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Autore: Sel Dolce    07/10/2020    1 recensioni
[Merthur | AU | Rating Arancione | Fem!Merlin ]
Dal capitolo nove:
«Merlyn, tu sei la donna più insopportabile che io abbia mai conosciuto.» cominciò, completamente preso dall’improvvisazione, non aveva pensato a prepararsi un discorso «La prima volta che ci siamo conosciuti ti ho quasi tagliato la gola e tu non hai battuto ciglio. In quel momento ho capito che eri speciale – per non dire strana – ed ho iniziato ad osservarti.» stava andando decisamente male, qualcuno doveva sfondare la sua porta e tappargli la bocca in quel preciso istante «Non capivo cosa tutti ci trovassero in te, chiunque passasse sul tuo cammino si innamorava come il più sciocco degli uomini.» veramente, Arthur pregò che Gwaine entrasse e lo stordisse, quel discorso faceva schifo.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hunith, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Capitolo due

 

 

Passò frettolosamente le mani sulla gonna del suo abito cercando di eliminare la polvere che si era accumulata stando sulle ginocchia sul pavimento delle celle. Aveva imparato che ad Alice non piaceva vederla con gli abiti sporchi, ma a Merlyn non importava più di tanto, se avesse dovuto mettersi per terra per salvare la vita ad un uomo lo avrebbe fatto.

«Lady Merlyn, è arrivato un nuovo gladiatore.» l’avvisò una guardia mentre stava mettendo via i suoi strumenti dopo aver ricucito una brutta ferita sulla gamba di un uomo.

«Arrivo subito, Sir Gilli.» rispose la fanciulla senza nemmeno guardarlo, non le piaceva particolarmente quel ragazzo. Era uno stregone, aveva visto più volte con i suoi occhi l’uomo usare la magia per fare scherzi spiacevoli ai poveri uomini che dovevano combattere per la loro libertà. Non per questo non lo aveva più volte aggredito puntandogli un dito al petto, definendolo un mostro e solamente il collare d’oro che aveva al collo l’aveva salvata dal venire frustata chissà quante volte.

Si girò verso l’uomo seduto a terra «Non alzarti se non strettamente necessario, mi raccomando.» disse prima di uscire dalla lurida cella, più volte aveva chiesto di poter pulire gli ambienti dedicati al soggiorno degli uomini, per renderli più salutari, ma Cedric – il responsabile dell’arena – le aveva riso in faccia, dicendo che meritavano di dormire con i ratti. Nulla era servito lamentarsi con Alice, nemmeno lei era riuscita a convincere l’uomo e il Re non aveva ritenuto utile sprecare le loro energie per dei semplici schiavi.

Camminò a passo svelto verso il suo studio medico, solitamente la prima tappa per i nuovi gladiatori.

Seduto sul tavolo di legno c’era un uomo dalle larghe spalle, Merlyn poteva già vedere diverse cicatrici sul petto dell’uomo ed arricciò il naso al chiaro odore di alcool che proveniva dal gladiatore.

«Cielo, devo essere finito in Paradiso se un angelo è venuto a trovarmi.» commentò l’uomo vedendola e la maga si chiese se non avesse sbattuto la testa. Nessuno l’aveva mai chiamata angelo e non poté fare a meno di arrossire.

«Nessun angelo, qui, gentile cavaliere, solo un medico.» rispose facendo un leggero inchino, non era mai stata molto propensa a seguire l’etichetta, ma dopo il primo mese passato in quell’arena aveva creduto che forse a quegli uomini avrebbe fatto piacere essere trattati come semplici esseri umani e non schiavi, destinati a rischiare la vita ogni giorno.

L’uomo rise e la ragazza notò i capelli incrostati di sangue, quindi il gladiatore aveva decisamente battuto la testa.

«Io sono Gwaine.» si presentò afferrandole una mano per baciarla e Merlyn si imbarazzò, nessun uomo l’aveva mai tratta in quel modo e dire che si sentisse lusingata era ben poco.

«E io sono Merlyn, il medico dell’arena.» si presentò a sua volta ritirando la mano, così da poter aprire la sua borsa con gli attrezzi, Gwaine aveva decisamente bisogno di più punti e doveva ripulirlo da tutto quel sangue.

L’uomo rimase in silenzio, toccandosi qualche volta il collare d’argento, ma non intralciò più del dovuto il lavoro della fanciulla. Forse per quella volta essere nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, non era poi finita così male. Gli era sembrato di capire che lì avrebbe avuto del cibo, un tetto sulla testa, un’affascinante dottoressa solamente al prezzo di vederlo combattere in un’arena. Se voleva essere modesto, e non lo era, non poteva chiedere di meglio: lui era un vero maestro della spada.

«Per l’occhio nero dovrà venire ogni giorno, così che possa metterle una tintura, fino a quando non sarà guarito.» la ragazza spezzò il silenzio e, oh, Gwaine era già innamorato follemente di quella voce, andare ogni giorno da lei non sarebbe stato per niente un problema.

«Può darmi del tu, my Lady.» disse galantemente scendendo dal tavolo, rimettendosi la maglia leggermente strappata.

«Solo se tu farai lo stesso.» rispose la ragazza sorridendo e l’uomo giurò di aver perso qualche battito.

«A presto, Merlyn.» la salutò andando verso la porta dove una guardia lo aspettava per portarlo in una delle celle.

«A presto, Gwaine.» disse facendo un ultimo piccolo inchino.

Non sapeva il perché, ma già sapeva che lei e quel gladiatore sarebbero diventati ottimi amici!

Alice si era rivelata una donna veramente deliziosa, non era mai stata scortese con Merlyn e spesso le insegnava nuove cose per migliorare le sue prestazioni da medico.

«Posso mandare delle lettere?» domandò la fanciulla versando il tea per la sua ospite. Era da un po’ che voleva porle quella domanda, non riusciva a non pensare a quanto fosse preoccupata sua madre senza aver sentito ancora sue notizie, in più voleva mandarne una a Gaius per avvisarlo di quello spiacevole evento che sembrava impedirle di raggiungerlo.

Alice scosse la testa «Nessuno schiavo può mandare lettere, cara, non possiamo permettere che notizie di questa arena giungono ad altri Regni.» spiegò utilizzando la magia per versarsi lo zucchero nella tazza. La donna era chiaramente una strega, non aveva mai fatto nulla per nasconderlo, e Merlyn si chiese se facesse parte di quel piccolo esercito che Cenred.

Da quando era arrivata aveva capito che in quell’arena c’erano più utilizzatori di magia di quanti ne avesse visti in vita sua e non tutti sembravano avere buone intenzioni. Merlyn tremava al pensiero di quello che avrebbero potuto fare, non poteva che preoccuparsi.

Non aveva avuto ancora il dispiacere di incontrare il Re, al contrario di Gwaine che era stato portato al suo cospetto dopo aver causato una rissa nelle camerate. Lo aveva descritto come un uomo viscido, con i capelli sporchi e che puzzava estremamente di vino, con i denti gialli e due occhi piccoli come un ratto. Alla sola descrizione la giovane maga rabbrividiva.

«Non potresti mandare tu parole a mio zio? Spiegargli la mia situazione?» chiese timidamente, non volendo spingere troppo la sua fortuna. Si sedé davanti alla donna facendo attenzione a non inciampare nel lungo vestito blu. Viveva costantemente nel panico di rovinare quegli abiti degni di una principessa, non voleva scoprire quali terribili conseguenze avrebbe portato un tale gesto.

La strega arrossì vistosamente, Merlyn notò con piacere che ogniqualvolta si nominasse l’uomo la sua Protettrice diventata dello stesso colore dei pomodori rivelando che c’erano chiaramente ancora dei sentimenti vivi per il vecchio medico di corte.

«Vedrò cosa posso fare.» le promise finendo il suo tea in un solo sorso, desiderosa di fuggire a quella conversazione che la stavano portando sul sentiero dei ricordi della sua giovinezza. Carezzò gentilmente la testa alla ragazza e uscì dalla stanza, lasciandola nuovamente sola.

La maga sorrise leggermente divertita, domandandosi se sarebbe mai riuscita a scappare e magari portare nuovamente Alice a Camelot per farla rincontrare con suo zio. Sapeva che doveva trovare del risentimento nei suoi confronti, infondo era solamente a causa sua se gli uomini di Cenred erano arrivati fino ad Ealdor, ma non poteva fare a meno di pensare che dietro ci fossero delle buone intenzioni.

Là era trattata con rispetto, non doveva lavorare sotto il Sole, portando pesi sulla schiena, le sue mani non erano mai state così morbide in vita sua. Alice voleva solamente toglierla dalla vita di campagna, credendola sola in quel piccolo villaggio.

La ragazza si tolse il vestito non con poca fatica, tutti quei lacci sulla schiena diventavano leggermente rognosi e finalmente comprendeva perché le nobili donne avessero bisogno di aiuto per vestirsi. Fortunatamente lei aveva la magia e con un solo scintillio degli occhi il vestito era stato sfilato e posato sul letto.

Indossò dei pantaloni e una tunica che aveva trovato nell’armadio e rimboccandosi le maniche afferrò il secchio d’acqua che era vicino al camino e una spazzola per pulire il pavimento. Merlyn proprio non riusciva a stare senza fare nulla, era contro la sua natura, e poi lo considerava un ottimo esercizio per esaurire le ultime forze prima di cadere in un sonno senza sogni.

Le prime notti che aveva passato in quella stanza la maga era stata tormentata da terribili sogni, aveva visto l’arena in fiamme, un drago sopra di essa che girava in cerchio e lei con gli abiti che stava indossando in quell’esatto momento.

La fanciulla scosse la testa, cercando di togliersi quelle immagini di mente e tronò a strofinare il pavimento.

Gwaine passò a Merlyn delle fasce, si era autoproclamato suo aiutante e la stava assistendo a dare il benvenuto ad un nuovo gladiatore.

«Non è molto grave, Sir.» commentò la fanciulla osservando il taglio sulla coscia dell’uomo. Bagno le fasce con dell’alcool, pronta a bendare la ferita.

«Non sono un cavaliere, my Lady.» rispose l’uomo stringendo i denti dal dolore. I cavalieri di Essetir erano stati piuttosto bruschi con la sua cattura, gli avevano tirato una freccia dritta sulla gamba, facendolo cadere da cavallo.

«E io non sono una Lady.» disse Merlyn facendo un gesto con la mano a Gwaine per avvicinarsi «Questa è la giusta pressione per fasciare una ferita, non talmente stretto come fai tu, rischi di bloccare la circolazione del sangue.» gli spiegò. Gwaine aveva provato più volte a darle una mano con i bendaggi, ma ci metteva sempre troppa forza e i poveri gladiatori venivano da lei in lacrime dicendole che non riuscivano più a sentirsi alcune parti del corpo.

«Come ti chiami, amico?» domandò l’uomo al nuovo arrivato, senza staccare gli occhi dalle agili mani di Merlyn.

«Lancelot. Lancelot du Lac.» rispose il ferito stringendo il lenzuolo che la ragazza aveva posato sul tavolo prima di farlo accomodare.

«Io sono Gwaine e questo angelo è Merlyn.» fece le presentazioni sorridendo apertamente. Gwaine era sicuro di poter riconoscere al primo sguardo una brava persona e questo Lancelot du Lac sembrava essere un uomo di tutto rispetto.

Merlyn finì il bendaggio e si allontanò per prendere un altro panno per pulire dal terriccio il viso dell’uomo «Non sono un angelo.» rispose ridendo, ormai si era abituata a Gwaine, la chiamava sempre in quel modo, ma non voleva che anche gli altri gladiatori prendessero il suo esempio.

L’uomo si portò la mano al petto, spalancando sorpreso la bocca «Merlyn, tu sei un angelo, senza di te saremmo tutti morti per delle infezioni.» disse prendendole la mano, facendole fare una giravolta e poi tirarla contro il suo petto. Le lasciò un tenero bacio sulla fronte, facendola arrossire «E poi non ho mai visto fanciulla bella quanto te, devi essere per forza una creatura celestiale.» mormorò in modo che solo lei potesse sentirlo.

Non voleva essere il solito uomo che ci provava con tutte, nella sua vita aveva avuto la sua larga dose di donne tra le sue lenzuola, ma Gwaine non aveva mai guardato il viso di una di esse sentendosi il cuore battere a mille. Merlyn era speciale e Gwaine avrebbe fatto del suo meglio per corteggiarla con il dovuto riguardo.

«Sono sicura che lo dici a tutte.» sbuffò la ragazza scansandolo spingendo il palmo della sua mano contro la guancia dell’uomo.

Lancelot si schiarì la gola, ricordando ai due della sua presenza «Sono sicuro che potreste essere realmente una creatura celestiale, my Lady.» concordò usando nuovamente il titolo nobiliare che Merlyn non possedeva realmente. Lei era una contadina di nascita, non importava quali vestiti indossasse, nemmeno la seta più pregiata avrebbe cambiato le sue origini.

«Meryln.» lo corresse gentilmente la fanciulla «Chiamami Merlyn.» aggiunse ignorando completamente il loro paragonarla ad un angelo.

Lancelot sorrise, forse si era appena fatto degli amici.

 La prima volta che aveva messo piede fuori dall’arena era stato in compagnia di Alice, si erano dirette al mercato per comprare della stoffa e Merlyn si era sentita soffocare per quanta gente c’era per le strade.

Tutti la guardavano incuriosita, adocchiando il suo collare d’oro, bisbigliando tra di loro, dicendo chissà quali mal dicerie. Si era sentita come una bestia condotta al mercato per essere venduta, con tutti gli occhi puntati su di lei. Aveva fatto del suo meglio per ignorarli, ma era semplicemente impossibile, soprattutto per la quantità di uomini che le si paravano davanti, guardandola da testa a piedi, facendo chissà quali peccaminosi pensieri.

«Buongiorno, Lady Merlyn.» la salutò la guardia del cancello Est con un breve inchino «Vi avviate al mercato?» domandò cortesemente iniziando a camminare al suo fianco, lasciando le atre tre guardie da sole a sorvegliare l’uscita dell’arena.

«Buongiorno a lei, Sir Keith.» salutò cortesemente la fanciulla con un cenno della testa, il cestino stretto tra le mani «Devo comprare della frutta per la mia Protettrice.» spiegò lasciandosi accompagnare fino al mercato. Sir Keith era un uomo gentile, lo aveva visto più volte insieme ad una delle sue figlie più piccole che gli portava del pane intorno all’ora di pranzo. Era un uomo dai sani principi e sembrava anche lui disprezzare l’idea dell’arena e di avere degli schiavi al suo interno.

Merlyn lo aveva conosciuto meglio quando sfortunatamente era finito sul suo tavolo con una ferita da coltello sulla spalla, un uomo aveva provato ad irrompere per cercare di salvare il proprio figlio che era stato catturato.

La ragazza non poteva che essere dispiaciuta per quel povero padre, anche lei spesso si ritrovava a pensare come sarebbe stato se qualcuno fosse arrivato a salvarla, ma non credeva che sua madre o Will si fossero resi conto della situazione, sicuramente avevano giustificato la mancanza di lettere da parte sua con la sua tendenza a dimenticarsi le cose.

«Mi permetta di accompagnarla. Lady Merlyn.» disse galantemente l’uomo, offrendole il braccio che la fanciulla accettò cortesemente. Non era male avere una guardia con lei, almeno avrebbe evitato di venire aggredita dai più poveri della città, che cercavano di strapparle dal collo quel collare in oro puro. Le era capitato ben tre volte e voleva candidamente evitare una quarta.

Passeggiarono tra i banchi del mercato con passo lento, non avendo nessuna fretta di tornare, Merlyn si prese il suo tempo per scegliere le mele più rosse e le fragole più piccole. Sir Keith al suo fianco fischiettava allegramente portando il cesto che la ragazza andava riempendo.

Quando tornarono al cancello Est si salutarono con un inchino e separarono le loro strade. Merlyn camminò lentamente tra i corridoi dell’arena, diretta verso le celle dei gladiatori.

Alice era una donna buona, lo aveva dimostrato più volte, per questo quando Merlyn le aveva chiesto se potesse comprare della frutta anche per i gladiatori non si era fatta alcuno scrupolo a darle qualche moneta in più.

«Ecco il mio angelo!» urlò Gwaine appena la vide attraversare la porta, attirando l’attenzione di tutti. In un attimo la fanciulla fu circondata da più di venti uomini a petto nudo.

«Ho portato della frutta.» annunciò sollevando il cesto di vimini. I gladiatori le fecero spazio, lasciandola tirare fuori la frutta e posarla su uno dei piatti che avevano lasciato sul lungo tavolo in legno. Merlyn vi posò con cura tutto quello che aveva acquistato, sperando che bastasse per tutti.

Quando gli uomini si avventarono affamati la ragazza venne spinta sempre più infondo alla stanza «Prego!» urlò infastidita di non aver ricevuto nemmeno un grazie, quegli uomini erano dei veri e propri barbari.

«Non ti offendere, Merlyn, non lo fanno con cattiveria.» al suo fianco si ritrovò Lancelot, un’espressione serena dipinta in volto «Gwaine ha ragione quando ti chiama angelo, nessuno avrebbe mai pensato di portarci della frutta fresca.» aggiunse dandole un’amichevole spinta con la spalla.

Merlyn arrossì e allungò una mano nella cesta, tirandone fuori una tra le mele più belle che aveva scelto «Tieni, rimanendo qui con me sicuramente non riusciresti ad arrivare al piatto prima che finiscano tutto.» disse dando all’uomo il frutto.

Lancelot si era rivelato un vero amico, non si comportava come Gwaine, era più nobile d’animo e scambiare due chiacchiere con lui non era mai un dispiacere. Le aveva raccontato che quando era stato catturato era diretto verso Camelot, nella speranza di diventare un cavaliere. Merlyn a sua volta gli aveva raccontato di suo zio e di come ora i loro sogni fossero stati infranti da quell’arena e del bruto Re Cenred.

«Grazie mille, Merlyn.» disse l’uomo piegandosi per donarle un tenero bacio sulla guancia, facendo arrossire ulteriormente la fanciulla.

La ragazza gli donò un sorriso, prima di congedarsi e tornare sui suoi passi, diretta da Alice.

Una cosa che Merlyn non si era aspettata era la possibilità di avere dei corteggiatori. Veri e propri uomini con mazzi di fiori che si presentavano alla sua porta, le offrivano un appuntamento a cena e facevano delle mosse strane con le sopracciglia.

Ad Ealdor nessuno l’aveva mai guardata se non per deriderla, i ragazzi più grandi provavano un particolare piacere nel prenderla in giro per le sue orecchie leggermente sporgenti ed appuntite. Fortunatamente aveva sempre avuto Will a coprirle le spalle.

«Mi dispiace, Sir, ma non credo che io non sia la persona giusta da corteggiare.» provò educatamente la ragazza tenendo la porta socchiusa, dall’altra parte vi era un uomo molto più anziano di lei, i denti talmente gialli e i capelli – o almeno i pochi che gli erano rimasti – completamente bianchi.

L’uomo corrugò la fronte, i fiori ancora tesi verso la porta stretti dalla sua mano grande e callosa «Non essere sciocca, Lady Merlin, un uomo sa sempre quello che vuole.» disse provando a spingersi all’interno della stanza «Non come voi donne che non avete mai le idee chiare, vi piace pavoneggiarvi, non riuscite mai a scegliere un uomo.» aggiunse lasciando cadere i fiori a terra, ora il viso rosso di rabbia e umiliazione per essere stato respinto «Preferite dormire con chiunque capiti, senza legarvi ad una persona sola, proprio come una p…» l’uomo venne tagliato dal rumori di passi che si avvicinavano velocemente e Merlyn ne approfittò per sbattere la porta con quanta più forza avesse, rischiando di amputare le dita dell’uomo.

Rimase con l’orecchio attaccato alla porta, pronta a sentire l’uomo allontanarsi, con l’aiuto della magia teneva la porta chiusa. Si sentì subito più al sicuro quando sentì la voce di Gilli dall’altra parte. Poteva non starle molto simpatico, ma almeno la trattava con il dovuto rispetto, soprattutto perché timido nei modi, ma non nello sguardo.

Sentì la guardia invitare il nobile ad uscire dall’arena, prima che i cancelli venissero chiusi per la notte e la fanciulla aspettò pazientemente che anche l’altro uomo se ne andasse per andare dalla sua Protettrice per la visita serale. La donna l’aiutava ad affinare le sue abilità di scrittura e lettura, per gentile richiesta della giovane che si sentiva arrugginita senza sua madre a guidarla.

Merlyn era stata fortunata ad avere almeno un genitore acculturato, non era da tutti i cittadini di campagna saper leggere e scrivere, forse nemmeno nelle grandi città tutti ne erano capaci. Hunith aveva avuto un’educazione eccezionale che però non le era servita molto nella vita, ma che si era imposta di tramandare alla figlia.

Un bussare secco alla sua porta fece roteare gli occhi alla maga, che riluttante aprì con un gentile sorriso sulle labbra «Sir Gilli.» salutò con una piccola reverenza.

«Lady Merlyn, è arrivato un nuovo gladiatore, richiede assistenza medica.» disse la guardia ricambiando il saluto cortese, invitandola con il braccio ad avviarsi verso l’infermeria. La maga lo fissò confusa, era atipico che portassero così tardi un gladiatore, ma non espresse nessun parere. Afferrò il mantello accanto alla porta e si fece scortare dalla guardia fino a destinazione.

Entrando individuò subito un uomo in piedi ad un angolo della stanza, puntò gli occhi dritti nei suoi e non staccò il contatto visivo «Grazie, Sir Gilli, può andare.» la fanciulla congedò la guardia senza neppure voltarsi, impegnata in quella gara di sguardi.

Appena la porta fu chiusa nessuno dei due si mosse, era chiaro che l’uomo non si fidasse per niente di lei e Merlyn non poteva certo non biasimarlo. Fino ad ora aveva avuto a che fare con uomini come Gwaine e Lancelot, abbastanza cordiali ed arrendevoli all’idea di essere rinchiusi.

Quando il rumore dei passi di Gilli svanì l’uomo si avventò sulla ragazza buttandola a terra. La bloccò ai fianchi con le proprie ginocchia e le puntò al collo uno degli attrezzi appuntiti che Merlyn usava per rimuovere i punti dai suoi pazienti.

Rimase impassibile, ma il cuore le batteva quanto un tamburo nel petto. Aveva ovviamente paura di morire, non quando non aveva compiuto nemmeno sedici estati e non aveva visto tutti i Regni. Aveva sempre desiderato viaggiare, essere un medico errante, ma una donna da sola in viaggio correva molti pericoli. Come quello che stava accadendo in quella stanza.

«Sono il medico dell’arena, Merlyn.» si presentò sentendo la lama toccare la gola con ogni parola. Nessuno dei due batteva ciglio e Merlyn si chiese se non avessero catturato un malato di mente.

«Dove sono?» domandò a denti stretti l’uomo chinandosi di più sul suo corpo, sibilando minaccioso e Merlyn lo guardò annoiata. Tutti le facevano quella domanda, iniziava a diventare particolarmente noioso.

«Siamo nel Regno di Essetir, nella capitale, e più precisamente all’interno della sua arena, amico.» rispose muovendo un braccio per cercare di mettersi più comoda, ma l’uomo lo percepì come un tentato attacco e le afferrò il polso, bloccando la sua mano a mezz’aria e Merlyn iniziava a sentire leggermente caldo.

Non era mai stata così vicina ad un uomo, più precisamente ad un uomo di una certa bellezza.

Aveva dei capelli dello stesso colore che ricordava la ragazza il tritico che coltivava ad Ealdor; gli occhi che stava fissando da quando era entrata avevano le iridi simili alle sue, forse di un celeste più tendente al blu. Nonostante il viso sporco di terra e sangue Merlyn poteva vedere la sua carnagione chiara, come se non avesse mai visto un giorno di lavoro sotto il Sole cocente dell’estate. Era un bell’uomo, non c’era molto da dire, Merlyn in quel periodo ne era circondata, ma nessuno aveva mai acceso il suo interesse.

«Io non sono tuo amico.» sbottò guardandola truce e oh, Merlyn perse immediatamente qualsiasi interesse. Non voleva certo cedere il suo cuore ad un uomo bruto ed antipatico come quello.

«Hai ragione, nessuno dei miei amici è uno stronzo quanto te.» rispose e senza alcun preavviso alzò il ginocchio, colpendolo dove i libri di anatomia le dicevano che avrebbe fatto male. L’uomo fece cadere l’arma e si spostò, portando le mani verso la parte lesa.

«Non puoi parlarmi così!» disse cercando di recuperare l’espressione minacciosa, ma Merlyn leggeva chiaramente il suo dolore attraverso gli occhi che l’uomo si ostinava a tenere fissi nei suoi.

La ragazza rise freddamente, veramente infastidita dal comportamento del gladiatore «Anche se non potessi lo farei comunque.» rispose suonando come una bambina.

«Potrei ucciderti adesso.» la minacciò riafferrando l’arma che Merlyn non aveva pensato di raccogliere e nascondere alle mani dell’uomo.

«Fallo.» lo sfidò allargando le braccia, ma le gambe tremavano leggermente, non voleva mostrarsi una codarda e voleva far capire a quel pallone gonfiato che lei era più dura di quanto pensasse.

L’uomo inarcò un sopracciglio, domandandosi perché quella donna non stesse urlando aiuto, sembrava piuttosto tranquilla e questo lo infastidiva particolarmente. Non era nella sua natura minacciare delle fanciulle, aveva un onore, ma mali estremi, estremi rimedi.

La guardò meglio, staccando per la prima volta lo sguardo dagli occhi della ragazza. Notò immediatamente il collare d’oro, chiaro segno che lei era in una posizione di potere superiore a lui. Era molto magra, sembrava mal nutrita, ma questo non rendeva il suo viso meno bello. I lunghi capelli neri le ricordavano una persona a casa, ma quelli del medico davanti a lui sembravano ad occhio e croce più lunghi e più lucenti. Il vestito bianco che stava indossando le dava un’aria quasi religiosa, poteva benissimo immaginarla in una delle vetrate delle Chiese della sua città Natale.

«Allora, hai paura?» lo sfidò con tono divertito, nascondendo le labbra piacevolmente rosse dietro una mano. L’uomo si chiese se quelle fossero il loro colore naturale o avesse usato qualche tintura.

«Non hai paura?» le domandò sentendosi insicuro per la prima volta in vita sua. Solitamente la gente non osava parlargli in quel modo, le donne non osavano incrociare il suo sguardo per l’imbarazzo.

Merlyn alzò le spalle e decise di sfilarsi il lungo mantello blu, alzandosi le mani dell’abito bianco per poter iniziare a lavorare su quel bruto. Stava già perdendo abbastanza tempo con quella scenetta «No, Sir, vorrei solo fare il mio lavoro e continuare con la mia serata.» rispose iniziando a spostarsi per la stanza come se l’uomo non l’avesse aggredita solo pochi minuti prima. Poteva perdonarglielo, anche lei avrebbe reagito allo stesso modo.

Lo invitò a sedersi con lo sguardo «Ora, vuole dirmi come si chiama?» domandò mentre estraeva dalla borsa l’alcool, ago e filo, pronta a cucire la spalla dell’uomo.

«Arthur.» rispose l’uomo rimanendo sull’attenti, pronto a scattare di nuovo nel caso la ragazza volesse infliggergli un colpo nell’occhio con l’ago «Mi chiamo Arthur, Lady Merlyn.» aggiunse sentendosi a disagio.

«Bene, Sir Arthur, può chiamarmi semplicemente Merlyn, non sono una nobile.» disse come suo solito, non le piaceva quel titolo, non lo sentiva suo.

Arthur sbuffò una risata, era ovvio che quella ragazza non potesse essere veramente una nobile, nessuna donna del suo rango si sarebbe comportata in quel modo. Non poteva aspettarsi altro dal Regno di quel barbaro di Cenred.

Appena suo padre si sarebbe accorto della sua scomparsa non c’era alcuna possibilità che quell’arena sarebbe rimasta in piedi, Camelot avrebbe conquistato Essetir.

Nessuno sembrava averlo riconosciuto come l’erede al trono di Camelot e poteva solamente giocarselo a suo favore.

«Ci sono altri quattro gladiatori che si chiamano Arthur, quindi d’ora in poi La chiamerò Testa di fagiolo.» disse la ragazza in tono serio, nonostante la grande sciocchezza che il principe avesse sentito.

L’uomo sbuffò infastidito «Faccia come vuole.» rispose “Tanto rimarrò qui solo qualche giorno” pensò soddisfatto, lasciandosi curare dall’affascinante medico.

 

   
 
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