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Autore: Gaia Bessie    09/07/2020    2 recensioni
«Finché avrai voglia di provarci, io ti manderò indietro a quel preciso istante» asserì Aion. «Ma fai attenzione, Annabeth Chase: il passato, il più delle volte, è solamente una grossa delusione cui non possiamo porre rimedio».
Un viaggio a ritroso nel tempo, con un unico scopo: salvare Luke Castellan.
[Epilogo]: Luke scosse il capo, anche se gli costò un’enorme fatica. «No» mormorò. «Avremo altre occasioni, io… ti cercherò per tutte le mie altre vite».
«Ti prometto che ci troveremo, in qualche modo» rispose lei, asciugandosi le lacrime. «E ci andremo davvero, in Alaska, e in Europa e…».
«Va bene così, un giorno… ci rincontreremo, in qualche modo» sussurrò il ragazzo, piano.
[Seconda classificata al contest "Il citazionista 3" indetto da SherylHolmes e giudicato da fantaysytrash sul forum di Efp]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan, Luke/Annabeth, Percy Jackson
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Hai capito, adesso?» domandò il Dio bambino. «Il futuro è come una ragnatela: puoi tagliarne un filo, percorrerne un altro, cambiare strada. Ma qualunque percorso tu decida di imboccare ti porterà sempre, inevitabilmente, al centro».
«Potrebbe farmi tornare indietro ancora una volta?» chiese Annabeth, la voce macchiata di pianto. «Non ne chiederò un’altra».
«Vedo che hai compreso» disse Aion, placidamente. «Qualcuno più potente di me e te ha deciso: non esiste un mondo possibile dove tu riesca a salvare Luke Castellan».
Lei chinò il capo, mentre il peso di quelle parole la investiva.
«Ma voglio farti un regalo» continuò il Dio. «Voglio permetterti di ricordare tutte le altre strade che hai intrapreso, i bei momenti che ti hanno regalato».
Una macchina, la radio accesa, Luke che canticchiava al tramonto.
«E, ora, fai quello che devi fare».
Il Dio lanciò i dadi sulla scacchiera. Sembrava che emettessero il suono del suo cuore che, chissà quante volte prima, si spezzava.
 
 
Epilogo: La promessa

 
Lui sollevò la mano ustionata. Annabeth gli toccò la punta delle dita.
 «Mi…» Luke tossì e le sue labbra luccicarono di rosso. «Mi amavi?»
 Annabeth si asciugò le lacrime. «C’è stato un tempo in cui pensavo… be’,
pensavo…».
Mi guardò, come per metabolizzare lentamente il fatto che fossi
ancora lì. (…).
 «Eri come un fratello per me, Luke» mormorò. «Ma non ti amavo».
 Lui annuì, come se fosse solo una conferma. Trasalì per il dolore
(Lo scontro finale)

 
I will know when it's time to soar
And I will stand after every fall
So let me be wrong, let me be strong
Let me be everything even alone
(…)
Problably I'm broken and a little lonely today
But my eyes are skies and tonight I decided to rain
All of our thunders will be gone
As long as I'm chasing brand new dawns
(Gaia, New Dawns)
 
 
Il futuro era, nella sua testa, una mappa piena di cicatrici: c’erano dei ricordi che turbavano l’uniformità dell’epidermide, delle caselle che formavano un disegno che conosceva così bene da farla stare male. A volte erano bianche: Luke al tramonto che canticchiava un motivetto, la benedizione di Ermes, tutti quei sogni ancora puri e incontaminati, prima che lei si rendesse conto che ogni tentativo, anche quello più pericoloso e avventato, sarebbe stato inutile.
Altre volte, le caselle erano semplicemente nere, macchiate di consapevolezza e delusione. Era a quelle caselle che Annabeth aveva pensato, ricostruendo il proprio futuro per l’ennesima volta, compiendo tutte quelle scelte che, ormai tre vite fa, aveva scelto di rinnegare.
Era ancora sedicenne, guardandosi allo specchio, ma era stanca di quella stanchezza insensata e immortale che le ricordava, in un terribile monito, che le sue speranze s’erano già frantumate ancora prima di sbocciare. Nessun viaggio attraverso il tempo, quella volta, nessun folle tentativo di salvare Luke Castellan.
Qualcuno più potente di me e te ha deciso, aveva detto il Dio del tempo in divenire: l’ordine cosmico ne avrebbe risentito, se Luke fosse vissuto. E, quando lei l’avrebbe semplicemente lasciato scivolare via lui, di tutto quello che avevano vissuto, non avrebbe ricordato niente.
Che senso aveva avuto, sbagliare, cambiare strada e infine tornare indietro se, alla fine, l’unica che avrebbe ricordato sarebbe stata lei: e Luke, che sarebbe morto nella convinzione così sciocca e insensata che lei non l’avesse mai amato, avrebbe scelto la via della rinascita. E, così, non si sarebbero potuti ritrovare, lui sarebbe venuto meno a quella promessa che le aveva regalato, facendole dolere il cuore. Che l’avrebbe aspettata.
Le aveva promesso che si sarebbero rivisti in un’altra vita ma, adesso, anche quelle parole non contavano più niente. Sarebbe rimasta sola, in ogni sua vita futura, a cercare il fantasma di una persona che non l’avrebbe aspettata più.
Che senso potevano avere, le promesse, nell’aria che crepitava elettricità statica: ogni fibra, ogni nervo di Annabeth si rifiutava di elaborare che era finita. Non ci sarebbero stati sogni, avrebbe ripercorso fedelmente quel che ricordava della sua prima vita. E non avrebbe mai più chiesto di vedere il Dio bambino, Aion, per cercare di salvare Luke da una profezia che poteva essere riferita solamente a lui.
Lei avrebbe sacrificato Percy e chiunque altro il Fato le avesse richiesto, per far sì che quella profezia non dovesse riguardare Luke, decretandone la morte. Ma i suoi desideri non combaciavano con una realtà predeterminata.
Così sia, pensò. Una nuova famiglia, Percy, sia come hanno deciso che sarà. Ma io non dimenticherò la mia promessa, passerò tutte le mie altre vite a cercare di riportarti da me.
«Siamo una famiglia, Luke» mormorò, con una dolcezza malinconica che la stupì. «Hai promesso».
Lui la guardò, e il suo viso si distorse in una smorfia piena di consapevolezza. «Sì» mormorò, piano. «Ho promesso».
Lo disse con una tale intensità che Annabeth, per un momento soltanto, volle credere che Luke si riferisse a tutte le promesse che avevano pronunciato, nell’arco di tre vite. Che si sarebbero cercati, e trovati, ancora una volta.
«Annabeth» mormorò Luke, come se faticasse a scandire bene le parole. «Stai sanguinando…».
Lei ormai piangeva a dirotto, non riusciva a trattenersi, ogni secondo che passava era un attimo in meno che la separava da quel momento che, per anni, aveva popolato i suoi incubi.
«Il mio coltello» mormorò, incapace di sollevarlo da sola. Ma, al posto di chiedere aiuto a Percy, come avrebbe dovuto, lo fece scivolare fino ai piedi di Luke che lo guardò, addolorato.
Il figlio di Ermes prese l’arma, guardandola come se tutta la sua vita fosse racchiusa lì, all’interno della lama. Poi, scoprì il proprio punto debole e si colpì.
Annabeth sentì il dolore invaderla come se l’avesse pugnalata, mentre Luke gridava e scivolava sul pavimento. Lei si trascinò al suo fianco, singhiozzando.
«Sei stato un eroe» mormorò, così piano che si sentì solo lei. «Ti sei meritato l’Elisio».
Ma Luke la guardò e, sul fondo di quegli occhi azzurri che piano scoloravano nel grigio, vi lesse una profonda consapevolezza.
«No» mormorò il ragazzo, con un sorriso sporco di sangue. «Io… io ti ho fatto una promessa».
Lei singhiozzò, pensando di essere diventata matta, e gli sfiorò il volto con una mano. «Non…» sussurrò. «Non mi hai promesso niente».
Lui le sfiorò la mano con la propria, in un gesto che, per un attimo, fu capace di privarlo del respiro. «L’Alaska» sussurrò. «Un giorno ci andremo insieme, io…» tossì. «Io ti aspetterò per tutte le vite che vorrai».
«Non era questo che avrei voluto per te» mormorò Annabeth, carezzandogli il capo. «Avrei potuto continuare a tentare».
Luke scosse il capo, anche se gli costò un’enorme fatica. «No» mormorò. «Avremo altre occasioni, io… ti cercherò per tutte le mie altre vite».
«Ti prometto che ci troveremo, in qualche modo» rispose lei, asciugandosi le lacrime. «E ci andremo davvero, in Alaska, e in Europa e…».
«Va bene così, un giorno… ci rincontreremo, in qualche modo» sussurrò il ragazzo, piano.
Poi, accadde una cosa strana, perché Luke sillabò alcune parole, spiazzandola. Adesso devi fingere.
«Mi hai…» disse, a voce più alta. «Mi hai mai amato?».
Annabeth comprese, in quel momento, che quello era il punto in cui doveva ricongiungersi con il proprio presente. Sfiorò la mano di Luke, dolcemente, e scosse il capo.
«C’era un tempo in cui pensavo…» disse, incerta. «Eri come un fratello per me, Luke. Ma non ti amavo».
Lui sorrise un’ultima volta, mormorando una parola a voce così bassa che lei lo comprese solamente leggendo il labiale.
Grazie.
Annabeth chinò il capo, un fiume di lacrime le scavarono il viso: nell’orizzonte della sua mente, un Dio bambino sorrise, giocando ai dadi, e un tuono solitario si schiantò in una marina. Quella notte, avrebbe iniziato a piovere per sempre.


 
Siamo arrivati alla fine di questo percorso, che mi ha regalato un mese pieno di ricordi ed emozioni indescrivibili. Sono grata a chiunque abbia perso due minuti del proprio tempo per scrivermi i propri pensieri riguardo questa storia, mi fa sempre piacere leggervi.
Ovviamente segnalo che molte battute di quest'ultima scena sono riprese direttamente dal libro, ma penso sia abbastanza ovvio. Scusatemi, ho finito di scrivere ora e mi sto odiando con tutta me stessa.
Grazie a chiunque sia arrivato qui.

Gaia
   
 
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