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Autore: Antocharis    12/09/2020    1 recensioni
Gli abitanti di Fiordland combattono contro la Legge.
Nel passato Èos, figlia della Luce, dovrà scegliere da che parte stare, in subbuglio tra il dovere e il piacere.
Nel presente, Elpìs dovrà ripercorrere il passato alla ricerca delle origini e cercare di mettere a posto le cose.
-
«Elpìs, cosa c’è che non va? Perché non stai con tutti gli altri?» dietro di lei c’è anche il piccolo draghetto, mi guarda con gli occhietti che escono dalle orbite, giallognoli e luccicanti.
«Non so», le rispondo. Non so davvero.
«So cosa provi, sai? Tua mamma non è così, come noi. Lei è... impetuosa, diretta. L’ho sempre ammirata, anche quando sbagliava lei, riusciva a sbagliare con tutta se stessa. Invece noi ci ritiriamo sempre. Siamo sempre un passo indietro.»
Già. Mi sento esattamente così, un passo, due passi, una vita intera a essere indietro.
«Ma non devi abbatterti, sai? Perché se anche tu in questo momento vorresti essere là a... fammi indovinare−» si volta ad osservare velocemente gli altri ragazzi «parlare con Antèros, giusto? Ecco magari a un certo punto sarà qualcun altro a venire da te. E tu scoprirai se riuscirai ad accontentarti o se invece vuoi vincere.»
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2
LA ROCCA DEL DRAGO
IRIS



 
"Se potè Polluce riscattare il fratello con alterna morte,
e percorre e ripercorre quella via ogni volta."
-Eneide VI
 


  La rocca del drago si ergeva maestosa, brutale e crudele. Sembrava che tutto intorno fosse permeato di oscurità.
  Nausicaa indietreggiò, tremando dalla paura. Yzarc cercò di tranquillizzarla sussurrandole qualcosa all’orecchio che io non riuscii a sentire. Ed io sentii qualcosa all’altezza dello stomaco che non era paura. Lui prese entrambe le mani di lei, la guardò con i suoi occhi di nebbia e avanzò.
  «Andiamo, Iris. È il nostro momento quaggiù.» Io annuii e smisi di esitare, di pensare.
  Non fu molta la strada, la rocca era altissima, ma piuttosto stretta, per contenere un drago. Non riuscivamo a vederlo e lo sconforto mi sopraffece.
  Piansi. Mi rannicchiai sulle mie ginocchia, mi sentivo sola, angosciata, abbandonata. Eppure era stata una mia, mia idea, eppure...
  Yzarc in fretta si allontanò da Nausicaa per sedersi accanto a me. Mi accarezzò la nuca e mi guardò con un sorriso raggiante di luce. «Iris, amica mia, non devi piangere.»
  Alzai gli occhi rossi per il pianto e lo osservai con tutta la rabbia che, ingiustamente, sentivo di provare per lui.
  «Non piango perché ho paura di morire.»
«Lo so.»
  «Piango perché adesso non saremo più insieme!» urlai all’improvviso, poi mi addentrai all’interno della rocca, correndo all’impazzata, da sola. Sentivo che Yzarc mi stava alle calcagna, ma cercavo di seminarlo il più possibile. Ma non appena arrivai alla parte opposta della rocca il drago non si palesò e Yzarc riuscì a raggiungermi. «Iris! Perché sei corsa via?»
  Mi voltai, non riuscivo a dire nulla, niente. Sentivo solo una profonda rabbia. Una profonda angoscia che non riuscivo a spiegare. A capire.
  «Se muori tu, io non posso vivere, Iris», sentivo che si stava avvicinando, ma non osai girare lo sguardo. Incrociai le braccia, i miei occhi si inumidirono ed erano pronti a piangere, di nuovo.
  «Ma se moriamo insieme... ecco, forse lo accetto, forse lo farei volentieri.»
  «Che cosa?!» mi voltai di scatto e subito dopo mi ritrovai il corpo del mio amico attaccato al mio, mi stringeva profondamente in un abbraccio caldo e rassicurante.
  «Hai capito bene, Iris. Se siamo insieme, io non ho paura di morire. Io...» non riuscì a concludere la frase, sentii però il suo viso scaldarsi tanto e anche il suo cuore cominciò a tamburellare. E poi, dolce, nascose il volto sul mio petto.
  Nausicaa, invece, era rimasta indietro, che ci osservava impietrita.
  Mentre mi cullavo tra le sue braccia, notai che un vento innaturale si stava alzando e al centro della rocca si disegnava la figura maestosa e imponente di un drago. Eppure non avevo più paura.
  Mi scostai da Yzarc quel tanto che bastava per guardarlo, lui fece lo stesso, poi, d’impulso, gli afferrai una mano.
  Il drago ruggì e finì per essere completamente visibile ai nostri occhi. «Voi umani, perché siete in tre? E come pensate di uccidermi senz’armi?»
  «Non vogliamo farti del male» biascicai, mentre stringevo forte la mia mano tra quella di Yzarc.
  Il mostro rise, o almeno, sembrava proprio che lo stesse facendo.
«Dicono tutti così. E sono morto un’infinità di volte che voi umani nemmeno potete contare, ma nessuno, nessuno può opporsi alla Legge, nemmeno la morte»
  «Ma noi non vogliamo ucciderti, devi crederci!» urlò Yzarc, spazientito, «Noi vogliamo−»
  «Come ti chiami, drago?» lo interruppi.
La creatura mi guardò, avvicinandosi strisciando come un serpente. Mi puntò gli occhi di fuoco, grandi ciascuno quanto era grande la mia intera testa. «E a te che t’interessa, umana puzzolente?»
  «Ehi! Lei non puzza!»
  Il drago rise di nuovo, ma prima che ci potesse parlare di nuovo, io gli risposi: «Vorrei conoscere il nome di colui che mi ucciderà.»
  «Nausicaa sei tu, dunque? E hai lasciato che i tuoi migliori amici ti accompagnassero nel tuo ultimo respiro?»
  Scossi la testa.  «Io mi chiamo Iris. Io e Yzarc siamo venuti a sacrificarci. Oh, drago senza nome! Se anche hai un po’ di cuore nel tuo corpo gigante, risparmia la vita di un’innocente e prendi noi al posto suo!»
  Lui non rise più. Anzi, sembrò farsi serio serio e anche più piccolo. «Non ho un vero nome. Potete chiamarmi  Sangue».
  «D’accordo, Sangue», continuai, sentendomi improvvisamente sicura di me come non mai, fiera di me stessa e della mia idea. Il mio corpo non sembrava più appartenermi e non mi sentivo più una bambina, e neppure un’adulta. Mi sentivo, se possibile, proprio come si sentirebbe un drago.  «Accetti questo accordo? Devi mangiarci entrambi, però. Noi due al posto di Nausicaa. Prometti che la lascerai stare dopo averci mangiato?»
  «Mi stupisco che i vostri superiori vi abbiano condotto da me così, senza preoccupazione. Avrei potuto papparvi in un sol boccone tutti e tre».
  «Ma la legge dice uno solo, vero?» era Nausicaa, che, presa di coraggio, si avvicinò a noi.
  Sangue annuì.
Per un attimo osservai la ragazzina di sbieco. Notai che l’espressione, per quanto tesa e preoccupata, nascondeva dentro un piccolo, fastidioso e terribile ghigno.
  «Nausicaa ha ragione. Non penso che ci saranno problemi se anziché mangiare Nausicaa mangerò uno di voi. Ma non posso mangiarvi entrambi, questo è fuori dalla Legge.»
  «Allora...» irruppe Yzarc, un po’ timoroso, «allora non sei tu che controlli la Legge?»
  Il drago sembrò oscurarsi, e, se possibile, diventò triste più della tristezza in sé.
«No, scarti di umani. Non controllo nulla. Sono un servo come tutti quanti voi. Anche se io sono forte e voi siete deboli. Siamo tutti, tutti uguali, di fronte alla Legge.»
  «Ma scusami, Sangue,» non riuscivo a capire, non avevo mai capito davvero questa cosa, «non puoi, tu che sei così forte, disubbidire? Non puoi fare quello che vuoi tu?»
  «Iris... com’è strano chiamare voi bestie maleodoranti per nome. Iris... io sono vecchio più del tuo villaggio, io sono vecchio più di Fiordland stesso. E tu davvero, pensi, che non abbia provato a disubbidire? Sciocca umana! È impossibile!»
  «E perché non provi?» lo incalzò Yzarc, «che ti costa?»
  «Forse nulla, forse tutto.» Il drago chiuse i suoi fari luminosi, una forte ondata d’aria ci fece svolazzare i capelli e i vestiti, e tutto tornò nell’oscurità.
  «E se, vedendo che tutto va male, torni di nuovo qui... le cose non possono tornare come prima?» chiesi ingenuamente. 
«Il prezzo potrebbe essere più alto di quanto pensi. Di quanto tutti noi pensiamo» disse il drago, aprendo gli occhi di scatto.
  «Allora mangiami, ti supplico» gli dissi.
  «No! Mangia me, risparmia lei», si oppose Yzarc, ponendosi dinanzi a me.
«Giocate a fare gli eroi, ma siete solo bambini. Mi dispiace.»
  «Ti dispiace? Allora... » ero così entusiasta di tutto quello che stava accadendo, non mi rendevo conto di come stavano realmente le cose. «Allora tu sai provare sentimenti, come noi. Sangue, io... io amo Yzarc. E non potrei mai sopportare di vederlo triste. Nausicaa è la sua più cara amica, non riuscirebbe a sopravvivere, se tu la mangiassi. Ma so, ne sono certa, che se io mi sacrificassi per loro, si aiuterebbero, l’un l’altro, e tutto andrebbe per il verso giusto. E poi, sai, a me non è mai piaciuta l’idea di crescere, diventare grande...»
  Può un drago, una creatura così grande e maestosa, mettersi a piangere? Perché non potevano essere altro che lacrime, quelle righe luminose che risplendevano al buio.
  Ma io mi resi conto di quello che avevo appena detto solo quando notai il volto di Nausicaa rivolto per terra e la bocca di Yzarc spalancata, mentre le guance si coloravano di un rosso infuocato. Arrossii anch’io.
  «Ti amo, sì», ripetei, «anche se sono una bambina. Ti amo, Yzarc.»
  «A-anche io» pianse. Non credo lo avesse mai fatto, neanche quando lo trovai, cinque anni fa, nascosto dietro l’angolo di una taverna, scalzo, a elemosinare cibo, tutto sporco, neppure in quel momento stava piangendo. Così, presa di un coraggio ancora più forte di quello che vince la paura della morte, vinsi la paura dell’amore, e gli diedi un bacio.
  Il drago aprì la bocca e... percepii la saliva. Disgustosa, liquida, appiccicosa saliva. Tutto era buio. Ma non durò molto, sentii qualcosa, al di fuori delle sue fauci, che si opponeva e urlava; poi vidi la luce e sentii dei passi.
  «Moriremo insieme», sussurrò.
 
  Riaprii gli occhi e mi ritrovai ancora alla rocca del drago. Non ero morta, no. Accanto a me stava Yzarc, anche lui stava dormendo. In piedi, più spaventata di prima, Nausicaa si accorse che mi ero svegliata. Dove avesse trovato una torcia non lo sapevo.
  «Che è succeso, Na’?»
  «Il drago vi ha sputato, poi è scappato via. Non so dove sia andato, ma... non sembrava molto felice. Però, una volta uscito dalla caverna, è tornato invisibile.»
  «Sangue ci ha risparmiati...»
  La bambina annuì. «Credo che... gli abbiate fatto tenerezza...»
Sorrisi, l’idea di aver sconfitto un drago per via della mia tenerezza mi sembrava così buffa!
  «Comunque...» ma lei non sembrava affatto così contenta e felice come lo ero io. «Anche io lo amo.»
  La guardai, sentendomi in colpa. Non risposi nulla.
«E ho anche più diritto di te, di amarlo. Perché ero io che gli davo da mangiare, quando mio padre lo cacciava a bastonate dalla taverna. Ero io che gli ho salvato la vita. Tu gliela stavi solo togliendo.»
  Non so come lei riuscii a convincermi, eppure sentivo che aveva ragione. Feci un passo indietro.
  «Lui stava morendo per colpa tua, Iris. Io non te lo perdonerò mai. Se davvero lo ami, come dici, avresti dovuto proteggerlo.»
  Ero troppo piccola, troppo insicura, e quei pochi anni di differenza forse rendevano Nausicaa più furba e più crudele, oltre che più grande di me.
  Tum, tum; tum, tum.
  «D’ora in poi, io e te, saremo nemiche.»
Mi alzai, lei si abbassò. Mi allontanai e lei si avvicinò a Yzarc fino a sfiorargli il volto. Gli accarezzò i capelli, io tremavo.
  Gli diede un bacio, sentii il principio del suo risveglio e, così confusa, stordita e tremante, fuggii via.



 
Note d'Autrice: Buongiorno, carissimi lettori! In questo secondo capitolo -in realtà unico, perché ho deciso di spezzare in due i capitoli per comodità qui su efp- abbiamo fatto la conoscenza di alcuni importanti personaggi di Fiordland. Iris, Yzarc (si pronuncia "izarc") e Sangue. Sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate e se avete deciso di leggere questa storia vi prego di scrivermi un commentino, piccino piccino: soltanto attraverso il dialogo avrei la possibilità di migliorare.
Con affetto e speranza, in attesa di un vostro riscontro,
A. C.
   
 
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