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Autore: Chiara PuroLuce    14/11/2020    4 recensioni
Patty è sempre stata gelosa del rapporto di amicizia che lega Holly ad Amy, ma ora ha deciso di cambiare rotta.
Amy ha sempre cercato di avvicinare Patty, ma lei le si era sempre negata e con che grinta, ma se un bel giorno...
Una storia che tratta di un legame di amicizia, tanto insolito quanto vero che riserverà non poche sorprese alle due ragazze e non solo a loro.
Tratto dal prologo:
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…
«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»
«Come? E perché?»
«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Yayoi Aoba/Amy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Holly, scusa, ma sei proprio sicuro che non avremmo dovuto chiedere il permesso a Patty, prima?» gli chiese un Julian perplesso mentre sistemava i libri di Medicina accanto al suo portatile nella stanza che si era scelto.

«Sicurissimo» rispose quello raggiungendolo sulla soglia «abbiamo il solo permesso che conta, quello della padrona di casa che non ha mai voluto vivere qua, ma che ha mantenuto il posto. Lo sai che nonna Nozomi l’ha avuto in regalo da sua sorella Miho anni prima che morisse? Al telefono mi ha detto che sperava si trasferisse accanto a lei, ma che era destinata a restare delusa. Così si è detta…»

«… perché non lo affitto al futuro marito di mia nipote?» gli disse lui, sarcastico.

«Non proprio, è più corretto dire “perché non glielo concedo gratis”. Non guardarmi così, non ne ha voluto sapere di soldi» aggiunse poi vedendolo sgranare gli occhi.

«Quella donna! E Patty non ne sa nulla. Ti rendi conto che l’infarto viene a lei questa volta, appena capisce che siamo diventati vicini di casa?»

Oh, sì, se ne rendeva conto benissimo, purtroppo. Ma lui sperava che a qualcun altro prendesse un coccolone.
 
«Era questo che aveva in mente la signora Nozomi, vero? Saperti sempre vicino a lei, a Patty, per proteggerla dal vichingo e aiutarla a fare chiarezza sui suoi sentimenti per te» rincarò la dose l’amico.

«Bravo. Anche se, devo dire, che Patty mi ha dimostrato in ampi modi tutto il suo amore per me, solo che deve riuscire a dirlo» gli confessò ridacchiando e trascinandolo con sé.  «Quando nonna Nozomi mi ha detto del suo piano… ho riso tanto.»

«E come hai avuto la chiave? Se non sbaglio, lei ti ha conosciuto poche ore prima di partire per l’Italia.»

«Vero, ma ha lasciato detto a sua figlia di passare a prenderla e le ha spiegato il suo piano e… ahahha, quella donna è pazza, ma la cosa allucinante è che in famiglia non è la sola.»

«Eh, già… la nostra Patty è tutta particolare.»

«Ma io non mi riferivo a lei. Ma alla madre. Oh, la nonna ha detto che solo Patty le assomiglia di carattere e invece no. Decisamente le donne, in quella famiglia, sono tutte strane e pericolose.»

Rise tra sé nel ricordare la mamma di Patty – con sguardo severo e pugno chiuso davanti alla sua faccia – mentre lo minacciava di renderlo zoppo a entrambi i piedi tanto da rovinargli la carriera, se avesse anche solo osato fare soffrire la sua creatura. Subito dopo aveva fatto mille e più moine a Daichi che aveva conquistato tutti con un sorriso, anche Oscar e Mister Wow.
 
«A proposito, ma le nostre due innamorate dove sono finite?» lo riportò alla realtà l’amico.

«Se non erro stasera danno un pigiama party – almeno, così si erano accordate al ritiro se ricordi bene – sicuramente saranno uscite per delle compere.»

«Oh, povera Patty. Me la immagino trascinata da Amy, per negozi e supermercati. Quelle due sono proprio diverse in tutto eppure… Sai, mi ha raccontato che per il famoso primo appuntamento con il vichingo, non le ha dato tregua portandola qua e là per una giornata intera e…» si interruppe vedendo l’amico accigliarsi «ops, scusa, a volte è meglio se sto zitto» concluse.

«No, no, affatto. All’epoca io ero talmente uno stupido menefreghista che… oh, Julian, l’ho fatta talmente soffrire, che mi sono meritato il suo odio verso di me, la sua indifferenza e… e sì, anche la sua stupida infatuazione per Thor qua accanto.»

«Meno male ti sei ripreso in tempo e sempre grazie ad Amy. Dio, quanto amo quella ragazza!»

«E lei ti ricambia e non ha paura di dirtelo. Ecco, un giorno anche Patty ammetterà il suo amore per me. Posso sperare lo faccia davanti a Steffen?»

«E perché no… sarebbe la prova definitiva che è destinata a te. Testone» gli disse poi dandogli una manata sulla spalla facendolo vacillare «ma come hai fatto a non accorgerti prima di lei e soprattutto, come hai fatto a non capire che lei ti ha sempre amato alla follia. Cavoli, l’abbiamo capito tutti.»

«Perché sono un idiota.»

«Alleluia!» gli rispose l’amico, prima di prendere l’occorrente per una notte fuori e infilarla in un mini bagaglio a mano. «Credo sia meglio sbrigarci se non vogliamo incrociarle sulle scale.»

«Già… e quindi è meglio che sloggiamo in fretta. Torneremo quando saranno di nuovo sole, non voglio dare a Patty il vantaggio di avere delle alleate accanto quando si arrabbierà con me. Dormiremo da me a Nankatzu, se sei d’accordo, mia madre non vede l’ora di conoscerti meglio. E ho l’impressione che voglia chiederti aneddoti su di me.»

«E io di dirglieli, anche quelli più scabrosi» disse ridendo. «Termineremo il trasloco al nostro rientro. È da stamattina che sgobbiamo e sono a pezzi, ho proprio bisogno di una buona dormita.»

Così presero i loro borsoni e si diressero all’uscita. Stavano per girare l’angolo e ritrovarsi così sul pianerottolo delle ragazze quando le sentirono parlare e si nascosero nell’ombra, mettendosi in ascolto. Cazzo, erano in anticipo. Non dovevano scoprirli o addio effetto sorpresa. Appena quelle due fossero entrate in casa, loro sarebbero usciti di corsa dalla nicchia, sperando di non fare altri incontri sulle scale.
 
                              
 


 
«Ma non avremo dimenticato qualcosa?» esordì Amy uscendo dall’ascensore carica di pacchetti.

«Nooo, ma che mi dici mai…» le rispose l’amica con finto sarcasmo «se rimanevamo ancora un po’ nell’ultimo negozio, carissima mani bucate, il tizio dietro il bancone ci avrebbe nominate socie onorarie tanto l’hai fatto felice. Gli brillavano gli occhi quando sei arrivata alla cassa con un carrello stra pieno di roba, dopo più di un’ora tra i reparti.»

«Tutte cose utili per stasera.»

«Sorvoliamo che è meglio» le disse Patty dopo qualche secondo di silenzio. «E poi…»

«Bè? E adesso perché non parli più?» le disse Amy, vedendola bloccarsi e guardarsi indietro.

«Mi è venuto in mente proprio ora che potremmo invitare anche Miki» poi continuò vedendo l’amica confusa «ma si dai, quella del quarto piano, la psicologa! È sempre sola e credo le farebbe bene conoscere gente nuova» le propose appoggiando i sacchetti a terra e frugando nella borsa in cerca di quelle dannate chiavi che sparivano sempre lì dentro.

Povera ragazza. Non l’aveva mai vista in compagnia di amici o di un ragazzo. Patty aveva notato che la ragazza era molto impegnata. Una mattina si era svegliata molto presto e aveva sentito l’ascensore muoversi, con cautela era uscita, sbirciando di sotto per capire chi potesse essere a quell’ora – era quasi l’alba – e… ed eccola sbucare sul suo pianerottolo, un borsone malconcio in spalla e i piedi che quasi si trascinavano dentro il suo appartamento. Ma dove andava di notte? Vanesia le aveva detto che la sua dirimpettaia, durante la settimana, non era mai in casa nelle ore notturne… e lei si chiedeva il perché, sperava solo non fosse niente di preoccupante. Durante il giorno, poi, era sempre impegnata con il suo lavoro e quindi, aveva deciso di aiutarla a socializzare.
Dopotutto ci sarebbe stata anche Maki tra di loro e anche lei era nuova del gruppo. Avrebbero potuto fare fronte comune e affrontare la cosa insieme e magari anche legare. Maki le ricordava molto lei… e Miki, la cara Amy. Se loro erano riuscite ad andare d’accordo e diventare grandi amiche… magari sarebbe potuta accadere la stessa cosa anche a quelle due.
Finalmente trovò la chiave ed entrarono. Sembravano due terremotate, talmente erano cariche di acquisti.
Guardò Amy che la fissava come se le avesse detto qualcosa e… oh, cavoli, l’aveva fatto davvero e lei non aveva sentito una parola. Così le chiese cosa avesse detto, scusandosi con lei.

 
«Ti ripeto la domanda: Chi… quella con un debole, anzi no, quella con una cotta fortissima per Steff?» le disse appoggiando le borse sul tavolo e sospirando dalla fatica. Erano davvero pesanti.

Come, come? Miki era innamorata di Steff? Del suo… amico, Steff? Amico? Oddio, e da quando l’aveva declassato a tale?
 
«Patty? Tutto bene? Come ti fa sentire questa notizia?» le chiese una Amy in ansia.

«Stranamente… bene e ti dirò, ne sono felice.»

Doveva averla spiazzata perché lei le controllò subito la fronte.
 
«È lo shock sicuramente» sentenziò «non avrei dovuto dirti nulla, vero? Oh, Julian ha ragione: sono diventata una chiacchierona. Il fatto è che spesso l’ho beccata a guardarlo sospirando e anche alla riunione… aveva occhi solo per lui. E lui per te.»

«Piantala di misurarmi la febbre, Amy, non sono malata» le disse scostandole la mano.

Poi la sorpassò per aprire la porta e prese i rimanenti sacchetti che erano rimasti abbandonati sul pianerottolo.
 
«Che ti prende? C’entra per caso un certo numero 10 della Nazionale?» le chiese l’amica, seguendola imperterrita.

«Em… sì» poi si corresse subito «no, forse, in realtà non lo so.»

«Oh, sì che lo sai, tesoro. La prima risposta è quella che conta, mia cara amica. Quella che viene direttamente dal cuore e non dalla testa.»

Era vero? Oh, come le mancava il suo Holly, i suoi baci, le sue carezze, stare tra le sue forti braccia, scherzare con lui, ridere con lui, arrabbiarsi con lui… tutto, insomma.
 
«Mi manca» le disse sinceramente «il che è ridicolo. È solo una stupida settimana che non lo vedo e non siamo nemmeno una coppia. E poi con chissà quante ragazze ha fatto quello  che fa con me.»

«Sarà stato anche un coglione farfallone in passato, ma ora ha riacquistato il senno, e che cazzo.»

«Ho creato un mostro!» sentenziò Patty ridacchiando «Ma ne è valsa la pena. Sei uno spasso quando imprechi. E ne hai anche imparata una nuova vedo… bene, d’ora in poi sarà un divertimento farti arrabbiare. È inutile che ti tappi la bocca, è troppo tardi!»

«Cavoli. Ehi, hai ammesso che ti manca, finalmente.»

«Sì, lo so, mio malgrado e poi bacia così bene che…»

«Oh, grazie per il complimento Patricia e… sì, mi sei mancata anche tu questa settimana. Scusa, ma ho avuto da fare con il lavoro.»

E Steff quando era arrivato di preciso? Oddio, e adesso come glielo spiegava che non stava parlando di lui? Perché doveva dirglielo, prima o poi, ormai lo sapeva anche lei. Doveva dirgli che il suo cuore aveva fatto la scelta che tanto bramava. Ma non quel giorno e non lì.
 
«Ehi, Steff, è una fortuna che tu sia qui» glissò lei cercando di sembrare spontanea «ci potresti aiutare con le altre borse di plastica da basso?»

«Cavoli Patty, me ne ero scordata» esclamò portandosi una mano alla fronte e poi aggiunse, guardando l’amico «Steff, giù all’ingresso ce ne sono ancora una decina, puoi portarcele per favore? Siamo talmente ko che rischiamo di addormentarci in ascensore.»

«Nessun problema. Mi chiedevo, infatti, di chi fossero. Ma avete svaligiato un negozio?» chiese loro aprendo la grata di ferro.

«Uno… ahahah, buona questa… uno!» rispose lei scappando in casa.

Amy la raggiunse di lì a poco, sicuramente per chiederle una spiegazione, ma lei non era in vena e roteò il dito in orizzontale davanti a lei, segno che ne avrebbero parlato dopo.
 


 
 
Steffen era confuso. Qualcosa non andava in Patricia. Aveva così tanto voluto scusarsi con lei per l’atteggiamento ignobile della settimana precedente, ma non era riuscito a ritagliarsi un momento per incontrarla e il tempo era passato velocemente.
Era distrutto e stava rientrando dopo una giornata passata a pulire i locali che avevano trovato. Erano in pessime condizioni, ma cosa potevano sperare dato il prezzo stracciato a cui erano stati venduti? Erano due, uno accanto all’altro, il che andava più che bene a loro. Potevano tenere separate le due attività che però risultavano collegate tramite una porticina interna accanto alla zona uffici.
Finalmente quel giorno avevano terminato di pulire e di portare il vecchio mobilio malconcio, più un mucchio di altra spazzatura, in discarica. Ora arrivava la parte più bella, progettare i nuovi locali dall’inizio. Il problema era trovare qualcuno che se ne intendesse… ma chi? E quanto sarebbe costato? Non era facile trovare un architetto d’interni e non tutti erano a buon mercato.
Si stava trascinando in casa – dopo essersi fatto tutti i piani a piedi e non sapeva nemmeno lui il perché e non sapeva nemmeno perché avesse indugiato al quarto piano con lo sguardo fisso a una porta in particolare – quando aveva sentito le sue vicine parlare e si era affrettato a salire, prima che sparissero e ora…
Ora si ritrovava al punto di partenza. Patricia aveva uno sguardo colpevole e si era affrettata a rispedirlo da basso, invaso da molti sacchetti da recuperare. E lui – da gentiluomo qual era – aveva assecondato la sua richiesta.
Però… non si spiegava come mai sembrava imbarazzata a vederlo, quando invece stava dicendo a Amy quanto amasse baciarlo e che gli era mancato. Stava parlando di lui, vero? Certo e di chi altro sennò. Quell’idiota di Hutton non si era più visto da quella fatidica mattina.
Doveva esserne felice, eppure…

 
«Ciao Steff. Come stai?»

Una voce femminile lo raggiunse mentre stava per entrare in ascensore dopo aver caricato tutto. No, non una voce… ma quella voce.
 
«Miki, ciao» le sorrise e poi aggiunse «ti ho tenuto occupato, mi spiace, ma…»

«Ah, non ti preoccupare, un po’ di movimento mi fa bene. Mi piace tenermi in forma, ma senza strafare» gli rispose ridendo.

«Em… sì, vedo» le disse percorrendola tutta con lo sguardo e fissando il nuovo borsone a tracolla «palestra anche stasera? Sei in anticipo.»

«Solo di una mezz’oretta. Ora scusa, ma… devo scappare o faccio tardi e poi chi lo sente il mio capo e… em, sì… ok, ciao. A presto» e poi sparì oltre il portone, lasciandolo lì come uno scemo a fissare il vuoto.

Si riscosse da quell’incontro tanto casuale quanto emozionante – emozionante? – e prese a salire. Capo? Ritardo? Un momento, ma cosa stava succedendo? Doveva indagare e risolvere, una volta per tutte, il mistero Miki.
 
«Oh, eccoti qui, pensavamo ti fossi perso tra il portone e l’ascensore» lo accolse Patty aiutandolo a scaricare i sacchetti.

Era già arrivato al piano? Davvero? Oh.
 
«E invece no! In realtà ho incontrato Miki che se ne andava. E anche stanotte la passerà fuori. Mi preoccupa.»

«Oh, no e noi che volevamo invitarla al pigiama party di stasera. Aspetta, forse sono ancora in tempo a bloccarla. Da che parte andava?»

«Non lo so, l’ho incrociata all’ingresso e non ci ho fatto caso. Ha detto che era di fretta o il suo capo si arrabbiava se arrivava in ritardo. Sì, lo so, sono confuso anch’io» aggiunse poi vedendola strabuzzare gli occhi.

«Che peccato. Ma… ma no, invece, esistono i cellulari e io, in quanto padrona di casa, li ho tutti i vostri numeri. Per fortuna li ho scritti su un foglio vicino al telefono. Vieni» gli disse indicandogli la porta con la testa, essendo carica.

«Ah, e allora come mai tempo fa hai voluto il mio, se ce l’avevi già?» indagò lui, seguendola.

«Perché all’epoca non avevo pensato a questa cosa, e solo in seguito me ne sono resa conto. Senti, io e te dobbiamo parlare, seriamente e da soli. Ora non ho tempo, ma… che ne dici di lunedì in terrazza? O passo io da te.»

«Vieni tu da me. Non ci sei più stata da quella prima volta, a parte quel breve intermezzo verso la fine del nostro primo appuntamento, mentre io, da te, sì» le disse facendola arrossire al ricordo. «Vogliamo rifarlo in onore dei vecchi tempi? Intendo tu che entri senza bussare e io che mi faccio trovare nudo in giro per casa» le propose facendole l’occhiolino.

«Em… no, grazie, io… no, grazie. Ho già visto tutto quello che c’era da vedere – molto prestante, tra l’altro, e lo sai – ma è meglio lasciare il bel ricordo» gli disse titubante.

«Che peccato, mi sento offeso» le rispose dandole un piccolo bacio veloce sulle labbra «Ora devo proprio andare, ricordati il nostro appuntamento. Non vedo l’ora di averti tutta per me e recuperare il tempo perso» e se ne andò.

No, niente. Ma com’era possibile? Baciare la sua venere giapponese, anche solo per provocarla, l’aveva sempre galvanizzato e ora… no, decisamente non era solo in Patricia che qualcosa non tornava, ma anche in lui e la cosa lo spaventava e destabilizzava molto allo stesso tempo.
Prima di chiudere la porta la udì al telefono e, suo malgrado, si fermò ad ascoltare.

 
«Miki? Ciao, sono la nuova proprietaria del palazzo dove vivi. Puoi parlare?... Ok, bene… No, no, non è successo nulla, tranquilla. Mh, mh, senti, ho provato a citofonarti a casa, ma…. Ah, sei fuori. Puoi tornare? Sì, adesso, subito… ho una proposta per te, per stasera ed è vietato dire di no! Ah, subito non riesci, bè, passa quando puoi, noi siamo qui al quinto piano. Ok, grazie, ti aspetto.»

E quando la chiamata terminò, lui si ritrovò, suo malgrado, a sorridere.


 
 
 
Una proposta per me? Per stasera? E non posso dire di no? Ma che ha in mente quella tizia. E poi quella stramba sarei io! Che faccio? Torno davvero o… ma sì, e al macero la serata. Dopotutto ho fatto tanti di quegli straordinari al night club che il proprietario non potrà certo rifiutarmi un favore, dopotutto è mio zio.    
Miki si fece coraggio, chiuse il borsone che aveva appena aperto sulla panchina nello spogliatoio comune e andò a cercare lo zio nel suo ufficio.
Mancava qualche ora all’apertura delle esibizioni, ma lei faceva anche la cameriera e per questo arrivava sempre molto prima rispetto alle colleghe. Essere la nipote del proprietario aveva i suoi vantaggi. Ma lei sapeva che suo zio non amava fare distinzioni tra i suoi dipendenti e che non amava essere piantato in asso all’ultimo.
Lei adorava quello che faceva alla sera e alla notte, ma avere un solo giorno di riposo alla settimana, alla lunga – ormai erano sette mesi che continuava a quel ritmo – l’aveva sfiancata. Quindi si diresse da lui, fiduciosa.

 
«Sai che ti dico zio? Ma va a farti fottere che forse ti servirebbe anche. Bastardo represso!»

Ecco, l’aveva licenziata. 5’ gli erano bastati per sbatterla fuori. Non importava se era la migliore ballerina di burlesque lì dentro. Non importava se si era ammazzata mezza per aiutarlo a lanciare il locale. Non importava se aveva annullato la sua vita sociale per lui. Quello era stato il ringraziamento.
Tornò subito a casa e corse su per tutti i cinque piani. Ci arrivò col fiatone, ma l’adrenalina le scorreva nelle vene e…

 
«Oh eccoti qua, finalmente sei arrivata, incominciavamo a disperare e… ma che c’è, stai bene?»

Quella tizia la guardava come se… sì, come se fosse rimasta sconvolta da lei. Ma cosa la reputava, una povera idiota che non sapeva farsi valere? Lei era calma e buona, ma guai a fala incazzare… La rabbia le scorreva ancora nelle vene e tutto quello che non era riuscita a vomitare addosso a suo zio, si sarebbe riversato ora sulla proprietaria del palazzo a costo di perdere anche la casa.
 
«Tu!» esordì puntandole un dito davanti e, per il nervoso, lanciando il borsone dietro di sé che sbattè contro qualcosa. «Tu e la tua proposta del cazzo. Non so cosa vuoi da me, non mi hai ma calcolata fino a poco fa, ma so una cosa… che per colpa tua: Uno, Steff non mi calcola neanche di striscio e io ci sto male, ma ormai me ne sono fatta una ragione. Due, ho perso il mio secondo lavoro. Non sarà stato idilliaco – per molti il fatto che io balli burlesque è motivo di vergogna per questo non lo dico mai in giro – ma dei soldi extra mi facevano comodo e aiutare mio zio col suo locale mi faceva sentire bene, almeno fino a che mi ha sbattuta fuori stasera. L’ho mandato a fanculo e ora ci mando pure te e non me ne fotte un cazzo se qui dentro comandi tu – non so neanche perché ti ho dato retta guarda – ma non ti azzardare a intrometterti più nella mia vita! Chiaro sì o chiaro sì?»

Poi, non seppe come accaddero diverse cose che la sconcertarono.
La prima fu che dietro di lei e da Patricia stessa partì un applauso collettivo. Si girò e vide delle ragazze fissarla con ammirazione, tutte sorridenti. Ma chi erano? Ma era gente normale, quella? Ma che prendeva anche a Patricia che si era unita al gruppo?
La seconda fu che, dietro tutta quella folla femminile, si sentì chiamare da una voce bassa e sensuale che avrebbe riconosciuto tra mille anche con le orecchie chiuse. Un brivido le salì su per la schiena e arrossì a più non posso.
La terza fu che quando le ragazze si spostarono, vide Steffen che la fissava con gli occhi fuori dalle orbite e il suo borsone in mano. La sua solita sfiga. Solo lei poteva lanciarlo direttamente contro la porta di quell’adone che, ovviamente, era a casa e l’aveva recuperato. Borsone che non era riuscita a chiudere bene al locale – anche se era nuovo aveva questo difetto fastidioso e avrebbe dovuto cambiarlo nuovamente – e che ora mostrava il suo contenuto in mano al norvegese e si sentì morire. Nella fattispecie era…

 
«Credo che questo… body rosso fuoco molto sexy sia tuo e… e anche… sì, credo anche questo!» le disse girando il borsone e mostrandole il suo boa fucsia peloso che fuoriusciva quasi interamente.

«Voglio morire. Che serata di merda» mormorò tra sé, chiudendo gli occhi e sospirando.

«No, morire no» le disse Patricia alle sue spalle «ma raggiungerci in casa e divertirti per dimenticare, quello sì. Forza, più siamo e meglio è. Era questo che volevo dirti, se volevi unirti a noi» le confessò dandole una pacca sulla spalla e poi aggiunse «non preoccuparti, non sono offesa per le tue parole. Hai ragione, su tutto e… mi dispiace. Dovresti sbottare di più, ti dona! E io che credevo fossi una mammoletta stramba.»

Subito dopo una ragazza con i capelli corti, un po’ in carne e con una pelle sull’olivastro, si fece avanti e le disse, sorridendole:
 
«Ciao, io sono Maki e anch’io sono nuova tra di loro. Non sono male. Oddio, sono un po’ fuori di testa, specie Patty, ma sono simpaticissime. Credo che potremmo sostenerci a vicenda in questa serata.»

Poi, spinta da una forza invisibile, fece come le venne detto, rossa per la vergogna. Steffen l’aveva scoperta. Oddio. Steffen aveva il suo borsone. Oddio doppio. Steffen non le avrebbe mai più rivolto la parola. Oddio triplo. Steffen sapeva che aveva una cotta per lui. Oddio quadruplo. Era proprio un caso disperato.


   
 
 
«E così, mie care amiche vecchie e nuove» iniziò Patty dopo avere servito a tutte da bere «possiamo dare inizio alla nostra serata.»

Amy era felice. Fino a quel momento aveva fatto pigiama party solo con Patty e ora si ritrovava circondata da tante amiche e un nuovo arrivo che – dopo essere scappata da basso a recuperare un pigiama e la sua gatta siamese Birba – era tornata alla velocità della luce. Miki.
Oscar guardava in gattesco la nuova felina che, dal canto suo, se ne stava beata sulle gambe della padrona a sonnecchiare e non lo calcolava minimamente. Mister Wow, la star della serata che aveva calamitato l’attenzione di tutte, se ne stava appollaiato sul suo trespolo e le fissava tutte con curiosità, in attesa di dire qualche sua perla di saggezza.
Si erano messe comode e sedute per terra, su un enorme tappetto comprato quella mattina insieme a svariati cuscini di tutte le dimensioni.
Si guardò in giro. C’era Patty, ovviamente, che teneva banco come suo solito. Eve, che ogni tanto la interrompeva per puntualizzare. Jenny, che stava sbocciando piano piano e non era più così timida. Susie, che, quella sera, era più su di giri del solito, ma che a lei non al dava a bere perché scorgeva del dolore nei suoi occhi. Maki, che si era già ambientata alla grande e aveva una personalità prorompente, era proprio giusta per la tigre della Nazionale. E, infine, c’era Miki, che ancora doveva inquadrare, ma che sotto quell’apparenza mite nascondeva un fuoco che l’aveva piacevolmente sorpresa.

 
«Amy? Sei ancora lì?» la riprese Patty «Sembri ipnotizzata. A che pensi? A quello che hai combinato con Julian come… regalo, post vittoria?»

Quella frase dell’amica la fece arrossire tantissimo e tanto bastò a tutto il gruppo per prenderla di mira con battutine dai doppi sensi espliciti e spassosi, suo malgrado.
Sì, quella serata, era destinata a essere inusuale sotto tutti i punti di vista.
   
 
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