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Autore: H_A_Stratford    03/09/2020    4 recensioni
«Io…» mormorò Spencer ancora con la mano sulla maniglia della porta. Che fare ora?
Aveva pensato a tutta la notte alle parole della ragazza e in quel momento nessuno dei discorsi pre impostati sembravano funzionare.
«Ho realizzato che niente è normale tra di noi. Tu sei tu, io sono io e insieme… il caos cosmico» ammise la ragazza mordicchiandosi leggermente il labbro. Reid stava per ribattere sul caos cosmico ma si rese conto che non era il momento. Camminavano già abbastanza sui cocci per poter aggiungere carne al fuoco. Però allo stesso tempo non riuscì a trattenere un sorriso.
«E non voglio perdere quello che abbiamo, qualunque cosa sia» continuò guardandolo. «Prometto che ti lascerò tutto lo spazio che ti servirà, tu credi di poter creare un posto nella tua vita per me?»
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Spoiler ottava stagione. Non segue linearmente la serie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16
Tutti i grandi sono stati bambini una volta.
Ma pochi di essi se ne ricordano.”
Antoine de Saint-Exupéry
 
Athena non fece in tempo ad aprire la porta di casa di Spencer che un biondino di appena nove anni le corse incontro, saltandole letteralmente addosso. Era tornata in Virginia per il weekend, con solo un paio di ore di preavviso. Spencer era appena tornato da un caso a Seattle e così i due avevano colto l’occasione per stare insieme. Il tempo aveva insegnato l’arte dell’improvvisazione dato che non sempre i progetti a lungo o breve termine andavano sempre disfatti o modificati. 
«Henry!» lo rincorse dietro Spencer con ancora Michael tra le braccia. Stavano giocando tranquilli sul tappeto in sala quando Henry sentì la porta aprirsi, scattando subito in piedi, più veloce di un fulmine.  
La ragazza riuscì ad afferrare il bambino appena in tempo senza cadere rovinosamente all’indietro. Per fortuna aveva ormai decenni di esperienza con i bambini, tra cugini e amici di famiglia, era sempre stata circondata da piccoli umani.
«Ciao anche a te» disse poi in fine stringendo Henry tra le braccia, facendolo ridacchiare appena. «Sei mancato anche a me».
Spencer si grattò il retro della nuca con la mano libera, leggermente imbarazzato e a corto di scuse. JJ gli aveva chiesto se potesse tenere i bambini quella sera e aveva inconsciamente evitato di dirlo ad Athena. Voleva certamente passare la serata da solo con lei, per recuperare il tempo perso, ma allo stesso tempo non voleva privarsi dei suoi nipotini.
«Sembra che lo zio abbia perso l’uso della parola» disse la bionda facendo scendere Henry dalle sue braccia dopo aver chiuso la porta dietro di sé. Non poteva essere arrabbiata con lui, ma almeno poteva avvisarla. Spencer in tutta risposta diede un piccolo colpo di tosse e si schiarì la voce.
«La babysitter ha annullato all’ultimo» si giustificò stringendosi appena nelle spalle. Michael poggiò la testa al petto dello zio e sfoderò uno dei suoi più adorabili sorrisi verso la ragazza. Il piccolo aveva appena due anni, quindi era impossibile per lui non risultare il più amorevole possibile, capace di sciogliere chiunque per la sua dolcezza.  
«Se il tuo piano era quello di farmi intenerire da questi due – iniziò a dire la ragazza avvicinandosi al fidanzato – potresti esserci riuscito» ammise sorridendo prima di lasciarsi un bacio sulla guancia. Spencer in tutta risposta scoppiò a ridere, era salvo.
«Oh, non cantare così velocemente vittoria» aggiunse la bionda facendogli l’occhiolino. Conosceva bene il ragazzo, sapeva benissimo che tenerlo sulle spine per tutta la serata sarebbe stata la vendetta giusta. 
«Ora andiamo! Devo farti vedere il mio disegno!» esclamò Henry prendendo per mano la ragazza e trascinarla al tavolo della cucina. Athena sorrise e scosse appena la testa. Sarebbe stata una lunga serata. Decisamente diversa da come l’aveva immaginata, ma era sicura sarebbe stata ugualmente bella. Era capitato solo altre due volte in precedenza che Spencer tenesse i bambini di JJ con anche Athena e si era creato un bel legame. Inoltre, sottovoce, JJ aveva dichiarato di essere contenta che finalmente ci fosse un adulto a controllare i tre bambini.
 
 
JJ aveva dato alla luce due piccole versioni di lei al maschile, questo era poco ma sicuro. Entrambi i bambini avevano i suoi capelli e occhi chiari, per non parlare della loro risata contagiosa. Certo, avevano qualche somiglianza anche con Will, ma erano più difficili da scovare.
Era stata dura convincere Henry a sedersi a tavola per cenare. Era come una molla, carico per raccontare ad Athena cosa aveva fatto nel tempo in cui non si erano visti. Come un vulcano in piena eruzione, parlava e gesticolava con grande enfasi, toccando appena il cibo.
Spencer e Athena avevano deciso di non rivelare mai a che livello di corruzione erano arrivati con il bambino per convincerlo a finire le verdure.
Occhio non vede, cuore non duole, giusto?
Michael al contrario era particolarmente tranquillo quella sera, tanto che dopo sera non si era staccato un secondo dalle braccia della ragazza. A lei non dispiaceva, era sempre bello ricevere incondizionate coccole da un cucciolo di appena due anni. Inoltre le dava la perfetta scusa per rimanere seduta sul divano a riposarsi. Aveva avuto una giornata a dir poco lunga e pesante, era rimasta senza energie.
«Tocca a te! Tocca a te!» esclamò Henry indicando allo zio il mobile contro il quale avrebbe dovuto contare. Ormai era una mezzora che giocavano a nascondino, alternandosi i ruoli.
Nonostante la casa di Spencer fosse sicura per i bambini, correndo erano riusciti a rovesciare una pila di libri, quasi rotto un vaso e Henry per poco non si era schiantato contro il muro per battere lo zio. Scontato precisare come Athena avesse perso trent’anni di vita in quell’attimo.
Athena e Michael invece si godevano la scena comodamente seduti sul divano, filmando di nascosto i momenti migliori. Ogni tanto il più piccolo si riprendeva e guardava le scene divertenti davanti a lui, ma ormai si era fatta l’ora per andare a letto e aveva iniziato a sonnecchiare.
«E questa volta non sbirciare!» aggiunse Athena puntando il dito contro il ragazzo. Cercava di essere seria ma la situazione era troppo divertente e adorabile per farlo. Henry la imitò e aspettò che lo zio si mettesse a contare per andarsi a nascondere sotto al letto.
Quando Spencer finì di contare, si girò verso la fidanzata in cerca di suggerimenti ma lei in tutta risposta fece spallucce.
«Oh, andiamo! Dovresti essere dalla mia parte» ridacchiò Spencer iniziando ad ispezionare la sala. Doveva ammettere che fare il babysitter con Athena era molto più divertente, vederla con i bambini aveva scaturito qualcosa di nuovo dentro di lui.
«Mai!» ribatté lei divertita. Michael sbadigliò e si strinse al petto della ragazza, cercando la posizione migliore per dormire. Athena abbassò il viso e gli lasciò un bacio tra i capelli e tornò ad accarezzargli delicatamente la schiena.
«JJ dovrebbe arrivare a momenti» disse Spencer facendo un cenno della testa verso il piccolo per poi tornare a impegnarsi nella ricerca del nipote.
«Speriamo tu riesca a ritrovare Henry prima di allora» rispose la bionda sorridendo divertita mentre con la mano libera gli fece segno di guardare nella direzione della camera.
Spencer mimò un ‘grazie’ con le labbra e andò a recuperare Henry, che ovviamente vinse la corsa per andare a fare tana.
 
 
«Credo di essere ufficialmente morta» disse Athena con fare drammatico mentre si metteva sotto le coperte. Spencer dal canto suo scoppiò a ridere e si sistemò meglio il cuscino.
«Esagerata» rispose lui guardandola diritto negli occhi.
«Perché non sai che ho fatto oggi!» ribatté la ragazza pizzicandogli il fianco. Spencer le prese la mano tra le sue e l’attirò a lui delicatamente. «Mh, meglio» mormorò lei in risposta appoggiandosi al suo corpo.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, godendosi la pace e l’innata tranquillità che sentivano quando erano nella stessa stanza con l’altro. 
«Tu vuoi figli?» chiese Spencer all’improvviso, spiazzando completamente la ragazza. Athena rimase in silenzio e poi alzò il viso nella per guardarlo. «Sinceramente? Passo da volere una squadra di football ad essere terrorizzata all’idea di averne uno» ammise Athena sistemandosi meglio nel letto. Era vero, si era sempre immaginata con delle piccole pesti in giro per casa, ma non poteva negare che una parte di lei avesse paura di tutta questa responsabilità. E del parto. Soprattutto del parto.
«E tu?» aggiunse notando che il ragazzo era rimasto in silenzio. Spencer a sua volta prese un respiro profondo.
«Due, forse» rispose Spencer accennando ad un piccolo sorriso. Quando era più giovane era terrorizzato anche solo all’idea dei bambini, ma con l’arrivo dei bambini di JJ, era arrivato anche un piccolo desiderio di paternità.
«Due mini Spencer? Che il Dio ci aiuti» ridacchiò la bionda divertita. Era inutile negare quando il ragazzo fosse bravo con i bambini, certo, a volte con atteggiamento particolare, ma sempre attento e amorevole.
«Ecco – iniziò a dire Spencer schiarendo la voce—forse dovrei parlarti di mia madre» non poteva rimandare ancora. Certo, le loro erano solo ipotesi lontane e fantasie, ma non poteva tenerla all’oscuro ancora per molto. Avere un figlio, il suo corredo genetico, non poteva farlo a cuor leggero.
Athena dal canto suo rimase in silenzio lasciandogli spazio. Non aveva mai parlato di sua madre, se non per dire che abitava ancora a Las Vegas.
«Mia madre è malata di schizofrenia, è ereditaria, questo vuol dire che…» lasciò morire la frase, sapendo che non sarebbe stato necessario concluderla. Athena non aveva bisogno di statistiche o discorsi particolari, lo sapeva bene, quindi aveva optato per qualcosa di semplice e diretto.
Reid sapeva benissimo che avrebbe dovuto dirlo prima, non lo aveva fatto mai intenzionalmente. Non si era mai creata l’occasione giusta e parte di lui aveva paura di un’eventuale allontanamento da parte di Athena lo terrorizzava. Soprattutto ora che si stava avvicinando ai trent’anni, età entro cui, in caso affetti da schizofrenia, si dovrebbe iniziare a manifestare i sintomi.
«Cosa ti fa pensare che il matrimonio genetico sia migliore?» disse la bionda spezzando il silenzio che si era creato. Sorrise appena e alzò il volto del fidanzato con due dita.
«Credi di riuscire a farmi scappare con questa notizia? – chiese mettendosi seduta sul letto, come per darsi un tono più serio—perché neanche così ci riusciresti» ammise addolcendosi un po’.
«Ti amo e questo non cambierà, genetica o non genetica, malattia o non malattia.»
   
 
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