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Autore: manpolisc_    05/08/2020    1 recensioni
•Primo libro della trilogia•
Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cittadina tra il Nevada e la California. La sua vita non è mai stata semplice: è stata definita pazza per le cose che vede e alle quali la gente non crede, che l'hanno portata a sentirsi esclusa. Solo l'arrivo di una persona come lei riuscirà a farle capire di non essere sbagliata, ma solo diversa. Scoprirà la sua vera natura e dovrà decidere del proprio destino.
Dal testo:
- È solo un bicchiere che è caduto. - Mormoro. Mi guarda, accennando un sorriso divertito.
- E la causa della sua caduta è solo qualcosa alle tue spalle, che brancola nel buio, pronto ad ucciderti. -
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 26

- Harry, fermo. - Gli ordino, cercando di farlo arrestare mentre indietreggio. June rimane vicino alla porta con un sorriso stampato in faccia. Ci manca solo che immortali questo momento per il suo album fotografico intitolato "E così fu uccisa dal migliore amico del ragazzo che le piace". Okay, devo concentrarmi. Iniziare a perdere tempo con certi pensieri sarcastici in stile Thompson non mi aiuterà, però non ho idea di cosa fare per fermarlo. Le mie parole sono vane: Harry continua a camminare verso di me tenendo stretto, in un pugno, il coltellino. Non avrei mai pensato di dirlo, ma l'unica soluzione è June. Devo guadagnare minuti e farla parlare per escogitare qualcosa. In questo modo potrebbe tenere a bada il dampiro. Non sono certa che le importerà delle mie domande, ma ormai non ho nulla da perdere, e provare non mi costa niente. - Sei una strega. - Dico nel modo più sereno possibile. - Non avresti dovuto esitare sul fatto che Jackson fosse un Elementale. - Solleva una mano e comanda a Harry di fermarsi, che subito obbedisce. Alza le sopracciglia, forse stupita dal fatto che, in una situazione del genere, mi possa interessare questo dettaglio.
- Sono una persona che deve essere sicura completamente delle scelte che compie. - Non appena mi risponde, abbassa la mano, pronta a sguinzagliare Harry, ma per fortuna non lo fa, bloccata dalla seconda domanda da parte mia.
- E per il nome? - Inclina di poco la testa, confusa per ciò che le ho chiesto. - Intendo dire... in tutto questo tempo, hai mantenuto lo stesso? -
- Beh, certo che no. Non sono così stupida da non cambiarlo dopo secoli. -
- Qual è il tuo nome originale, allora? - Non me ne frega nulla, sinceramente, ma farla distrarre potrebbe aiutare. Almeno penso a qualcosa per far riprendere Harry nel frattempo, ma purtroppo non ho idee. Però, adesso capisco perché, quando gli è possibile, fa quelle battute idiote che si potrebbe risparmiare: guadagna tempo.
- Imogen Foster. - Cerco di trattenere una risata per il modo in cui ha pronunciato il suo nome, ma lei comunque ha notato la mia espressione divertita, cosa che la fa arrabbiare ancora di più. - Mi stai solo facendo distrarre, ragazzina. - Mi rimprovera, furiosa. Dal piano di sotto si sente un tonfo, causato di certo dai ragazzi, che la fa ringhiare. - Mi sarei voluta godere lo spettacolo, ma ho degli scimpanzé come ospiti a cui badare prima che mi distruggano la casa. - Harry si gira a guardarla, attendendo i suoi ordini. Dovrei fare qualcosa in questo momento: è distratto e potrei togliergli il coltellino, ma se fossi troppo lenta? La velocità non è la mia specialità, mentre i riflessi pronti sono la sua, e ciò potrebbe uccidermi. Mentre cerco di venire a capo di questa situazione, la strega gli fa segno di attaccarmi. Non se lo fa ripetere due volte e s’incammina nella mia direzione. Mi avvicino ancora di più al muro fino ad appoggiarmici contro. Stavolta nessuno mi aiuterà. Non ci sarà Albert a salvarmi come con quello Skinwalker, né Jackson come negli spogliatoi o in quel vicolo. Non ci sarà nessuno per me.
Faccio esplodere una fiamma sulla mia mano e la allungo verso di lui, facendo attenzione a non bruciarlo. Non è mia intenzione ferirlo sul serio, solo farlo retrocedere.
- Non costringermi a farlo. - Dico con voce tremante, ma lui sembra non avere paura per nulla, e ciò mi causa parecchi problemi. Se non si tira indietro, dovrò attaccare, e non voglio farlo. Ero sicura di tante cose, eppure sono solo confusa adesso. Non avrei mai pensato che l'unica colpevole per la morte di Harry potessi essere io; mai pensato che, quando lui mi ripeteva più volte che, se avessi dovuto scegliere tra la vita del mio nemico e la mia, avrei preferito salvare la mia. E, ora come ora, sarei capace di ucciderlo pur di non morire. Ho i crampi alla pancia. Lui sa bene che non gli farei del male e che non userei mai gli elementi su qualcuno, e lo pensavo anch'io, ma non ne sono più così sicura. La fiamma sulla mano si estingue da sola a causa di un forte dolore allo stomaco che mi fa deconcentrare. Non so cosa mi stia succedendo, ma sembra che qualcuno si stia divertendo a prendere a pugni le pareti del mio intestino. Le mani bruciano, ma non a causa dei tagli, sebbene non abbia la garza. Vorrei evitare di credere che mi stia sovraccaricando. È strano da pensare, ma può accadere, e questa non è la prima volta. Già la settimana scorsa avvenne la stessa identica cosa mentre mi esercitavo in camera, sebbene lì stessi quasi per usare due elementi contemporaneamente, cosa che nessun Elementale può permettersi di fare se vuole rimanere in vita. Tra l'altro mi era venuto un mal di testa assurdo, mentre ora ho solo un dannato bisogno di sedermi e cercare di ragionare, ma in una situazione del genere la razionalità che rimane è ben poca, soprattutto con i nervi tesi. Provo comunque a inginocchiarmi a terra e, con un ultimo sforzo, ad alzare un muro di fuoco tra me e lui. Questo, però, si estingue immediatamente, lasciando solo una striscia di fuliggine sul pavimento. Mi rimetto subito in piedi, a fatica. Sono furiosa per il fatto che sia debole quando bisogna essere forti; furiosa perché sono costretta ad uccidere Harry per salvarmi la pelle e, soprattutto, furiosa con me stessa per essermi arrabbiata con Jackson senza pensarci due volte, quando invece dovevo realizzare che c'era qualcosa che non andava.
June mi osserva in silenzio, cercando di capire cosa mi stia succedendo. Lancio un piccolo urlo a causa dell'ennesima fitta allo stomaco, decisamente più acuta delle altre. Nel frattempo Harry si avvicina troppo, ancora con quello sguardo perso ma deciso. Mi blocca al muro, tenendomi ferma con un gomito sotto il mento, proprio sopra la gola. Gli potrei dare un calcio tra le gambe, ma questo servirebbe solo a ritardare (e successivamente peggiorare) la mia morte, non a salvarmi. - Thompson, non costringermi a usare il fuoco. - Lo avverto con un filo di voce, non riuscendo a respirare bene a causa del suo braccio. Nel frattempo avvicino una mano al suo fianco. Se è l'unico modo, allora è meglio ucciderlo subito. Se dovessi morire, nessuno sarà in grado di fermare June, soprattutto con Harry dalla sua parte. E non riesco a credere che stia prendendo davvero in considerazione l'idea di bruciarlo vivo. Questa non sono io, non sarei dovuta mai essere così. Dal piano di sotto si sente un botto, seguito da altri. June sospira, spazientita.
- Le fiere dell'Ottocento erano più silenziose! - Urla, irritata, dopodiché sparisce in una piccola nube di fumo nero. La lama del coltellino, a contatto con la mia pelle, mi procura dei brividi di freddo, così come il suo fiato caldo sul collo quando avvicina il volto al mio orecchio. Allontano la mano dal suo fianco, abbandonando definitivamente l'idea di fargli del male. Non posso ucciderlo, non ci riesco. Preferisco morire io al suo posto. Non potrei vivere con un ricordo del genere e lui non si merita una fine così crudele. Ci sono altri cacciatori, altri Elementali; qualcuno potrebbe occuparsi della faccenda. Ad esempio Luke: uccidere la strega sarebbe un ottimo modo per ricambiare il favore.
- È andata via? - Mi chiede in un sussurro. La sua presa si allenta lievemente sulla mia gola, permettendomi finalmente di inspirare una buona quantità di aria. Annuisco per rispondergli mentre si allontana e ripone il coltellino in tasca. Passo a tenermi stretto lo stomaco, cercando di fermare quelle fitte, mentre lo guardo confusa e turbata.
- Harry? - Lo chiamo per assicurarmi che non sia qualche tipo di scherzo di Imogen, ma lui si gira e mi guarda, forse aspettando una frase che non uscirà dalla mia bocca. Nel frattempo il mio stomaco sembra darmi pace per un momento. Odio il troppo nervosismo che arriva a causarmi dolore.
- Che cosa aspetti? – M’incita con un sopracciglio alzato. - Muoviti che dobbiamo fermare June, Imogen... o qualunque sia il suo nome. - Rimango vicino al muro, non avendo intenzione di allontanarmi. Un minuto prima è mio amico, l'attimo dopo di June per poi essere nuovamente dalla mia parte? Non oso avvicinarmi, timorosa che questo possa essere l'ennesimo trucco della strega. - Sharon! - Esclama per farmi muovere.
- Non mi metterai al muro anche questa volta! - Gli urlo contro. È un altro scherzo, ne sono sicura. È impossibile che sia riuscito a resistere al suo sguardo e, specialmente, alla sua lingua ammaliatrice.
- Sono io, muoviti! - Continuo a fissarlo, ancora diffidente delle sue parole.
- Ma... ma tu volevi uccidermi e... - Lui sospira, di certo stanco di sentire ancora i miei balbettii per la confusione. Sono sicura che mi sta prendendo in giro. Non è vero che non sta ancora eseguendo gli ordini di June. Conosco benissimo i modi del moro per truffare le persone, soprattutto quando deve ucciderle, e June è stata chiara su questo punto. Potrebbe star facendo finta di non essere ammaliato, e questo è solo un trucco per farmi credere il contrario affinché mi fidi di lui e mi possa ammazzare. Tuttavia, sarebbe comunque inutile questo spettacolo dato che ormai doveva solo strisciare il coltello sulla mia trachea. Diamine, mai qualcosa di chiaro nella mia vita; deve essere sempre tutto così confuso.
- Si chiama recitare, Sharon. Recitare. - Con l'indice e il pollice, allarga bene la zona intorno all'occhio e, con le stesse dita dell'altra mano, cerca di estrarre qualcosa dall'iride. Poi fa la stessa cosa all'altra. Lo guardo con espressione arricciata, leggermente disgustata dal suo gesto. Dopo aver poggiato qualcosa di trasparente, a tratti invisibile, sul palmo della mano, si avvicina e me lo mostra.
- Sono delle lenti a contatto? - Chiedo confusa mentre lo guardo negli occhi e lui annuisce.
- Ho scoperto che sono ottime contro l'ipnosi. - Spiega e, notando la mia espressione ancora turbata, sospira. – Che cosa credi? Che sarei venuto fin qui impreparato? Benvenuto nel mondo dei cacciatori, Sharon Steel. - Sul suo viso affiora un sorriso furbo mentre lascia cadere le lentine a terra e si pulisce le mani.
- Ecco perché non hai neanche utilizzato l'invisibilità. Avresti potuto senza problemi. - Mormoro. In effetti, non ha fatto per niente uso delle sue abilità speciali, con cui avrebbe subito ucciso la strega.
- Sapevo che avrebbe usato l'ipnosi su di me e ho voluto sfruttare questa situazione a mio vantaggio. -
- Sei stato troppo positivo, Harry. - Scuoto la testa e incrocio le braccia al petto. - Non avevi la certezza che ti avrebbe ammaliato e che sarebbe successo qualcosa che l'avrebbe fatta allontanare. È stata una fortuna che di sotto la festa stia degenerando, altrimenti cosa avresti fatto se non se ne fosse andata? Mi avresti davvero ucciso?! - Non dovrei arrabbiarmi in quanto sono stata più egoista di lui: non ho esitato neanche un secondo a preferire la mia vita alla sua. Comunque avrebbe dovuto informarmi di quest'altra parte del piano, cosa che invece mi ha tenuto nascosta. Si è limitato solo a dirmi che avremmo cercato June, l'avremmo uccisa, avremmo salvato Jackson e saremmo andati via.
- Tu sicuramente non avresti ucciso me, infatti sono ancora vivo. E poi non sono tanto stupido, ho pensato a tutto. - Mi tranquillizza con un sorriso entusiasta in volto, cosa che, sì, in un certo senso mi rasserena. - Sapevo che mi avrebbe ammaliato perché adora avere il controllo sulle persone, l'hai detto tu stessa. Sarebbe stato perfetto avermi dalla sua parte. E ho fatto bene a svegliare stasera quei folletti che addormentammo insieme. Hanno allontanato June, infatti, e ci daranno il tempo necessario per cercare Jackson e portarlo via di qui. Sicuramente lo tiene rinchiuso in qualche camera. Non lo avrebbe lasciato girovagare in una casa con tutta questa gente. - Lo guardo, sorpresa ed affascinata allo stesso tempo. Credo che questo sia stato l'esempio migliore che avrebbe mai potuto darmi per farmi capire bene ciò che disse una volta, durante un allenamento: “Non soffermarti solo sulle debolezze del tuo avversario per ucciderlo, ma cerca di diventarlo per distruggerlo”. Ha ancora un sacco da insegnarmi se ha pensato a un'idea che, personalmente, reputo geniale.
- Aspetta. - Freno l'entusiasmo appena mi rendo conto che il piano di sotto è invaso da creature a piede libero. - La casa è piena di folletti? -
- Tranquilla. Non fanno del male a nessuno. E poi, ci pensa Albert a loro. - Gli lancio un'occhiataccia.
- Avevamo detto di lasciarlo fuori da questa storia. -
- Infatti non gli ho spiegato nulla. - Replica con un ghigno beffardo in volto. Avrei dovuto immaginare che l'avrebbe solamente soggiogato, sicuramente sulla strada per raggiungermi dopo che ci siamo separati. E capisco anche perché abbia voluto dividersi e abbia scelto lui di andare fuori in giardino: doveva occuparsi dell'altra parte del piano che ha tenuto per sé. Spero solo che i folletti non gli causino davvero problemi e che non sia costretto a ucciderli, ma credo che Harry gliel'abbia chiaramente vietato. L'ultima volta, quella sera dopo il cinema, è stato lui a decidere di addormentarli.
- Bene, allora cerchiamo Jackson. - Guardo Harry abbassare la maniglia, intenzionato a uscire, ma la porta non si apre. - È chiusa a chiave. Non riuscirai a... - Non mi dà il tempo di finire la frase che la butta giù con una spallata dopo aver preso una piccola rincorsa. - ... aprirla. - Sospiro per i suoi modi, seguendolo fuori. Almeno siamo liberi, e spero che June non ci abbia sentito. - E poi, come facevi a sapere che le lentine sono efficaci contro l'ipnosi? - Cominciamo ad aprire diverse porte e a controllare con attenzione ogni stanza. Mi chiedo che cosa se ne faccia dal momento che abita da sola, o almeno credo. Forse le ha costruite solo per confondere la gente, e direi che ci sta riuscendo bene dato che non sappiamo dove tenga Jackson.
- Ti prego, stai parlando con uno che soggioga anche un pasticciere per avere un biscotto. -
- Questo non spiega la tua sicurezza sulla loro efficacia. -
- Quel pasticciere aveva le lentine e non mi diede il biscotto. - Sbuffa. - Sei contenta ora? - Accenno una risata e chiudo l'ennesima porta, abbastanza delusa. Jackson sembra essere sparito. Ne apro un'altra subito dopo, ma anche questa è vuota. Non so per quanto tempo quei folletti riusciranno a trattenere Imogen, ma dal chiasso che proviene dal piano inferiore, sembrano svolgere un buon lavoro.
Quando apro l'ennesima porta in quel corridoio, la prima cosa che vedo è un ragazzo seduto su una sedia, vicino ad un'enorme finestra priva di tende. Se non fosse per questa, e la luce della Luna, la stanza sarebbe completamente buia. Oltre a Jackson, ci sono un comodino e un piccolo letto dall'altro lato della camera. Rimango sull'uscio della porta, indecisa se entrare o meno. Lo Gnomo indossa la sua semplice maglietta bianca a maniche corte, gli stessi jeans strappati sulle ginocchia che aveva il primo giorno in cui lo vidi e le sue Converse nere. La luce della Luna gli illumina il volto pallido mentre tiene lo sguardo fisso su di essa, come incantato.
- Jackson... - Mormoro intimorita per fargli realizzare che sono qui. Lui si gira debolmente, mostrandomi delle piccole borse sotto gli occhi, e mi sorrise in modo inquietante.
- Ciao Sharon. - Mi saluta cordialmente, cosa che lo rende ancora più strano di quanto non lo sia già. - Tutto bene? - Non c'è bisogno che dica che questa versione di Jackson mi fa persino più paura di quella da indifferente. Non è mai stato così normale nei miei confronti. Non pensavo che l'avrei detto, ma preferisco quella versione arrogante, fredda e presuntuosa a questa. Almeno sapevo che con quella lui era davvero se stesso, ma ora è solo freddo, inquietante, addirittura inesistente. Harry si affretta a raggiungermi appena mi nota paralizzata davanti alla porta. Jackson si alza dalla sedia e va ad accendere la luce, permettendoci di vedere meglio.
- Sto bene. - Rispondo, cercando di mantenere un tono calmo dopo aver deglutito a causa della gola secca. - Tu come stai? - Penso sia la cosa più adatta da dire adesso: sembra stravolto in qualche modo. Harry, con tutta la finezza che non possiede, mi sposta per entrare in camera, dopodiché afferra Jackson per la maglia e lo strattona per farsi seguire verso l'uscita.
- Mitchell, so bene che sei completamente fuso, ma dobbiamo sbrigarci. - Il biondo gli sorride di nuovo in quel modo bizzarro e gli afferra il polso, lo stringe con forza e lo ruota, costringendo anche il braccio allo stesso movimento. Harry, appena capisce le sue intenzioni, si libera subito, allontanandosi di poco, e lo fissa incredulo. - Sei impazzito? Stavi per rompermi il braccio! - Jackson nel frattempo scoppia a ridere.
- Le tue braccia? Rompersi? Ma tu non sei il forte e veloce Harry Thompson? Nessuno riesce a farti del male sul serio, nonostante una vecchia strega ti abbia quasi ucciso. - Continua a sogghignare forte mentre io corrugo la fronte, perplessa. Sembra ubriaco. Ora ho una prova in più per credere che non sia in lui. Non sta affatto bene. Non so cosa gli abbia fatto June, ma la pagherà in qualche modo. Mi fa quasi male vederlo così. Harry, dalla sua espressione, sembra aver elaborato il mio stesso pensiero.
- Ma hai bevuto? - Chiede dopo. L'altro si passa una mano tra i capelli biondi e guarda l'amico, poi scuote leggermente la testa e gli sorride di nuovo in quel modo inquietante.
- No. Sto solo dicendo la verità. Non è vero, Harry? Vuoi sempre salvare tutti, eppure non ci riesci... - Schiocca la lingua più volte, sapendo che quello che sta dicendo è vero, e sembra che anche Harry lo sappia. Mi avvicino a loro prima che possano arrivare alle mani come l'altro giorno.
- Jackson. - Lui sposta lo sguardo su di me. - Non è il momento di litigare, okay? Dobbiamo andarcene via di qui. Ora. -
- Fottiti. - Mi dice, come se non avesse per niente udito le mie parole, poi si volta verso Harry. - E anche tu. - Blocco il dampiro prima che gli dia un pugno sulla faccia. Scuoto la testa mentre lo guardo negli occhi per fargli capire che non è il caso. Non ne vale davvero la pena: si vede chiaramente che Jackson non è in sé. Sarebbe inutile cominciare a prenderlo a pugni, non servirebbe a nulla. Il riccio si allontana da me e cerca di calmarsi mentre si passa le mani tra i capelli, spostando un piccolo ciuffo dalla fronte. Il biondo, invece, rimane fermo al suo posto, guardando entrambi come farebbe un bambino spaesato. Prima che possa aprire bocca di nuovo per cercare di farlo riprendere, una nuvola di fumo nero appare vicino a me e una mano, uscita da essa, mi afferra il polso in un modo così forte da trascinarmici dentro. Urlo e mi slancio inutilmente per allontanarmi da quella nube, ma Harry se ne accorge troppo tardi per aiutarmi. Prova a buttarsi verso di me per acciuffarmi, ma mi trovo già in un'altra stanza. Mi sento stordita, seppur non abbia fatto davvero nulla di stancante, ma credo che sia colpa della nuvola. In ginocchio vicino a un muro, legata a esso per mezzo di una corda di ferro incastrata a un chiodo nella parete, alzo lo sguardo verso l'alto: June è in piedi di fronte a me con le braccia conserte. La stanza è interamente in legno e priva di mobili. Non c'è neanche una finestra, solo una piccola luce al soffitto per permetterci almeno di guardarci in faccia.
- Il tuo amico è furbo, devo ammetterlo, ma io lo sono di più. - Ancora accigliata, si volta. Ora che si è un po' spostata, noto uno schermo addossato a una parete che mostra Harry e Jackson ancora nella camera di prima. - Sai cosa facciamo ora? - Mi sorride mentre mi lancia uno sguardo. - Guardiamo gli amici del cuore distruggersi l'un l'altro, ti va? -
   
 
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