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Autore: Severa Crouch    27/08/2020    5 recensioni
La redazione della Gazzetta del Profeta era in subbuglio come solo la notizia della morte di Albus Silente avrebbe potuto precipitarla. Il loro direttore, il vecchio Barnabas Cuffe, stava lavorando a un editoriale e i gufi con commenti, elegie e ricordi dell’illustre stregone del Wizengamot arrivavano in continuazione.
Rita guardò fuori dalla finestra del suo ufficio e si disse che era un periodo troppo bello per essere vivi, era troppo bello persino per rimanere chiusi in ufficio. Presto sarebbero fioccate in libreria le biografie sulla vita di Silente.
Avrebbe potuto anticipare tutti con un succulento instant book, come ai vecchi tempi.
La Piuma Prendiappunti le solleticò il mento e sorrise al pensiero del suo primo assistente. No, era riduttivo chiamarlo assistente, lui era molto di più, loro erano una squadra, un tempo, anche se persino definirsi una squadra sarebbe stato riduttivo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rabastan Lestrange, Rita Skeeter
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Lavoro di squadra

Rita Skeeter - Rabastan Lestrange

 

 

La redazione della Gazzetta del Profeta era in subbuglio come solo la notizia della morte di Albus Silente avrebbe potuto precipitarla. Il loro direttore, il vecchio Barnabas Cuffe, stava lavorando a un editoriale e i gufi con commenti, elegie e ricordi dell’illustre stregone del Wizengamot arrivavano in continuazione.

Rita guardò fuori dalla finestra del suo ufficio e si disse che era un periodo troppo bello per essere vivi, era troppo bello persino per rimanere chiusi in ufficio. Presto sarebbero fioccate in libreria le biografie sulla vita di Silente.

Avrebbe potuto anticipare tutti con un succulento instant book, come ai vecchi tempi.

La Piuma Prendiappunti le solleticò il mento e sorrise al pensiero del suo primo assistente. No, era riduttivo chiamarlo assistente, lui era molto di più, loro erano una squadra, un tempo, anche se persino definirsi una squadra sarebbe stato riduttivo.

 

*

 

“Sai che la McGranitt aveva una storia con un Babbano?”

“Salazar, che schifo.”

“Sapevo che avresti commentato così, Lestrange.”

Rabastan spostò lo sguardo dal camino della sala comune al suo viso: “Scommetto di non essere l’unico a pensarla in questo modo.” Rita continuò a passare le dita tra i capelli di lui che era pigramente steso sulle sue gambe e intento a giocare con la sua cravatta verde argento.

Rita sorrise tra sé e sé: “Sei disposto a scommettere?”

“Sì, scommetto che scoppierebbe un casino se saltasse fuori che la seria McGranitt si accoppia con la feccia babbana.”

“Scommessa accettata, Lestrange.”

“Se scrivi qualcosa sul tuo settimanale di gossip, voglio leggere l’articolo prima della pubblicazione. Voglio essere certo che non bari. So benissimo come si può influenzare l’opinione dei lettori.” Rabastan la osservava con il piglio diffidente di chi la conosce fin troppo bene, ma Rita, quella volta, non aveva nessuna intenzione di imbrogliare.

“Perché non scrivi tu l’articolo, Rabastan?”

I loro sguardi si incrociarono, vide il sorriso farsi largo sul volto di Lestrange e dirle: “Sarebbe la prima volta che lavoreresti in coppia.”

“C’è sempre una prima volta. Potrebbe piacermi.”

L’articolo di Rabastan era perfetto: ironico, divertente, piccante al punto giusto, in grado di solleticare la curiosità degli studenti senza cadere nella volgarità e nell’insulto gratuito alla professoressa di Trasfigurazione. Era uscito fuori un ritratto alternativo e decisamente più interessante della loro insegnante. Rabastan aveva raccolto le voci di festini negli spogliatoi del Quidditch e persino di comportamenti inappropriati nella chiesa in cui il padre Babbano della McGranitt celebrava le funzioni.

L’articolo sarebbe stato anonimo, non erano così sciocchi da calpestare apertamente i piedi dell’apparentemente algida insegnante.

Il giorno in cui Rabastan le aveva consegnato la copia dell’articolo, Rita lo aveva letto avidamente e il sorriso le si era allargato sul volto senza che potesse far nulla per impedirlo: era l’effetto che le faceva una piuma intinta nella perfidia e Rabastan sapeva essere decisamente perfido.

“Hai la stoffa del cronista, Lestrange,” gli aveva detto. Non aveva resistito alla tentazione di cambiare qualche virgola, spostare qualche parola e fare un paio di correzioni, ma erano talmente marginali che l’articolo poteva essere pubblicato senza bisogno di alcuna modifica.

“Ci penserò,” le aveva detto, prima che il patriarca dei Lestrange e la guerra si mettessero in mezzo e lui venisse chiamato a adempiere ai compiti che il suo status di aristocratico Purosangue di ‘sto cazzo gli imponeva.

 

*

 

Rita strizzò gli occhi e si riscosse da quei pensieri.

Era una giornata meravigliosa per essere vivi e troppo bella per rimanere chiusi in redazione. Si alzò di scatto dalla sedia e decise di uscire in strada. Sapeva dove trovare Rabastan e forse, adesso che tutto era cambiato dall’ultima volta, avrebbero potuto lavorare insieme.

La cosa che più le era mancato era il modo in cui entrambi festeggiavano la pubblicazione degli articoli e smaltivano l’adrenalina tra le lenzuola. C’era stato un tempo in cui la gioia della pubblicazione si mescolava con l’esaltazione fanatica di lui dopo una delle imprese di cui lei voleva sapere quel tanto che bastava da completare un articolo.

Rabastan era stato il suo amante, la sua migliore fonte sulle gesta di Lord Voldemort e sulle missioni dei Mangiamorte, uno stimolo per osservare la realtà da un punto di vista non convenzionale. Rabastan era anche una Piuma niente male, se non fosse stato distratto continuamente dai doveri verso la famiglia.

Camminò rapida fino al vecchio magazzino di Nocturn Alley in cui sperava di incontrarlo. Il rumore dei tacchi e il suo completo rosso fuoco attiravano gli sguardi della feccia dei vicoletti, molti la conoscevano e le sorridevano.

“Rita, vuoi una soffiata su un giro di calderoni rubati?” le domandò una strega sdentata.

“Non oggi, Abigail, sai dove posso trovare Lestrange?”

“Oh sei alla ricerca degli evasi… non sarai mica in combutta con gli Auror?” domandò perplessa.

“Ma ti pare? Voglio un’esclusiva! Dimmi dove posso trovarlo e qualche Galeone potrebbe finire nella tua tasca.” Fece un occhiolino di intesa alla strega che le mostrò un sorriso sdentato. “Al mercato nero, vicino lo spaccio di ingredienti illegali,” le sussurrò con l’alito che sapeva di aglio e occhi di Tritone. Rita annuì scostandosi dal fetore della strega, le mise tre Galeoni in mano e si diresse velocemente verso i magazzini. Sorrise al pensiero che lui era rimasto lo stesso.

Avrebbe riconosciuto Rabastan da lontano, anche dopo i quindici anni in cui non si erano visti. Il sorriso obliquo che comparve sul volto di lui non appena la vide le fece avvertire una morsa allo stomaco.

“A cosa devo questa visita?” le domandò scrutandola con i suoi occhi verdi. Portava ancora la barba e i capelli gli scendevano fin quasi le spalle. Era dimagrito molto ad Azkaban.

“Ho una proposta da farti,” gli disse, “come ai vecchi tempi.”

Rabastan si morse un labbro mentre continuava a scrutarla soppesando il da farsi. Diede una pacca sulla spalla al ragazzino che stava lì e gli disse: “Sarà per un’altra volta, Bob. Cambio di programma.” Si avvicinò a lei e le domandò: “Dove mi porti di bello?”

Rita alzò un sopracciglio osservandolo divertita, gli fece un occhiolino e sussurrò: “In un posto intimo.” Pochi istanti dopo, comparvero nel soggiorno della sua casa. Rita agitò la bacchetta e le tende bianche si chiusero lasciando filtrare la luce ovattata del giorno.

“Rosso fuoco e diretta al punto. Non sei cambiata affatto, Skeeter.”

“Avrei dovuto vestirmi di verde, come l’ultima volta,” gli disse.

“Sono tempi di guerra, non di speranza, il rosso è perfetto, è la tua natura,” le rispose Rabastan.

“Credevo che la mia natura fosse il verde, acido come la mia Piuma, e che il rosso sangue fosse la tua dimensione.”

“E allora perché le tue unghie e le tue labbra sono sempre così rosse?”

“Perché mi piace averti su di me, Lestrange.”

Rabastan si avventò sulle sue labbra e lei sentì nuovamente quel tremore alle ginocchia che la faceva vacillare ogni volta.

“Non mi scombinare la piega,” gli ordinò non appena lui infilò le dita tra i suoi boccoli ordinati. Seguì uno sbuffo divertito di lui e le mani scesero a sbottonarle la giacca e infilarsi sotto la camicetta. “D’accordo,” le sussurrò armeggiando con il reggiseno di lei, “preferisco scombinare altro”. Gli abiti volarono in ogni angolo di quel soggiorno, Rabastan la prese in braccio e la spinse contro la libreria, lei indicò la porta alla sua destra e finirono sul letto, lui che le arpionava i fianchi e l’attirava a sé.

Era dai tempi in cui il buon Gilderoy aveva registrato il record di vendite del suo ultimo libro che Rita non si faceva una scopata tanto soddisfacente. Rispetto ad Allock, che pretendeva di farlo davanti lo specchio, Lestrange la riportava ai tempi di Hogwarts, alle aule abbandonate e quell’amore assoluto e appassionato da ricordare quello dei romanzi. Erano con il fiato corto, il rossetto mangiato e un sorriso estasiato sul volto quando lui le domandò divertito: “Era questa la proposta che avevi in mente?”

Rita sorrise. “Non proprio.”

Si voltò su un fianco e incontrò lo sguardo di lui. Le mancava quel momento in cui dopo l’amore si trovavano a parlare nel letto. Erano così, loro due, prima si amavano e poi parlavano, poi finivano per litigare e poi tornavano a fare l’amore e così in un circolo infinito.

“Ho intenzione di lavorare a un instant book su Silente. Ricordi il tuo articolo sulla McGranitt?”

Rabastan annuì e un sorriso comparve sul suo volto.

“Ti andrebbe di darmi una mano? Ci sarà da convincere un po’ di fonti a sbottonarsi, documenti da consultare e altri da recuperare…”

“Come ai vecchi tempi?” le domandò mentre il sorriso si allargava sul volto di Rabastan. Sicuramente stava già pensando a qualcuna delle sue frasi ad effetto.

“Meglio dei vecchi tempi,” gli disse.

“Lo firmerai solo tu. Non ti farò finire nei guai,” le disse Rabastan scrutandola attentamente. Rita si tirò su e appoggiò la schiena contro il cuscino, gli fece un occhiolino complice e gli sussurrò: “Sarà il nostro piccolo segreto, ci stai?”

“Naturalmente.” Rabastan l’attirò nuovamente a sé, Rita si installò su di lui e ripresero a baciarsi e recuperare un po’ del tempo che Azkaban aveva fatto perdere loro.

Iniziarono a lavorare direttamente a letto, mezzi nudi, impostando il programma da seguire, le persone da ascoltare, ripercorrendo la vita di Albus Silente e dividendosi il lavoro. C’era una persona, fondamentale, da convincere a parlare e Rita sapeva che solo Rabastan aveva le capacità per convincerla a parlare: la vecchia Bathilda.

“Vuoi davvero cominciare da lei?”

“Certo, potrebbe morire da un momento all’altro!” esclamò Rita, “Sarebbe un vero peccato lasciarsi sfuggire la memoria della famiglia Silente.”

Rabastan le fece un cenno con la testa, si rivestirono e comparvero a Godric’s Hollow. Chiunque nel mondo magico sapeva dove vivesse la vecchia Bathilda, l’illustre storica della magia, vicina di casa di Albus Wulfric Percival Brian Silente e della sua insolita famiglia.

La vecchia strega aprì la bocca per lo stupore nel momento in cui Rita Skeeter entrò in compagnia di Rabastan Lestrange, molti rotoli di pergamena, e una Piuma Prendiappunti.

“Adesso vai in giro con i Mangiamorte?” domandò Bathilda.

“Che esagerazione! È un vecchio amico che mi sta dando una mano!” minimizzò con un gesto della mano. Rabastan era dietro Rita, in silenzio, con la bacchetta ben in vista. Sorrise alla strega e le disse: “Sono qui per ascoltare.”

Davanti la bacchetta puntata di Rabastan, Bathilda raccontò per filo e per segno la vita di Albus Silente, sviscerò tutti i segreti di famiglia che quella pettegola aveva accumulato nel corso della vita. Andarono via solo quando la storica ebbe risposto a tutte le domande, persino quelle più scottanti, come il rapporto del suo pronipote Gellert Grindelwald con Albus Silente, la strana morte di Kendra, la detenzione ad Azkaban del padre, per non parlare della triste sorte di Ariana Silente.

Più la strega parlava, più le labbra di Rabastan si incurvavano in un sorriso perfido, assumendo la forma che quelle di Rita cercavano di celare dietro un’apparenza rispettabile e professionale. A casa, tra le sue mura estremamente discrete, si sarebbe lasciata andare. Lo sapeva che partire da Bathilda era un’intuizione incredibile, che l’ossatura del libro era praticamente stata scritta quel giorno.

Nei giorni successivi, mentre adattavano le interviste al testo dei vari capitoli, Rita ascoltava altre fonti e Rabastan raccoglieva elementi per mettere in ridicolo coloro che continuavano ad elogiare quel vecchio babbanofilo di Silente. Per esempio, quel vecchio rimbambito di Elphias Doge era un illustre membro del Wizengamot e avevano dovuto minacciarlo di lanciare in un loch prima che si decidesse ad aprire bocca e parlare. Rabastan aveva ragione: la paura scioglie sempre la lingua.

Naturalmente, poi avevano dovuto praticare un incantesimo di memoria alle loro fonti, per evitare che andassero in giro a sproloquiare che Rita Skeeter intervistava la gente con il supporto di Rabastan Lestrange. Gilderoy le aveva insegnato il procedimento per ottimizzare l’Oblivion e con il tempo era diventata piuttosto brava: riusciva a rimuovere solo quello che c’era di sconveniente, lasciando il resto inalterato. Bathilda ed Elphias si sarebbero ricordati dell’intervista, ma non di Rabastan né delle minacce. Insomma, un lavoro pulito.

Il giorno in cui la biografia non autorizzata “Vita e menzogne di Albus Silente” era uscita al Ghirigoro, Rita si godeva la fila di acquirenti fuori dalla libreria dall’alto della finestra della sua casa in Diagon Alley. Aveva un sorriso raggiante sul volto.

“Alla fine hai scelto il completo verde per la copertina.” La voce di Rabastan arrivò dietro di lei anticipando la stretta intorno alla sua vita. Sentì il petto di lui contro la sua schiena e le dita che le sbottonavano la giacca, mentre lui si chinava a baciarla sul collo.

“Mi sembra quello più appropriato,” rispose continuando a guardare fuori. Rabastan le sollevò la gonna, sfilò le sue mutandine. “Continua a guardare i tuoi fan in fila. Il tuo libro farà il botto in classifica,” le sussurrò all’orecchio mentre entrava in lei. Rita trattenne ogni gemito, finse indifferenza mentre il suo intero corpo stava impazzendo per gli affondi di Rabastan. Lui le arpionava i fianchi e l’attirava a sé, nascosto dalla tenda, mentre lei era appoggiata al davanzale e vedeva la gente camminare per la strada con le copie del suo libro. Non avrebbe potuto sentirsi più realizzata nella sua intera vita.

Si alzò dal davanzale costringendo Rabastan a fermarsi, sistemò la tenda e gli fece l’occhiolino: “Che ne dici di aiutarmi a smaltire un po’ di adrenalina prima del firmacopie?”

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice:

Ciao a tutti!

Questa one-shot nasce dalle iniziative del gruppo Caffè e Calderotti di Facebook. In questo caso, il prompt è stato offerto da LadyPalma che mi ha dato l’occasione per tornare su una delle mie OTP di Harry Potter.  

Rita/ Rabastan. “Dovevo vestirmi di verde. Vestivo di verde l’ultima volta.”

Mi sono ricordata che Rabastan è appena stato liberato dopo la morte di Silente e quindi mi sono divertita a immaginarlo al fianco di Rita nella redazione del libro e come supporto per incentivare le fonti a parlare. Parlando di Rita Skeeter qualcuno proponeva di shipparla con Gilderoy Allock/Lockhart e mi è sembrato carino mettere un riferimento a questa ship che ha il suo perché.

Spero che la storia vi abbia divertito!

   
 
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