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Autore: Chiara PuroLuce    11/09/2020    13 recensioni
Patty è sempre stata gelosa del rapporto di amicizia che lega Holly ad Amy, ma ora ha deciso di cambiare rotta.
Amy ha sempre cercato di avvicinare Patty, ma lei le si era sempre negata e con che grinta, ma se un bel giorno...
Una storia che tratta di un legame di amicizia, tanto insolito quanto vero che riserverà non poche sorprese alle due ragazze e non solo a loro.
Tratto dal prologo:
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…
«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»
«Come? E perché?»
«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Yayoi Aoba/Amy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ritiro della Nazionale Giovanile Giapponese. Dodici anni dopo. Venticinque anni.
 

 
«Patty, dove sei sparita? Ci servono degli asciugamani puliti. Subito!»

La voce alterata di Holly la raggiunse in magazzino, mentre stava pulendo i palloni. Eve e Susie erano in lavanderia, quindi perché quell’idiota non tampinava loro? Non gli rispose.
 
«Ah, eccoti qua. Prego, resta pure lì seduta, non ti scomodare» le disse una volta avvistata.

«Sono occupata, non vedi? Siamo tre manager, cercane una delle altre due e chiedili a lei.»

«Mi risulta che la capo manager sia tu, quindi, se c’è qualche problema, è affare tuo in primis, no? Vedi di muoverti, non abbiamo tutto il giorno per aspettare i vostri comodi.»

«Eveeeee» urlò quella in risposta «il grande capo qui ha bisogno degli asciugamani prima di subito.»

«Oh, cavoli, è già ora» disse quella comparendo tutta trafelata accanto al capitano «dammi due minuti e vi raggiungo al campo. Scusami tanto, ma…»

«Non ti preoccupare, sono cose che accadono» le rispose lui, con voce gentile e sorridendole.

Allora è proprio me che non sopporta, pensò Patty. E, stranamente, quel pensiero non le faceva più male da un pezzo.
 
«Gné, gné, gné» gli disse lei.

«Smettila con questo atteggiamento nei miei confronti» le rispose lui «ne ho piene le scatole di te.»

«Ma tu guarda, sentimento reciproco. To’, per la prima volta da anni ci ritroviamo d’accordo su qualcosa.»

«Sei snervante e inqualificabile!» tuono il numero 10.

«E tu sei così pieno di te stesso da non accorgerti che il mondo non gira più intorno a te. Il troppo successo ti ha dato alla testa. Le tue fan ti hanno annebbiato il raziocinio e il tuo ego è così grosso che non ci entrerebbe nemmeno in uno di questi dannati palloni!» gli ripose urlando e lanciandogliene addosso uno. «Ma non potevi rimanertene in Spagna?»

«No, ho sentito il bisogno di venire a romperti le scatole» le rispose.

«Be’, potevi anche farne a meno» gli confessò di rimando lei «ma non preoccuparti, presto non sarò più un tuo problema.»

«E… e perché mai?» gli chiese lui, con voce stranamente turbata.

Davvero gli importa? Ma figuriamoci. Ha reagito così perché preso in contropiede e non se l’aspettava, non da me, almeno. Forse credeva di avermi sempre a sua disposizione.
 
«Mia zia – in realtà era la zia di mia madre – è deceduta il mese scorso e mi ha lasciato il suo appartamento a Tokyo. Devo decidere cosa farne, ma nel frattempo mi trasferirò lì. Chissà, magari lo terrò. Lei era un tipo eccentrico e la sua casa la rispecchiava in pieno. Le ho sempre amate entrambe. Non mi dispiacerebbe viverci.»
 
 
 

Cosa stava dicendo, Patty? Voleva andarsene? Lontano da lui e forse per sempre? No, non era possibile. Ma come erano arrivati a questo punto. Come.
Ormai da troppi anni, il loro rapporto d’amicizia si era deteriorato. Da quel lontano giorno in cui l’aveva affrontata fuori dallo stadio, in merito al suo atteggiamento ostile con Amy.
Era cambiata. Patty, era tornata l’Anego che aveva conosciuto tre anni prima. Aveva dismesso la divisa femminile e, successivamente, anche i vestiti femminili che aveva iniziato a mettere. Era tornata ai pantaloncini, ai jeans, alle scarpe da ginnastica.
Per non parlare poi dell’atteggiamento. Più deciso, più strafottente e più menefreghista. Con tutti. Ma con lui ce l’aveva in modo particolare. Agli inizi aveva provato a chiederle una spiegazione, ma aveva capito in fretta che era meglio lasciare perdere e girarle al largo. Pensava che nel giro di qualche settimana si sarebbe ripresa, e invece… erano passai gli anni e lei era ancora così, se non peggio. Lui era partito per il Brasile il mese dopo la vittoria del terzo campionato, e lei non si era nemmeno presentata all’aeroporto per salutarlo. Era tornato due anni dopo e lei non c’era neanche quella volta. Poi era ripartito, per la Spagna e neanche in quell’occasione Patty era stata lì, c’erano tutti, ma lei no. Figuriamoci poi al suo rientro l’anno precedente, neanche a parlarne. E ora questo.

«Scommetto che non vedi l’ora. Starai sicuramente contando i minuti che ti separano dal liberarti di me, di noi.»

«No, Holly, solo da te» ammise lei con candore fissandolo seria negli occhi.

«Be’ che dire, ne sono lusingato, commosso addirittura» le rispose lui con sarcasmo.

«Bene, sono felice per te. E adesso, levati dalle scatole che devo lavorare.»

Eh, no. Questa storia era durata fin troppo, era ora di finirla.

«Sentimi bene, tu» le disse piazzandosi davanti a lei, bloccandole la fuga «ora mi spieghi, una volta per tutte, perché mi odi.»

«Odiarti. Per odiarti, dovrei prima calcolarti e non lo faccio più da parecchio tempo, ormai.»

Che risposta lapidaria, letale e stroncante. Non aveva nemmeno dovuto pensarci su. Era davvero tutto finito tra loro?

«Stammi bene a sentire, ora. Tu sei… sei…»

«Hollyyy, ci sei?»

E adesso chi lo cercava? Era una voce femminile, sì, ma di chi? Oddio…

«Saeko. Mi sono dimenticato l’appuntamento di stasera con lei.»

Eh, sì. Perché visto che Patty lo ignorava a più non posso, lui aveva iniziato a uscire con altre ragazze. Se a lei dava fastidio, non l’aveva mai manifestato, anzi. E quella ragazza l’aveva tampinato per un mese, alla fine aveva ceduto e così ora…

«Patty, lo so che mi odi e che preferiresti vedermi penzolare da qualche parte, ma aiutami! Levamela di torno, non sono in vena di uscire con nessuno, oggi. Men che meno con quella piattola con la voce irritante.»

Be’, almeno ci sta riflettendo, pensò, vedendola aggrottare la fronte.
Poi accadde tutto così velocemente che lui faticò a capacitarsene.
Patty si alzò, gli mise le mani nei capelli e glieli mosse vistosamente. Wow. La vide poi, scompigliarsi i suoi di capelli, aprirsi la casacca della tuta, estrarre metà t-shirt bianca, pizzicarsi le guance, passarsi un rossetto rosa comparso dal nulla e sbavarselo. Poi, fece per uscire, ma all’ultimo parve ripensarci. Lo raggiunse, lo prese per la casacca, lo trasse a sé e lo baciò con passione. Quando Holly stava per iniziare a ricambiare il bacio, lei lo scostò con decisione, lo fissò negli occhi e la punta della sua lingua comparve velocemente tra le sue labbra, facendolo gemere di piacere. Doppio wow! Le gambe gli erano diventate di gelatina e il cuore era impazzito di colpo. Infine, la vide dirigersi all’esterno, intercettare la ragazza – che si illuminò tutta vedendolo comparire dietro la manager capo – e chiamarla.
Saeko rimase spiazzata da quella Patty versione ragazza interrotta sul più bello. E lui pure, Dio, era così sexy conciata in quel modo e quel bacio che gli aveva appena dato... triplo wow!

«Tu sei la troietta che stasera uscirà con il grande eroe nazionale?» esordì senza mezzi termini.

Cosa? Ma che cazzo stava combinando ora. Non lasciò nemmeno il tempo di rispondere a quella tipa che continuò imperterrita.

«Mi spiace, ma Oliver stasera è un po’ stanchino sai, ci stavamo dando da fare lì dentro, se non l’hai capito» le disse assumendo una posa provocante «puro divertimento. Viene da me per una sveltina ogni tanto. Sai, tu sei la numero cinque di questo mese… anzi, no che dico, la nove, sì. Credevi forse di essere l’unica? Questo qui va di fiore in fiore come nulla, non lo sai?» le disse indicandolo.

«Patty! Come non detto, mi arrangio da solo, grazie.»

Ma lei lo ignorò e continuò, imperterrita.

«Be’, lascia che ti metta in guardia da lui. È famoso per parlare sempre e solo di calcio, quindi preparati perché stasera non farà altro. Quanto ne sai?»

«Be’, io…»

«Un bel niente, vero? Oh, come mi dispiace» le disse portandosi una mano al petto e sospirando «lascia che indovini, hai visto il belloccio di turno, scapolo, ricco, famoso e ti sei detta che doveva essere tuo. E già ti vedevi sposata con lui, con al seguito cinque o sei marmocchi urlanti, in una mega villa spagnola vista mare. Sbagliato. Oh, sì, magari se giocherai bene le tue carte, potrebbe scapparci qualche bacio, qualche palpatina sul sedere o un giretto veloce tra le lenzuola, chi lo sa. Ma non illuderti che vada oltre. Non ne è capace. Non ha sentimenti. Sei disposta a correre il rischio?»

«Patty, dico sul serio… piantala!» tentò ancora lui con voce dura.

Era tutto inutile quando lei iniziava, non la fermava più nessuno.

«Io… io veramente…» tentò ancora la poveretta, ormai sconvolta.

«Oh, insomma, Holly, ma che ti prende adesso. Mi hai supplicato tu di aiutarti a sbarazzarti di questa qui. Io le sto solo facendo un favore, a lei, non a te. Abbiamo un discorso da finire, di là, noi, e voglio riprenderlo al più presto.»

«Patty, hai oltrepassato il limite.»

«No, affatto, ho appena iniziato» gli rispose, poi si rivolse alla povera Saeko, ormai prossima alle lacrime, addolcendo il tono, fissandola con compassione e prendendole le mani tra le sue. «Oh, no, cara, no… non devi piangere. Non ne vale la pena, credi a me. La cosa migliore è averlo capito per tempo. Tipi così devono morire da soli, non meritano nulla da nessuno. A meno che a te stia bene essere il suo giocattolino del momento, la sua troietta del giorno, perché questo sarai d’ora in poi per lui. Dico, nove ragazze in un mese… nove! Da’ retta a zia Patty che lo conosce bene e salvati la vita e la reputazione. Stai lontana da lui e da quelli come lui, punta in basso e non sbagli di certo. I tipi con più soldi che cervello, non sono mai quelli giusti, capisci? Sono solo dei pervertiti.»

Poi, un sempre più basito Holly, vide Patty abbracciare Saeko e allontanarla da lì, non prima di averle assicurato che aveva fatto la scelta giusta nel decidere di andarsene.

«Ha detto di dirti che sei un porco maschilista e che le fai schifo. Ah, ha anche aggiunto che non sapeva cosa ci avesse visto in te e di starle alla larga o si mette a urlare. Francamente non so se ne sia capace, ma potrebbe anche saperlo fare» gli riferì poi quando tornò superandolo e rientrando nel magazzino «Dio, Holly, ti è andata male. Dovrai cercare altrove la numero nove, possibilmente una più… disinibita ecco.»

«Come te?» le ringhiò contro «Cos’era quel teatrino di poco fa? Quel… quel bacio, quella messa in scena…»

«Gli uomini, prima chiedono aiuto e poi neanche ti ringraziano» gli rispose lei scuotendo la testa «volevi che la mandassi via, l’ho fatto.»

«Non così, Patty. Hai esagerato.»

«Era l’unico metodo che mi è venuto in mente su due piedi e senza preavviso. Però non puoi negare che abbia funzionato.»

Poi, senza dargli il tempo di replicare, lo oltrepassò di nuovo e si diresse verso la squadra. Cosa? Voleva che tutti la vedessero così? Ma era impazzita? Erano tutti bravi ragazzi, i suoi amici, lo sapeva anche lei, ma…
 
 
 

Patty si stava divertendo come una matta. Dopo anni passati a detestare Holly e a fargliela pagare per non averla mai calcolata… finalmente era arrivata l’ora della sua vendetta.
Che avesse esagerato? Ma Holly le aveva offerto su un piatto d’argento l’occasione di una vita e lei non era riuscita a resistere. Cavoli però, quel bacio… ecco, forse lì era andata troppo oltre. Perché non appena aveva posato le sue labbra su quelle del numero dieci…
Ma non doveva pensarci. Era successo, ma… non sarebbe mai più accaduto. Mai più.
Era carica e decise di dargli un’ultima lezione e quindi si diresse, in quello stato, verso i suoi amici. Sapeva di essere una bella ragazza, ma nessuno di loro l’aveva mai vista così. Le restava una cosa da fare prima di partire per Tokyo e, cascasse il mondo, l’avrebbe fatta in quel momento.

 
«Ehi, dove credi di andare» si sentì urlare dietro da un Holly in preda al panico, bene. «Ricomponiti per la miseria.»

Ma lei non lo fece. Proprio no.
 
«Oh, signorina Gatsby, proprio lei cerc…» la vice di Gamo si spense come un cerino consumato e gli occhi gli si appiattirono.

Oh, bene, che colpaccio.
 
«Mister, ha bisogno di me?» disse portandosi una mano sul cuore.

«Patty, smettila!» gli urlò un Holly trafelato che intanto aveva raggiunto il mister.

Quell’urlo aveva richiamato l’attenzione di tutti che, incuriositi, li raggiunsero. Molto bene. Vide i suoi amici e le altre manager strabuzzare tanto d’occhi e spostare lo sguardo tra lei e il loro capitano. Era facile capire a cosa stessero pensando.
 
«No… no… credo di… no!» balbettò quello.

«Mister» continuò quella «la ringrazio per avermi sopportato tutti questi anni, ma ora considero questa collaborazione, conclusa.»

«Che cosaaa?» urlarono tutti insieme gli amici.

«Sì, termino la settimana e poi mi trasferisco a Tokyo. Non so per quanto tempo, ma fare avanti e indietro… anche no. Poi dai. Vi mancano solo quattro partite, io non vi servo più. Ci sono loro a fare le mie veci e sapete benissimo che sono bravissime quanto me, se non di più» disse loro indicando le amiche di sempre.

«A Tokyo?» le chiese Bruce «È vero o è colpa di questo qui?»

«Ehi, questo qui, ha un nome ed è il vostro capitano.»

«Cosa ti ha fatto?» le chiese Benji guardando l’amico con aria truce «Basta vedervi per capire che è successo qualcosa tra voi.»

Be’, in effetti, qualcosa, era successo.  Non nel modo che aveva sempre immaginato lei, ma…
 
«Se ti ha fatto del male, diccelo senza problemi. Ci pensiamo noi a lui. Sarà anche il nostro capitano, ma se ti ha dato fastidio, se la vedrà brutta» sentenziò Mark, spalleggiato da tutti.

«Grazie, bella considerazione!»

«Holly, francamente lo stato in cui siete, non gioca a tuo favore» intervenne Philip.

«Che carini che siete a preoccuparvi per me, ma sto bene, davvero. Ci siamo solo baciati!»

«Che cosaaa?» ripeterono ancora quelli.

«Ehi, un momento, tu, mi hai baciato!» le ricordò Holly, sotto gli sguardi allibiti di tutti.

«Che cosaaa?» dissero per la terza volta in coro gli amici.

«Perché tu mi avevi chiesto aiuto per tenerti alla larga l’ennesima sciacquetta che ultimamente frequenti. Così, su due piedi, che altro potevo fare per rispedirla da dove era venuta?»

«Ehi, c’erano tanti altri modi che quello di saltarmi addosso.»

«Quel che è fatto, è fatto. Non è stato questo gran che, ma ha funzionato»

«Ehi, che cosa? Ma smettila, non mentire.»

«Non sto mentendo. Ho ferito il tuo orgoglio, per caso? Oh, come mi dispiace. No, non è vero. È stato divertente, però. Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato baciarti, mi aspettavo di più. Ma forse avevo idealizzato troppo io la cosa, ecco. È normale poi rimanerne delusi.»

«Come, come? Senti tu…»

Mentre Holly era ancora sotto shock per tutte quelle rivelazioni, gli amici, dopo un attimo iniziale di smarrimento, se la ridevano della grossa e le amiche iniziarono a farle il terzo grado, il suo cellulare squillò.
La sigla del suo film preferito partì a tutto volume, bloccando tutti sul posto. Quella suoneria l’aveva associata a una persona in particolare, ma per nulla al mondo avrebbe rivelato di chi si trattava. Si sarebbe divertita ancora un po’, prima di tornare al magazzino.

 
«Tesoro, ciao.»

E lì, tutti ammutolirono. Holly sbiancò.
 
«Patty, ma ti senti bene? Tesoro, a me?» disse una voce dall’altro lato.

«Sì, non vedo l’ora anch’io di rivederti. Mi sei mancato questa settimana» rispose lei con voce melliflua.

«Ah, non sei sola. Che succede?»

«Una cena stasera sarebbe perfetta. Dobbiamo recuperare il tempo perduto» disse guardando il capitano negli occhi. Occhi… tempestosi, forse?

«Oh, povera me- Non so cosa stai macchinando, ma prevedo guai. D’accordo, stasera passo da te e porto un film di quelli che piacciono a te – e sai quanto mi costi guardami un horror – e mi spieghi tutto. Me lo devi, dato il sacrificio che faccio e la strizza che mi prenderò. Mi fermo per la notte, ok? Bye» disse e poi riattaccò.

«Perfetto. A più tardi, allora. E ricordati il pigiama. Fosse per me potresti anche farne a meno, ma visto che a te piace… ok, ciao, ciao… a dopo!»

Ah, quello fu un vero colpo di genio, visto che Holly chiuse le mani a pugno e digrignò i denti così forte che poteva giurare di averli sentiti stridere.
 
«Seratina romantica?» le chiese infatti.

«Lo spero.»

«E tu prima baci me e poi ti vedi con un altro, anche per la… notte?»

«Sì. Problemi?»

«Neanche uno. Chi cazzo è?» s’informò, contraddicendosi.

«Non lo conosci. Lui non ama lo sport e non bazzica nell’ambiente sportivo, quindi…» poi gli chiese con una punta di malizia «ti importa davvero? Non sarai… geloso!»

«No!» rispose lui troppo in fretta «Per quello che mi importa di te, potresti anche stare con tutti gli uomini di Tokyo che non mi darebbe minimamente fastidio.»

«Bene, ora che ho la tua benedizione, me ne torno a pulire i palloni, pensando a quello che mi attenderà di qui a un paio d’ore. Tu, piuttosto, ora che ti ho mandato a monte la tua di serata, che farai?»

«Me la caverò. Come hai detto tu, il rimpiazzo non mi mancherà di certo.»

«Ok, divertiti. Se ci riesci» fece per andarsene ma poi si bloccò e si rivolse al mister «mi cercava, per che motivo?»

«Ah, sì… questioni logistiche e visto che tu sei la capo manager…» e si avviò con lei al magazzino mentre la metteva a conoscenza del problema che lo crucciava.
 

 
 
Quella benedetta ragazza lo mandava in bestia. Riusciva a farlo andare da zero a cento un mezzo secondo.

 
«Così vi siete, finalmente, baciati. Anche se, immagino, non era così che volevi accadesse. Dico bene?»

«Ma che stai dicendo, Bruce. È successo solo perché si diverte a farmi imbestialire.»

«Ma smettila, non ci crede nessuno. Tutte le vostre liti hanno sempre nascosto una passione anomala. Però anche tu, andarle a chiedere di aiutarti a sbarazzarti di una tua conquista… te la sei proprio andata a cercare» rincarò la dose Ed
.

Non era possibile. Tutti erano contro di lui. Patty l’aveva prima baciato e poi umiliato davanti alla tizia, di cui aveva ancora dimenticato il nome, come non mai. Le parole che aveva detto riferendosi a lui… quanto male gli avevano fatto. Se prima era convinto che Patty, sotto sotto, tenesse a lui come un tempo, dopo quelle parole, quella speranza era morta definitivamente.
“I tipi con più soldi che cervello, non sono mai quelli giusti, capisci?” “Questo qui va di fiore in fiore come nulla, non lo sai?” “Non ha sentimenti!”

 
«Forza, che state aspettando? Dopo domani abbiamo l’incontro con l’Uruguay, ve lo siete dimenticato?»

E partì a razzo verso il campo.
Lui amava Patty, la amava da sempre. Ma quella cocciuta gli aveva voltato le spalle da un giorno all’altro. Si struggeva per lei e lei lo ripagava con l’indifferenza e l’astio. E ora questo.
Patty aveva un ragazzo segreto e ci avrebbe passato la serata insieme, avrebbe dormito con lui quella notte. Chi cazzo era quel tizio? Dove si erano conosciuti? Da quanto continuava? Gli avrebbe rivelato del loro bacio? Lui sperava di sì, e… un’idea prese forma nella sua testa e sorrise.
Voleva la guerra? Bene, lui era pronto!
 
 
Due ore e cinque minuti dopo…
 

Dlin Dlon, Dlin Dlon. La porta si aprì davanti a lei con forza e sorrise alla sua amica.

«La finestra sul cortile, patatine al formaggio, beveraggio e… oh, cazzo, che ti è successo, Pat?» 

Amy entrò, lasciò cadere tutto sul divano e l’abbracciò con forza. Aveva capito dalla telefonata che qualcosa non andava e, ora che ne aveva avuta la conferma, si ripromise di farla sfogare e parlare. Poi, avrebbe pensato a come agire per aiutarla. Patty era la sua migliore amica e avrebbe dato la vita per lei, vederla così la distruggeva e rattristava.
Nessuno poteva permettersi di ridurla in quello stato e farla franca. Nessuno.
 
   
 
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