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Autore: Mahlerlucia    10/11/2020    3 recensioni
Ho imparato che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato.
Il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
(Paulo Coelho)
[Kuroo x Kenma || KuroKen]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anime/Manga: Haikyuu!!
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Rating: Arancione
Avvertimenti: Lime, Missing moment
Personaggi: Tetsurou Kuroo, Kenma Kozume
Pairing: #KuroKen
Tipo di coppia: Yao
i
 


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“Ancora non si ferma?”

Tetsurou sollevò gli occhi con fare apparentemente scocciato, come a lasciar intendere che non aveva di certo scelto lui di prendersi una gomitata in pieno setto nasale. Mosse appena le labbra nel tentativo di formulare una risposta che non arrivasse a compromettere ulteriormente la situazione già in stallo, ma l’imbarazzo per l’impossibilità di articolare i suoni come avrebbe dovuto lo convinse ad arrestarsi ancor prima di cominciare.
Rovesciò la testa all’indietro, poggiando il collo all’altezza del materasso; Kenma lo invitò immediatamente a tirarsi su e a tenere il capo rivolto in avanti, senza mai smettere di tamponare le narici con frammenti di quel rotolo di carta igienica che oramai stava terminando.

“Devi mettere la testa in giù, altrimenti rischi d’ingoiare tutto il sangue!”

L’ex capitano della Nekoma tornò a raddrizzare la schiena mimando un ipotetico vampiro pronto a leccarsi le labbra dopo aver succhiato il sangue delle sue vittime. Senza ombra di dubbio aveva avuto la sfortuna di provare sapori molto meno tollerabili rispetto al gusto metallico della sua stessa emoglobina, ma ancora una volta preferì non opporre resistenza ai comandi di chi già nutriva un astio nei suoi riguardi ancora da decifrare.
Il più giovane osservò quel gesto apparentemente puerile, ma dalla connotazione decisamente erotica. Si voltò meccanicamente dal lato opposto, fingendo di essere impegnato nella ricerca di un nuovo pacchetto di fazzoletti da lanciargli addosso. E a dirla tutta, stava seriamente iniziando a temere che stesse perdendo troppo sangue.
Che diavolo ho combinato, per gli dèi!

Kuroo si alzò da terra e si diresse in autonomia verso il bagno. Sentiva lo sguardo attento del suo migliore amico bruciargli sulla schiena al pari di una telecamera pronta a far scattare ogni tipo di allarme in caso di necessità. D’altronde, l’interesse mostrato per le sue condizioni di salute lo stava rendendo ben più vulnerabile del previsto.
Se solo ne avesse avuto la capacità e le possibilità, Kozume lo avrebbe seriemente sottoposto ad una radiografia completa accompagnata da una tac, giusto per non farsi mancare nessun dato medico utile per poter comprendere se la sua impulsività avesse generato danni seri nel cervello già fuso del suo ex senpai. Controllò scrupolosamente che la sua andatura fosse eretta, priva di oscillazioni o perdite di equilibrio di alcun genere. Ma non si reggeva neanche alle pareti o alle maniglie delle porte, per fortuna.
Ma di cosa mi preoccupo? Non l’ho di certo colpito sulla nuca o in fronte! Forse avrei dovuto...

Denma!”

Denma?!

“Oh, si può sapere chi è questa Denma?! La sorella di Tsukishima?!”

La provocazione arrivò nel momento meno propizio, visto e considerato che Kuroo era ancora completamente preso da quell’emorragia che – seppur in quantità inferiore – continuava a farsi beffe di lui da entrambe le narici.
Sollevò il busto dal lavandino macchiato di rosso per puntare gli occhi direttamente sul viso del setter. Continuò a mantenere la piccola garza che era riuscito a trovare nell’armadietto dei medicinali sotto al naso, ma per evitare di frapporsi a quella piccola scintilla che – con ogni probabilità – avrebbe generato quella discussione che entrambi tenevano in sospeso da troppo tempo, il fiotto di sangue decise finalmente di fermarsi.

“Ah, ehm... era una battuta. Come va ora?”

“Si è fermato. Era solo un piccolo sfogo.”

“Dicevi sempre qualcosa di simile quando andavamo a giocare insieme.”

L’espressione austera che Tetsurou metteva in campo ogniqualvolta si ritrovava a fare una paternale ad uno dei suoi kōhai assunse sfumature ben più rilassate. I ricordi d’infanzia avevano preso il sopravvento su qualsiasi discorso potesse venir fuori ora che il ‘problema’ di cui Kenma esitava a parlare era comunque venuto a galla. Mostrò un sorriso malizioso che mise subito in guardia l’altro, ponendolo persino di fronte all’esigenza d’indietreggiare di qualche passo per svignarsela nella sua stanza.
Kuroo fece appena in tempo ad afferrarlo per un polso, lasciando che la garza impregnata di liquido rosso rappreso cadesse sulle piastrelle lucide del pavimento, senza macchiarle. Dall’altra parte non arrivò poi troppa resistenza... nemmeno un insulto ad indicare che non aveva nessuna intenzione di essere trascinato a destra e a manca all’interno del suo stesso appartamento.

“Possiamo ancora giocare insieme.”

“Sì, certo. Tu all’università e io ancora al liceo?”

“E questo cosa c’entra con Tsukki?”

Tsukki. Non hai neanche il buon gusto di evitare quel ridicolo nomignolo con cui ti diverti a chiamarlo. Beh... so che non è esattamente una tua ‘esclusiva’ però... però cazzo, Kuroo! Davanti a me non esiste alcun ‘Tsukki’, ok?!
Non avrebbe mai racimolato il coraggio necessario per mettere insieme una conclusione di tale portata emotiva. Ma era chiaro che avesse intuito l’uso di un secondo escamotage per evitare di girare intorno all’ostacolo principale: la gelosia!
 

 
***

 
“No, tu mi devi spiegare quale sia il problema!”

“Ti ho detto che non c’è nessun problema. Punto e finito!”

“Quindi mi avresti quasi rotto il naso per... niente?”

Kenma tornò a fissare lo schermo del suo computer fingendo maggior interesse per quel livello che non aveva ancora ultimato a causa del suo arrivo improvviso, piuttosto che per lui. Aggrottò la fronte udendo quella domanda dal tono sarcastico alla quale non avrebbe voluto rispondere nemmeno sotto minaccia di fucilazione immediata.
Nella stanza calò un silenzio scomodo, interrotto solamente dai sottofondi standardizzati di quel videogame che oramai non stava appassionando più nemmeno il diretto interessato. Dì li a qualche giorno avrebbe di sicuro scritto una recensione negativa sul sito ufficiale della casa di produzione.
Se una cosa mi annoia, la devo evitare!

Tetsurou si alzò dal materasso e, senza alcun preavviso, andò a staccare il joystick dalla console, in modo da impedire al più giovane di continuare ad ignorarlo allo scopo di rifuggire dalle sue stesse responsabilità. Fece roteare il cavo davanti al viso un paio di volte, come a voler attirare ancora una volta l’attenzione di chi aveva preferito voltarsi in direzione della finestra per deviare ancora una volta quei bramati contatti diretti con il suo ex capitano.

“La prossima mossa sarà chiedermi se ho mangiato in maniera appropriata?”

Kuroo si stupì di quell’affermazione al pari di chi doveva sentirsi considerato talmente prevedibile da risultare persino noioso. Storse la bocca e provò a strattonare il filo nel vano tentativo di sottrarre i comandi dalle mani del setter; ovviamente, quest’ultimo se ne accorse e strattonò a sua volta, facendo tendere il cavo in maniera fin troppo pericolosa per i suoi standard. I suoi grandi occhi sgranati segnalarono al maggiore che forse era il caso di darsi una regolata, specie se non voleva tornare a sanguinare.

“Hai mangiato in maniera appropriata, Kyanma?”

Kozume scattò a sua volta in piedi, pronto a lanciargli dietro quel joystick che tanto andava difendendo giusto pochi istanti prima. Se da una parte non sopportava il fatto che attribuisse soprannomi affettuosi a terze persone – e a una in particolare – dall’altra non riusciva a tollerare nemmeno che certe oscenità in codice venissero indirizzate direttamente a lui. In fondo si trattava di uno dei tanti controsensi di cui il “cervello” della Nekoma era saturo.

“Può darsi, Gatto del malaugurio!”

“Non è una risposta, Micetto striato!”

“Come mi hai chiamato?”

Kyanma del mio cuore!”

“Kuroo, se non la smetti su-”

Non gli concesse il tempo utile per poter terminare quel rimbrotto a cui era oramai abituato. Gli si parò davanti poggiandogli entrambe le mani sulle spalle, per poi scendere lungo la schiena e costringerlo contro il suo petto. Lo abbracciò con fare puerile, stringendolo fino a sentirlo nuovamente lamentarsi per la mancanza d’aria. Gli concesse tregua per un attimo, trattenendolo comunque per una mano.
Il suo viso aveva improvvisamene acquistato un delizioso colorito tendente al rosso, il ché non fece altro che facilitargli il compito. Ogni conferma di cui aveva assoluto bisogno era racchiusa in quella reazione spontanea e apparentemente ingiustificata.

“Kenma, seriamente... Scusami.”

Erano passati anni dall’ultima volta che lo aveva visto piangere, sempre a causa di dolori fisici o sconfitte virtuali. Man mano che col tempo la loro amicizia si era consolidata, le sue risposte agli eventi poco propositivi che potevano capitargli a tiro si erano ‘limate’, fino a ridursi a qualche espressione facciale esageratamente contrariata o disgustata o, nella peggiore delle ipotesi, a un nuovo auto-isolamento fatto di piccole strategie lenenti e mondi alternativi in cui riusciva ad ambientarsi con estrema facilità.
Nonostante questo, avrebbe potuto giurare di aver visto una lacrima quasi impercettibile rotolare giù dalla sua guancia imporporata. Lo osservò mentre la scacciava via facendo passare rapidamente il palmo della mano aperto lungo il viso, senza rendersi conto nell’immediato di avergli solamente confermato ciò che aveva indovinato sin dall’inizio.

“Un... un po’ tardi, non credi?”

Tetsurou sospirò, sperando di tutto cuore che non fosse realmente arrivato oltre il limite della sua già scarsa pazienza. Sospirò sommessamente mentre tentava di mettere insieme i pensieri più lucidi che potesse racimolare al fine di poter giustificare l’ingiustificabile: la sua distanza negli ultimi mesi. Era un dato di fatto di fronte al quale non avrebbe potuto di certo far finta di nulla o pensare di cavarsela con un semplice ‘tanto ora con Kei è tutto finito, lui ha scelto chi ha saputo stargli vicino da sempre, come avrei dovuto fare io sin dal principio’. Ma non avrebbe funzionato tanto facilmente con la testardaggine di Kenma, contro il suo inespugnabile scudo psicologico fatto di rabbia e desiderio di trovare davvero qualcuno che potesse comprenderlo come meritava.
Una sbandata di troppo aveva generato una crepa talmente evidente nel suo cuore da non consentirgli nemmeno di schivare quei colpi camuffati dal consueto sorrido beffardo. Oramai non credeva più alle sue parole, non come un tempo perlomeno.

“Sicuramente sono in ritardo. Anzi, in estremo ritardo. Avremmo dovuto parlarne tempo fa, ne sono consapevole e ti chiedo scu-”

“E quando avremmo potuto parlarne, di grazia? Quando eri troppo impegnato a memorizzare gli orari dei treni diretti a Sendai sull’App della Shinkansen? O quando ti trovavi proprio lì, negli orari più disparati per non essere visto da nessuno?”

Le sue parole ti lasciarono l’amaro in bocca. Ancora una volta aveva sentenziato qualcosa di realmente inconfutabile, appesantendo il tutto con l’ammissione d’interesse nei confronti dei tuoi spostamenti, almeno in un primo momento. Il vezzo di controllare e annotare gli orari dei treni che portavano nella principale città della prefettura del Miyagi era già cominciato l’anno precedente, quando ancora militava tra le fila della Nekoma High. Più volte Kenma lo aveva visto smanettare su siti e funzionalità che si occupavano di trasporti pubblici; in più occasioni lo aveva aspettato mentre perdeva tempo a scrivere messaggi che su WhatsApp venivano puntualmente ignorati o liquidati con un paio di monosillabi come uniche risposte. Il suo costante impegno di persuasione non veniva mai ricompensato come avrebbe tanto desiderato, fino alla doverosa – e sofferta – rottura definitiva. Ovviamente, non era dato sapere quanto negativamente fosse stata considerata da chi, in conclusione, aveva preso ben altre decisioni.

 “Non mi sembra di essermi mai comportato in maniera differente con te. E non mi serviva guardare gli orari dei treni per venire a cercarti perché abiti a cento metri da casa mia... per cui...”

“Per cui... se hai intenzione di prendermi per il culo, smettila subito!”

“Non è assolutamente mia intenzione. Altrimenti non sarei nemmeno venuto qui. Lo sai bene, Kenma.”
 
“No, io non so più niente di te. Non so più cosa sei diventato e cosa vuoi da me. Il Kuroo di un tempo è solo un ricordo della mia mente.”

In tutta quella dispersione emotiva racchiusa nei pochi metri quadrati, Tetsurou non aveva mai lasciato il polso del più giovane nemmeno quando quest’ultimo aveva tentato di opporre resistenza. Le ultime sberle vocali ricevute lo indussero a stringere ulteriormente la presa, portando l’altro a gemere per il dolore che stava iniziando a provare.
Ma non disse nulla, quasi non desiderasse perdere quella presa che finalmente aveva ricondotto il suo adorato ex capitano a lui.

“Kenma, io ora sono qui e sono rimasto quello di sempre, almeno per te che mi conosci più di chiunque altro. Ho perso la testa per un’altra persona per qualche tempo e so che difficilmente perdonerai e dimenticherai questo mio allontanamento, ma sono il primo a chiederti scusa perché sono consapevole di averti fatto del male. Però tu mi devi lasciare la possibilità di spiegare tutto una buona volta!”

Kozume sentì stringere anche l’altro polso e d’impeto si ritrovò ad indietreggiare verso il suo stesso letto. Si ritrovò supino sul copriletto con l’intensità dello sguardo di Kuroo ben salda sul suo viso incredulo. Non vi era più tristezza e rassegnazione nei suoi tratti, nemmeno quel consueto sorrisetto da gatto infingardo con il quale spesso si divertiva a prendere bonariamente in giro lui e i suoi compagni di squadra. La serierà e la determinazione nei propri intenti avevano preso il sopravvento su qualsiasi atteggiamento passato avesse potuto mostrare nei suoi confronti, quando l’intero universo che li circondava – compresi loro stessi – era convinto che fossero solamente due buoni amici che avevano imparato a comprendersi e a rispettarsi.
Kuroo allargò le braccia del compagno intorno alla sua testa e continuò a tenerlo fermo senza fare troppa pressione, scegliendo di abbandonare gli esili polsi per passare ad intrecciare direttamente le dita di entrambe le mani alle sue. Il gesto lasciò Kenma completamente senza fiato, specie quando realizzò di avere il naso dell’altro a pochi centimetri dal suo. I contorni violacei generati dall’impatto di qualche minuto prima lo fecero sentire ancora una volta in colpa.
E se avesse davvero il setto nasale fratturato?

“Kuroo...”

Oya!”

Oya un corno! Che intenzioni hai?”

“Beh, diciamo che mi hai fatto talmente innervosire che ho quasi voglia di mangiarti.”

“Questa sarebbe la famosa spiegazione che avresti tanto voluto darmi?”

“Beh, sì. Sarà una spiegazione molto ‘pratica’!”

Kozume fece per cercare di difendersi, ma nel momento in cui realizzò che stava per colpire ancora una volta il suo povero naso dolorante si arrestò. Voltò la testa in direzione della sua libreria carica di manga ed iniziò a leggere qualche titolo con l’unico intento di distrarsi da tutta quell’assurda situazione. Fu in quel momento che avvertì qualcosa di caldo e umido muoversi lentamente lungo il suo collo dalla pelle diafana.
Kuroo aveva iniziato a rilasciargli dei piccoli baci sino alla guancia, arrivando poi a trattenere il lobo dell’orecchio tra i denti. Lo sentiva tremare sotto l’effetto dei suoi gesti inaspettati, completamente in soggezione sotto l’effetto di quell’erotismo adolescenziale non propriamente conosciuto prima di allora. Lo vide voltarsi appena per evitare che iniziasse a mordergli ogni singolo centimetro del suo viso; ma mai mossa si sarebbe potuta rilevare più azzardata: difatti il maggiore ne approfittò per posare flebilmente le labbra alle sue, in attesa che le naturali reazioni fisiologiche potessero poi far sì che Kenma si lasciasse finalmente andare nei confronti di qualcosa che, in fondo, attendeva con disperazione, seppur nascondendosi nell’incoscienza della sua giovanissima età unita alla più totale inesperienza.

Non riuscì a divincolarsi da quella morsa, ma nemmeno insistette in maniera sincera per farlo. Restò immobile sino al momento in cui Tetsurou non riuscì a fargli dischiudere la bocca quel tanto che sarebbe bastato per permettere alla sua lingua di entrare, di farsi spazio tra quei territori tanto bramati, ma ancora completamente inesplorati. Sbarrò gli occhi e sbiancò all’idea di dover affrontare qualcosa di tanto importante senza avere la minima idea su come falro. Del resto, Mario Bros si era sempre limitato a portare in salvo la principessa al termine di ogni quadro, ma non aveva mai avuto modo di verificare come i due finissero per festeggiare all’interno del castello.

Le dita della matricola universitaria iniziarono a districarsi tra i suoi capelli chiari cercando di metterlo a proprio agio, provando a fargli intendere che non c’era assolutamente nulla di male in quello che stava succedendo, salvo casi di forti contrasti irrisolti per i quali si stavano entrambi impegnando per rilevare un minimo spiraglio di luce.
Percepì ancora una volta l’esitazione dell’altro, accostata a qualche lieve gemito in grado di sopravvivere alla volontà di soppressione dovuta al cocente imbarazzo. I suoi occhi si schiusero appena, in cerca di quella sicurezza che solo la presenza di Kuroo riusciva ancora a infondergli, nonostante tutto.

“Non sono capace di fare queste cose... fanno sudare.”

Tetsurou si sollevò appena per poter ricambiare il suo sguardo contornato da un rossore che gli ricordava moltissimo la tinta unita della sua vecchia divisa da capitano. Gli sorrise senza mai smettere di carezzargli i crini morbidi e dal doppio colore. Ripensò al pudore che aveva sempre mostrato ai suoi compagni nei momenti in cui si erano ritrovati tutti assieme nello spogliatoio al termine di ogni singolo allenamento; atteggiamento che non era andato a mutare nemmeno nel corso del suo ultimo anno in veste di capitano. Ripensò anche al suo effettivo tedio nei confronti della fatica o di qualsiasi attività che comportasse sforzo fisico e ‘lotte estreme’ contro la forza di gravità.
Tanti tasselli delle loro giovani esistenze erano già stati incastrati a dovere poco prima del loro breve periodo di lontananza; alcuni di essi erano andati inevitabilmente perduti, forse per sempre; altri erano stati sostituiti con elementi ancor più adattabili ai cambiamenti intervenuti; altri ancora necessitavano di ulteriore tempo per poter trovare la loro corretta collocazione.
Una cosa era certa: il puzzle della loro intricata relazione non era ancora stato ultimato. E non lo sarebbe stato ancora per molto tempo.

“Allenarsi fa sempre bene.”

“E che razza di allenamento sarebbe... questo?”

“Mmm... hai ragione. Forse più che un ‘allenamento’, sarebbe meglio considerarlo come una sorta di tirocinio formativo nei confronti della vita. Intendo dire la ‘vita vera’, chiaramente. Non videogiochi e-”

Kenma gli posò una mano davanti alla bocca, da una parte esasperato da quel discorso che oramai sentiva da anni da tutte quelle persone che dicevano di essere preoccupate per lui e per quella che oramai definivano con l’odioso termine di ‘dipendenza’. Lui stesso aveva provato più volte a farlo ragionare su quanto sarebbe stato utile centellinare il tempo trascorso al cospetto di quei piccoli e grandi schermi davanti ai quali passava innumerevoli ore ogni giorno. Stesso discorso valeva per i manga, anche se questi ultimi venivano quanto meno tollerati, in primis dalla sua esigente famiglia.

Quel flusso inarrestabile di pensieri legati al suo passato, al suo presente e alla constatazione dei suoi numerosi difetti lo aveva per un attimo allontanato mentalmente dal contesto in cui si era cacciato quella sera, senza neanche realizzarlo appieno. Ritornò al ‘qui e ora’ solamente nel momento in cui avvertì le labbra umide di Kuroo posarsi su quelle stesse dita con le quali aveva avuto il coraggio di zittirlo, seppur solamente per pochi istanti. La sua lingua cominciò a muoversi in maniera sempre più confidenziale tra le nocche e il dorso, sino a inglobare le piccole falangi al pari di un rigenerante ghiacciolo al limone in piena estate.
Kozume non aveva la benché minima idea di come reagire di fronte a quello a cui Tetsurou – il bambino della porta accanto, il compagno di mille avventure e disavventure scolastiche e sportive – lo stava sottoponendo. Non riusciva a comprendere per quale strambo motivo il suo corpo non riuscisse a ribellarsi al suo volere come la parte più razionale della sua mente gli stava ordinando da un pezzo. Si sentiva come se lo stesse trasportando in un'altra dimensione a lui, fino a quel momento, totalmente ignota.
Il dettaglio che maggiormente lo inquietava, se proprio doveva dirla tutta, era la stupefacente sensazione di calore ed eccitazione che avvertiva nel bassoventre. Gemette più volte cercando di trattenersi quanto meglio poteva, senza però mai riuscire ad ingannare la percezione di chi aveva sognato per tante di quelle notti quel momento da averne perso il conto.

Kuroo si appropriò ancora una volta le sue labbra, questa volta senza essere vittima di alcun tipo di ostruzione. Al contrario, il compagno di aggrappò in maniera esasperata alla sua felpa, prima con la sua piccola mano destra, poi con la sinistra. Una presa che durò giusto pochi secondi, il tempo che occorreva per arrivare sino a lui e cingerlo come avrebbe già fatto da tempo, se solo non si fosse distratto dietro a qualcuno la cui spropositata altezza appariva quasi irreale ai suoi occhi.

“Kenma...”

“Zitto, non parlare. Se ti metti a blaterare fesserie come tuo solito sarai costretto a fermarti e... io non voglio!”

Finirono fronte contro fronte, ma Kenma non aveva la forza per sollevare il viso allo scopo di guardarlo dritto negli occhi. Poche altre volte nella sua vita si era sentito tanto in soggezione, per quanto fosse piuttosto diffidente per indole. Nonostante questo, poteva perfettamente immaginare il sorriso che Tetsurou stava mostrando in quel frangente; lo stesso che aveva palesato tutte le volte aveva avuto la pazienza di vegliare su di lui e sulla sua apparente abulia.

“Ok. E cosa vorresti?”

Kozume chiuse di nuovo gli occhi e strinse le labbra con fare terrorizzato. In cuor suo sperava che quel turbamento interiore fosse dovuto semplicemente alla sua totale mancanza d’esperienza sessuale, ma sapeva bene che c’era anche dell’altro. Qualcosa di decisamente più intenso e profondo.

“Pro-prometti di non ridere!”

Non era una domanda, ma un ordine trasmesso con una certa perentorietà, seppur sentenziato con un flebile filo di voce.

“E perché dovrei ridere?”

“Perché non mi è mai successo prima. Cioè, voglio dire... da solo è diverso...”

Kuroo sollevò il mento del più giovane in un gesto inspiegabilmente impulsivo. Non poteva credere a quello che aveva appena sentito! In realtà ci aveva più volte sperato ma... averne avuto finalmente la conferma da parte del diretto interessato aveva riempito il suo cuore di una gioia talmente incolmabile da lasciarlo praticamente incapace di reagire nell’immediato.
Kozume Kenma che di tanto in tanto si diletta nell’autoerotismo? E io dov’ero in tutto ciò?

“Kenma... tu... ehm... tu hai mai avuto un orgasmo?”

Ok, ora mi stacca direttamente il naso dalla faccia e lo getta nel sacchetto dell'immondizia.
Il setter lo fissò con l’espressione più incredula che gli avesse mai visto mascherare il viso da diversi anni a quella parte. Era rimasto così sconcertato da quella domanda altamente personale e mirata da riuscire a malapena a estrapolare l’insulto più idoneo per poter sottolineare la sua più totale indelicatezza.

“Sei un idiota! Che cazzo di domande mi fai?”

“Un attimo fa hai detto che hai avuto le tue piccole esperienze. Mi sbaglio forse?”

“Ti ho detto che è stato diverso.”

“Ok. Ma ora qual è esattamente il problema?”

Mi stai chiaramente provocando. Lo vedo da quella tua faccia da schiaffi che non riesco a smettere di fissare, maledettissimo Kuroo!
L’istinto lo indusse a prendere Tetsurou per un lembo della felpa per poterlo avvicinare a lui, al fine di sussurrargli all’orecchio ciò che lo teneva sulle spine sino a non permettergli quasi più di ragionare con lucidità.
Aveva notato lo sguardo attonito del maggiore per quell’improvvisa presa di posizione che probabilmente non si aspettava, ma non riuscì a fare a meno di mettere il tutto in secondo piano, ancora una volta indaffarato a trattenere quell’attrazione che mai avrebbe dipinto come tanto potente.

“Sono eccitato e non so come uscirne. Renditi utile alla causa, per favore.”

Un soffio leggero di corde vocali fece arrivare quelle poche – ma più che sufficienti – parole sino ai suoi pensieri, accartocciandoli e buttandoli in un angolo in maniera definitiva. Un nuovo capitolo del libro della loro vita era appena stato consegnato alle stampe.
L’ex capitano della Nekoma fece scivolare una mano tra le gambe del più giovane, fino a constatarne l’evidente erezione. Quel semplice tocco bastò per generare uno spasmo lungo la schiena che lo costrinse nuovamente ad ancorarsi a lui per non impazzire completamente.

“Non dovrebbe essere così... così devastante. È che non ho idea di come...”

“Ti riporto una notizia esclusiva, da edizione straordinaria del telegiornale: è tutto a posto! Sai... sono messo anch’io allo stesso modo, se proprio vuoi saperlo.


L’occhiolino che gli dedicò lo fece quasi commuovere, seppur – come suo solito – fece di tutto per trattenere le proprie emozioni primordiali. Ma a Kuroo non occorreva sapere o vedere altro per avere un quadro piuttosto chiaro dello stato d’animo di quello che fino a poco tempo prima non era altro che il suo migliore amico.

Kyanma, ti fidi di me?”

“Non chiamarmi così! E comunque non siamo sul Titanic!”

“Scusa, puoi ripetere la risposta?”

Un deciso sospiro sommesso prima di abbattere ciò che rimaneva delle ultime barriere rimaste ancora miracolosamente in piedi. Un altro frangente nel quale potersi concedere un’ultima remora che presto sarebbe stata spazzata via dal suo sguardo onesto e paziente.
Un passato recente da mettere definitivamente da parte affinché, oltre a loro, altre due persone potessero essere felici di condividere quel sentimento che col tempo si stava evolvendo da ‘semplice’ amicizia a qualcosa di ben più complesso, al pari di una farfalla finalmente liberatasi dal suo essere mera crisalide.

“Sì, mi fido. Mi sono forse perso per strada, ma mi sono sempre fidato.”

“Anch’io, Kenma. Anch’io non mi sono mai fidato tanto di una persona come mi fido di te. Per questo ti ho messo al timone di quella banda di scapestrati senza avere mai il minimo ripensamento.”

“Nemmeno adesso?”

“Ho detto... mai!”

 
***


In attesa di un’alba che avrebbe costretto Tetsuro a tornare nel pieno del caos di Shibuya, Kenma scoprì per la prima volta cosa volesse dire perdere il controllo sotto i gesti affrettati – ma saldi – di chi condivideva lo stesso istintivo desiderio dai tempi in cui non era possibile raccontarlo a parole. Questo non solamente a causa di banali questioni legate al pudore, ma anche – e soprattutto – per la naturale immaturità adolescenziale che impediva loro di dare un ordine a quelle sensazioni fisiche e mentali che con sempre maggior frequenza facevano capolino all’interno dei loro sogni ad occhi chiusi... ma anche aperti.
Non fu un rapporto completo, ma tanto bastò ad entrambi per ritrovarsi per qualche ora oltre la comune realtà quotidiana, oltre le idee sbagliate che si erano costruiti l’uno dell’altro nel corso di quel maledetto lasso temporale che li aveva visti muoversi in direzioni completamente opposte. Un errore che sarebbe potuto costare loro molto più di quanto potessero anche solo ipotizzare alla loro ancor tenerissima età. Uno sgarbo a cui erano stati in grado di sottrarsi con l’aiuto della loro forza di volontà unita al desiderio di continuare a fidarsi e a sostenersi reciprocamente.

Perché entrambi sapevano bene di essere perfettamente connessi, in qualunque modo lo si volesse intendere.
 


 
 
… My love will grow black if you heart get stolen
Just promise to keep your heart
One day I'll come back if the door's still open
Just promise to keep your heart broken.










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Quest’anno per una serie di motivi personali non riesco a stare dietro al ritmo del #Writober, per cui ho deciso di virare su una mini-long #KuroKen che mi frullava in testa da un po’ di tempo. In totale sono previsti tre capitoli dai toni un po’ “accesi”, dato che i nostri due micetti hanno un po’ di cose lasciate in sospeso da dover assolutamente chiarire.

Terzo capitolo: Connessi (una fatica per trovare il titolo per loro più ovvio... e nemmeno sono ironica).
Parto col dire che ho scelto di proposito di non rendere i due personaggi esageratamente “zuccherosi” sia per non rischiare l’OOC che per rendere il tutto più calzante alla situazione. Aggiungo che sono contenta di essere riuscita a scrivere oltre 10.000 parole (sommando i 3 capitoli) dedicate a questi due pirloni che meritano tanto amore.
Sì, Kenma si era davvero preoccupato dell’epistassi infinita di Kuroo, anche se poi è partito in quarta con i sui soliti discorsi che continuano a girare attorno allo stesso punto (Tsukki, ti vogliamo bene ugualmente).
Tra una battuta e un insulto, arriviamo finalmente all’avvicinamento che tanto aspettavamo! Niente di troppo romantico, come dicevo. Ho cercato di rendere il tutto il più realistico possibile considerando l’inesperienza (sì, più o meno XD) di Kenma e il desiderio mai nascosto da parte di Kuroo (figuriamoci XD).
Beh, l’importante è che i due si siano riconciliati (per i chiarimenti definitivi ci sarà poi tempo), per quanto nel corso del primo “round” non siano andati oltre i baci e una simpatica fellatio. Suvvia, una cosa alla volta, cari lettori. ;)

Il titolo riprende quello della canzone ‘Keep your heart broken’ dei The Rasmus. Al termine del capitolo ho riportato il ritornello.
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

A presto,


Mahlerlucia




 
   
 
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