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Autore: Severa Crouch    19/11/2020    11 recensioni
Si dice che un Potter porti sempre scompiglio a Hogwarts. Lo sa bene Minerva McGranitt, l’anziana preside della scuola di magia e stregoneria più prestigiosa d’Inghilterra, che ha allertato Prefetti e Capiscuola in vista dell’arrivo del primogenito di quello che fu il Bambino che è Sopravvissuto.
Come se fosse una maledizione legata al nome, con l’arrivo di James Sirius, strane presenze compaiono tra i corridoi della scuola, riportando a galla gli echi di una guerra finita.
In modo del tutto speculare, con reciproche diffidenze e sospetti, i cugini Weasley-Potter e i fratelli Lestrange indagano su quelle apparizioni, cercando di fare luce su quel mistero che riapre ferite che sembravano guarite.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Teddy Lupin, Victorie Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 2

 

 

Hogwarts, 1° ottobre 2015

 

Roland alzò lo sguardo ancora assonnato dal piatto della colazione. Nascose uno sbadiglio dietro la mano e cercò di sorridere a Lucile nonostante gli occhi stanchi. Era bellissima con i capelli raccolti in una treccia ordinata e gli occhi azzurri che lo fissavano.

“Lestrange, sei un disastro!” commentò scambiandosi uno sguardo divertito con Edith Yaxley, la sua migliore amica.

“Ho iniziato a leggere un libro di storia della Magia e non mi sono reso conto del tempo che passava,” confessò a entrambe prima di prendere un sorso di tè.

“Hai fatto le ore piccole per Storia della Magia?” domandò sorpresa.

Riusciva a capire perfettamente lo stupore di Lucile: tutti odiavano Storia della Magia, la trovavano una materia inutile e noiosa, ma a lui interessava un sacco e si appassionava alle rivolte dei Goblin e le guerre magiche che c’erano state. Le trovava istruttive e ricche di spunti per decifrare il presente.

“Sì, ho preso in biblioteca alcuni testi sui negoziati che hanno portato alla firma dello Statuto di Segretezza. Sono più attuali di quello che si crederebbe, ma ora sono a pezzi.” Un altro grosso sbadiglio gli impedì di finire la frase. Accanto a lui arrivò Rabastan, immerso in un altro dei suoi romanzi di avventura.

“Ma ogni tanto tu studi?” gli domandò scrutando la copertina del libro che risentiva delle attenzioni morbose del fratello. Era il romanzo preferito di Rabastan e Roland aveva perso il conto delle volte che glielo aveva visto in mano.

“Finora ho preso solo E e O. Direi che va bene, no? È che mi annoio…” Rabastan sospirò alzando gli occhi al cielo, “Se solo ci fossero le selezioni per la squadra di Quidditch… Potrei allenarmi e avrei meno tempo per annoiarmi!”

“Le faremo! Abbiamo avuto il campo per ultimi perché il professor Pucey ha dimenticato di prenotarlo! Domenica faremo le selezioni, quindi se vuoi avere una chance, pensa ad allenarti!” Roland sbuffò e vide Lucile ridere con le sue amiche. Avvertì una stretta allo stomaco e le sorrise in rimando.

“Bonjour mes frères!” sospirò Roddie sedendosi accanto a Rabastan.

“Alla buon’ora, sei in ritardo!” gli disse Roland con un altro sbadiglio.

“Non sono né in ritardo né in anticipo. Sono arrivato al momento in cui intendevo arrivare. Ovvero quando alcuni hanno già liberato il tavolo…” esclamò versandosi il tè impettito. Alzò gli occhi al cielo mentre i gufi entravano nella Sala Grande, “…e perfettamente in orario per la posta!”

“Aspetti posta?”

Rodolphus scosse la testa e gli rivolse un’occhiataccia: “Ti sei scordato che ieri papà tornava a casa? Certo che aspetto posta! La mamma ci avrà scritto!”

Antares, il vecchio gufo di mamma, si appollaiò davanti Rodolphus e gli posò una lettera sul tavolo. Roddie gli offrì un biscotto e gli accarezzò la testa dicendogli: “Salutami la mamma.” Lo osservò volare via e poi tornò a concentrarsi sulla lettera.

“Guarda che la lettera non è indirizzata solo a te!” gli disse Rabastan strappando la busta dalle mani del fratello. Indicò l’intestazione. “C’è scritto Roland, Rodolphus e Rabastan Lestrange! La mamma ha scritto a tutti e tre!” esclamò sottolineando con il dito il suo nome sulla busta che aprì con la sua solita delicatezza.

“Cari ragazzi,

come previsto, papà è tornato a casa ieri mattina e sta bene. Azkaban senza i Dissennatori è molto più sopportabile, dice, ma sarebbe carino se gli mandaste un pensiero da Mielandia. Sente molto la vostra mancanza e il castello è sempre così vuoto quando non ci siete. Vi ho messo ben dieci Galeoni che potete usare per comprare un pensiero a papà e divertirvi ai Tre Manici di Scopa.

Abbiamo ricevuto la visita a sorpresa di Delphini che a fine ottobre partirà per il suo ultimo anno a Durmstrang. Ha detto che si tratterrà per qualche giorno a Hogsmeade, quindi sappiate che potreste incontrarla.

Fortunatamente, il matrimonio di Orion e Sybil ci sta impegnando abbastanza. Non vediamo l’ora di rivedervi a Yule. Mi raccomando, fate i bravi, studiate, scriveteci e divertitevi per quanto potete. Hogwarts è un posto magico, anche quando tutto il mondo è contro di voi. Vi salutano tanto anche zio Rabastan e zia Pucine. Philomène è entusiasta di Beauxbatons mentre Cyrille è seccato dall’essere rimasto solo ad annoiarsi in Francia.

Lo zio vi manda a dire di continuare a esercitare il polso e i movimenti della bacchetta.

Vi abbraccio forte,

la vostra mamma.”

“Dieci Galeoni? La mamma è impazzita!” esclamò Rabastan.

“Lo sai che la mamma non bada a spese quando si tratta del papà. Poi…” disse Roland, abbassò la voce per non farsi sentire, “dopo un anno ad Azkaban avrà bisogno di consolarsi.”

“Secondo me, la mamma lo sta consolando benissimo. Staranno tutto il tempo a sbaciucchiarsi… bleah!” esclamò Rabastan con l’aria schifata. Aveva ragione Rabastan, i suoi genitori si sbaciucchiavano non appena loro voltavano la testa, ma Roland aveva smesso di trovare la cosa schifosa, specie da quando Orion si era fidanzato con Sybil e Lucile aveva iniziato a sorridergli in quel modo.

“Cosa possiamo comprare per papà?” domandò Roddie che, come al solito, avrebbe già voluto esaudire la richiesta della mamma. “Direi che possiamo pensarci quando andremo a Hogsmeade, che ne pensate? Sabato 17 è la prima uscita.”

Roland si congedò dai fratelli e si alzò da tavola, diretto verso l’aula di Incantesimi per la sua prima lezione. Si trascinò di lezione in lezione, prendendo appunti a fatica fino all’ora di pranzo, quando tornò nel dormitorio per recuperare una delle pozioni miracolose della mamma. Riuscì a salvare il pomeriggio e il resto della serata.

Si parlava delle selezioni di Quidditch e, in qualità di Capitano di Serpeverde, aveva messo a punto la strategia per vincere la Coppa delle Case. Sperava solo di riuscire a trovare un Cacciatore abbastanza veloce e abile nel volo e per di più doveva sostituire anche il ruolo di Portiere.

“Ho parlato con Pucey, mi ha confermato di aver prenotato il campo,” disse a Doyle Bulstrode, il Cacciatore che era in attesa del suo nuovo compagno e che dall’inizio dell’anno lo pressava per le selezioni. Doyle aveva ragione. C’era bisogno di lunghi allenamenti per trovare il giusto affiatamento tra i Cacciatori, così come per Roland e Hawk era stato lo scorso anno in qualità di Battitori. La dimenticanza del professor Pucey aveva creato non poco scompiglio nella squadra che si era vista il campo soffiato da tutte le Case e Serpeverde, per la prima volta, era rimasta in coda.

“Ovviamente non mi sono fidato di Pucey, pare che sia sovrappensiero perché sta lavorando a un filtro o a un articolo, non ho capito… Insomma, sono andato da Madame Hooch a verificare e mi ha confermato che il campo è nostro questa domenica.”

“Hai già un’idea per i candidati? Tuo fratello come vola? Mi sta pressando dal primo settembre… Direi che se vola come rompe le scatole è un Cercatore perfetto. Ho dovuto resistere alla tentazione di lanciargli contro un Bolide per liberarmene.” Hawk si passò le mani tra i capelli biondi mentre i suoi occhi azzurri lo osservano, pronto a rispondere a qualsiasi reazione.

Roland scoppiò a ridere: “Mio fratello fa questo effetto. Buona l’idea del Bolide! È bravo a volare, ma non voglio dargliela vinta facilmente, deve meritarsi il posto in squadra, altrimenti non me lo tolgo più dai piedi.”

“Allora lo faremo penare,” aggiunse Doyle Bulstrode, “ricordo benissimo quanto ho penato per diventare Cacciatore lo scorso anno.”

“Beh ma è un ruolo importante il tuo,” disse Hawk.

“Sono tutti ruoli importanti,” lo fermò Roland, “se vogliamo togliere quel sorrisino del cazzo alla Weasley ogni volta che mi incontra, dobbiamo vincere tutte le partite. Voglio che questa scuola torni ad essere verde e argento.”

Doyle scoppiò a ridere, seguito da Hawk: “questo è parlare, Lestrange!”

 

***

Biblioteca di Hogwarts, 1° ottobre 2015

 

Roxanne era alle prese con un complicato esercizio di Trasfigurazione. Alzò lo sguardo alla ricerca di Fred, forse lui avrebbe potuto aiutarla a trasfigurare quel porcospino in un puntaspilli. Era distratta perché continuava a pensare a come sarebbe stato trasfigurare il sedile di una sedia in un puntaspilli, ma con gli spilli all’insù, così chi si sedeva distrattamente saltava per aria.

Quel pensiero le provocava una risatina nervosa e le attirava gli sguardi infastiditi dei vicini di tavolo. Peter la guardò malamente e le sussurrò stizzito di smetterla di ridere da sola. Roxanne strizzò gli occhi e pensò che avrebbe potuto sperimentare proprio con la sedia di quel rompiscatole di Peter Davies. Si concentrò sulla forma dell’oggetto, agitò la bacchetta immaginando la trasformazione che avrebbe dovuto subire. Si soffermò sulle caratteristiche degli spilli, sulla loro posizione, proprio sotto il sedere di Peter e su quanto li volesse appuntiti.

“Puntum fibula,” mormorò sottovoce.

Osservò la sedia attentamente ma non accadde nulla. Stava per posare la bacchetta delusa quando Peter si grattò il sedere e si alzò, guardando perplesso la sedia su cui era seduto. Roxanne cercò di tenerlo d’occhio e si nascose dietro un libro quando vide che il sedile era ricoperto da quelle che sembravano pustole appuntite. Non erano gli spilli che aveva immaginato, ma si disse che ci si poteva lavorare su.

“Lo sai che dovresti piantarla con questi scherzi?”

La voce di Victoire le arrivò come un sussurro mentre la cugina si sedeva accanto a lei e tirava fuori libri e pergamene. “Perché te la prendi sempre con Peter?”

“Io non me la prendo sempre con Peter, è solo che è una cavia divertente,” sghignazzò chiudendo il libro di Incantesimi per passare a Difesa contro le Arti Oscure.

“Dai, lui ha pure un debole per te, non ti sembra di essere crudele?” le domandò Victoire. Era seduta accanto a lei e la osservava con il suo solito sorrisetto mentre apriva il libro di Pozioni Avanzate.

“Non ha nessun debole per me,” le disse Roxanne scrollando le spalle. Alzò lo sguardo verso Peter e i loro occhi si incrociarono per un istante. Peter le sorrise mentre cercava di venire a capo del mistero della sua sedia. Roxanne abbassò lo sguardo e le sembrò di vederlo in modo diverso.

“Lo dici tu,” le sussurrò Victoire, “Emma, che è sua sorella, dice che a casa ti nomina in continuazione e guardalo…”

“Ma dai, vi state facendo dei castelli in aria, lui mi rimprovera sempre e non ha il minimo senso dell’umorismo.” Roxanne scuoteva la testa. Si passò una mano tra i ricci che le scendevano sulla fronte e legò quelle ciocche indomabili con una matita. Victoire, accanto a lei, scrollò le spalle si buttò a capofitto sul ripasso di Pozioni. “Sabato vuoi unirti a me e Teddy ad Hogsmeade?” le domandò. Evidentemente Roxanne non era l’unica ad avere problemi di concentrazione in quella biblioteca.

“Solo se non passate tutto il tempo a pomiciare, altrimenti mi infilo da Zonko con Fred e spiamo la concorrenza di papà.”

Studiarono per tutto il pomeriggio. Vennero raggiunte anche da Molly e Lucy che si installarono al tavolo di fronte loro. I posti restanti vennero occupati da James, Louis, Dominique e Fred e presto l’intero clan Weasley-Potter fu riunito.

Poco prima della chiusura della biblioteca arrivò Teddy a prendere Victoire: “Immagino che sarà complicato trovarti da sola quest’anno,” le disse salutando tutti. Victoire sorrise, chiuse i libri e li salutò, avvisando che si sarebbero ritrovati in Sala Grande per la cena.

“Ha già finito i compiti?” domandò Louis perplesso.

Dominique gli diede un colpetto sulla spalla dicendogli che non capiva niente. Roxanne scoppiò a ridere nel vedere lo sguardo ancora più perplesso che Louis e James si scambiarono. Fred, che si era assunto il compito di istruire i cugini, disse loro: “Vogliono stare un po’ insieme prima di cena. Stando in Case diverse è difficile per loro sbaciucchiarsi dopo cena.”

Il bleah! in coro di James e Louis fece scoppiare l’intero tavolo in una risata, mentre Madama Quills, la bibliotecaria, arrivò a rimproverarli facendo piombare di nuovo la biblioteca in un silenzio interrotto solo dal fruscìo delle pagine. Alla chiusura, i cugini iniziarono a defluire verso la mensa e Roxanne venne richiamata dalla voce di Peter.

“Sei stata tu, vero?” le domandò.

“Non capisco.” Roxanne finse stupore mentre osservava lo sguardo corrucciato di Peter con cui stava ricordando quanto accaduto.

“A modificare il mio sedile,” precisò, “Sul momento non ho capito, ma è stato geniale ed è stato difficile far tornare il sedile come prima. Sei brava.”

“Insomma, mica tanto, non è uscito come volevo.”

“Ah-ha! Allora avevo ragione!”

Peter le sorrideva ridacchiando tra sé e sé e Roxanne si disse che non era poi così un rompiscatole. Era sveglio e ora che sorrideva sembrava persino tenero. Alzò le mani in segno di resa, con l’aria divertita e gli disse: “Mi hai beccata! È stato divertente!”

“Mi piacerebbe non essere la vittima, una volta ogni tanto! Magari apprezzerei di più la genialità dei tuoi incantesimi.” Peter si stava mordendo un labbro mentre sorrideva e Roxanne si disse che doveva smetterla di farsi condizionare da Victoire.

Alzò le sopracciglia e gli disse complice: “Vedrò cosa posso fare, Davies!” Lo lasciò là, mentre dei suoi compagni di Casa lo stavano chiamando e lei accelerava il passo per raggiungere Lucy che si era fermata ad aspettarla.

“Sul serio, Davies? Per Godric, Roxanne…” esclamò la cugina alzando gli occhi al cielo. Roxanne scrollò le spalle e non disse niente, nascose il sorriso che le era spuntato tra le ciocche di capelli. “Hai un’idea migliore? Tipo Samuel?” le domandò.

Lucy sospirò. “Mi ha chiesto di uscire con lui sabato, di andare insieme ad Hogsmeade.”

“Pensi di accettare?” Roxanne la guardò di sottecchi con un sorriso sul volto. Era evidente che Lucy moriva dalla voglia di uscire con Samuel. Il loro punzecchiarsi in sala comune aveva dato adito a una serie di scommesse e Roxanne aveva appena vinto contro Fred. Suo fratello, che non capiva niente, come gran parte dei ragazzi, sosteneva che Lucy desiderasse solo affatturare Samuel e che si trattenesse perché lui era un Prefetto.

“Gli ho detto di sì, in effetti.”

“A cosa devo l’onore di questa confidenza?”

“Beh… diciamo che sarà impossibile tenere riservata una notizia del genere. A differenza di te e Davies, noi siamo nella stessa Casa.” Roxanne pensò ai due Galeoni che si sarebbe fatta dare quella sera da Fred. Scosse la testa e puntualizzò: “Ehi, non c’è nessun me e Davies. Non farti strane idee…”

“Avrò bisogno di aiuto con Fred. Sai come diventa quando una di noi esce con un ragazzo. Ancora mi ricordo quando quel Serpeverde mi ha chiesto di uscire…” disse Lucy preoccupata.

“Ehi! Ma Flint non conta! È un viscido e Fred aveva ragione in quel caso. Ti ha salvato la vita!” obiettò Roxanne. La reazione di Fred contro Hawk Flint aveva fatto la storia nella Torre di Grifondoro. Fred gli era andato incontro in pieno inverno e lo aveva fatto correre per tutti i prati inseguito da una Caccabomba saltellante che aveva inventato per l’occasione e un esercito di palle di neve stregate, finché lui non avesse giurato che non avrebbe mai più pensato di invitare ad uscire una delle sue cugine.

“Esagerata! Io mi sarei fatta volentieri un giro con Flint.”

Roxanne aprì la bocca sconvolta per una battuta che non era assolutamente da Lucy Weasley. “Un giro per Hogsmeade, intendo, non essere perversa!”

“Sei tu che sei allusiva! Cosa fai tiri il sasso e nascondi la mano?”

“Come te con Davies? Ti piace far spuntare spilli sulle sedie per guardargli il sedere, eh?” ridacchiò prima di correre verso la Sala Grande. Arrivarono al tavolo tenendosi lo stomaco per le risate, gettarono le borse sotto le panche mentre si sedevano continuando a ridere.

“Come mai ridete così?” domandò Victoire con un sopracciglio alzato e l’aria di chi volesse assolutamente essere tenuta al corrente di ogni cosa. Lucy scrollò le spalle e spiegò: “Roxanne è in fissa con il sedere di Davies!”

“Cosa?” Victoire guardò la cugina e, ricordandole la conversazione di quel pomeriggio in biblioteca, le domandò sarcastica: “Poi siamo io ed Emma a farci i castelli in aria, eh?” Roxanne scosse la testa sospirando: le sue cugine l’avrebbero presa in giro a non finire per quella storia.  

Quando Peter entrò in Sala Grande, Roxanne volle sprofondare.

Victoire, Lucy e Dominique, che aveva origliato la conversazione, allungarono il collo per guardare Peter Davies che scavalcava la panca per sedersi vicino i suoi compagni di casa.

“Cosa guardate?” domandò Samuel Finnigan, sedendosi accanto a Lucy.

Victoire, senza distogliere lo sguardo da Peter disse: “Il sedere di Davies.”

“Gli è scomparso?” domandò Samuel.

“Oh no, è proprio lì, e non è niente male…” mormorò Dominique.

Fu Molly a portare un po’ di ordine al tavolo in contemporanea con la comparsa delle deliziose pietanze preparate dagli elfi della scuola: “Insomma, un po’ di contegno!”

Lucy sussurrò a Samuel: “Poi ti spiego.”

La cena trascorse con le solite battute e risate, con Fred che raccontava i segreti del castello a Louis e James e Roxanne ogni tanto alzava lo sguardo verso il tavolo di Corvonero.

Alla fine della cena, Molly la prese da parte e le chiese se le andasse di farle compagnia durante la ronda notturna. Roxanne acconsentì perché sapeva che Molly avrebbe voluto mostrarle i suoi schizzi.

Il sogno di sua cugina era quello di seguire le orme di sua mamma Audrey e diventare un’illustratrice. Era riuscita persino a disegnare le decorazioni di un paio di prodotti dei Tiri Vispi Weasley, mentre zia Audrey curava molte delle nuove collezioni.

Camminavano lungo i corridoi del terzo piano, tra le aule chiuse e i ritratti appesi alle pareti che sonnecchiavano, quando sentirono un rumore. Sembravano passi nel corridoio, un fruscio di abiti. Molly estrasse la bacchetta: “Vieni avanti.”

Rimasero di sasso quando videro quel sorriso sghembo avanzare verso loro. Era divertito e con le mani in alto: “Mi avete beccato!” esclamò, “complimenti!” Ridacchiò, “quando era vivo non era semplice beccarmi, ma suppongo di essere fuori allenamento.”

Molly e Roxanne si guardarono per avere la conferma che entrambe avessero visto la stessa cosa e poi si voltarono di nuovo verso quella figura. Fu Roxanne a domandare incredula: “Zio Fred?”

“Proprio io!” esclamò allegro. Le guardava con le mani infilate nelle tasche e l’aria di chi si stesse gustando le loro espressioni, come se il tutto fosse uno scherzo ben riuscito.

“Ma cosa ci fai qui? Perché non vai da papà?” gli domandò Roxanne.

Fred scrollò le spalle e disse solo: “Non posso andare da George, gli spezzerei il cuore, e poi mi hanno evocato qui e non potevo resistere alla tentazione di dare una sbirciatina ai miei nipoti.”

Molly sembrava in difficoltà. Roxanne non l’aveva mai vista in quello stato.

“Fred, non hai idea di quanto papà vorrebbe rivederti…” sussurrò Molly con un filo di voce.

“Sei diventata Zuccaposcuola proprio come lui, eh?” le domandò divertito.

Roxanne ebbe la sensazione che volesse sdrammatizzare i toni dell’incontro, come se fosse normale per loro incontrare lo zio morto durante la battaglia di Hogwarts mentre era a spasso per i corridoi della scuola dopo il coprifuoco. Molly non riuscì a trattenere le lacrime e gli disse: “Mi dispiace, mi dispiace, io sono nata un mese dopo ed è colpa mia se papà non è tornato prima a casa.”

Fred le si avvicinò e si chinò a guardarla negli occhi. Roxanne avrebbe detto che l’avrebbe abbracciata se avesse potuto, così fu lei ad accarezzare la schiena della cugina che stava singhiozzando.

“Ehi,” le sussurrò, “tuo padre mi ha fatto ridere prima di morire e non potrei essere più felice di così. Sono contento che lui sia rinsavito e ho capito che era tornato in sé molto tempo prima che tornasse a casa. Erano tempi complicati, e lui se non ha un piano da seguire va in confusione. Tranquilla. So tutto. Quando vai di là, è come se ti dessero il libro con tutte le risposte alle domande della vita. So anche a cosa serve la linguetta delle lattine.”

“A cosa serve?” domandò Roxanne.

“A reggere la cannuccia,” rispose Fred, “incredibile, vero?” Le guardò entrambe e disse loro: “Sono felice di avervi incontrate. Spero di riuscire a incontrare anche il piccolo Fred, vorrei dirgli che, anche se io sono più bello, lui è un degno sostituto. Poi, chiedete a Teddy la Mappa del Malandrino, vi aiuterà ad evitare di finire nei guai e a trovare tutti i passaggi segreti.”

“Li hanno chiusi i Carrow,” rispose Molly tirando su con il naso. “Sei un fantasma?”

“Non tutti sono stati chiusi. Io sono andato avanti, non sono un fantasma. So a cosa servono le linguette delle lattine. Non so perché sono finito qui, qualcuno mi ha evocato. Ora, però, devo andare, chissà se ci rivedremo!” Sorrise e sparì dissolvendosi come una nuvola di vapore.

Roxanne abbracciò Molly che tremava come una foglia. Non avrebbe mai detto che esistesse qualcosa o qualcuno in grado di sconvolgere tanto la Caposcuola di Grifondoro.

La morte di Fred, tuttavia, era un argomento spinoso, anche a distanza di anni. Molly era nata un mese dopo la battaglia di Hogwarts, il 2 giugno del 1998. Da quello che Roxanne aveva saputo, la gravidanza di zia Audrey era stata complicata dalla presenza dei Dissennatori su Londra.

“Se solo papà sapesse…” mormorò Molly. “È che quei giorni erano così difficili! La mamma stava male, il papà era preoccupato per la situazione al Ministero, i Mangiamorte cercavano i Weasley e lui aveva così paura che potesse accaderci qualcosa! Mamma mi ha raccontato che la sera della battaglia di Hogwarts hanno litigato e lui si è materializzato a Hogsmeade insieme ad alcuni colleghi del ministero contro il suo volere. Lei si è sentita in colpa per tutto il tempo al pensiero che sarebbe potuto morire prima di conoscermi, e quando lui le ha raccontato che ha visto suo fratello morire lei è stata male.” Parlava senza prendere fiato e ripercorreva quei giorni che loro non avevano vissuto ma che avevano condizionato le loro vite.

Roxanne ricordava il borbottio di sua mamma quando andavano alla Tana e suo papà sentiva la mancanza del fratello, e poi vedevano Percy arrivare con zia Audrey e Molly. Sua mamma diceva che Molly era stata chiamata così per chiedere scusa alla nonna di quegli anni di follia di zio Percy. Sua cugina si era sempre sentita il peso di quella colpa dentro di sé. Abbracciò Molly stringendola forte a sé. “Coraggio. Hai sentito zio Fred? Va tutto bene… Torniamo in sala comune.” Molly annuì e mentre si asciugava le lacrime mentre recuperava lucidità disse solo: “Chissà come ha fatto a tornare. Dovremmo scoprirlo.”

 

***

 

Dopo cena, Roland incontrò Nigel Smith, il Prefetto di Tassorosso al quale era stato abbinato per il turno di ronda. Era stata l’ultima trovata della Preside, per evitare che venissero tolti punti in modo arbitrario: sorteggiavano i Prefetti che facevano le ronde impedendo a Prefetti della stessa Casa di girare insieme. Il risultato, però, era che tutti erano concordi nel togliere punti a Serpeverde, mentre Serpeverde aveva il cane da guardia contro le infrazioni delle altre Case.

Nigel era un ragazzo a posto, uno studioso indefesso, grande appassionato di Trasfigurazione, aveva il vizio di aggiustarsi i capelli castani in continuazione. Le ronde con lui non erano male, rispetto a quella piattola di Goldstein o quel Finnigan che gli parlava solo di Erbologia.

“Tu hai già deciso cosa fare dopo Hogwarts?” gli domandò mentre camminavano nell’ennesimo corridoio deserto. “L’anno scorso all’orientamento mi hanno detto che potrei fare domanda per un tirocinio al Dipartimento del Trasporto Magico. Sarebbe interessante occuparsi di Metropolvere e Passaporte.”

Roland lo guardò con un sopracciglio alzato. Scrollò le spalle incerto e disse: “Sì, suppongo di sì. Non lo so, mi avevano consigliato l’Ufficio Applicazione Legge Magica. Mia mamma lavora al Wizengamot, mio fratello lavora invece all’Ufficio Misteri.”

“Tuo fratello è un Indicibile?”

“Sì, infatti non parla mai del suo lavoro e so che ha dovuto studiare moltissimo per essere ammesso.”

“Wow! L’Ufficio Misteri è figo!”

“Beh, anche il Trasporto Magico non è male. Voglio dire, è essenziale, specie quando ci sono le Coppe del Mondo di Quidditch, le elezioni, o quando si tratta di collaborare con il Dipartimento Auror.” Cercava di mantenere un buon rapporto con Smith, anche se trovava stupido l’interesse per il trasporto magico. Odiava il pensiero che il Ministero controllasse i camini e le Passaporte, che nessun mago potesse far visita a un altro mago o andare a trovare un parente lontano senza che il Ministero lo venisse a sapere. Suo padre e zio Rabastan facevano bene a usare le Passaporte illegali, ma questo Roland non l’avrebbe mai detto a Smith.

“Mi sarebbe piaciuto fare l’Auror…” ammise Nigel, “ma non ho raggiunto i voti necessari in Pozioni e Difesa contro le Arti Oscure.”

“Ti piacerebbe prendere la gente e rinchiuderla ad Azkaban?” gli domandò serio. Strinse la mano intorno l’impugnatura della bacchetta e si disse di respirare, di pensare a sua madre quando assisteva ai processi contro i Mangiamorte. Recuperò la calma e lasciò la bacchetta. Aveva fatto bene a non dire nulla sulle sue riserve sulle Passaporte. Sua mamma aveva ragione: occorreva restare sul vago e non approcciarsi ad argomenti tabù se non si avevano elementi per fidarsi di un mago. Bastava un sospetto per una perquisizione e suo papà era già stato tre volte ad Azkaban.

Nigel deglutì. Si era accorto di aver toccato un terreno minato, sorrise nervoso. “N-no,” balbettò, “è solo che è un lavoro prestigioso e ambito e mi sarebbe piaciuto farne parte, ma non ho i G.U.F.O. sufficienti e quindi il problema non si pone.”

“Alla fine saresti stato solo un burattino nelle mani del Ministro della magia, meglio così, il Trasporto Magico è sottovalutato,” gli disse per chiudere il discorso.

Certo, tutti sognavano di diventare come il grande Harry Potter. Tutti, ad eccezione di coloro che avevano sperimentato sulla pelle cosa significasse vedere un membro della propria famiglia finire ad Azkaban. Si salutarono nell’atrio, Roland vide Nigel avviarsi verso la sala comune di Tassorosso, mentre lui prese le scale che portavano verso quella di Serpeverde. Il corridoio dei sotterranei era immerso nel buio, solo qualche torcia era accesa e proiettava ombre tremolanti sulle pareti di pietra. Roland sentì una risata, era come se una ragazza stesse ridendo, sguaiatamente, come se si facesse beffe di qualcuno.

“Chi c’è? Fatti vedere!” esclamò puntando la bacchetta.

Una figura di donna comparve davanti ai suoi occhi. Sbatté le palpebre temendo fosse un’allucinazione, ma la donna continuava a ridere e guardarlo sfrontatamente.

“Roland Lestrange, è così?” gli domandò andando incontro.

Roland strizzò gli occhi per mettere meglio a fuoco la figura nella penombra. L’aveva vista da qualche parte: “Tu sei…”

“Bellatrix. Bellatrix Lestrange,” esclamò fiera. “O dovrei dire, Bellatrix Black, visto che tuo padre adesso ha un’altra moglie.”

“Non è possibile… Tu sei morta.”

“Proprio così. In questa scuola, uccisa da quella traditrice del sangue magico di Molly Weasley. Puah! E ora sono costretta a vedere la sua insulsa progenie infestare i corridoi di questa scuola!” esclamò con disgusto.

“Sei un fantasma?”

“Non dire sciocchezze! Io sono andata oltre!”

“Cosa ci fai qui, allora?” Roland non riusciva a capire quanto stava accadendo. Bellatrix era morta da anni, cosa ci faceva il suo spirito? Il suo fantasma? La sua immagine fluttuante? Insomma, cosa ci faceva per i corridoi della sua scuola?

“Qualcuno mi ha evocato,” spiegò lei, continuando ad avvicinarsi a lui, fiera, con le palpebre semichiuse e un sopracciglio alzato come se si stesse facendo beffe di lui. “Vedo che non hai preso da tua madre, ma da quel buono a nulla di Rodolphus, sei tonto come lui se mi fai tutte queste domande.”

Roland fu colto da un sospetto. Impugnò la bacchetta e domandò serio: “È uno scherzo? Stupeficium!” La luce rossa dello Schiantesimo oltrepassò il corpo di Bellatrix lasciandola intatta e facendola scoppiare a ridere: “Sei pure permaloso come Rod! Adesso sì che mi divertirò!”

Roland indietreggiò, ma poi si disse che non doveva avere paura, perché Bellatrix era morta e non poteva fargli del male. Non sentiva la magia oscura che aveva percepito durante le lezioni fatte quell’estate con zio Rabastan. Intorno a sé c’era solo l’opprimente e sempre più ingombrante presenza oscura della morte, una forza misteriosa e terrificante, in grado di gelare il sangue nelle vene.

“Allora, com’è essere il primo figlio di tuo padre e non essere il fratello maggiore?” gli domandò Bellatrix osservandolo attentamente. Roland non rispose, lei continuò con le sue domande, sempre più divertita, con l’aria di un gatto che ha appena trovato un topolino con cui giocare e Roland odiava la sensazione di essere il topolino. “Com’è essere in competizione con uno che nemmeno porta il tuo cognome? E tuo padre è andato ad Azkaban per Crouch, avrebbe fatto lo stesso per te? Suppongo di no, ti avrebbe detto di prenderti le tue responsabilità.”

Roland sentiva la rabbia crescere in sé. “Stai zitta! Orion è mio fratello e mio padre ci ama tutti!”

Bellatrix scoppiò a ridere. “Come quella volta in cui stavi annegando mentre lui era impegnato a parlare con Orion?”

“È stato un incidente…” mormorò a denti stretti. Come faceva quella donna a sapere tutte quelle cose?

“Rod è deludente sotto tanti aspetti, prima te ne accorgi, meglio è. Ho sempre detto che non avrebbe dovuto avere figli. Vedi? Nessuno di voi è all’altezza di Orion e Delphini. Siete usciti tonti come lui, Alex doveva darmi retta…”

Roland sentì le lacrime premere contro gli occhi. Fece dei respiri profondi mentre sentiva di perdere il controllo. Nonostante le lezioni di autocontrollo di zio Rabastan che cercava di richiamare alla memoria. Urlò: “Sparisci!”

La bacchetta stretta in mano emise delle scintille e Bellatrix scoppiò a ridere e scomparve.

Il corridoio tornò vuoto, buio e spettrale, come al solito. Roland sguainò la bacchetta, i sensi all’erta, le orecchie in ascolto. Si avviò verso la sala comune. Una volta dentro, intercettò lo sguardo di Roddie che gli chiese: “Com’è andata la ronda?”

“Come al solito. Vado a letto.” Lo disse con fatica prima di correre in dormitorio.

Si buttò sotto la doccia sperando che l’acqua calda portasse via il ricordo di Bellatrix e di quello che gli aveva appena detto.

No, era uno scherzo. Era un dannato scherzo. Suo padre amava i suoi figli e la mamma gli aveva sempre detto quanto fosse stato felice, e orgoglioso nel momento in cui lo aveva preso in braccio per la prima volta. Roland era il figlio che Rodolphus aveva aspettato per più di venti anni. La mamma gli aveva detto che il pensiero che un giorno lui sarebbe arrivato e che il ramo dei Lestrange sarebbe cresciuto aveva aiutato suo padre a sopravvivere ai Dissennatori di Azkaban. Quello che diceva Bellatrix non aveva senso.

Eppure. Eppure, Rodolphus aveva letto le favole per la prima volta a Orion. C’era un rapporto speciale tra loro, unico, diverso da quello che Rodolphus aveva con i suoi figli. Sembrava che suo padre avesse un occhio di riguardo per Orion, sempre. Sospirò.

Cos’era quella specie di fantasma? Perché era apparsa? Chi l’aveva evocata? Perché c’era quell’alone di terribile oscurità intorno a quella figura spettrale?

Roland passò una notte orribile, girandosi e rigirandosi nel letto in preda agli interrogativi, mentre nei suoi sogni tornava a far capolino quello sguardo di scherno. Comparvero anche i suoi genitori, Orion e Delphini, che assumevano la stessa espressione di Bellatrix e lo prendevano in giro perché non aveva capito nulla. Rodolphus si diceva deluso da lui: dopo tutti gli insegnamenti, era evidente che non avesse imparato nulla, al contrario di Orion che si era rivelato un figlio decisamente migliore.

Si svegliò di soprassalto, sudato e tremante, mentre il respiro gli mancava. Barcollò fino in bagno e si buttò sotto la doccia. Di nuovo. Aveva bisogno di riprendersi per poter affrontare la giornata.

Corse in biblioteca, prima ancora di andare a fare colazione e volò nel reparto sulle Creature Magiche. Cercò: Fantasmi, Spiriti e altre creature evanescenti, ma al suo posto trovò la targhetta che avvisava che il libro era stato preso in prestito.

“Dannazione.”

Si passò una mano tra i corti capelli neri e si disse che avrebbe provato con Storia delle apparizioni misteriose a Hogwarts. Anche quello era assente. Tipi di Fantasmi e origine del loro nome. Assente. Si recò nel reparto proibito con un permesso del Professor Pucey che non aveva ancora esibito e chiese a Madama Quills di prendergli Evocare i Morti, Defunti dall’Aldilà e Apparizioni misteriose: tutti i modi in cui i morti parlano con noi. Oltre a Veleni potenti e loro rimedi, che era il solo libro per cui Pucey aveva firmato il permesso.

Madama Quills tornò con il libro sui veleni e gli disse che gli altri libri erano stati tutti già presi in prestito. Roland si trascinò sconfortato in Sala Grande per una colazione veloce per poi andare a lezione, quel giorno aveva Erbologia e poi Difesa contro le Arti Oscure.

“Dov’eri?” gli domandò Rabastan vedendolo arrivare tardi.

“Sono andato in biblioteca a prendere un libro per una ricerca di Pozioni,” mentì.

“Sei strano. Sei sicuro che non è successo niente?” gli domandò Roddie, comparso accanto al fratello. Roland sorrise al pensiero che ai suoi fratelli non potesse nascondere nulla. Erano svegli, nonostante fossero più piccoli. Si disse che doveva metterli in guardia, senza spaventarli, ma comunque dovevano essere pronti. Come avrebbero reagito se si fossero trovati di fronte Bellatrix senza preavviso come era successo a lui? Lei si sarebbe fatta beffe di lui un’altra volta perché non era stato nemmeno in grado di avvisare i suoi fratelli?

“Dobbiamo trovare un posto tranquillo dove parlarne.”

“Dopo le lezioni in sala comune non c’è nessuno. Ci vediamo lì?” domandò Roddie. Roland e Rabastan annuirono all’unisono.

Le lezioni di Erbologia erano un tormento.

Non solo perché il professor Longbottom era un ex Grifondoro che amava ricordare i sacrifici della guerra, ma anche perché lo odiava. Roland lo sapeva. Lo aveva capito dal modo in cui non lo fissava mai, non pronunciava mai il suo nome, e persino quando alzava la mano per rispondere si limitava a indicarlo con il dito, se proprio era l’unica mano alzata. A volte fingeva di non vederlo.

Per tutto il primo anno si era interrogato sul perché di quel comportamento strano. Solo a fine anno, mentre commentavano a casa i voti di Erbologia, sua madre gli aveva raccontato i trascorsi tra i Longbottom e i Lestrange, e il papà di Orion. Roland per un po’ si era domandato cosa c’entrasse lui, perché dovesse finire in mezzo a una questione della guerra quando tutti parlavano di voltare pagina. Sentiva l’ipocrisia di quei discorsi ed era arrivato al punto di credere che se il padre del professor Longbottom fosse insopportabile e ottuso come il figlio, beh, allora non faticava a credere che in quei frangenti papà, zio Rabastan e il papà di Orion avessero perso la pazienza. Ovviamente, non si sarebbe mai sognato di dirlo apertamente.

“Adesso estraete la Puzzalinfa dalla Mimbulus Mimbletonia,” disse il professor Longbottom.

Roland eseguì l’operazione. Il professore, nel frattempo, ne spiegava gli usi e le proprietà dall’altro capo del lungo tavolo pieno di vasi intorno al quale erano disposti gli studenti. I Grifondoro occupavano la prima metà del tavolo, erano disposti ordinatamente intorno ai due lati, mentre i Serpeverde occupavano la seconda metà del tavolo.

Roland prendeva sempre l’ultimo posto, vicino alla porta d’ingresso della serra, pronto a svignarsela non appena la lezione finiva, considerato che il professore non gli dava mai modo di intervenire a lezione. Era una situazione paradossale: lui amava le lezioni di Erbologia avanzata che gli dava sua madre in estate. Fin da bambino si era divertito a trascorrere del tempo nelle serre, ma le lezioni con il professor Longbottom proprio non riusciva a sopportarle. Lo riempivano ogni volta di pensieri che afferivano a un tempo che lui considerava passato, un capitolo della vita dei suoi genitori che era stato chiuso e di cui nessuno parlava mai volentieri, nemmeno Orion che a quei tempi era solo un bambinetto.

“Fate attenzione, in ultima fila,” esclamò il professore.

Hawk gli diede una gomitata e Roland alzò lo sguardo incontrando gli occhi castani del professore che lo fissavano attentamente: “È tutto chiaro?” domandò, senza fare alcun nome.

Roland annuì.

“Sai dire alla classe di cosa stavamo parlando?”

“Delle proprietà della Puzzalinfa e del suo uso nelle pozioni,” inventò sulla base di qualche parola che aveva captato. “In particolare, viene utilizzata per curare l’essiccazione procurata dalla pozione rinsecchente.”

“Stavamo parlando delle proprietà della Puzzalinfa, ma non siamo arrivati a discutere dell’uso nelle pozioni e, faccio presente ai tuoi compagni, la preparazione di rimedi alla pozione rinsecchente non è nei programmi scolastici. Cinque punti in meno a Serpeverde: conoscere la lezione non è un buon motivo per non seguirla.”

Roland si scambiò uno sguardo perplesso con Hawk. Aveva risposto correttamente, sapeva più cose dei suoi compagni di classe e veniva punito. Hawk gli sussurrò: “Lascia perdere, Roland…”

“Flint, silenzio, altri cinque punti in meno a Serpeverde.”

Roland sbuffò. Allontanò da sé libro e pergamena su cui stava prendendo appunti, pronto a incrociare le braccia per ascoltare la noiosissima lezione su quella stupidissima pianta. Allontanò la Piuma con un gesto stizzito e non si accorse che la punta colpì la Mimbulus Mimbletonia che reagì stizzito ricoprendolo di Puzzalinfa.

Hawk si allontanò in tempo grazie ai riflessi allenati dallo schivare i Bolidi e riuscì ad evitare di essere ricoperto di quel liquido disgustoso. L’intera classe si voltò verso di lui.

Salazar, aiuto.

Voleva seppellirsi.

Sentì chiaramente il professor Longbottom esclamare: “Altri venti punti in meno a Serpeverde per aver interrotto la lezione e reso l’aria irrespirabile!” I Serpeverde protestarono, ma il professor Longbottom scrollò le spalle dicendo: “Ringraziate il vostro compagno di Casa!”

Figurarsi che lo chiamava per nome.

“Evanesco! Almeno alla puzza possiamo porre rimedio. Weasley, per cortesia, dove eravamo rimasti?”

Roland alzò lo sguardo e vide Victoire Weasley alzarsi in piedi e rispondere al professore, beandosi delle lodi e dei punti che Grifondoro stava guadagnando.

Hawk lo ammonì con lo sguardo, come se fosse in grado di leggergli nella mente. In realtà, Roland pensava di essere in uno stato di tale insofferenza da renderlo palese a tutti. Incrociò le braccia e rimase ad ascoltare con la testa altrove. Una domanda era tornata ad affiorare nella sua mente: dove erano finiti i libri sulle creature evanescenti della biblioteca? Perché Madama Quills non gli aveva voluto dire chi avesse preso in prestito quei libri?

Rimase immerso in quei pensieri fino alla fine della lezione, quando Hawk scrollò la sua spalla e gli domandò con un sorriso sghembo: “Ti sei innamorato del prof? La lezione è finita, andiamo in pace.”

Roland alzò il sopracciglio e lo fissò con quella che i compagni di dormitorio avevano definito la sua espressione omicida. Raccolse la sua roba gettando Piume, pergamene e libri alla rinfusa in borsa. Fece sparire i resti di Puzzalinfa dalla sua uniforme e si trascinò fuori da quelle serre in direzione della lezione di Difesa contro le Arti Oscure con Corvonero, la sua materia preferita.

Il professor Edgar Pucey attendeva i suoi studenti seduto sulla cattedra, intento a leggere alcuni temi. Sorrideva grattandosi la barba nel leggere quelli che dovevano essere degli errori. A prima vista lo si sarebbe immaginato come un insegnante di manica larga, ma gli studenti avevano imparato a loro spese quanto fosse esigente sulla preparazione. Dietro gli occhi verdi e il sorriso divertito dall’essere riusciti a domare una creatura oscura, il professor Pucey richiedeva assoluta concentrazione e perfetta padronanza del lessico.

“Buongiorno ragazzi, oggi finiamo di conoscere gli Obscurus, delle creature piuttosto rare e insidiose,” esordì nel silenzio assoluto dell’aula. Roland era seduto in prima fila e osservava colpito la creatura che il professore mostrava loro intrappolata da una bolla trasparente. “È una creatura troppo pericolosa perché possa essere liberata, non è mica un Molliccio, ma volevo che la vedeste, che percepiste il groviglio di oscurità e di magia repressa di cui si nutre.”

Roland si scambiò uno sguardo con Hawk ed entrambi iniziarono a prendere appunti freneticamente. Aveva letto degli Obscurus su alcuni libri nella biblioteca di famiglia, ma trovarsene uno davanti era tutto un altro discorso. Avrebbe voluto studiarlo, sentirne la forza con la bacchetta, provare a controllarlo, ma sapeva perfettamente quanto fosse pericolosa una simile opzione.

Il professor Pucey continuava a spiegare il modo in cui i maghi avevano scoperto l’esistenza degli Obscurus e Roland aveva la sensazione di essere osservato dalla creatura, come se qualcosa di lui fosse permeato attraverso la bolla protettiva e attirato l’attenzione di quell’essere.

L’odio contro Longbottom.

L’Obscurus vibrò e Roland ebbe un sussulto. L’aveva sentito. Il professor Pucey si accorse del movimento dell’Obscurus, impiegò pochi istanti per individuare l’oggetto di interesse della creatura magica. Agitò la bacchetta e la bolla con tutto il suo contenuto scomparvero, rinchiusi in un baule munito di Incantesimo Estensivo e ben sei diverse serrature.

“Meglio rimettere l’Obscurus al sicuro. Una classe di adolescenti,” disse guardando Roland, “è uno stimolo eccessivo per una creatura del genere. Un po’ come invitare un Dissennatore a un matrimonio, oserei dire.”

Risatine corsero lungo l’aula. Alcuni Corvonero si diedero delle gomitate. Il professore continuò con la lezione, assegnò cinquanta centimetri di pergamena sui poteri dell’Obscurus e i modi per scoprirlo e fermarlo. “Per la prossima lezione iniziate a leggere il capitolo sugli spiriti.”

Roland ebbe un’illuminazione, forse il professor Pucey poteva essergli d’aiuto. Alzò la mano e domandò: “Professore, ho una domanda, una curiosità, per lo più. Esiste un modo in cui un morto, che non è un fantasma, può essere evocato?”

“Ci sono le sedute spiritiche. Alcuni maghi le usano per tenere i contatti con i defunti. Le studieremo tra qualche settimana.”

“No, professore, nelle sedute spiritiche lo spirito del defunto rimane all’interno del cerchio magico e resta in contatto con il suo evocatore. Io mi domandavo se esiste un modo che evochi lo spirito e lo lasci andare in giro come se fosse vivo, come se fosse un fantasma.”

“Sarebbe magia molto oscura, Lestrange, noi non insegniamo questa roba ad Hogwarts e tu non dovresti minimamente interessarti di cosa c’è al di là del confine tra il regno dei morti e quello dei vivi. Molti maghi si sono smarriti provando a indagare quel confine, senza contare che il Ministero ha un atteggiamento molto severo verso questo genere di studi, se capisci cosa intendo.”

Roland annuì. “Sì, certo, era solo una curiosità che mi era sorta guardando il Barone Sanguinario. Mi domandavo se i fantasmi avessero un modo per vedere i loro cari che erano andati oltre.”

Pucey gli sorrise indulgente, mentre Hawk al suo fianco gli aveva sussurrato: “Che cazzo di domande fai, Lestrange?”

“Ero curioso, Flint, fatti gli affari tuoi.”

Doveva parlare con i suoi fratelli. Doveva avvisarli, prima che fosse troppo tardi. Aveva sentito benissimo la presenza delle Arti Oscure e ne aveva avuto la conferma.

Qualcuno stava giocando con materiale proibito.

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Siamo entrati nel vivo del mistero.

Sia Molly e Roxanne che Roland hanno fatto degli strani incontri. Spettri che arrivano dal passato e che smuovono qualcosa nei vivi. Cosa sono? Chi li ha evocati? Come e perché?

Avete visto anche come il rapporto di Roland sia complicato con il professor Longbottom. Per il povero Neville non deve essere stato affatto facile trovarsi a dover insegnare per sette anni a un Crouch e tre Lestrange. Vedete anche come sia difficile fare domande su alcuni argomenti senza richiamare certe preoccupazioni afferenti alle Arti Oscure.

La mamma di Roland ha nominato Delphini che è a Hogsmeade prima di partire per Durmstrang. Non sappiamo quando inizia la scuola e ho immaginato che iniziasse a Novembre, dopo le celebrazioni di Samhain.

Vi ringrazio per la splendida accoglienza che avete riservato al primo capitolo, spero che la storia e i personaggi continueranno a interessarvi. Se avete domande, dubbi, curiosità, o per sclerare sui personaggi sono a vostra disposizione.

Alla prossima,

Sev

 

   
 
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