbe riuscito a strappargliela via. Il tentativo andò presto in fumo e anche William venne scagliato via, privo di conoscenza, al fianco di Madeline che aveva appena battuto uno dei Mangiamorte.
Jules, nel frattempo, continuava a gridare di dolore; rannicchiata in se stessa, con la testa fra le ginocchia e le mani nei capelli gonfi di atipica elettricità, percepiva il calore dentro di sé aumentare a dismisura.
Quelle grida, quella vocina straziata, arrivarono alle orecchie di Victor. Evangeline era sopra di lui, a cercare di proteggerlo con il proprio corpo, come meglio poteva, mentre la battaglia fra Auror e Mangiamorte imperversava intorno a loro.
Victor non aveva dato cenni di riprendersi, ma quella voce arrivò a lui, facendolo sbilanciare oltre il confine della perdizione segnato dalle maledizioni che lo avevano colpito.
Gli occhi scuri si sgranarono e la bocca si schiuse, mentre la sua mente andava a ripescare i ricordi lontani.
 
“Stai bene?”
Vivida, la sensazione dei boccoli chiari fra le sue dita.
“Mi chiamo Jules.”
Jules… era il suo angelo. No, credeva lo fosse.
“Ma non è un nome da maschio?”
 
Frenetiche, raffiche di ricordi ad affollargli la mente.
 
“Sei la prima persona che incontro.”
“Mi aiuteresti? Così ti mostro una cosa.”
 
Leggera leggera, vola leggera l’angioletto.
 
“Scusami, mi aiuteresti a scendere?”
Era così graziosa, quella ragazzina, che Victor sentiva avrebbe fatto qualsiasi cosa lei avesse chiesto. Qualsiasi, come fosse un tesoro da proteggere.
 
Un tesoro da proteggere. Jules, non è un nome da maschio? L’arma e lo scudo. Colei da proteggere.
 
-J…Jules… Jules! Aaargh… -
 
La testa si gonfiò, perché i ricordi si ammassarono, avidi di occupare ogni spazio disponibile: gli occhi di Jules, il suo sorriso e la sua mano piccina. Poi tutti gli altri: i Mangiamorte, Martha, William, Mazelyn e Cora… poi Evangeline. La sua Vì.
Victor ricordava, ricordava ogni cosa. Strinse i capelli di Evangeline, stretta su di lui e ne annusò a pieno il profumo; intorno a loro lampi di luce d’ogni colore.
 
- Sono qui, ci sono… - bisbigliò stanco. Evangeline sgranò gli occhi e questi subito si riempirono di lacrime, appena realizzò le parole dette dal mago. Si baciarono, brevemente e con foga. Non c’era tempo per dedicarsi all’altro purtroppo, perché Jules stava soffrendo e Victor fu consapevole, improvvisamente, che sarebbe stato lui a salvarla. Doveva farlo.  
 
 
Adrian non ebbe la possibilità di riprendere totalmente il respiro. Elyon, la sua Ellie, era stata colpita da qualcosa che la stava facendo urlare di dolore. Il mago si alzò a fatica, massaggiò la gola e si guardò intorno con rapidità; per un momento il suo sguardo si soffermò su Robert e Roxanne, che giravano in tondo come due fiere pronte all’attacco, mentre la piccola Airgood urlava di dolore. Ma lui doveva prima capire chi aveva colpito Elyon.
Erano rimasti in piedi quattro Mangiamorte, a lottare strenuamente contro quelle due Auror che avevano fatto irruzione nella villa. Adrian portò istintivamente la mano a tastare le tasche, alla ricerca della propria bacchetta che, ovviamente, non aveva con sé.
Pazienza, si disse con rassegnazione, mentre scrocchiava le dita delle mani e si avvicinava al mangiamorte più vicino a Elyon, la quale pareva lentamente riprendersi. Le vene del collo si erano gonfiate e la testa aveva preso a pulsare con forza. Smise solamente quando riuscì a cogliere di sorpresa il bastardo che aveva colpito Elyon, sferrandogli prima un gancio, poi l’altro, facendo volare via la maschera dal viso. Intanto che continuava a colpire il mago, da cui naso e bocca schizzava il sangue, Adrian gridò in direzione delle Auror:
 
- Muovetevi! Portate via tutti quelli che potete, lei per prima! – E come se nulla fosse, tornò a sfogare la sua ira sul corpo del Mangiamorte.
 
 
 
Victor si alzò a fatica, cercando di evitare ogni incantesimo scagliato dalle due parti. Evangeline si alzò a sua volta e gli afferrò la mano: - Dobbiamo andare! –
 
Victor accennò un sorriso stanco: - Mettiti al riparo, io devo fare una cosa. – Per un momento Evie pensò che avrebbe potuto usare il proprio potere per convincere il mago a seguirla; ma la luce che brillava nei suoi occhi la fece desistere. Probabilmente Victor sapeva quello che faceva. Corse allora in direzione di Cora, visibilmente terrorizzata. La strattonò e le ordinò di seguirla.
Ora Victor guardava in direzione di Jules; la ragazzina continuava ad urlare e l’energia usciva e entrava dal centro del suo petto, come un’onda che si allunga e ritrae sulla sabbia.
Il resto fu automatico, non ci fu nemmeno bisogno di ragionare: Victor, la fronte imperlata di sudore e il colorito più pallido che mai, allargò le braccia. Dentro di sé urlò, mentre una mezzaluna dorata si allargava da parte a parte, sempre di più, fino a fiondarsi contro Jules e ad avvolgerla come una confortevole coperta.
Lo scudo di Victor ebbe effetto immediato: Le scariche elettriche uscirono dal corpo della Tassorosso, per poi essere assorbite dallo scudo che si infranse, riducendosi a pulviscolo rilucente.
 
 
Odette approfittò della guerriglia e corse in direzione di Joshua e Lucas, ancora semi incoscienti. Accarezzò rapidamente la nuca dell’amico e con metodicità sbrigliò le corde che li tenevano intrappolati. Lucas aprì un solo occhio e riuscì a bisbigliare un ringraziamento.
 
- Risparmia le energie. – Odette si girò verso Martha e la chiamò a gran voce; aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile per portare via quei due ragazzoni. La bionda arrivò assieme a Cora ed Evangeline, che intanto lanciava sguardi dietro di sé, ammirando l’azione eroica compiuta da Victor e gioendo per la sua buona riuscita. Intanto le Auror erano riuscite a battere altri due Mangiamorte; ne mancava solo uno.
 
- Forza, tiriamoli su! Uno…due… tre! -
 
Con Joshua furono più fortunate, ma spostare la mole mastodontica di Lucas risultò decisamente più complicato. A quel punto Evangeline tentò la sorte; magari il suo potere avrebbe funzionato nonostante tutto.
 
- Seguimi Lucas, cammina con le tue gambe, puoi farcela. -
 
 
 
Victor afferrò il corpicino di Jules. Si rese conto di star piangendo, solo nel momento in cui la ragazza, senza più un briciolo di forza, accennò un sorriso.
 
- L… lo sapevo, saresti… saresti stato il mio eroe. -
 
Alon era stato fortunatamente reinnervato da Hestia, giusto in tempo per assistere all’epica scena di salvataggio da parte di Victor. Riuscì a trovare la forza di avvicinarsi ai due. Victor alzò gli occhi nella sua direzione, due pozzi neri circondati da cerchi violacei.
 
- Prendila… sono sfinito. -
 
Alon non se lo fece ripetere due volte, così allungò le braccia e si tirò Jules addosso, la quale si aggrappò al suo collo con quel briciolo di vita che le era rimasta incollata.
 
- Vic, dobbiamo andare! -
 
Cora e Odette sostenevano Joshua, mentre Martha sorreggeva Victor e Evangeline guidava Lucas con la propria voce. Il gruppo arrivò da Madeline e Hestia; quest’ultima era presa a dar battaglia con l’ultimo Mangiamorte ancora in piedi, mentre Madeline si era occupata di reinnervare William, che appena aprì gli occhi, aggrottò le sopracciglia:
 
-Ehi…io ti conosco… tu sei… -
 
Madeline accennò un sorriso. Il volto era graffiato, sporco di sangue e un paio di bernoccoli ne avevano storpiato un po’ i lineamenti. – Penseremo dopo a chiacchierare, ora dobbiamo andare via. Forza, appoggiati alla mia spalla. –
 
Con fatica, William seguì le indicazioni dell’Auror. Il chiostro era ormai praticamente distrutto e ancora Roxanne Borgin e il dottor Steiner erano presi da un acceso scambio di battute. William lanciò un’occhiata a Elyon, fra le braccia di Adrian Reed, per poi passare a Yann il quale si stava avvicinando a loro.
 
- Voi andate,- disse a Will – Io rimarrò qui. Ho fatto una promessa e ho intenzione di mantenerla.
 
- Non se ne parla! Verrete tutti con noi, subito! – Madeline era stanca e provata dalla battaglia, ma non aveva perso il suo polso. Yann dedicò a lei giusto un’occhiata, prima di tornare a rivolgersi a Will: -Assicurati che siano tutti in salvo il prima possibile. -
 
- E il ragazzo laggiù? – Madeline indicò Alistair con il viso. Yann scosse la testa: - Anche lui non si muoverà di qui. Terremo impegnato il Dottor Steiner, ma è pericoloso continuare a stare qui e voi siete tutti troppo deboli, non potete combattere ancora. Andate ad avvisare gli Auror e portate i rinforzi, tanti rinforzi… temo che arriveranno presto altri Mangiamorte. -
 
Così, malconci, sfiniti, claudicanti, Odette, Cora, Martha, Alon, William, Joshua, Lucas, Victor e Jules scapparono assieme alle due Auror da quel luogo del terrore, che per mesi li aveva tenuti prigionieri.
 
Purtroppo le previsioni di Yann erano giuste. Al chiostro arrivarono altri tre Mangiamorte, fortunatamente quando il gruppo più grande era già riuscito a scappare. A quel punto Yann corse nella direzione di Alistair, che non riusciva a staccare gli occhi da Roxanne e il dottore e lo trascinò lontano, nel tentativo di ripararlo. Adrian invece era sfiancato dopo la lotta alla babbana con il suo ex collega, ma più carico che mai e appena vide apparire le ombre nere, strinse le spalle di Elyon e si inclinò quel tanto per guardarla negli occhi:
 
- Sei sempre stata una testa dura, Elyon Yaxley. Ma per una cazzo di volta dammi retta e vattene! Io tenterò di distrarli come posso e di aiutare Roxanne, ma non permetterò che qualcuno di questi stronzi ti faccia del male. -
 
Elyon pensò bene di rispondere con la risata più cristallina che la sua gola avesse mai prodotto: - Tu invece sei sempre stato un po’ tonto, Adrian Reed. Lascia che sia io quella a prendere le decisioni fra i due, che ne dici? E ora smettila di dire cazzate; l’unico modo per farmene andare via senza di te, è morta ammazzata. –
 
Non era quello il momento di litigare, anche se Adrian avrebbe dato sfogo ai suoi pensieri più che volentieri. Ma era anche la forza e la temerarietà di Elyon, che l’avevano fatto innamorare in quella maniera che non avrebbe mai creduto possibile. Recuperate due bacchette dai Mangiamorte abbattuti, Adrian ne passò una a Elyon e subito dopo le strinse la mano.
 
- Insieme? -
 
Lei annuì e la stretta delle dita si fece ancora più forte: - Insieme. –
 
 
 
- So che dentro di te sei ancora fedele al Signore Oscuro, Roxanne. -
 
Robert e Roxanne avevano cominciato a sfidarsi, sebbene il primo non aveva sferrato attacchi mortali, a differenza della strega che non si era risparmiata nulla.
 
- Forse un tempo, ben prima di sapere da Regulus cosa si nascondesse dietro il suo piano di conquista. Ma sei un uomo molto intelligente Robert; sai benissimo che avevo cambiato la mia bandiera, altrimenti non ti saresti premurato di obliviarmi. -
 
Ogni botta e risposta era accompagnato da una fattura.
 
- Perché eri giovane e accecata dall’amore, ecco perché! Roxanne, sai bene che ti ho sempre considerata come una sorella. Avevi bisogno di una guida, quella guida che i tuoi genitori non ti hanno mai fornito! Io ho visto il tuo potenziale, non potevo permettere che… -
 
- Risparmiati le tue manfrine! Tu che parli d’amore… non sai nemmeno che cosa sia. Non hai mai provato affetto per nessuno, tantomeno rispetto! -
 
- Questo non è vero. – Per la prima volta, Roxanne capì che Robert stesse vacillando nelle emozioni. – Tu non sei mai stata come gli altri. La mia famiglia, le donne… quando parli di mancanza di affetto hai ragione, ma non hai mai fatto parte di tutto questo. -
 
La mano di Roxanne tremò appena. Non era semplice non cedere alle moine di quell’uomo che aveva passato la sua esistenza a raggirarla, facendo finta di prendersi cura di lei. Aveva capito il suo gioco, ma nonostante questo sentì un briciolo di pietà affacciarsi nel suo intimo.
 
 
 
Yann ordinò a Alistair di rimanere dietro quella grande quercia, così si avvicinò silenzioso ai Mangiamorte che stavano duellando contro Elyon e Adrian. Dalla bacchetta di uno dei due partì un lampo di luce verde in direzione di Adrian, ma Elyon fu più veloce: la terra tremò furibonda e una grande roccia si frappose fra Adrian e l’incantesimo, che la colpì e la mandò in frantumi. Accertato che i due avessero la situazione sotto controllo, tornò a controllare Roxanne; il terzo Mangiamorte si stava avvicinando alle sue spalle con la bacchetta sguainata.
 
No, non posso permetterlo!
 
Il magifabbro corse in quella direzione e si attaccò al collo del Mangiamorte che cominciò ad urlare in preda alle ustioni. Riconoscendo il grido di Yann, Roxanne si distrasse e si voltò di scatto verso i due.
 
- Yann! Vattene! -
 
Robert vibrò di rabbia. Il Mangiamorte si rigirava a terra, urlando di dolore e tenendo le mani sulla parte lesa del proprio corpo. Guardò infine Yann, che ricambiò lo sguardo.
 
- L’amore ti rese debole al tempo e ti ha resa debole di nuovo. Lo faccio per te, ti libererò da questo fardello… Avada Kedavra! -
 
La maledizione partì in direzione di Yann, ma Roxanne la ricevette al posto dell’uomo, mettendosi in messo in un gesto di grande eroismo. Poi crollò a terra.
Era morta.
 
L’urlo di Yann risuonò assieme a quello di Alistair, che lo aveva seguito a sua insaputa. Il più giovane corse verso il corpo inerme e si gettò su di esso, fra i singhiozzi.
Adrian e Elyon erano appena riusciti a sconfiggere i due Mangiamorte, quando l’urlo di dolore rapì la loro attenzione.
Elyon non poteva crederci. Vide Roxanne a terra, probabilmente morta. Su di lei, Alistair singhiozzava a dirotto e in piedi Yann continuava a ripetere che non poteva essere, non era vero. Roxanne non poteva essere morta, non per salvargli la vita. La collera si impossessò definitivamente del licantropo. Robert Steiner aveva disseminato dolore, solo morte e dolore; era giunto il momento di finirlo.
Neanche pensò di possedere la bacchetta con cui si era battuta fino a poco prima. La strega si scagliò su Robert, ma il dottore fu pronto a lanciarle contro uno schiantesimo, che la spedì addosso a Adrian, facendoli rotolare a terra e guadagnando il tempo necessario per darsi alla fuga.
Ma seppur dotato d’astuzia e intelligenza, Robert Steiner aveva sottovalutato un fattore molto importante, che gli sarebbe costato la vita.
Si, perché Alistair aveva abbandonato il corpo di Roxanne e si era posizionato alle spalle di Robert, intento a ricacciare indietro Elyon e Adrian.
 
- Un grande errore sottovalutare noi babbani. – Le parole uscirono fluenti dalla bocca di Alistair, senza nemmeno un balbettio, - Noi, a differenza di voi maghi che vi impigrite a usare la magia, dobbiamo imparare a sfruttare le risorse che abbiamo a disposizione. -
 
Nel voltarsi, Robert si trovò faccia a faccia con Alistair. Nonostante gli occhi gonfi di pianto, Alistair si aprì in un grande sorriso: - Vai all’inferno, fottuto bastardo! –
 
Robert non riuscì a evitare le mani di Alistair Gordon che gli strinsero il viso. Se avesse potuto esprimere un ultimo pensiero, prima di morire grazie al potere di Alistair, probabilmente il dottor Steiner avrebbe pensato che sarebbe stato inaccettabile, morire per mano di un babbano.
Non appena Robert crollò a terra, occhi sbarrati e un’espressione imbestialita sul volto, il chiostro e la villa cominciarono a tremare.  Nel frattempo Yann aveva preso in braccio Roxanne, e aveva accostato l’orecchio al suo cuore. Esplose di gioia, nel constatare che questo aveva ripreso a battere.
 
- Dobbiamo… dobbiamo scappare, in fretta! Morto quel bastardo, questo posto crollerà presto a pezzi. Era la sua magia a tenerlo in piedi! -
 
Fu Adrian ad avvisare gli altri. Tirò su Elyon, mentre Yann faceva lo stesso con Roxanne e assieme ad Alistair, i cinque corsero all’impazzata fuori dal chiostro e poi lungo i corridoi i cui muri si aprivano in crepe profonde e perdevano l’intonaco. Si gettarono oltre il portone e fecero giusto in tempo a voltarsi: la villa che custodiva il Giardino Segreto, crollava davanti ai loro occhi increduli.
 

 
 
1 - Liebe - Dolce
2 - ein jahr – un anno
3 - Kleine wolke – piccola
4 - Piccolo omaggio a Stephen King

Ci siamo. Siamo giunti alla fine. Credo che partorire sarebbe stato più facile.
Ciao a tutti e ben ritrovati. Lo so, è passato molto tempo dall’ultima pubblicazione, ma credo sia inutile perdere tempo a spiegare quanto questo lungo periodo sia stato strano, pesante, destabilizzante. Quindi eviterò manfrine.
Invece ora voglio solo gioire, gioire con voi perché finalmente siamo giunti al gran finale. Avrei così tante cose da dire che, stranamente, in questo momento non me ne viene nemmeno una. Posso solo dirvi che come una stupida mi sono commossa in più parti, mentre stendevo questo capitolo. Ho cercato di rendere giustizia a tutti i personaggi che mi sono stati cari e che ho cercato di adottare un po’ come fossero figli miei. Lo so, c’è ancora l’epilogo e di tempo per ammorbarvi con le mie note a margine ne ho ancora.
Ma intanto volevo iniziare a ringraziarvi per essere stati con me fino alla fine (e fino alla morte di St-ronz-einer; Em non ti ringrazierò mai abbastanza per questo nomignolo).
Spero davvero che tutti i passaggi siano stati chiari. Io il piano l’ho immaginato fin dall’inizio, ma questo finale, in tutti i suoi passaggi, è il frutto dell’evoluzione dei vostri e miei oc, che neanche io credevo possibile.
E ora non vedo l’ora di leggervi nelle vostre bellissime recensioni ( prometto che mi impegnerò per rispondere a tutte). Inizio con l’abbracciarvi ora, ma sappiate che mi staccherò solo all’epilogo.
 
Bri
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _Bri_