Capitolo
due
Passò
frettolosamente le mani sulla gonna del suo abito cercando di eliminare la
polvere che si era accumulata stando sulle ginocchia sul pavimento delle celle.
Aveva imparato che ad Alice non piaceva vederla con gli abiti sporchi, ma a Merlyn non importava più di tanto, se avesse dovuto
mettersi per terra per salvare la vita ad un uomo lo avrebbe fatto.
«Lady Merlyn, è arrivato un nuovo gladiatore.» l’avvisò una
guardia mentre stava mettendo via i suoi strumenti dopo aver ricucito una
brutta ferita sulla gamba di un uomo.
«Arrivo
subito, Sir Gilli.» rispose la fanciulla senza nemmeno guardarlo, non le
piaceva particolarmente quel ragazzo. Era uno stregone, aveva visto più volte
con i suoi occhi l’uomo usare la magia per fare scherzi spiacevoli ai poveri
uomini che dovevano combattere per la loro libertà. Non per questo non lo aveva
più volte aggredito puntandogli un dito al petto, definendolo un mostro e solamente
il collare d’oro che aveva al collo l’aveva salvata dal venire frustata chissà
quante volte.
Si girò
verso l’uomo seduto a terra «Non alzarti se non strettamente necessario, mi
raccomando.» disse prima di uscire dalla lurida cella, più volte aveva chiesto
di poter pulire gli ambienti dedicati al soggiorno degli uomini, per renderli
più salutari, ma Cedric – il responsabile dell’arena – le aveva riso in faccia,
dicendo che meritavano di dormire con i ratti. Nulla era servito lamentarsi con
Alice, nemmeno lei era riuscita a convincere l’uomo e il Re non aveva ritenuto
utile sprecare le loro energie per dei semplici schiavi.
Camminò a
passo svelto verso il suo studio medico, solitamente la prima tappa per i nuovi
gladiatori.
Seduto
sul tavolo di legno c’era un uomo dalle larghe spalle, Merlyn
poteva già vedere diverse cicatrici sul petto dell’uomo ed arricciò il naso al
chiaro odore di alcool che proveniva dal gladiatore.
«Cielo,
devo essere finito in Paradiso se un angelo è venuto a trovarmi.» commentò
l’uomo vedendola e la maga si chiese se non avesse sbattuto la testa. Nessuno
l’aveva mai chiamata angelo e non poté fare a meno di arrossire.
«Nessun
angelo, qui, gentile cavaliere, solo un medico.» rispose facendo un leggero
inchino, non era mai stata molto propensa a seguire l’etichetta, ma dopo il
primo mese passato in quell’arena aveva creduto che forse a quegli uomini
avrebbe fatto piacere essere trattati come semplici esseri umani e non schiavi,
destinati a rischiare la vita ogni giorno.
L’uomo rise
e la ragazza notò i capelli incrostati di sangue, quindi il gladiatore aveva
decisamente battuto la testa.
«Io sono Gwaine.» si presentò afferrandole una mano per baciarla e Merlyn si imbarazzò, nessun uomo l’aveva mai tratta in quel
modo e dire che si sentisse lusingata era ben poco.
«E io
sono Merlyn, il medico dell’arena.» si presentò a sua
volta ritirando la mano, così da poter aprire la sua borsa con gli attrezzi, Gwaine aveva decisamente bisogno di più punti e doveva
ripulirlo da tutto quel sangue.
L’uomo
rimase in silenzio, toccandosi qualche volta il collare d’argento, ma non
intralciò più del dovuto il lavoro della fanciulla. Forse per quella volta
essere nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, non era poi finita così
male. Gli era sembrato di capire che lì avrebbe avuto del cibo, un tetto sulla
testa, un’affascinante dottoressa solamente al prezzo di vederlo combattere in
un’arena. Se voleva essere modesto, e non lo era, non poteva chiedere di
meglio: lui era un vero maestro della spada.
«Per
l’occhio nero dovrà venire ogni giorno, così che possa metterle una tintura,
fino a quando non sarà guarito.» la ragazza spezzò il silenzio e, oh, Gwaine era già innamorato follemente di quella voce, andare
ogni giorno da lei non sarebbe stato per niente un problema.
«Può
darmi del tu, my Lady.» disse galantemente scendendo
dal tavolo, rimettendosi la maglia leggermente strappata.
«Solo se tu
farai lo stesso.» rispose la ragazza sorridendo e l’uomo giurò di aver perso
qualche battito.
«A
presto, Merlyn.» la salutò andando verso la porta
dove una guardia lo aspettava per portarlo in una delle celle.
«A
presto, Gwaine.» disse facendo un ultimo piccolo
inchino.
Non
sapeva il perché, ma già sapeva che lei e quel gladiatore sarebbero diventati
ottimi amici!
Alice si
era rivelata una donna veramente deliziosa, non era mai stata scortese con Merlyn e spesso le insegnava nuove cose per migliorare le
sue prestazioni da medico.
«Posso
mandare delle lettere?» domandò la fanciulla versando il tea per la sua ospite.
Era da un po’ che voleva porle quella domanda, non riusciva a non pensare a
quanto fosse preoccupata sua madre senza aver sentito ancora sue notizie, in
più voleva mandarne una a Gaius per avvisarlo di
quello spiacevole evento che sembrava impedirle di raggiungerlo.
Alice
scosse la testa «Nessuno schiavo può mandare lettere, cara, non possiamo
permettere che notizie di questa arena giungono ad altri Regni.» spiegò utilizzando
la magia per versarsi lo zucchero nella tazza. La donna era chiaramente una
strega, non aveva mai fatto nulla per nasconderlo, e Merlyn
si chiese se facesse parte di quel piccolo esercito che Cenred.
Da quando
era arrivata aveva capito che in quell’arena c’erano più utilizzatori di magia
di quanti ne avesse visti in vita sua e non tutti sembravano avere buone
intenzioni. Merlyn tremava al pensiero di quello che
avrebbero potuto fare, non poteva che preoccuparsi.
Non aveva
avuto ancora il dispiacere di incontrare il Re, al contrario di Gwaine che era stato portato al suo cospetto dopo aver
causato una rissa nelle camerate. Lo aveva descritto come un uomo viscido, con
i capelli sporchi e che puzzava estremamente di vino, con i denti gialli e due
occhi piccoli come un ratto. Alla sola descrizione la giovane maga rabbrividiva.
«Non potresti
mandare tu parole a mio zio? Spiegargli la mia situazione?» chiese timidamente,
non volendo spingere troppo la sua fortuna. Si sedé davanti alla donna facendo
attenzione a non inciampare nel lungo vestito blu. Viveva costantemente nel
panico di rovinare quegli abiti degni di una principessa, non voleva scoprire
quali terribili conseguenze avrebbe portato un tale gesto.
La strega
arrossì vistosamente, Merlyn notò con piacere che
ogniqualvolta si nominasse l’uomo la sua Protettrice diventata dello stesso
colore dei pomodori rivelando che c’erano chiaramente ancora dei sentimenti
vivi per il vecchio medico di corte.
«Vedrò
cosa posso fare.» le promise finendo il suo tea in un solo sorso, desiderosa di
fuggire a quella conversazione che la stavano portando sul sentiero dei ricordi
della sua giovinezza. Carezzò gentilmente la testa alla ragazza e uscì dalla
stanza, lasciandola nuovamente sola.
La maga sorrise
leggermente divertita, domandandosi se sarebbe mai riuscita a scappare e magari
portare nuovamente Alice a Camelot per farla rincontrare con suo zio. Sapeva
che doveva trovare del risentimento nei suoi confronti, infondo era solamente a
causa sua se gli uomini di Cenred erano arrivati fino
ad Ealdor, ma non poteva fare a meno di pensare che
dietro ci fossero delle buone intenzioni.
Là era
trattata con rispetto, non doveva lavorare sotto il Sole, portando pesi sulla
schiena, le sue mani non erano mai state così morbide in vita sua. Alice voleva
solamente toglierla dalla vita di campagna, credendola sola in quel piccolo
villaggio.
La
ragazza si tolse il vestito non con poca fatica, tutti quei lacci sulla schiena
diventavano leggermente rognosi e finalmente comprendeva perché le nobili donne
avessero bisogno di aiuto per vestirsi. Fortunatamente lei aveva la magia e con
un solo scintillio degli occhi il vestito era stato sfilato e posato sul letto.
Indossò
dei pantaloni e una tunica che aveva trovato nell’armadio e rimboccandosi le
maniche afferrò il secchio d’acqua che era vicino al camino e una spazzola per
pulire il pavimento. Merlyn proprio non riusciva a
stare senza fare nulla, era contro la sua natura, e poi lo considerava un
ottimo esercizio per esaurire le ultime forze prima di cadere in un sonno senza
sogni.
Le prime
notti che aveva passato in quella stanza la maga era stata tormentata da
terribili sogni, aveva visto l’arena in fiamme, un drago sopra di essa che
girava in cerchio e lei con gli abiti che stava indossando in quell’esatto
momento.
La
fanciulla scosse la testa, cercando di togliersi quelle immagini di mente e tronò
a strofinare il pavimento.
Gwaine passò a Merlyn delle fasce, si era autoproclamato suo aiutante e la
stava assistendo a dare il benvenuto ad un nuovo gladiatore.
«Non è
molto grave, Sir.» commentò la fanciulla osservando il taglio sulla coscia dell’uomo.
Bagno le fasce con dell’alcool, pronta a bendare la ferita.
«Non sono
un cavaliere, my Lady.» rispose l’uomo stringendo i
denti dal dolore. I cavalieri di Essetir erano stati
piuttosto bruschi con la sua cattura, gli avevano tirato una freccia dritta
sulla gamba, facendolo cadere da cavallo.
«E io non
sono una Lady.» disse Merlyn facendo un gesto con la
mano a Gwaine per avvicinarsi «Questa è la giusta
pressione per fasciare una ferita, non talmente stretto come fai tu, rischi di
bloccare la circolazione del sangue.» gli spiegò. Gwaine
aveva provato più volte a darle una mano con i bendaggi, ma ci metteva sempre
troppa forza e i poveri gladiatori venivano da lei in lacrime dicendole che non
riuscivano più a sentirsi alcune parti del corpo.
«Come ti
chiami, amico?» domandò l’uomo al nuovo arrivato, senza staccare gli occhi
dalle agili mani di Merlyn.
«Lancelot.
Lancelot du Lac.» rispose il
ferito stringendo il lenzuolo che la ragazza aveva posato sul tavolo prima di
farlo accomodare.
«Io sono Gwaine e questo angelo è Merlyn.»
fece le presentazioni sorridendo apertamente. Gwaine
era sicuro di poter riconoscere al primo sguardo una brava persona e questo
Lancelot du Lac sembrava
essere un uomo di tutto rispetto.
Merlyn finì il
bendaggio e si allontanò per prendere un altro panno per pulire dal terriccio
il viso dell’uomo «Non sono un angelo.» rispose ridendo, ormai si era abituata a
Gwaine, la chiamava sempre in quel modo, ma non
voleva che anche gli altri gladiatori prendessero il suo esempio.
L’uomo si
portò la mano al petto, spalancando sorpreso la bocca «Merlyn,
tu sei un angelo, senza di te saremmo tutti morti per delle infezioni.» disse
prendendole la mano, facendole fare una giravolta e poi tirarla contro il suo
petto. Le lasciò un tenero bacio sulla fronte, facendola arrossire «E poi non
ho mai visto fanciulla bella quanto te, devi essere per forza una creatura
celestiale.» mormorò in modo che solo lei potesse sentirlo.
Non
voleva essere il solito uomo che ci provava con tutte, nella sua vita aveva
avuto la sua larga dose di donne tra le sue lenzuola, ma Gwaine
non aveva mai guardato il viso di una di esse sentendosi il cuore battere a
mille. Merlyn era speciale e Gwaine
avrebbe fatto del suo meglio per corteggiarla con il dovuto riguardo.
«Sono
sicura che lo dici a tutte.» sbuffò la ragazza scansandolo spingendo il palmo
della sua mano contro la guancia dell’uomo.
Lancelot
si schiarì la gola, ricordando ai due della sua presenza «Sono sicuro che potreste
essere realmente una creatura celestiale, my Lady.»
concordò usando nuovamente il titolo nobiliare che Merlyn
non possedeva realmente. Lei era una contadina di nascita, non importava quali
vestiti indossasse, nemmeno la seta più pregiata avrebbe cambiato le sue
origini.
«Meryln.» lo corresse gentilmente la fanciulla «Chiamami Merlyn.» aggiunse ignorando completamente il loro
paragonarla ad un angelo.
Lancelot sorrise, forse si era appena fatto degli amici.
La prima volta che aveva messo piede fuori
dall’arena era stato in compagnia di Alice, si erano dirette al mercato per
comprare della stoffa e Merlyn si era sentita
soffocare per quanta gente c’era per le strade.
Tutti la
guardavano incuriosita, adocchiando il suo collare d’oro, bisbigliando tra di
loro, dicendo chissà quali mal dicerie. Si era sentita come una bestia condotta
al mercato per essere venduta, con tutti gli occhi puntati su di lei. Aveva
fatto del suo meglio per ignorarli, ma era semplicemente impossibile,
soprattutto per la quantità di uomini che le si paravano davanti, guardandola
da testa a piedi, facendo chissà quali peccaminosi pensieri.
«Buongiorno,
Lady Merlyn.» la salutò la guardia del cancello Est
con un breve inchino «Vi avviate al mercato?» domandò cortesemente iniziando a
camminare al suo fianco, lasciando le atre tre guardie da sole a sorvegliare
l’uscita dell’arena.
«Buongiorno
a lei, Sir Keith.» salutò cortesemente la fanciulla con un cenno della testa,
il cestino stretto tra le mani «Devo comprare della frutta per la mia
Protettrice.» spiegò lasciandosi accompagnare fino al mercato. Sir Keith era un
uomo gentile, lo aveva visto più volte insieme ad una delle sue figlie più
piccole che gli portava del pane intorno all’ora di pranzo. Era un uomo dai
sani principi e sembrava anche lui disprezzare l’idea dell’arena e di avere
degli schiavi al suo interno.
Merlyn lo aveva
conosciuto meglio quando sfortunatamente era finito sul suo tavolo con una
ferita da coltello sulla spalla, un uomo aveva provato ad irrompere per cercare
di salvare il proprio figlio che era stato catturato.
La
ragazza non poteva che essere dispiaciuta per quel povero padre, anche lei
spesso si ritrovava a pensare come sarebbe stato se qualcuno fosse arrivato a
salvarla, ma non credeva che sua madre o Will si fossero resi conto della
situazione, sicuramente avevano giustificato la mancanza di lettere da parte
sua con la sua tendenza a dimenticarsi le cose.
«Mi
permetta di accompagnarla. Lady Merlyn.» disse
galantemente l’uomo, offrendole il braccio che la fanciulla accettò
cortesemente. Non era male avere una guardia con lei, almeno avrebbe evitato di
venire aggredita dai più poveri della città, che cercavano di strapparle dal
collo quel collare in oro puro. Le era capitato ben tre volte e voleva
candidamente evitare una quarta.
Passeggiarono
tra i banchi del mercato con passo lento, non avendo nessuna fretta di tornare,
Merlyn si prese il suo tempo per scegliere le mele
più rosse e le fragole più piccole. Sir Keith al suo fianco fischiettava
allegramente portando il cesto che la ragazza andava riempendo.
Quando
tornarono al cancello Est si salutarono con un inchino e separarono le loro
strade. Merlyn camminò lentamente tra i corridoi
dell’arena, diretta verso le celle dei gladiatori.
Alice era
una donna buona, lo aveva dimostrato più volte, per questo quando Merlyn le aveva chiesto se potesse comprare della frutta
anche per i gladiatori non si era fatta alcuno scrupolo a darle qualche moneta
in più.
«Ecco il
mio angelo!» urlò Gwaine appena la vide attraversare
la porta, attirando l’attenzione di tutti. In un attimo la fanciulla fu circondata
da più di venti uomini a petto nudo.
«Ho
portato della frutta.» annunciò sollevando il cesto di vimini. I gladiatori le
fecero spazio, lasciandola tirare fuori la frutta e posarla su uno dei piatti
che avevano lasciato sul lungo tavolo in legno. Merlyn
vi posò con cura tutto quello che aveva acquistato, sperando che bastasse per
tutti.
Quando
gli uomini si avventarono affamati la ragazza venne spinta sempre più infondo
alla stanza «Prego!» urlò infastidita di non aver ricevuto nemmeno un grazie,
quegli uomini erano dei veri e propri barbari.
«Non ti
offendere, Merlyn, non lo fanno con cattiveria.» al
suo fianco si ritrovò Lancelot, un’espressione serena dipinta in volto «Gwaine ha ragione quando ti chiama angelo, nessuno avrebbe
mai pensato di portarci della frutta fresca.» aggiunse dandole un’amichevole
spinta con la spalla.
Merlyn arrossì e
allungò una mano nella cesta, tirandone fuori una tra le mele più belle che
aveva scelto «Tieni, rimanendo qui con me sicuramente non riusciresti ad
arrivare al piatto prima che finiscano tutto.» disse dando all’uomo il frutto.
Lancelot
si era rivelato un vero amico, non si comportava come Gwaine,
era più nobile d’animo e scambiare due chiacchiere con lui non era mai un
dispiacere. Le aveva raccontato che quando era stato catturato era diretto
verso Camelot, nella speranza di diventare un cavaliere. Merlyn
a sua volta gli aveva raccontato di suo zio e di come ora i loro sogni fossero
stati infranti da quell’arena e del bruto Re Cenred.
«Grazie
mille, Merlyn.» disse l’uomo piegandosi per donarle
un tenero bacio sulla guancia, facendo arrossire ulteriormente la fanciulla.
La ragazza gli donò un sorriso, prima di congedarsi e
tornare sui suoi passi, diretta da Alice.
Una cosa
che Merlyn non si era aspettata era la possibilità di
avere dei corteggiatori. Veri e propri uomini con mazzi di fiori che si
presentavano alla sua porta, le offrivano un appuntamento a cena e facevano
delle mosse strane con le sopracciglia.
Ad Ealdor nessuno l’aveva mai guardata se non per deriderla, i
ragazzi più grandi provavano un particolare piacere nel prenderla in giro per
le sue orecchie leggermente sporgenti ed appuntite. Fortunatamente aveva sempre
avuto Will a coprirle le spalle.
«Mi
dispiace, Sir, ma non credo che io non sia la persona giusta da corteggiare.»
provò educatamente la ragazza tenendo la porta socchiusa, dall’altra parte vi
era un uomo molto più anziano di lei, i denti talmente gialli e i capelli – o
almeno i pochi che gli erano rimasti – completamente bianchi.
L’uomo
corrugò la fronte, i fiori ancora tesi verso la porta stretti dalla sua mano grande
e callosa «Non essere sciocca, Lady Merlin, un uomo sa sempre quello che
vuole.» disse provando a spingersi all’interno della stanza «Non come voi donne
che non avete mai le idee chiare, vi piace pavoneggiarvi, non riuscite mai a
scegliere un uomo.» aggiunse lasciando cadere i fiori a terra, ora il viso
rosso di rabbia e umiliazione per essere stato respinto «Preferite dormire con
chiunque capiti, senza legarvi ad una persona sola, proprio come una p…» l’uomo
venne tagliato dal rumori di passi che si avvicinavano velocemente e Merlyn ne approfittò per sbattere la porta con quanta più
forza avesse, rischiando di amputare le dita dell’uomo.
Rimase
con l’orecchio attaccato alla porta, pronta a sentire l’uomo allontanarsi, con
l’aiuto della magia teneva la porta chiusa. Si sentì subito più al sicuro quando
sentì la voce di Gilli dall’altra parte. Poteva non starle molto simpatico, ma
almeno la trattava con il dovuto rispetto, soprattutto perché timido nei modi,
ma non nello sguardo.
Sentì la
guardia invitare il nobile ad uscire dall’arena, prima che i cancelli venissero
chiusi per la notte e la fanciulla aspettò pazientemente che anche l’altro uomo
se ne andasse per andare dalla sua Protettrice per la visita serale. La donna
l’aiutava ad affinare le sue abilità di scrittura e lettura, per gentile richiesta
della giovane che si sentiva arrugginita senza sua madre a guidarla.
Merlyn era
stata fortunata ad avere almeno un genitore acculturato, non era da tutti i
cittadini di campagna saper leggere e scrivere, forse nemmeno nelle grandi
città tutti ne erano capaci. Hunith aveva avuto
un’educazione eccezionale che però non le era servita molto nella vita, ma che
si era imposta di tramandare alla figlia.
Un
bussare secco alla sua porta fece roteare gli occhi alla maga, che riluttante
aprì con un gentile sorriso sulle labbra «Sir Gilli.» salutò con una piccola
reverenza.
«Lady Merlyn, è arrivato un nuovo gladiatore, richiede assistenza
medica.» disse la guardia ricambiando il saluto cortese, invitandola con il
braccio ad avviarsi verso l’infermeria. La maga lo fissò confusa, era atipico
che portassero così tardi un gladiatore, ma non espresse nessun parere. Afferrò
il mantello accanto alla porta e si fece scortare dalla guardia fino a
destinazione.
Entrando
individuò subito un uomo in piedi ad un angolo della stanza, puntò gli occhi
dritti nei suoi e non staccò il contatto visivo «Grazie, Sir Gilli, può
andare.» la fanciulla congedò la guardia senza neppure voltarsi, impegnata in
quella gara di sguardi.
Appena la
porta fu chiusa nessuno dei due si mosse, era chiaro che l’uomo non si fidasse
per niente di lei e Merlyn non poteva certo non
biasimarlo. Fino ad ora aveva avuto a che fare con uomini come Gwaine e Lancelot, abbastanza cordiali ed arrendevoli
all’idea di essere rinchiusi.
Quando il
rumore dei passi di Gilli svanì l’uomo si avventò sulla ragazza buttandola a
terra. La bloccò ai fianchi con le proprie ginocchia e le puntò al collo uno
degli attrezzi appuntiti che Merlyn usava per rimuovere
i punti dai suoi pazienti.
Rimase
impassibile, ma il cuore le batteva quanto un tamburo nel petto. Aveva
ovviamente paura di morire, non quando non aveva compiuto nemmeno sedici estati
e non aveva visto tutti i Regni. Aveva sempre desiderato viaggiare, essere un
medico errante, ma una donna da sola in viaggio correva molti pericoli. Come
quello che stava accadendo in quella stanza.
«Sono il
medico dell’arena, Merlyn.» si presentò sentendo la
lama toccare la gola con ogni parola. Nessuno dei due batteva ciglio e Merlyn si chiese se non avessero catturato un malato di
mente.
«Dove
sono?» domandò a denti stretti l’uomo chinandosi di più sul suo corpo,
sibilando minaccioso e Merlyn lo guardò annoiata. Tutti
le facevano quella domanda, iniziava a diventare particolarmente noioso.
«Siamo
nel Regno di Essetir, nella capitale, e più
precisamente all’interno della sua arena, amico.» rispose muovendo un braccio
per cercare di mettersi più comoda, ma l’uomo lo percepì come un tentato
attacco e le afferrò il polso, bloccando la sua mano a mezz’aria e Merlyn iniziava a sentire leggermente caldo.
Non era
mai stata così vicina ad un uomo, più precisamente ad un uomo di una certa
bellezza.
Aveva dei
capelli dello stesso colore che ricordava la ragazza il tritico che coltivava
ad Ealdor; gli occhi che stava fissando da quando era
entrata avevano le iridi simili alle sue, forse di un celeste più tendente al
blu. Nonostante il viso sporco di terra e sangue Merlyn
poteva vedere la sua carnagione chiara, come se non avesse mai visto un giorno
di lavoro sotto il Sole cocente dell’estate. Era un bell’uomo, non c’era molto
da dire, Merlyn in quel periodo ne era circondata, ma
nessuno aveva mai acceso il suo interesse.
«Io non
sono tuo amico.» sbottò guardandola truce e oh, Merlyn
perse immediatamente qualsiasi interesse. Non voleva certo cedere il suo cuore
ad un uomo bruto ed antipatico come quello.
«Hai
ragione, nessuno dei miei amici è uno stronzo quanto te.» rispose e
senza alcun preavviso alzò il ginocchio, colpendolo dove i libri di anatomia le
dicevano che avrebbe fatto male. L’uomo fece cadere l’arma e si spostò,
portando le mani verso la parte lesa.
«Non puoi
parlarmi così!» disse cercando di recuperare l’espressione minacciosa, ma Merlyn leggeva chiaramente il suo dolore attraverso gli
occhi che l’uomo si ostinava a tenere fissi nei suoi.
La
ragazza rise freddamente, veramente infastidita dal comportamento del
gladiatore «Anche se non potessi lo farei comunque.» rispose suonando come una
bambina.
«Potrei
ucciderti adesso.» la minacciò riafferrando l’arma che Merlyn
non aveva pensato di raccogliere e nascondere alle mani dell’uomo.
«Fallo.»
lo sfidò allargando le braccia, ma le gambe tremavano leggermente, non voleva
mostrarsi una codarda e voleva far capire a quel pallone gonfiato che lei era
più dura di quanto pensasse.
L’uomo
inarcò un sopracciglio, domandandosi perché quella donna non stesse urlando
aiuto, sembrava piuttosto tranquilla e questo lo infastidiva particolarmente.
Non era nella sua natura minacciare delle fanciulle, aveva un onore, ma mali
estremi, estremi rimedi.
La guardò
meglio, staccando per la prima volta lo sguardo dagli occhi della ragazza. Notò
immediatamente il collare d’oro, chiaro segno che lei era in una posizione di
potere superiore a lui. Era molto magra, sembrava mal nutrita, ma questo non
rendeva il suo viso meno bello. I lunghi capelli neri le ricordavano una
persona a casa, ma quelli del medico davanti a lui sembravano ad occhio e croce
più lunghi e più lucenti. Il vestito bianco che stava indossando le dava
un’aria quasi religiosa, poteva benissimo immaginarla in una delle vetrate
delle Chiese della sua città Natale.
«Allora,
hai paura?» lo sfidò con tono divertito, nascondendo le labbra piacevolmente
rosse dietro una mano. L’uomo si chiese se quelle fossero il loro colore
naturale o avesse usato qualche tintura.
«Non hai
paura?» le domandò sentendosi insicuro per la prima volta in vita sua.
Solitamente la gente non osava parlargli in quel modo, le donne non osavano
incrociare il suo sguardo per l’imbarazzo.
Merlyn alzò le
spalle e decise di sfilarsi il lungo mantello blu, alzandosi le mani dell’abito
bianco per poter iniziare a lavorare su quel bruto. Stava già perdendo
abbastanza tempo con quella scenetta «No, Sir, vorrei solo fare il mio lavoro e
continuare con la mia serata.» rispose iniziando a spostarsi per la stanza come
se l’uomo non l’avesse aggredita solo pochi minuti prima. Poteva
perdonarglielo, anche lei avrebbe reagito allo stesso modo.
Lo invitò
a sedersi con lo sguardo «Ora, vuole dirmi come si chiama?» domandò mentre
estraeva dalla borsa l’alcool, ago e filo, pronta a cucire la spalla dell’uomo.
«Arthur.»
rispose l’uomo rimanendo sull’attenti, pronto a scattare di nuovo nel caso la
ragazza volesse infliggergli un colpo nell’occhio con l’ago «Mi chiamo Arthur,
Lady Merlyn.» aggiunse sentendosi a disagio.
«Bene,
Sir Arthur, può chiamarmi semplicemente Merlyn, non
sono una nobile.» disse come suo solito, non le piaceva quel titolo, non lo
sentiva suo.
Arthur
sbuffò una risata, era ovvio che quella ragazza non potesse essere veramente
una nobile, nessuna donna del suo rango si sarebbe comportata in quel modo. Non
poteva aspettarsi altro dal Regno di quel barbaro di Cenred.
Appena
suo padre si sarebbe accorto della sua scomparsa non c’era alcuna possibilità
che quell’arena sarebbe rimasta in piedi, Camelot avrebbe conquistato Essetir.
Nessuno
sembrava averlo riconosciuto come l’erede al trono di Camelot e poteva
solamente giocarselo a suo favore.
«Ci sono
altri quattro gladiatori che si chiamano Arthur, quindi d’ora in poi La
chiamerò Testa di fagiolo.» disse la ragazza in tono serio, nonostante la
grande sciocchezza che il principe avesse sentito.
L’uomo
sbuffò infastidito «Faccia come vuole.» rispose “Tanto rimarrò qui solo qualche
giorno” pensò soddisfatto, lasciandosi curare dall’affascinante medico.