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Autore: H_A_Stratford    17/09/2020    5 recensioni
«Io…» mormorò Spencer ancora con la mano sulla maniglia della porta. Che fare ora?
Aveva pensato a tutta la notte alle parole della ragazza e in quel momento nessuno dei discorsi pre impostati sembravano funzionare.
«Ho realizzato che niente è normale tra di noi. Tu sei tu, io sono io e insieme… il caos cosmico» ammise la ragazza mordicchiandosi leggermente il labbro. Reid stava per ribattere sul caos cosmico ma si rese conto che non era il momento. Camminavano già abbastanza sui cocci per poter aggiungere carne al fuoco. Però allo stesso tempo non riuscì a trattenere un sorriso.
«E non voglio perdere quello che abbiamo, qualunque cosa sia» continuò guardandolo. «Prometto che ti lascerò tutto lo spazio che ti servirà, tu credi di poter creare un posto nella tua vita per me?»
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Spoiler ottava stagione. Non segue linearmente la serie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 18
 
Non c’è nulla di più forte di quei due combattenti là:
tempo e pazienza.
(Lev Tolstoj)
 
Era da dieci minuti buoni che Spencer aveva iniziato il suo racconto, o meglio monologo, sulle sue scoperte effettuate durante le vacanze natalizie. Athena, dal canto suo, si era persa dopo otto minuti di parlantina. Era stato più forte di lei, ci aveva provato in ogni modo, ma il suo cervello era arrivato al limite e si era spento. Completamente spento.
Così la ragazza si limitava ad annuire ogni tanto, cercando di trovare il momento migliore per interromperlo. Sin dal loro primo incontro la dinamica era la stessa: Spencer parlava, Athena capiva l’80% dei suoi ragionamenti, se era fortunata, e per il resto rimaneva in silenzio aspettando la fine. Non era infastidita, sapeva che il ragazzo non lo faceva di proposito. A volte però temeva che fosse Spencer quello ad infastidirsi, dovendo sempre fermarsi per spiegare o ripetere un concetto per lei. Inoltre con il tempo era migliorata la situazione: lei aveva imparato sempre più nozioni che l’aiutavano a stare al passo e lui aveva imparato a rallentare e capire quando era troppo.
«Ti ho persa, vero?» disse Reid all’improvviso, girandosi verso la fidanzata. Si era messo a camminare avanti e indietro nel suo salotto, troppo impaziente per rimanere seduto. Era solito a farlo, soprattutto quando si perdeva completamente nel suo mondo.
«Scusa» abbozzò un sorriso la bionda sistemandosi meglio sul divano. «A volte vai troppo veloce per le mie meningi, dopo un po’ si sovraccaricano». La verità è che a volte odiava non poter stare al suo passo, rallentarlo nei suoi discorsi perché aveva bisogno di continue spiegazioni per capire. Si sentiva come se gli impedisse di esprimersi al massimo del suo potenziale.
«Sono io a dovermi scusare» ammise Spencer sedendosi subito accanto alla ragazza. «Non ti ho neanche mai dato l’occasione di dire qualcosa» aggiunse poggiando la fronte contro quella di lei. Sapeva che la pazienza della fidanzata era immensa ma che a volte la portava al limite. Però le era grato che nonostante tutto lo sopportasse. Inoltre era tremendamente adorabile l’espressione che assumeva il suo viso quando perdeva il filo del discorso.
«Mh, in questo caso conosco perfettamente il modo per farti scusare» disse la ragazza in un sussurro per poi baciarlo lentamente. Spencer in risposta sorrise appena e posò una mano sulla sua guancia, attento a non staccare le labbra dalle sue.
«Due giorni che sei qui e non mi hai ancora raccontato di Boston» interruppe il bacio il ragazzo, ma rimase comunque con il viso vicino al suo.
«Mhmh» mormorò lei in risposta tornando a baciarlo.
«Athena» la riprese Reid leggermente divertito, sentendo le mani di lei tra i capelli.
«Mhmh» ripeté la bionda distratta, continuando a baciarlo.
«Così terribile?» chiese il ragazzo staccandosi da lei, in modo da poterla guardare negli occhi. Athena in tutta risposta fece roteare gli occhi e si strinse nelle spalle.
«No, ma sarebbe stato meglio con te e i ragazzi» ammise la bionda sospirando appena. «Mancava qualcosa.»
Spencer si sistemò meglio sul divano e la spronò a parlare, iniziando a giocare distrattamente con le punte dei suoi capelli.
«Mike lo ha fatto di proposito, voleva scappare dalle domande dei parenti. Questo gli ha fatto guadagnare una bella vendetta – riprese lei a parlare facendo una smorfia—non si lascia da solo nessun compagno in guerra. E quella, fidati, era guerra». Così la bionda si mise a raccontare il bello e il cattivo tempo della sua permanenza a Boston. Uno dei suoi momenti preferiti era stata la guerra di palle di neve con i cugini e il padre; ma anche i pomeriggi in cucina con la madre le erano mancati. Cucinare per le due donne era terapeutico, così come per Justin. Mike e James invece dovevano essere lasciati ben lontani dai fornelli o avrebbero fatto esplodere qualcosa.
Spencer scoppiò a ridere quando la fidanzata le raccontò di come lei e la cugina Blake avevano aggiunto di continuo rum nella cioccolata dello zio Frank per farlo sbronzare e poi addormentare.
«Crudeli» sentenziò Reid scuotendo la testa in segno di disaccordo. «Inoltre è estremamente pericolosa un’intossicazione -» continuò ma una cuscinata in pieno viso lo fece smettere.
«Spencer!» esclamò Athena scoppiando a ridere. «Pensi davvero questo di me?» continuò lanciandogli un’altra cuscinata ma il ragazzo riuscì a fermarla giusto in tempo. Prese il controllo del cuscino e lo tirò a lei per ripicca esclamando «Sei imprevedibile!».
La bionda rise ancora e afferrò un secondo cuscino per difendersi.
«Non intossicherei mai… -- iniziò a parlare ma si rese conto delle sue parole e aggiunse – volontariamente un mio parente» e così gli tirò una cuscinata, ma lui prontamente si difese con il suo cuscino.
«Tremenda» sentenziò Spencer scoppiando nuovamente a ridere e dando definitivamente inizio ad una guerra di cuscini.
 
 
La cena per inaugurare il nuovo anno con la squadra di Spencer era stata spostata causa forze maggiori: serial killer in Louisiana.
Garcia non l’aveva presa molto bene ma il dovere chiamava. Così, aveva posticipato tutto, facendo liberare l’agenda dei colleghi per l’intera settimana per sicurezza.
Il team era via da qualche giorno e Reid aveva insistito che Athena rimanesse nella casa di lui, sperando di tornare il prima possibile. Sapeva che se la ragazza fosse tornata nel suo appartamento non l’avrebbe rivista per settimane.
Così Athena si era dedicata agli amici che aveva lasciato a Washinton D.C., prendendo anche una ramanzina da Beth per non essersi fatta vedere abbastanza spesso. Non poteva darle torto, da quando era tornata sui banchi di scuola, il suo tempo era talmente poco che aveva lasciato che molti aspetti della sua vecchia vita le sfuggissero dalle mani.
Erano le due del mattino passate quando Athena sentì il corpo di Spencer stendersi accanto al suo. Nonostante la stanchezza e l’essere stata svegliata in piena notte, si girò di scatto per capire se non fosse solo un brutto gioco della sua immaginazione.
«Sei a casa» mormorò la ragazza sorridendo, dopo aver constato che era davvero lui. Immediatamente tutta la preoccupazione che aveva accumulato in quei giorni sparì e si sentì più leggera e tranquilla. Sorrise e annullò le distanze tra di loro, catapultandosi tra le braccia per baciarlo. Quando sentì un piccolo lamento dalla parte di lui si staccò e cercò di mettere meglio a fuoco la sua figura.
«Sei mancata anche a me» rispose Spencer sorridendo appena, ma non bastò a fare tranquillizzare la fidanzata. La bionda aveva decisamente un labbro spaccato, lo aveva sentito durante il bacio. Inoltre quando gli aveva accarezzato la guancia aveva sussultato.
«Devo accendere la luce?» mormorò Athena facendo passare lentamente e delicatamente i polpastrelli sul viso di lui, cercando di capire se si era ferito altrove.
«Sto bene» rispose Reid cercando di suonare convincente, prendendo le sue mani tra le proprie.
«Niente bugie, ricordi?» ribatté la ragazza mettendosi seduta sul letto, osservando la sua intera figura. Spencer dal canto suo rimase in silenzio, rimanendo con gli occhi puntati su quelli della fidanzata, incapace di dire qualcosa. Non voleva spaventarla, non era successo nulla di grave. Allo stesso tempo però sapeva che non aveva ancora metabolizzato il caso appena concluso. Se fosse stato da solo avrebbe passato la notte in bianco, portando allo stremo le sue meningi, ma ora c’era Athena nella sua vita. Ora aveva lei accanto, non era più da solo.
«Non spaventarti, sto bene» disse Spencer dopo essersi schiarito la voce. Si mise a sedere a sua volta sul letto e accese la lampada accanto a lui.
La luce tenue illuminò i due ragazzi, mostrano i segni sul viso di Spencer, prova che ad un certo punto nel caso era finito a fare a botte, se non peggio.
«Vuoi raccontarmi come ti sei procurato quell’occhio nero e i tagli sul labbro e sopracciglia?» chiese la bionda dopo aver osservato bene il suo viso. Si avvicinò a lui e prese le sue mani tra le proprie, sorridendogli appena.
«Andiamo, ti preparo una tazza di thé» rispose Spencer sbilanciandosi verso la fidanzata per lasciarle un bacio leggero.
Prima che Athena potesse ribattere il fidanzato si alzò dal letto e le porse la mano per invitarla a scendere e andare in cucina. Si mise le ciabatte e iniziò a raccontare il caso appena concluso dall’inizio. Erano stati chiamati in Louisiana dopo che la polizia locale aveva trovato la terza donna nel giro di due settimana morta e abbandonata in un vicolo. Anche se avevano abbastanza dati su cui lavorare, però, non riuscivano a trovare risposte neanche dopo giorni di lavoro.
Era arrivato a metà del racconto quando Athena iniziò a versare il liquido bollente nelle tazze.
«Garcia trovò quante vittime?» chiese la ragazza posando la tazza sul tavolo.
«Dopo aver espanso la ricerca ad altri stati ne trovò 25» ripeté Reid facendo girare il cucchiaino nella sua tazza distrattamente. Prese un respiro profondo e fece una piccola smorfia. «Tutte morte per strangolamento e abbandonate in un vicolo». Non era mai facile metabolizzare tante morti in così poco tempo, soprattutto quando nessuno si era mai preoccupato di dar loro giustizia.
Athena annuì appena e si sedette accanto al fidanzato. Lui riprese a raccontare, fino ad arrivare alla svolta nel caso. Garcia era riuscita a rintracciare un filmato che aiutò la squadra ad individuare il serial killer.
«Avevamo tre indirizzi – disse Spencer dopo aver preso un sorso dalla tazza—così ci siamo divisi» continuò a raccontare di come lui era finito in coppia con Emily per andare nella casa del sospettato.
Alla luce della cucina la ragazza poteva vedere come pian piano i lividi del fidanzato stavano prendendo colore. Avrebbe voluto dire qualcosa ma sapeva che sarebbe stata una pessima idea interromperlo.
«Una volta arrivati ci siamo divisi. La casa aveva più entrate ed era su più livello. Se ci fossi stata tu avresti commentato sul fatto che sembrasse un labirinto. Io ho preso il retro mentre Emily è entrata dalla porta principale. La porta sul retro collegava anche lo scantinato della casa ed è lì che Miller, il sospettato, mi ha sorpreso» si schiarì la voce prima di parlare, aveva ancora l’adrenalina in corpo che scorreva senza dare segno di rallentamenti. Era stato un caso complicato dall’inizio alla fine sia dal punto di vista fisico che mentale.
«Ti ha colpito da dietro?» mormorò Athena posando una mano sulla sua. Il fidanzato annuì appena e prese un sorso di thè.
«Ci ha provato, siamo rotolati entrambi a terra e – tornò a parlare per poi indicare le sue ferite – la mia pistola era volata dall’altra parte della stanza, quindi sono dovuto ricorrere alle lezioni di box gentilmente offerte da Morgan» aggiunse cercando di essere divertente. Athena apprezzò il tentativo e accennò ad una risata. Accarezzò la mano destra di lui, anch’essa segnata e gli lasciò un bacio sulla nocca.
«Ricordami di mandare un mazzo di fiori a Derek» disse Athena sorridendo. Era sollevata a sapere che il fidanzato era tornato a casa sano e salvo, ma sicuramente lo avrebbe costretto a prendere qualche altra lezione di autodifesa.
«Sto bene» disse Spencer girandosi completamente verso la fidanzata. «Sto bene» ripeté prendendole il mento tra le dita. Lei in tutta risposta annuì appena e poggiò la mentre contro quella di lui.
«Inoltre, dovevi vedere come Miller è uscito da quello scantinato» sentenziò Reid facendo scoppiare a ridere entrambi.
   
 
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