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Autore: Master Chopper    12/07/2020    1 recensioni
[Shūmatsu no Valkyrie]
[Shūmatsu no Valkyrie]Per decidere le sorti dell'umanità, gli dèi di ogni pantheon si riuniscono e, disgraziatamente, la loro decisione è unanime: distruggere il genere umano. Una voce però si leva in opposizione, ed è quella di un dio misterioso di cui nessuno sa niente, ma che sfida dieci dèi ad affrontare dieci umani prima di poter accettare quel destino crudele.
Dieci esseri umani provenienti da qualsiasi epoca affronteranno dieci dèi provenienti da qualsiasi cultura: questo è il Ragnarok.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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 Chapter 28: I Have Swallowed That Hope (Final)

Tramite un incantesimo di qualche tipo l’ambiente all’interno della cupola era stato privato del fumo e delle fiamme. Ora era possibile per tutti acquietare la propria preoccupazione, scoprendo finalmente cosa fosse accaduto nell’arena.

Ciò che trovarono fu un territorio completamente trasformato: la terra era stata crepata, smossa e dissestata come se fosse stata fatta a pezzi e poi assemblata caoticamente. Dove prima c’era una piana, ora grottesche rupi e strapiombi nell’abisso delimitavano un cratere dove il suolo era divenuto nero ed esalava fumi grigi.

L-Ladies and gentlemen… Fenrir è…”

E proprio quella cenere si smosse, come una coperta sotto la quale si agitava un corpo.

“È ancora vivo!”

Il Lupo del Ragnarok si sollevò dal suo letto di distruzione, tossendo sangue e tremando ancora per il colpo subito. Il suo pelo, un tempo argenteo, si era colorato di rosso scuro per le tremende ferite ricevute, ed in alcune parti la sua carne era nient’altro che macchie carbonifere e fumanti.

Cieco da un occhio e quasi del tutto assordato dall’esplosione, realizzò che se non avesse assunto la sua forma Senza Catene in tempo, non sarebbe mai potuto sopravvivere ad un simile attacco.

A-And also…”

“Spero ti sia piaciuto il mio attacco! Ah, no? Mannaggia, non riesco proprio a strapparti un sorriso, oggi.”

“Guy Fawkes! È vivo anche lui!” Strepitarono gli annunciatori, facendo notare l’apparizione del britannico, ancora bardato ed ammantato, assieme all’inseparabile cappello che si era appena calcato in testa.

La constatazione che lo scontro non fosse ancora terminato, nonostante quanto fosse accaduto, bastò per far comprendere a qualsiasi spettatore che le creature all’interno dell’arena erano senza dubbio tra le più forti mai esistite.

Ma purtroppo, come due stelle estremamente brillanti, una è destinata ad oscurare la luce dell’altra nel cielo.

 

“Anche se te ne sei accorto all’ultimo… complimenti per aver compreso quale fosse la mia vera Arma, tratta dalla Sefirot Hod, la Gloria: Gunpowder Misery, l’ingrediente segreto per una ricetta capace di uccidere gli dèi!”

Mentre lui parlava, Fenrir notò un dettaglio alquanto disturbante: del volto di Guy Fawkes, parzialmente nascosto dal cappello, era rimasto poco e niente.

“Oh? Questo?” Quando se ne accorse, l’uomo piegò quella che pareva essere la sua bocca in un sorriso: “È stato un piccolo prezzo da pagare! Sai, il mio abito è ignifugo e capace di resistere a qualsiasi esplosione, e così era anche la mia maschera… però purtroppo si è rotta. Che ci posso fare?!”

E scoppiò a ridere con fare esaltato, avanzando intanto verso il Lupo.

“Temo di esser giunto al capitolo finale della nostra storia, quindi…” Estrasse una pistola dalla sua giacca “È il momento degli ultimi saluti.”

All’inizio non se ne accorse nemmeno, perché non c’era stato alcun dolore, solo una sensazione di leggerezza al suo braccio. Quando però udì un tonfo ai suoi piedi, non poté non chinare lo sguardo, e lì riconobbe proprio la mano con la quale stringeva l’arma da fuoco.

Era lì, separata dal moncone all’altezza del polso, dal quale ora iniziava a scorrere sangue da un perfetto taglio lineare.

“Cosa…?”

La tribuna degli umani venne strozzata da un groppo alla gola per la sorpresa, non comprendendo neppure cosa fosse successo e ritenendolo alla stregua di un’illusione.

Eppure era tutto vero: vero come il dolore che adesso Guy riusciva a provare, e vero come il sogghigno affaticato che si stava spalancando sulla bocca di Fenrir.

“Non sei l’unico che sa giocare sporco.” Mormorò il Lupo, finalmente rivelando all’universo un sorriso, come mai aveva fatto in precedenza.

“Tra i fumi dell’esplosione di prima è stato facile preparare il mio attacco… quindi è soltanto te stesso che devi ringraziare, se adesso perderai!” I suoi denti acuminati ed i suoi occhi freddi, ma ridenti, brillavano di ferocia: “Ecco il MIO ultimo saluto… Gleipnir!

 

“Gleipnir?!” Sussultarono i figli di Fenrir, Hati e Skǫll, così come la maggior parte delle divinità.

“M-Ma noi pensavamo che fosse la catena che papà portava sempre attorno al collo, quella che prima è stata distrutta…”

“Non è così.” Disse solennemente Odino “La vera catena Gleipnir… quella che per millenni ha sigillato la forza di Fenrir… è più sottile di un capello.”

Jormungandr spalancò gli occhi per la sorpresa: “Un capello?!”

Ma il Grande Padre stava già scrutando l’arena, e grazie al suo sguardo che tutto poteva vedere, aveva compreso quale fosse la perfida tecnica appena elaborata dal Lupo del Ragnarok.

 

Tutto il campo di battaglia era attraversato da Gleipnir, la più fine ed indistruttibile catena mai creata: era fissata ad ogni rupe, al terreno, e persino alle pareti dell’arena. Nel complesso formava un’invisibile ragnatela che non si limitava semplicemente a circondare Guy Fawkes, ma anche di non lasciargli alcun punto in cui potesse essere al sicuro.

“Da quel che ho potuto vedere fin’ora…” Iniziò il Lupo: “Dèi ed umani, quando muoiono, sono simili. Entrambi sanguinano, cadono al suolo, e posseggono anche una certa gloria in quel momento… l’onore di essere morti in questo torneo, combattendo per l’orgoglio della propria stirpe. Però…!”

I suoi denti si serrarono in un ringhio selvaggio, deformando i lineamenti del suo viso per far trasparire tutta la sua furia e minacciosa potenza:

“In realtà quando moriamo non c’è nulla! Non esiste gloria dopo la morte, non esiste alcun messaggio che si tramanda, e non c’è nulla di bello in una vita che si estingue! Per questo io non voglio morire: non voglio diventare nulla! Non sparirò nell’oblio!”

Quel discorso lasciò spiazzati sia déi che umani, rendendoli partecipi di una realtà che solo chi combatteva in quell’arena poteva comprendere: il vero significato di vivere o morire.

Guy, di tutta risposta, si prese il moncone sanguinante con l’altra mano, e a capo chino disse: “Ah, e così vorresti lasciare a me il compito di diventare nulla? Bhe, almeno non valuti la possibilità che io possa arrendermi, e questo dimostra il tuo rispetto verso di me… grazie…”

Ma quando sollevò la testa, sul suo volto non c’era affatto un’espressione accondiscendente come le sue parole. Il suo viso deformato mostrava qualcosa di molto simile ad una smorfia beffarda, confusa però con rabbia e pura follia.

“Grazie tante, eh! Stronzo!” Urlò, colmo di disprezzo, e così il duello riprese.

 

Come prima mossa il britannico sollevò il braccio ferito in aria, dipingendo un arco con le gocce di sangue che ne schizzarono. Dopo aver aspettato un secondo, si chinò fino a terra ed avanzò in corsa.

“C-Cosa sta facendo Guy Fawkes?!” Si domandarono gli annunciatori, osservando l’avanguardia dell’umanità continuare a danzare nel campo di battaglia, spostandosi di qua e di là secondo un percorso apparentemente casuale e molto complesso.

Tuttavia, il dettaglio più importante, era che prima di compiere qualsiasi movimento lui spruzzasse stille di sangue fuori dalla sua ferita.

“Usa… il sangue?!” Persino il maestro delle spie Lord Cecil rimase a bocca aperta dallo stupore.

Per quanto un filo sia sottile ed invisibile, una goccia potrà comunque poggiarsi al di sopra. Per questo motivo, all’alba, anche le ragnatele più fini sono visibili, siccome la rugiada le ha bagnate.

In una situazione estrema ed apparentemente senza via di fuga, Guy Fawkes si era adattato alla tecnica finale del suo nemico, sfruttando la propria menomazione per mostrare la strada che lo portasse alla vittoria.

-Ma allora perché… ?-

Corse, evitando la morte come se fosse un gioco da ostacoli, ed infine poté dire di essere arrivato di fronte al suo avversario.

-Perché… ?-

Erano l’uno di fronte all’altro, e mentre il Lupo non possedeva più catene con cui difendersi, lui poteva vantare un’altra pistola nella sua mano intatta.

-Perché?! Perché mi guardi di nuovo con quegli occhi di ghiaccio?!-

La tensione per Guy era aumentata di colpo, raggiungendo in un secondo il grado più alto e folle possibile. Sentiva ogni suo muscolo, ogni sua fibra, ogni sua cellula, tremare dalla preoccupazione.

Era in pericolo.

Riusciva a veder il suo sguardo mortificato dall’ansia riflesso negli occhi glaciali di Fenrir, il quale improvvisamente era ritornato alla sua postura rilassata, ma allo stesso tempo insormontabile.

 

Non lo vide. Nessuno lo poté vedere, se non Odino.

Qualcosa di staccò dal corpo di Fenrir: fu un filamento formato dalla sua stessa essenza, leggero, capillare, che sferzò l’aria per poi diramarsi in tanti raggi, come i petali di un fiore che sboccia.

“Gleipnir!”

La pelle ed il vestito di Guy Fawkes iniziarono a venir decorati da sottili tagli, i quali man mano si estendevano in lunghezza come tantissime fessure.

E fu allora che il Grande Padre nordico lo comprese: quella catena usata per imprigionare e sigillare la forza di Fenrir si era intersecata così tanto nel suo corpo, da venir letteralmente assorbita dalla carne.

La vera natura della forma Senza Catene era quindi quella di potersi liberare da Gleipnir, per poi controllarla.

In quella frazione di secondo Jormungandr, Skǫll e Hati si tesero, mentre Loki ampliò il suo subdolo sorriso.

 

-Non posso arrendermi…!-

Poco prima che la tempesta di fili lo facesse definitivamente a pezzi, Guy sentì ammontare dal profondo del suo cuore un turbinio di forza e speranza.

Le lacrime gli scorrevano ai bordi dei suoi occhi, su di una pelle ustionata ed irriconoscibile.

Diversi tagli gli squarciarono la carne, amputandogli una gamba, poi un orecchio, ed infine percepì qualcosa stringersi attorno al suo braccio armato.

-Non posso arrendermi!- Urlò dentro la sua testa, sollevando proprio quel braccio e riuscendo a premere un dito sul grilletto della pistola, prima di farselo recidere di netto.

Il boato dello sparo non fece nemmeno in tempo a risuonare.

Il proiettile sorvolò la breve distanza che lo separava da Fenrir, e lo colpì: collise precisamente sul suo pugno, un colpo che era stato sferrato così velocemente da intercettarlo a pieno.

La pallottola riuscì a perforare parte della carne, ma dopodiché l’impatto con l’osso bastò per assorbire l’impatto, e la velocità del braccio di Fenrir fu capace di respingerla con potenza triplicata.

Il britannico non riuscì neppure a vedere cosa fosse successo, perché era avvenuto tutto troppo in fretta.

Si accorse di come il suo piano avesse fallito solo quando il suo stesso colpo lo centrò in petto, facendo schizzare sangue ovunque attorno a sé.

 

-Ma sei… sicuro… che io mi sia arreso, Lupo del Ragnarok?-

Non vacillò e non cadde. Il suo liquido vitale era spruzzato nell’aria, ricadendo sulla trappola mortale ed invisibile che tanto aveva temuto fin’ora.

Stille rosse percorrevano Gleipnir, sospese apparentemente a mezz’aria come stelle cremisi nel cielo.

-Allora… non mi hai capito per niente…-

Ancora una volta, da una situazione del tutto imprevista, l’uomo aveva saputo cogliere il momento propizio per adattarsi e non annegare nell’oblio. Per l’ultima volta il suo cervello aveva combattuto con tutte le sue forze, strappando una strategia anche da quel momento così vicino alla parola “sconfitta”.

-IO NON POSSO PERDERE!-

 

Masutatsu Oyama, che per tutto quel tempo aveva assistito allo scontro, venne attraversato da un brivido.

“Nell’aria…” La sentiva tremare, così come tremava la sua mano, quando la guardò. “… questa sensazione!”

La percepì anche tutta l’umanità, al punto da non riuscire più a restare ferma e seduta. Dovettero alzati, scossi da una vibrazione che nasceva dentro di loro, e che li portò presto ad urlare.

E Fenrir, così vicino alla fonte di tutta quell’energia, ne venne sovrastato, sommerso, ed infine invaso.

Era un’onda, un calore, una forza inarrestabile. E, ancora una volta, era luce.

Intanto Guy Fawkes brillava di quella luce intensissima, sprigionata non da un marchingegno, o da un’arma moderna, bensì dall’interno del suo corpo.

-Vivere o morire… queste parole non hanno concretamente nulla in comune con la vittoria.-

I suoi abiti neri non bastarono a contenere lo splendore di cui stava sfolgorando. In particolar modo, quell’energia termica si concentrò sulla parte inferiore del suo corpo, diventando sempre più accecante.

-C’è chi vive una vita non concludendo nulla, e chi muore insoddisfatto. C’è chi è appagato da quel che fa fino alla fine, e chi termina la propria vita con il sorriso sulle labbra. E allora…-

La strada attraverso Gleipnir era stata mostrata.

-E allora…-

L’intero corpo di Guy esplose, partendo dalle gambe, le quali servirono da propulsore per scagliarlo contro Fenrir con la velocità di una supernova.

“Farewell and Godspeed!”

-E ALLORA CHE MALE C’È NEL VINCERE AD OGNI COSTO?!-

Il Lupo del Ragnarok sbarrò gli occhi, diventando microscopico al cospetto di tanta luce sfavillante, di tanto calore, e di tanta sconsiderata follia.

 

Fu la bomba più potente che l’umanità avesse mai conosciuto.

Un perfetto connubio di onnipotenza, spietatezza e crudeltà. Questo perché, quando l’uomo creò gli esplosivi, non lo fece affatto per l’onore, bensì per sbarazzarsi del proprio avversario nel modo più orribile che fosse stato concepito. Secoli e secoli di evoluzione hanno portato a nient’altro che il perfezionamento di certi ordigni, al punto che qualsiasi uomo con abbastanza denaro può permettersi di minacciare la Terra.

Mentre il suolo tremava, la barriera magica del Ragnarok finalmente si infrangeva, e così anche il cielo poteva venir investito da quella colonna di fuoco e fumo nero, tutte le divinità provarono paura.

Guardarono gli umani non più come piccoli esseri fastidiosi, alla stregua di innocue formiche, bensì come una specie che li aveva di gran lunga superati sotto un fattore che loro non avevano mai potuto conoscere.

“Il Male.” Decretò una voce che mai nessuno aveva udito.

Apparteneva ad un ammasso di disordine cosmico, l’origine di tutto e niente: Chaos, il silenzioso membro del Concilio degli Dèi. Per la prima volta nella sua vita, che non aveva mai avuto inizio e mai avrebbe avuto fine, parlò per riconoscere all’umanità qualcosa in cui avevano eccelso.

E la colpa era di nessun’altro, se non che loro.

 

 

Angolo Autore:

Welcome back!

Oggi per la prima volta faccio un aggiornamento serale!

So bene la domanda che più vi affligge… come sarà finito lo scontro?! Dovrete aspettare una settimana (19 Luglio) per scoprirlo. Nel prossimo capitolo avrà anche inizio l’ottavo scontro, spiegando anche il cliffhanger con cui ci siamo lasciato nello scorso capitolo.

Intanto, ditemi le vostre supposizioni, ma soprattutto se e perché vi è piaciuto questo settimo scontro.

Ah, e aperta e chiusa parentesi, qualche fan di Hunter x Hunter potrebbe aver colto nel finale un mio piccolo tributo all’opera, o meglio ad una tematica da essa affrontata: il diabolico potenziale umano, impiegato nel produrre armi di distruzione di massa.

Il personaggio di Guy Fawks non voleva rappresentare nient’altro che questo: un uomo disposto a vincere una guerra è pronto a farlo a qualunque costo, ed utilizzando qualsiasi mezzo di cui disponga.

Nel caso vi interessasse la mia opinione al riguardo in quanto autore, io sono assolutamente pro al disarmo nucleare, e sulla precisa tematica dell’utilizzo di certe armi nel mondo la darei volentieri vinta agli dèi per l’estinzione della razza umana.

E voi? Da che parte state: dèi o umani?

Alla prossima!

   
 
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