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Autore: Belarus    22/10/2020    1 recensioni
"Dall’alto dei suoi due metri e delle batoste prese nella sua breve vita, Kidd la osservò mordicchiarsi la bocca e un pensiero lo investì, facendogli lanciare di mal grazia la rivettatrice nel carrello degli attrezzi.
«Che si fottano loro e tutta la classe dirigente di Marijoa. Puoi stare da me.» annunciò serio, facendo scappare a Killer la saldatrice accesa di mano."

[AyaKiddAU con la simpatica collaborazione di Law in veste di vicino]
Storia partecipante{o quasi} al Writober2020 indetto su Fanwriter.it
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Shiawasenashi - La morte felice
Genere: Generale, Commedia.
Prompt: Caffetteria
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Pirati di Kidd; Izou.
Note: Lo ammetto, questa è una delle mie shot preferite della raccolta. Non so bene spiegarvi perché, credo sia un misto tra Aya che si trova innocente a far chiacchiere con Izou, Kidd che scatta solo lui sa perché all’idea, Heat che tenta modi alternativi per uccidere la gente o l’atmosfera della caffetteria. Quella l’avevo ideata anni fa per un’altra mia racconta, ma l’idea è naufragata per cui eccola qui. Godetevela spero, come ho fatto io nello scriverla e ci si risente nel fine settimana con un altro aggiornamento~ vi adoro, sappiatelo.



#08. Caffetteria





Il tonfo della sua testa che cozzava contro il cofano motore fu peggiore della scarica di dolore che lo attraversò per il colpo, ma niente, niente sarebbe potuto essere peggiore di ciò che le sue orecchie avevano appena sentito tra una spinta di frizione e l’altra.
«Stavo controllando l’asse della Valiant, ha insistito lei.» se ne lavò le mani Heat, persistendo nel tinteggiare con indifferenza la carrozzeria grigia della Supra di quarta generazione che la proprietaria del conbini aveva lasciato loro tre giorni prima.
Era colpa sua se stava succedendo. E di Heat certo, ma soprattutto sua! Perché Heat non faceva segreto di non sopportare Aya e sì, mandarla al macello così, senza un briciolo di rimorso, era da lui, ma quella schifosa cagna cui era impossibile scampare neppure per mezzo berry e una fetida porzione di tonkatsu umidiccio, aveva preso in pieno la macchinetta Santori in fondo alla strada per parlare con un’amica. “Non era mai stato lì quell’aggeggio infernale!” aveva sbuffato scocciata dalla calca, quando le avevano chiesto come diavolo avesse fatto a non vederla. Il cemento era ancora appiccicoso, c’erano state birra scadente e soda ovunque per giorni. Birra, soda e soprattutto caffè. In lattina e dal sapore disgustoso, ma quello era il loro caffè, l’unico che loro dell’officina azzardavano a comprare pur di non scularsi da là dentro e quella strega infoiata glielo aveva divelto con una smorfia e uno scoppio di chewing gum. Se non avesse avuto la sua fottutissima macchina da sistemare e quindi berry a volontà da spillarle, Kidd l’avrebbe strozzata. Questo era ciò che aveva pensato sino a due minuti prima, adesso, quasi quasi andava direttamente a strozzarla e la macchina se la teneva per rivendere i pezzi.
«Heat no. La caffetteria no!» biascicò tra lo sconsolato e il preoccupato Killer, ma Kidd non sentì il resto della conversazione né vide se Heat diede segno d’essersene fregato almeno un po’.
Era già per strada, in un misto di corsa e marcia da guerra, con la tuta da lavoro unta di olio per i freni e la testa che pulsava non si sapeva bene sé per l’isteria del momento o il colpo che si era auto inferto poco prima, diretto verso quell’antro di perdizione e morte che stava sulla strada principale, due incroci più su della sua officina. Nel tempo del tragitto, abbatté a spallate chissà quanta gente, i loro lamenti non gli arrivarono neppure alle orecchie, ma in compenso avvertì distintamente i propri denti digrignare per il nervosismo quando raggiunse quello che avrebbe fatto invidia ad un tropical bar di Busan.
La “Wa Co House”, abbreviazione di Wano Coffee House, che Kidd e la sua combriccola avevano ribattezzato amichevolmente WC House, era l’unica vera caffetteria del loro quartiere. Una chicca uscita dalle tasche della Whitebeard Society, che aveva attirato stuoli di ragazzine adolescenti sghignazzanti, presunti intellettuali e il cielo solo sapeva, decine di altri idioti strampalati da ogni dove pronti a posare il culo sui suoi divanetti in pelle pregiata per il resto delle loro merdose giornate. Era un tripudio di foglie di ginkgo, palme, tappezzerie dubbie, ninnoli e luci a tutte le altezze possibili, piazzate a casaccio con l’unico scopo di fartici finire impiccato alla prima distrazione. Per non parlare di quell’odiosa balena sorridente che riempiva un’intera parete e sotto cui la gente persisteva a scattare selfie idioti che ammorbavano i social. Kidd e i suoi c’erano entrati dopo una settimana dall’apertura, intenzionati a comprare del caffè decente invece del piscio della loro macchinetta, ma erano bastati cinque minuti d’orologio perché cominciassero a sognare ad occhi aperti di dargli fuoco con dipendenti dentro. Soprattutto con dipendenti dentro. Specialmente con quel dipendente dentro.
«-e così gli ho detto: “Kami, rimettilo al suo posto o qualcuno si farà male!” Oh, avresti dovuto vedere la sua faccia!» lo sentì raccontare ambiguo come suo solito e un brivido gli corse giù per la schiena vedendo che ad ascoltarlo al bancone c’era quella dannatissima donna.
Izou. Ex campione nazionale di kenjutsu per sei anni di fila, in realtà un ammasso di trucco e movenze da periodo Edo che faceva a pugni con la sua vita sessuale libertina persino per gli standard non standard di Kidd – della quale per altro non avrebbe mai voluto sapere nulla, ma purtroppo non era stato così –. Sembrava uscito direttamente da uno di quei drama in costume di terza categoria che mandavano dopo pranzo nei week end e di sicuro sarebbe stato meglio lì, piuttosto che a servire i tavoli. Tavoli che tra le altre cose non serviva neppure a pagarlo, lui “intratteneva”. Così aveva detto con voce suadente a lui e Killer tra uno sventolio di ventaglio e l’altro, quattro minuti prima di dare avvio a una sequela di proposte e frasi dubbie per cui Kidd ancora provava raccapriccio dopo due anni.
«Ha cacciato fuori quell’espressione tipicamente sua e per carità, io lo avrei anche assecondato, ma sarebbe stato così poco gentile come spettacolo. Non trovi anche tu?» continuò a ciarlare, scostando con fare da geisha navigata una ciocca sapientemente sfuggita all’acconciatura elaborata.
Non resistette più. Aveva visto già abbastanza per i suoi gusti e non aveva nessuna intenzione di starsene là ad origliare chissà quale schifosa conversazione sui suoi incontri notturni o tantomeno scoprire se aveva dato modo ad Aya di farsi un opinione a riguardo. L’avrebbe tirata fuori da quell’incubo, non gliel’avrebbe lasciata tra i suoi guanti in lattice personalizzati neppure un altro mezzo secondo.
«Esci. Muoviti.» esordì di punto in bianco, piombando sul bancone della Wa Co House neanche avesse dovuto bombardarlo.
«Kidd.» trasalì Aya, cercando di restare in equilibrio tra lo sgabello che le ruotava sotto il sedere e Kidd che la sollevava per un braccio di peso pur di allontanarla.
Izou ebbe un breve momento di confusione vedendolo piombare all’interno, reazione che condivise più o meno con una buona parte della clientela presente a quell’ora e a cui venne quasi un mezzo infarto temendo si trattasse di una rapina, mentre l’altra metà degli ospiti – gente della cerchia del vecchio baffuto – lo guardava con semplice curiosità. Poi però, tra una pirouette e l’altra di Aya, lo riconobbe e poggiò il mento candido sul palmo della mano, squadrandolo con quell’espressione che avrebbe fatto invidia ad un esame della prostata.
«Ed eccolo qui il nostro ragazzone fortunato.» lo salutò e a Kidd bastò tanto per capire che doveva aggiungere una nuova voce alle ragioni per cui gli stava sul cazzo.
«Tappati quella fogna, Izou. Subito.» lo minacciò, sentendo all’istante la mano di Aya schiantarglisi sul braccio sollevato a mezz’aria affinché si calmasse.
«Kidd.» lo chiamò nuovamente, poggiandoglisi per un secondo con la fronte sul braccio abbassato.
Ma lui non ci badò neppure, intento com’era nello scambiarsi occhiatacce con Izou, che affatto scomposto dalle sue pessime intenzioni, si era addirittura sollevato in una posa da prima donna per fronteggiarlo.
«Tranquilla cara, conosciamo tutti qui Kiddo-kun. Contavamo fossi più rilassato e socievole ora che questo dono divino allieta le tue giornate-» cominciò a ruota libera, facendo voltare Aya di scatto.
«Come?» chiese leggermente confusa, non si capì mai se per il nomignolo o l’allusione.
«-ma mi sembra chiaro, come a tutti d’altronde, che tu abbia bisogno di qualcosina in più. Senza nulla voler togliere a lei ovvio, posso darti qualche suggerimento in merito alle pratiche che sarebbero più adatte per distendere il tuo caratteraccio? Specie con il lavoro estenuante che fai e il sudore che grondi in quest’antiestetica tuta che ti ostini a portare-» insistette tra le risatine malcelate dei quattro coglioni che lo spalleggiavano là dentro e se non fosse stato per quella dannata donna, che gli si aggrappò letteralmente ai fianchi pur di trattenerlo, avrebbe commesso una strage seduta stante.
«Se non la pianti subito di sfornare stronzate invece che quei tuoi schifosi caffé, giuro che faccio il giro del bancone! E col cazzo che ti basterà il trucco per sistemarti di nuovo quella tua faccia di merda!» ringhiò fuori di sé tirando giù una sedia e Izou gli rifilò un sorrisetto tagliente di quelli che avrebbero fatto invidia persino a quell’altro odioso del suo vicino.
«Cos’è, una proposta?» mormorò con un tono che gli gelò il sangue e mentre Aya emetteva l’ennesimo verso di dubbio per la piega della situazione, Kidd si abbandonò ad un urlo di frustrazione.
«Ah! Muovi il culo donna, muoviti! Fuori, fuori!» sbottò di nuovo, senza aspettare un secondo di più.
Se gli avesse messo le mani addosso, quel maledetto coglione truccato sarebbe stato capace persino di farselo piacere! Per poco certo, giusto il tempo di aprirgli in due quell’acconciatura da battona d’epoca, ma non ci voleva neppure pensare! Non voleva più vederlo in quell’orrida faccia né sentire la sua voce da teatro o quel lezzo di acqua marina e menta che si respirava là dentro! Dovevano andarsene, andarsene subito e non rimettere mai più piede in quella zona del quartiere finché non avesse trovato il modo di fargli esplodere il locale per togliersi lui e i suoi compari dai coglioni per sempre.
«Cos-Aspetta Kidd, devo prendere-» provò ad opporsi Aya accennando a tornare verso il bancone in legno chiaro, ma finì solo per ritrovarsi caricata in spalla come un sacco.
«I caffè!» andò loro dietro Satch, il cuoco della caffetteria, cercando di passarle il vassoio con i caffè che Heat aveva ordinato per quella mattinata di merda.
«Devo prendere i caffè, Kidd aspetta!» continuò a lamentarsi, smettendo di colpo di agitarsi però quando il rosso svoltò l’angolo della strada rischiando di frantumarle la testa contro un palo.
«Mai più. Non rimettere mai più piede in quel maledettissimo posto, mai più!» masticò a denti stretti, tenendosela sulla spalla con una mano per ritornare a passo di carica in officina e mettere quanti più metri possibili tra loro e quella caffetteria delle disgrazie.
Da quando se l’era portata in casa pareva essere scoppiata una congiura ai suoi danni e lui era nato già dapprincipio senza pazienza. C’erano marines che la perseguitavano, quel coglione di Trafalgar e i suoi amichetti scemi che sbucavano dal nulla solo per ronzarle attorno a tutte le ore del giorno e della notte, gente con cui Kidd non aveva scambiato mezzo saluto – e a cui lei ovviamente invece aveva dato confidenza – che metteva bocca nei suoi affari senza una cazzo di ragione. La vecchia vietnamita della lavanderia accanto l’appartamento ad esempio, non poteva uscire il naso fuori dalla porta per andare in officina che era lì pronta a fargli presente che non stava bene una donna in casa con troppi uomini. Come fossero cazzi suoi poi se ad Aya importava o no! E ora Izou e i suoi compari. Loro dovevano aver aspettato solo il momento giusto per pestargli le palle, era ovvio, molto da loro.
«Potrei sapere, gentilmente, perché mi hai trascinata via a quel modo? Izou è stato gentile con me. Mi ha dato il benvenuto nel quartiere con un sorriso, cosa che molti, non hanno fatto. Mi ha o dovrei dire, aveva, preparato un latte macha senza che lo chiedessi e ha promesso di portarmi alla sua prossima seduta di… face slimming, credo, non ho ben capito, c’entrava della ginnastica facciale, ad ogni modo. Immagino perché ti dia sui nervi, ma è stato carino-» provò a spiegargli Aya, quando la schiantò giù davanti l’officina.
E Kidd tirò senza neppure ascoltare il resto un calcio di proporzioni bibliche ad un copertone.
Le aveva proposto di partecipare alla sua prossima seduta di che?!
«Fottutissima troia del conbini!» inveì fuori di sé, lasciandola ammutolita davanti l’entrata.
«… e tu. Se succede qualcosa, quanto è vero che sei mio amico, ti uccido Heat.» lo freddò quando s’incrociarono sulla soglia, trovando l’approvazione di Killer e Wire.
«Izou no. Non era proprio il caso.»
«No. Izou non è mai il caso.»




  
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