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Autore: Signorina Granger    21/11/2020    10 recensioni
INTERATTIVA ||
I Peccati Capitali erano un gruppo di maghi e streghe, considerati tra i più potenti della Gran Bretagna, ognuno dei quali rappresentava uno dei sette peccati capitali a causa di una grave colpa da loro commessa.
Il gruppo è stato sciolto e accusato di essere responsabile della morte del Ministro della Magia, ma quasi tutti riuscirono a fuggire, di loro si sono perse lle tracce e sulle loro teste venne messa una taglia.
Dopo tre anni il Ministero è ormai caduto nelle mani dei Cavalieri Sacri, un ordine che dovrebbe occuparsi della tutela dei maghi, e una dei Peccati decide di andare alla ricerca dei suoi vecchi amici con l'intento di trovarli e mettere fine, insieme, alla loro persecuzione, trovando il vero responsabile dell'omicidio che li fece condannare e alle tirannie messe in atto dai Cavalieri.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 13  
 
 
“Un fenomeno mai visto prima, l’intera campagna del Devonshire appassita…”
“Fiori, alberi, prati… tutto è diventato secco all’improvviso, gli esperti non sanno darsi alcuna risposta di fronte a questo assurdo fenomeno.”
 
La forchetta gli cadde di mano, tintinnando nel piatto. Alzò lo sguardo sulla televisione della tavola calda dove stava mangiando e deglutì a fatica, sgranando gli occhi di fronte a ciò che vide: alberi appassiti, foglie secche, prati ingialliti… morto, tutto morto.
 
Devonshire… Allora era lì.
 
Ma dove?
Dov’era?
 
“Sembra che tutto abbia avuto iniziato da un punto imprecisato nei pressi del Distretto di West Devon, vicino a Tavistock….”
 
Tavistock, West Devon. Non gli serviva altro.
 
Scivolò dallo sgabello e, lasciati due galeoni sul bancone di legno, uscì in fretta per raggiungere il primo angolo e Smaterializzarsi: era stato il più cauto possibile per tre anni, ma ora non aveva alcuna importanza.
 
Il suo raggio di Sole aveva bisogno di lui.
Sperava solo di essere ancora in tempo.
 
 
 
*
 
 
 
“La morte è solo la fine di un processo chiamato vita.”
 
Tutti i suoi errori, le sue nefandezze, le sue vittorie, gli passavano davanti agli occhi. Steso supino sul prato, Loki cercò di aprire gli occhi, invano, mentre la parte destra del costato gli doleva a seguito dell’impatto dell’esplosione che aveva sorpreso lui e tutti i suoi compagni.
 
“Se c’è qualcosa che so, Loki, è che la vita è qualcosa di molto labile. Sfuggevole”
 
Vide il volto dolorosamente familiare di Luvienne, il suo sguardo carico di dolore, ira e disgusto.
“Tu mi disgusti, Louis.”
 
Gli stavano imprimendo il tatuaggio sulla pelle, e il dolore lo pervase priva di scorgere, ancora, il volto rilassato e sorridente di Ebe.
 
“E’ facile estirparla.”
 
 
 
 
Loki camminava allacciandosi il bottone della giacca che indossava, seguendo pigramente il Ministro della Magia inglese nei suoi numerosi incontri con funzionari e diplomatici magici europei.
Ogni singola persona che lo incontrava lanciava occhiate fugaci all’uomo dall’incarnato pallido, i capelli scuri e gli zigomi sporgenti che lo seguiva come un ombra, silenzioso ma onnipresente.
 
A Loki quelle occhiate non dispiacevano, tant’è che gli facevano spuntare qualche sorrisetto compiaciuto sul volto.
Quel giorno però, la Lussuria non era solo: il Signor Finch aveva richiesto una seconda “guardia del corpo” (con gran disappunto dei Cavalieri Sacri, che fino a qualche prima ricoprivano quel ruolo al posto loro) e Loki si era ritrovato un’improbabile compagna per quella giornata.
 
Loki che indirizzò un’occhiata leggermente esasperata alla strega che stava alla sinistra del Ministro, parallelamente a lui, ma che era ben lontana dall’incutere un qualsiasi tipo di timore o di fascino misterioso.
Ebe, di misterioso, non aveva proprio nulla, tant’è che dispensava sorrisi e saluti cortesi ovunque andasse, guardandosi attorno con allegria e curiosità.
 
Probabilmente non esisteva persona più diversa da lui, tra i Peccati Capitali, e talvolta Loki domandava al Ministro per quale motivo lui ed Ebe finissero così spesso a lavorare insieme.
Perché non con Mac, o Salem, o Alanis?
Finch era scoppiato a ridere, a quella domanda, asserendo divertito che lui e la ragazza erano sicuramente molto diversi, ma che proprio per quel motivo si sentiva particolarmente a proprio agio avendoli entrambi accanto.
 
“Sei un ragazzo molto sveglio, Loki, di certo capirai cosa voglio dire. Tu ed Ebe vi completate, diciamo.”
 
 
 
Loki gettò un’occhiata di sbieco alla “collega”, che si era messa a chiacchierare amabilmente con uno stagista. Quando il ragazzo se ne fu andato e la strega intercettò il suo sguardo eloquente Ebe inarcò profondamente un sopracciglio, domandandogli silenziosamente che avesse da guardare mentre la Lussuria si limitava a roteare gli occhi in un linguaggio muto che, ormai, entrambi conoscevano molto bene.
 
Ebe gli fece la linguaccia e Loki, leggendo i suoi pensieri, udì chiaramente la voce della strega nella propria testa affermare che fosse noioso come uno scolapasta e che sapeva benissimo che la stesse ascoltando.
 
 
A volte mi chiedo come hai fatto ad avere tante donne nella tua vita, sai? A me sei totalmente indifferente.
Tu sei un caso a parte, Ebe.
E’ chiaro, io sono sveglia! Tutte le poverette che hai sedotto probabilmente non brillavano per intelligenza, poverelle.
Stai tranquilla, non corri alcun pericolo.
Mi stai dando della bruttona?!
No, ma di solito non mi interesso a donne più vecchie di me.
 
Un sorrisetto perfido increspò il bel volto del mago, che si godette appieno la vista di una Ebe furiosa voltarsi verso di lui di scatto (ormai la conosceva abbastanza bene da sapere quanto la parola con la v la facesse scattare come una molla). Certo, il mago ringraziò la sua buona stella per trovarsi in una stanza priva di flora, o probabilmente Ebe lo avrebbe strozzato con un rampicante.
 
 
Loki pose fine alla sua “condivisione dei pensieri” con Ebe, e solo a quel punto si disse che, fortunatamente, la strega non poteva leggergli nel pensiero come faceva lui.
Altrimenti Ebe avrebbe saputo che appena si erano conosciuti, a dire la verità, un pensierino su di lei lo aveva fatto. Certo, prima di conoscerla, di iniziare a vederla come una sorta di sorella rompiscatole e di rendersi conto che qualcun altro, nel gruppo, era particolarmente preso da lei.
 
Loki si poteva definire un uomo avventato e un po’ impulsivo, ma di certo non era folle, e mettersi tra Flagro e qualcosa che desiderava non rientrava nella sua lista di cose da fare prima di morire.
 
 
 
 
 
 
 
Svegliati
 
 
“Non voglio morire. Invecchiare… i deboli invecchiano!”
“Sei pazzo, Louis. Sei fuori di testa! Meriti la tua pena!”
 
 
SVEGLIATI
 
 
Loki spalancò le palpebre con decisione, e nel farlo prese una rigorosa decisione: lui non sarebbe morto. Non quel giorno.
La mano destra del mago strinse, strappandoli, i fili d’erba sopra ai quali si trovava mentre Loki sollevava il capo, mettendo lentamente a fuoco lo scenario che lo circondava mentre il suo orecchio sinistro fischiava fastidiosamente.
Per qualche istante faticò a sentire chiaramente, ma poi ricordò quello che era successo e mise a fuoco la situazione.
 
 
C’erano dei Cavalieri Sacri. Parecchi Cavalieri Sacri.
 
Maledetti Bastardi
 
 
Gli occhi azzurri del mago saettarono su Alanis, che era in piedi e che colpì uno di loro allo stomaco proprio in quell’istante, scaraventandolo con la magia ad interi metri di distanza.
 
Mac sembrava indenne, anche se il suo braccio destro sanguinava, e la strega era seduta al suolo con la schiena appoggiata contro il tronco di un albero e lo stringeva come se non riuscisse a muoverlo. Salem, a pochi metri da lei, combatteva contro quattro Cavalieri allo stesso tempo, respingendo i colpi indirizzati a lui e anche quelli rivolti alla Gola.
 
“ALANIS! PORTA VIA MAC!”    Un incantesimo Bombarda venne rispedito al mittente con decisione grazie al Contrattacco di Salem, causando una seconda – anche se di dimensioni nettamente ridotte – che costrinse la Lussuria a portarsi entrambe le mani sopra la testa.
 
“SONO UN PO’ INDAFFARATA AL MOMENTO! Ne ho proprio le palle piene di voi smidollati!”
 
Il ruggito di Alanis accompagnò un acuto gemito di dolore mentre il braccio del Cavaliere veniva tranciato via dal corpo con un gesto netto grazie all’arma della strega, ma Loki non ci badò: solo all’ora si accorse che una dei compagni mancava all’appello, e fece vagare freneticamente lo sguardo attorno a sé per cercare traccia di Ebe, non trovandola.
 
 
Dove ti sei cacciata, piccoletta?
 
 
A quel punto, Loki si rese conto che l’erba su cui si trovava stava assumendo toni sempre più giallastri, mentre alcuni alberi attorno a loro, che circondavano la radura in cui erano stati sorpresi dai Cavalieri mentre se ne andavano da Tavistock, perdevano le proprie foglie ad un ritmo completamente innaturale.
Mac ci arrivò esattamente un attimo prima di lui, e sollevò lo sguardo sull’albero sotto cui aveva trovato riparo con orrore: la pianta stava visibilmente morendo, così come molte altre, tanto che innumerevoli tonfi sordi di rami che si spezzavano e crollavano al suolo iniziarono a circondarla.
 
 
“Ti dispiacerebbe se io morissi?”
“A te?”
“Credo che vorrei saperlo, se te ne andassi. Se fossimo lontani, un giorno, lo saprò?”
 
Ebe gli aveva sorriso, e aveva annuito, serena:
 
“Sì. Te ne accorgerai. Hai la mia parola.”
 
 
 
Te ne accorgerai
 
 
“EBE!”
La voce di Mac squarciò l’aria nell’esatto istante in cui Loki realizzava perché, con orrore, tutto attorno a loro stesse morendo e riusciva finalmente a scorgere la figura della compagna.
Ebe giaceva al suolo, inerte, ad una ventina di metri da lui, la testa riservata da un lato e parte del corpo ricoperta di sangue.
 
 
Te ne accorgerai
 
 
Gli occhi azzurri di Loki si spalancarono proprio mentre scorgeva un Cavaliere Sacro avvicinarsi al corpo dell’amica. Teneva in mano un bastone nodoso, e anche se il Peccato non aveva idea di a cosa servisse, quella visione non gli piacque affatto.
 
“EHY!”
 
Loki sbattè con decisione il palmo sul terreno sempre più secco e fece leva sulle braccia per alzarsi, quasi tremante mentre sentiva l’ira montare dentro di lui.
 
“LO SAI, CHI SONO IO?”
 
Il mago protese il braccio, e prima che potesse pronunciare una parola un doppio arco – difficile da scorgere in maniera dettagliata a causa dell’aura luminosa che lo circondava – apparve nella sua mano dell’uomo.
Aveva perso la bacchetta cadendo, ma non gli importava affatto.
Poteva cavarsela benissimo anche senza.
 
Un Cavaliere gli si sarebbe scagliato contro se Loki non avesse spento la sua inutile mente con un gesto della mano, facendolo crollare al suolo privo di coscienza mentre procedeva a passo di marcia verso Ebe, gli occhi fissi sul mago dai capelli biondi che lo studiava quasi pigramente, come se fosse un fastidioso insetto da scacciare.
 
“Sono Loki, l’ariete della Lussuria. NON AVVICINARTI”
 
Una freccia luminosa si conficcò nel petto di un altro mago, e un’altra ancora mentre Mac assisteva, impotente, allo scontro in cui era impegnato Salem. Con il braccio fuori uso e priva di bacchetta a sua volta, non c’era molto che la strega potesse fare.
 
“ALLA MIA…”
 
Alanis, recuperata una bacchetta, disarmò e schiantò un altro Cavaliere prima di correre verso Mackenzie, inginocchiandosi accanto alla compagna per aiutarla a sollevarsi.
 
 
“AMICA!”
 
Loki non ricordava chiaramente quando era stata l’ultima volta in cui aveva definito qualcuno in quel modo, ma non ci badò mentre metteva fuori gioco un altro Cavaliere Sacro, avvicinandosi sempre di più ad Ebe, ancora riserva al suolo, immobile.
 
 
 
“Ti porto via Mac.”
“Non posso andarmene ora!”
 
Mac spalancò gli occhi, decisa a non lasciare i compagni in difficoltà, ma Salem udì le sue parole e urlò qualcosa senza neanche voltarsi mentre afferrava un Cavaliere per i vestiti e lo scaraventava con decisione a diversi metri di distanza.
 
“MAC, FA COME TI DICO, PER UNA VOLTA!”
 
Mackenzie avrebbe voluto informare il fidanzato che lei non prendeva ordini da lui, ma quello era decisamente il momento meno adatto, così lasciò che Alanis l’aiutasse a rialzarsi e poi si Smaterializzò insieme a lei.
L’ultima cosa che la strega guardò fu Salem, pregando di non dover aspettare altri interi anni per poterlo stringere di nuovo.
 
 
 
“Ti sei svegliato tardi, Lussuria.”
Asher picchiettò il suo bastone al suolo e il terreno che circondava Ebe cambiò forma all’istante, tramutandosi in quelle che Loki identificò come delle sabbie mobili.
 
“Fuori dai piedi.”  Loki afferrò prontamente per la collottola un Cavaliere che stava per pugnalarlo e, ignorando il gemito che la sua poderosa ginocchiata allo stomaco causò, lo scaraventò a diversi metri di distanza con un’ondata di magia senza muovere un muscolo.
Mac aveva ragione, dopotutto: non aveva nessuna bacchetta, ma nelle sue vene scorreva abbastanza magia da riuscire ad incanalarne parte anche senza.
 
 
“Pensavo che solo la Gola sapesse usare la magia senza bacchetta.”
“Non mi sono fatto fare il culo da una donna un miliardo di volte per niente, Cavaliere.”
 
Asher rise alle sue parole, e continuò a ridere anche quando un gesto di Loki lo scaraventò sul prato – anche se di erba, ormai, ne era rimasta ben poca –, lontano dal corpo di Ebe.
Loki guardò quella fastidiosa, piccola strega che più e più volte aveva paragonato ad un folletto saltellante entrata nella sua vita per sbaglio, sconvolgendola.
 
 
Guardò l’Invidia, con un evidente taglio sulla fronte e i vestiti in parte anneriti, sprofondare lentamente in mezzo alle Sabbie Mobili, che gli impedivano di raggiungerla, e si disse che non poteva andarsene davvero.
Semplicemente non poteva.
 
 
 
“JOOOOOOEY TO THE WOOOOORLD!”
“Ebe, falla finita!”
“Sei solo uno spocchioso e noioso elegantone! Smettila di fare il Grinch!”
 
“Non so chi sia costui.”
“E’ un essere verde brutto e antipatico, e gli somigli molto!”
 
 
 
“COSA.STATE.FACENDO.”
“Ci abbronziamo, non vedi?”  Domandò Ebe con nonchalance, senza scomporsi o muovere un muscolo. Loki, accanto a lei, la imitò, annuendo prima di parlare con tono annoiato:

“Già, ti unisci a noi? Ebe dice che un po’ di Sole mi farà bene.”

 
 
 
“CHI HA MANGIATO I MIEI BISCOTTI AL CIOCCOLATO! Loki, lo so che sei stato tu, me la pagherai!”
“Io non la mangio, quella roba.”
“Sì invece, e lo proverò!”
 
“Finitela di fare i bambini, una buona volta!”
 
 
 
 
Loki stava lavando le sue preziose camice in una tinozza piena d’acqua quando una fastidiosa risatina giunse alle sue orecchie, ed Ebe gli fece sapere che era proprio una perfetta e adorabile lavanderina della domenica prima di chiedergli cosa stesse facendo.
 
“Alleno le mie potenzialità magiche strofinando il sapone su dei panni.”
“VERAMENTE?”
 
Ebe sgranò i grandi occhi scuri, colpita, e Loki sospirò prima di alzare gli occhi al cielo: per quanto pericolosa, a volte quella donna gli dava l’impressione di avere a che fare con un’adorabile bambina ingenua.
 
“No Ebe, per Priscilla, sto lavando i vestiti, non vedi?”
 
 
 
 
Mentre Loki teneva gli occhi fissi sulla compagna, maledicendo mentalmente Asher per essersi permesso di usare persino lo stesso elemento della strega contro di lei, una donna dai capelli rossi seguiva lo scontro con gli occhi sgranati, seduta al suolo.
 
“Lascerà che il suolo la inghiotta?”
“Così sembra… Luvienne, sicura di stare bene?”
 
Brian, inginocchiato accanto a lei dopo averla trascinata lontano dallo scontro a causa delle ferite che la ragazza riportava, le rivolse un’occhiata vagamente preoccupata che la collega ignorò, annuendo con vigore:
 
“Sto benissimo, non sarà qualche graffio a mettermi fuori gioco! Ma Asher dovrebbe… fare più attenzione.”
 
 
 
“Ti leverò quel sorrisetto dalla faccia, Cavaliere dei miei straccali. Posso ridurti il cervello in poltiglia in un istante.”
 
“E’ il tuo il sorrisetto che io vorrei cancellare dalla faccia del pianeta, Lussuria.”
 
Gli occhi azzurri di Asher si ridussero a due fessure, scrutando il Peccato con odio mentre lo sguardo di Loki saettava su Ebe: doveva fare qualcosa in fretta, prima che il corpo della strega venisse completamente risucchiato dalle sabbie mobili.
 
 
 
Quella roba ti ucciderà!
Loki ignorò le protese dell’amica e continuò a fumare beatamente, stringendosi nelle spalle e asserendo che nessuno avrebbe pianto la sua morte. Per le uniche persone che lo avevano mai amato, era già morto da tempo.
 
“Io sì, idiota!”
 
Ebe gli prese la sigaretta con decisione e la fece evanascere con la magia, ma per una volta Loki non si alterò, limitandosi ad accogliere con lieve stupore le sue parole.
 
 
 
*
 
 
 
Il mago alzò lo sguardo, scrutando il sole alto nel cielo.
Mezzogiorno era appena passato.
 
E mancava poco, ormai, alla sua meta, a giudicare dalle indicazioni che aveva ricevuto: sembrava che la flora avesse iniziato ad appassire da un punto preciso vicino a Tavistock, dove sapeva esserci un noto villaggio magico, Agrardis.  
 
Qualcosa di sottile e dorato iniziò a prendere forma nella mano destra del mago, che poté tranquillamente scorgere, ad occhio nudo, il confine di una barriera magica che impediva ai Babbani di vedere o sentire qualcosa che non li riguardava mentre un’ormai familiare sensazione di calore gli pervadeva il corpo.
Nonostante fosse terribilmente preoccupato, Flagro abbozzò un sorriso: doveva ammettere che il tempismo non avrebbe potuto essere più favorevole di così.
 
 
 
*
 
 
“Merlino, fa quasi paura.”
Maysen, in piedi davanti alla finestra che dava l’illusione di non trovarsi sottoterra, ma che mostrava qualunque cosa le quattro Virtù chiedessero, parlò con un filo di voce mentre guardava alberi, fiori e prati appassire sotto i suoi occhi impotenti.
 
“Non ho mai assistito a niente di simile, è terribile… A cosa può essere dovuto?”
Cristal aggrottò la fronte, in piedi accanto all’amica. Maysen stava per rispondere che non ne aveva idea quando, all’improvviso, la porta del loro ufficio si aprì e la voce di Rita giunse con le risposte.
 
Come sempre, del resto.
 
“Ho fatto qualche indagine negli archivi Top Secret del San Mungo e del Ministero, e ho scoperto qualcosina in più sui nostri amici ricercati… Sono sicura che abbia a che fare con l’Invidia.”
“Ebe? Che c’entra Ebe?”
 
Rita aprì una cartellina rossa e passò un foglio alla Giustizia, accennando al nome che veniva riportato più volte:
 
“Questo certificato attesta la morte di una ragazza, una certa Iris Evergreen. Il patrigno della ragazza affermò che la responsabile della sua morte sia stata l’altra figliastra, la sorella maggiore, che venne internata in una “clinica specialistica”, e sapete a cosa mi riferisco. Al San Mungo ho trovato solo informazioni sulle cause della morte della ragazzina, così ho cercato qui al Ministero, e ho scoperto il nome della sorella: Willow Evergreen. Capite?”
 
A giudicare dalle espressioni confuse delle due amiche Rita dedusse che no, non avevano capito, così roteò gli occhi scuri e si spiegò meglio:
 
“Ho fatto ricerche sulla famiglia Evergreen, il padre scomparve anni fa. Ma sono una famiglia abbastanza nota per una specie di particolare dono che accomuna le donne di questa famiglia: sembra che tutte loro, o quasi, siano da decenni, o forse secoli, in grado di controllare gli elementi della natura. ADESSO capite?”
 
“Vuoi dire che Willow Evergreen è il vero nome di Ebe?”
“Esatto. Le date potrebbero benissimo combaciare, e questo spiegherebbe qual è stato il suo crimine – o presunto crimine – e perché la nostra Invidia abbia le particolari capacità che conosciamo: Ebe dev’essere una Evergreen. E a giudicare da quello che può fare, oserei dire che il fatto che la natura stia morendo nel raggio di miglia non sia un buon segno. Credo che sia in pericolo. Forse sta morendo lei stessa.”
 
“Ne sei sicura?”
“Un fenomeno del genere è stato registrato per l’ultima volta solo alcuni anni fa, e in portata nettamente inferiore: il giorno, guarda caso, fu lo stesso in cui morì Iris. Il fenomeno ebbe una portata inferiore perché, probabilmente, gli stessi poteri di Iris non erano sviluppati come quelli della sorella… Non occorre che vi dica io quanto sia potente Ebe, dopotutto.”
 
“Da dove ha avuto origine tutto ciò?”
“Presumono nel West Devon.”
 
“West Devon… è lì che c’era il torneo, oggi!”   Cristal sgranò gli occhi e, voltandosi, intimò alla finestra di mostrarle il West Devon.
Quello che le tre streghe videro poco dopo fece portare alla Giustizia le mani alla bocca.
 
 
 
*
 
 
Alanis aprì la porta con un calcio e aiutò Mac prima a varcare la soglia e poi a sedersi sul divano, guardando la strega imprecare a mezza voce mentre continuava a stringersi convulsamente il braccio.
 
“Conosci qualche incantesimo curativo?”
“E’ una delle poche branche della magia dove sono una totale incapace, così come l’Erbologia. Non posso fare niente per le ossa rotte, so curare solo ferite più o meno marginali.”
 
Alanis, in piedi davanti alla Gola, si morse il labbro inferiore prima che un pensiero improvviso le balenasse in mente:
 
“Sbaglio o una Virtù è un medimago?”
“In effetti sì, ma chiamarle adesso è troppo rischioso.”
 
Mackenzie scosse la testa, e Alanis stava per dirle che se Salem fosse tornato e l’avesse trovata ancora in quelle condizioni ne avrebbe pagato lei le conseguenze, ma all’improvviso udì dei passi affrettarsi nella loro direzione, e entrambe si zittirono di colpo.
Grazie agli incantesimi di Mac nessuno che non fosse autorizzato da lei poteva vedere o raggiungere il loro rifugio, e Alanis ebbe appena il tempo di voltarsi – chiedendosi chi diavolo le avesse raggiunte – quando ragazza ormai familiare dai tratti asiatici si fermò sulla porta spalancata, il fiato corto.
 
“Sono venuta… Mi hanno mandata loro… Vogliono sapere se state bene.”
“Mac ha il braccio fuori uso. Puoi dire alla Fortezza di raggiungerci? Noi non ci sappiamo fare, con le ossa rotte.”
 
Mac sbuffò, asserendo di essere un’idiota per non aver mai studiato una branca della magia così utile mentre Alanis alzava gli occhi al cielo e Belle annuiva:
 
“Certo, sono sicura che verrà appena potrà. Come stanno gli altri?”
“Gli uomini se la cavano. Ebe… Non saprei.”
 
Il volto dell’Avarizia si rabbuiò leggermente, anche se neanche lontanamente quanto quello di Mac, che sentì quasi le lacrime salirle agli occhi ricordando in che condizioni aveva visto l’amica prima di Smaterializzarsi insieme ad Alanis.
 
 
“Che le è successo?”
Belle sgranò gli occhi scuri, preoccupata, e Mac sprofondò nello schienale del divano, gli occhi lucidi e piena di sensi colpa per essersi lasciata portare via dai suoi compagni, dai suoi amici mentre Alanis si stringeva nelle spalle:
 
“Un simpaticone bello quanto stronzo ha lanciato una granata. Salem non si è fatto niente grazie al suo Contrattacco e io e Loki eravamo più distanti… Mac cadendo si è rotta il braccio ed Ebe era la più vicina al punto in cui è esplosa, temo.”
“Poverina!”


 
Belle sfoggiò un’espressione sinceramente contrita che quasi intenerì l’Invidia, chiedendosi quando era stata l’ultima volta in cui qualcuno aveva provato pena per uno di loro.
 
“Sono sicura che si riprenderà e che torneranno tutti presto. Io per ora resto qui con Mac. Ma se la nostra crocerossina personale venisse il prima possibile sarebbe l’ideale.”
“Torno subito a Londra.”
 
Belle fece per girare sui tacchi e uscire dalla porta, ma sembrò ricordarsi di qualcosa e si voltò verso le due donne con la fronte aggrottata:
 
“Solo una domanda… lo avete recuperato, il martello?”
“Tesoro, non dubitare mai che io possa farmi sfuggire qualcosa. Mai.”
 
Un sorrisetto increspò le labbra di Alanis, che scostò il lembo della giacca e mostrò di tenere al di sotto un particolare martello fatto di legno nodoso, con delle spesse radici a tenere insieme i pezzi.
 
 
 
*
 
 
 
Luvienne si sarebbe alzata per scagliarsi contro Loki, ma non ne ebbe la possibilità: una rete di luce violacea la inchiodò al suolo prima che potesse muoversi e la strega, livida, si rivolse con un grido rabbioso alla sua vecchia conoscenza:
 
“Vuoi uccidermi, Louis?”
“Al momento non m’interessa, ma preferisco che tu non intervenga.”
 
“Cos’è, non hai il coraggio di batterti con me? Sei solo lo stesso vigliaccio di sempre, Louis.”
 
 
“Non chiamarmi così.”
 
Le parole del Peccato – che continuò ad ostinarsi a non guardarla –, sibilate tra i denti, non arrivarono alle orecchie della strega che, divincolandosi, cercava invano di liberarsi dalla rete in cui Loki l’aveva intrappolata.
 
“Ne arriveranno molti altri, e siete solo in due. Tornerete ad Azkaban, e questa volta ti assicuro, Lussuria, che non ne uscirete mai più. La tua amica morirà presto.”   Le labbra di Asher si piegarono in un sorriso soddisfatto, e mai come in quel momento Loki morì dalla voglia di avventarsi su un altro essere umano per spezzargli le ossa.
 
“Loki, fa qualcosa!”


 
La voce di Salem giunse solo ovattata alle orecchie della Lussuria, consapevole che il Capitano stesse cercando di tenere i Cavalieri superstiti lontano da lui per dargli la possibilità di salvare Ebe.
 
“Al diavolo…”
Loki si avvicinò all’Invidia e, inginocchiatosi al suolo, l’afferrò per entrambe le braccia nel tentativo di trascinarla fuori dalla pozza di sabbie mobili creata ad arte da Asher per inghiottirla.
Il mago imprecò a mezza voce, maledicendo mentalmente il fatto di non avere una bacchetta a portata di mano: ne aveva usata una per il Torneo, chiaramente, ma l’aveva persa quando aveva perso conoscenza a causa dell’esplosione che aveva ferito sia Ebe che Mac.
 
Mac
 
 
All’improvviso, per un istante gli tornarono in mente le parole della strega, su come dovesse imparare a canalizzare correttamente l’enorme quantità di magia che scorreva dentro di lui.
 
 
“Non viete naturale a tutti come a te, Mac. I maghi che sanno fare incantesimi senza una bacchetta sono rarissimi.”
Loki, seduto al tavolo della cucina, sbuffò mentre guardava il foglio di carta che la Gola voleva vedergli bruciare senza toccare la bacchetta. Il magò sentì le mani della donna poggiarglisi sulle spalle, e la sua voce calma e rassicurante giunse chiara alle sue orecchie:
“Siamo in pochi, è vero, ma potenzialmente chiunque che possegga la magia può riuscirci. E la magia scorre a fiumi dentro di te, Loki. Devi vederla come… un animale da domare. Devi farle capire chi comanda, che lei è al tuo servizio. Allora potrai piegarla davvero al tuo volere.”


Era riuscito a bruciare il foglio, ma quello era diverso. In quel momento aveva a che fare con una persona, un essere umano, e delle dannate sabbie mobili magiche.
“Andiamo piccoletta… Non puoi farti uccidere dal tuo stesso elemento, te lo proibisco.”
 
Loki strinse i denti e continuò a spingere, riuscendo a liberare la strega dalla presa della sabbia di un paio di cm.
 
Una fitta di dolore, come mai ne aveva provato, gli trafisse il petto. Loki sollevò leggermente la testa e, tremante, lanciò un’occhiata sgomenta al suo petto sanguinante. Era così che sarebbe morto, dunque? In mezzo ad un comunissimo attacco alla vita del Ministro che avrebbe dovuto proteggere?
 
 
Loki alzò lo sguardo sul sicario che lo aveva colpito con una sorta di diavoleria simile ad una frusta, ma il sorriso sul volto del mago ebbe vita breve, prima che una gigantesca radice gli trafiggesse il petto.
La Lussuria assistette, schifato e inorridito, mentre dalla bocca del Cavaliere fuoriusciva un getto di sangue che gli macchiò i vestiti e la familiare voce di una piccola strega giungeva vittoriosa alle sue orecchie:
 
“Tranquillo elegantone, ti salvo io!”
“Ah beh, allora sono in una botte di ferro…. Mi hai sporcato i vestiti, sappi che dovrai lavarli!”
 
Ebe s’inginocchiò accanto a lui e roteò gli occhi mentre, alle loro spalle, una specie di enorme serpente di fuoco spazzava via, incendiando, una frotta di maghi.
 
I due assistettero sgomenti alla scena e Loki, dimenticandosi momentaneamente del dolore, mormorò che dovevano tenere bene a mente di non contraddire mai Mackenzie
 
 
Perché Mac non c’era ad aiutarlo? Erano solo lui, Salem ed una Ebe priva di coscienza, e Salem aveva già il suo bel da fare.
Loki strinse le labbra, maledicendo mentalmente quella giornata di merda in cui avrebbero dovuto tutti restarsene a letto a bersi un Whiskey e fumarsi una sigaretta.
Provò a concentrarsi con tutte le sue forze, un po’ come quando, ad Hogwarts, aveva dovuto imparare a lanciare gli incantesimi non verbali. Non gli era risultato particolarmente difficile, in effetti. Forse Mac aveva ragione, sul fatto di dover solo imparare a gestire la magia.
 
 
Quella piccola, fastidiosa elfetta non poteva andarsene. Non davanti ai suoi occhi, quantomeno.
 
 
Levicorpus
 
 
Loki sapeva per certo che se avesse provato ad usare quell’incantesimo contro di lei in qualsiasi altra situazione, Ebe lo avrebbe ucciso. In quel momento però, era l’unica fattura che gli veniva in mente per liberarla efficacemente.
 
Levicorpus
 
 
 
“Puoi anche lasciar perdere, Lussuria, la tua amica morirà. Anche se non immaginavo avessi un cuore, mi fai quasi commuovere.”
Asher, che si era rialzato e lo guardava divertito, sorrise mentre Luvienne, invece, assisteva sbigottita alla scena.
Pensava che avrebbe visto la Lussuria prendere e darsela a gambe, e invece Loki non l’aveva fatto. Anzi. Asher avrebbe potuto colpirlo in qualsiasi momento, anche se sembrava intenzionato a godersi la scena, come se lo volesse vedere soffrire per la morte dell’Invidia con tutto se stesso, ma l’ex Corvonero non sembrava intenzionato a farci caso, preoccupandosi solo di cercare di salvare la sua amica.
 
Da quando Louis Murray si comportava in quel modo?
 
 
“Non appena avrò salvato Ebe tu farai una brutta, bruttissima fine, Cavaliere.”
Il sussurro di Loki lo fece sorridere, ma quella smorfia soddisfatta ebbe vita piuttosto breve, sul volto di Asher.
 
LEVICORPUS!
 
 
Continuando a stringerle le braccia, Loki si sentì improvvisamente scaraventato all’indietro quando il corpo di Ebe si sollevò: la forza dell’incantesimo vinse quella delle sabbie mobili, e l’Invidia schizzò fuori dalla sostanza melmosa. In linea teorica avrebbe dovuto capovolgersi e restare appesa in aria per le caviglie, ma l’incantesimo richiedeva una quantità di concentrazione che Loki, sbalordito per il suo successo, perse nello stesso istante in cui Ebe si sollevò, causando la conseguente caduta della strega al suolo, dritta accanto a lui.
 
“NO!”  Asher estrasse la bacchetta mentre Loki, voltandosi verso la strega e facendo per scrollarla, sorrideva sollevato:
 
“Ebe!”
Asher era livido, chiedendosi come diavolo avesse fatto a produrre un incantesimo così complesso senza l’ausilio di una bacchetta, e puntò dritto verso il mago sollevando la bacchetta dritto nella sua direzione:
 
“Bene, direi che è il momento di farla finita.”
 
 
“Brian, aiutalo.”
 
 
Luvienne, ancora impossibilitata a muoversi, quasi non ebbe il tempo di parlare: Brian non riuscì a raggiungere l’amico, perché una profonda voce maschile li raggiunse.
 
 
“Non toccatela.”
 
Asher si voltò, e Loki stava per fare altrettanto quando, all’improvviso, l’urlo di Luvienne squarciò l’aria: Salem, finito dritto disteso al suolo, era immobilizzato da un Cavaliere che lo aveva sovrastato e che gli stringeva la gola con una mano, quasi impedendogli di respirare.
All’improvviso, però, la presa sul collo del Capitano si allentò: Salem riuscì a scorgere solo una sorta di luccichio dorato, dopodiché il braccio che stava per mozzargli il respiro venne tranciato di netto dal corpo del suo proprietario.
 
Il Capitano voltò la testa appena in tempo, facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non vomitare mentre Loki guardava, sbalordito, una vecchia conoscenza farsi avanti dalla coltre di alberi morenti.
 
 
Era un uomo alto, con una lunga giacca nera addosso e pelle chiara. I capelli erano scuri, e gli occhi chiari di solito gentili più minacciosi che mai mentre scrutavano Asher e il suo bastone.
Gli occhi di Loki saettarono su ciò che il mago stringeva, e un sorriso appena percettibile gli attraversò il volto: no, quel giorno non sarebbe morto.
 
 
Anche Brian guardò ciò che il mago stringeva e, approfittando che l’improvvisa distrazione di Loki avesse fatto sparire la rete di luce che aveva imprigionato Luvienne, afferrò la strega per le braccia e urlò qualcosa ad Asher:
 
“ASHER, DOBBIAMO ANDARCENE!”
“NON DI NUOVO!”
 
“LO VEDI COS’HA IN MANO? CHI PENSI CHE SIA? VATTENE!”
 
L’ascia dorata luccicava sotto alla luce del sole, e per un solo istante a Brian sembrò che persino il suo proprietario brillasse di luce propria. La Superbia puntò gli occhi sui tre Cavalieri Sacri che circondavano il Capitano, e fece esattamente ciò che sia Loki che Salem si aspettavano: schioccò le dita, e al suo gesto i corpi presero fuoco.
 
 
“Il tuo amico ha ragione, Cavaliere. Sai chi sono. E che ore sono. E’ appena passato mezzogiorno. Per tua fortuna vado di fretta, quindi posso incenerirti ora o la prossima volta in cui ti incontrerò. A te la scelta.”


Non potevano sfuggirgli di nuovo, semplicemente non potevano.
Asher però incrociò lo sguardo del mago mentre Brian si Smaterializzava portando Luvienne con sé, uno sguardo gelido ma allo stesso tempo quasi annoiato, come se lo stesse informando sul tempo atmosferico.
 
All’improvviso Flagro si rivolse a Loki, parlando con un sospiro:
 
“Loki, ti prego, fai qualcosa per farli smettere, mi infastidiscono.”
Solo all’ora la Lussuria, troppo preso a guardare la Superbia quasi si trattasse di un miraggio – fino a quel momento non erano neanche sicuri che fosse vivo – si rese conto che i tre uomini sui quali Flagro aveva appiccato il fuoco si contorcevano al suolo su loro stessi e gridavano.   Fu quasi un sollievo spegnere le loro menti, portando un’improvvisa ombra di silenzio sulla radura.
Bruciare vivi era forse la peggiore fine che potesse immaginare. Probabilmente quei tre Cavalieri, i cui corpi continuarono a bruciare inerti al suolo finchè le fiamme non si spensero, lasciando solo resti carbonizzati, gliene furono persino grati.
 
 
“La prossima in cui ci vedremo sarà notte, Superbia. E allora voglio proprio vedere come te la caverai.”
“Bene, aspetterò. Preferisco prendermi un po’ di tempo per decidere come farti soffrire per averle fatto questo.”
 
Flagro parlò senza battere ciglio mentre Salem, deglutendo, si alzava con le ginocchia tremanti. Era sollevato di vedere l’ex amico, ma una parte di lui moriva dalla voglia di andarsene da lì per vedere come stesse Mac.
Il Capitano guardò Ebe, immobile e ferita mentre Loki ancora le stringeva istintivamente le braccia, ed ebbe un tuffo al cuore.
 
Sapeva che era sbagliato, da parte sua, preoccuparsi soprattutto per uno dei suoi compagni. Finch glielo aveva detto, di non innamorarsi di nessuna delle sue belle compagne di squadra. Ma non aveva potuto farne a meno. E Mac era tutto, per lui.
 
 
Asher si Smaterializzò, e non appena anche l’ultimo Cavaliere se ne fu andato Flagro annullò i pochi metri che lo dividevano da Ebe e Loki e si inginocchiò accanto alla strega, improvvisamente privo della sua espressione minacciosa mentre sfiorava il viso della donna con mani tremanti.
 
“Se la caverà?”
Salem si fermò alle spalle di Loki, che deglutì mentre Flagro annuiva e mormorava qualcosa.
 
 
“Scusa se ci ho messo tanto, raggio di Sole. Sono qui adesso. Grazie Loki.”  Flagro alzò brevemente lo sguardo sulla Lussuria, che si limitò a chiedergli con voce strozzata se sarebbe morta mentre la Superbia, abbozzando un sorriso, stringeva con delicatezza le mani pallide attorno al volto di Ebe.
 
Loki e Salem guardarono, affascinati, dei piccoli fili di luce dorata – simili a delle vene – diffondersi dal punto in cui le mani di Flagro toccavano la sua pelle su tutto il viso della strega e poi sul collo, fino alla punta delle sue dita, rimarginando le ferite superficiali della strega.
 
Sembrava che Ebe fosse ricoperta da delle ragnatele di luce, e quando Loki gli chiese cosa stesse facendo Flagro abbozzò un sorriso, voltandosi verso di lui:
 
“Sai di cosa ha bisogno una pianta per vivere, Loki?”
“Di acqua?”
E di luce, Loki.”
 
“Quindi… si riprenderà?”
“Sì, è forte, se la caverà. Grazie per essere rimasto con lei.”
 
“E’ un piacere.”
 
 
*
 
 
 
“CAVALIERI! Erano lì, è successo un macello, non vorrei che fossero… Cosa state guardando?”
 
Jezabel aveva spalancato la porta e aveva iniziato a parlare non appena messo piede nella stanza, ma si bloccò quando scorse tutte e tre le storiche amiche e compagne di scuola in piedi davanti alla grande finestra a bovindo e voltarsi verso di lei.
 
“Abbiamo visto tutto. Tu stai bene Jess? Ti hanno vista ? »
 
Rita le si avvicinò e la guardò con sincera preoccupazione, ma Jess scosse il capo e lanciò il mantello rosso sul divanetto con un sospiro prima che l’amica la abbracciasse:
 
“No, io sto bene. Loro sono indenni?”
“Ne sono successe delle belle, ma sembra di sì. La Gola era ferita, dovremmo mandare Belle da loro per assicurarci che stiano tutti bene. E non immagini chi è arrivato, alla fine.”
“Chi?”
“La Superbia. Loki ha salvato Ebe, certo, ma penso che se non fosse arrivato lui sarebbe comunque finita male per lei.”
 
 
Rita sorrise e Jezabel sgranò gli occhi, colpita: non erano mai riuscite nemmeno ad individuarlo, e ora il mago più pericoloso del Paese spuntava dal nulla quando una dei suoi ex compagni aveva bisogno di lui.
“Beh, ma è fantastico, no? Con lui sono praticamente al completo, e molto più forti. Manca solo l’Accidia, no?”
 
“Già, manca ancora Sider. Chissà dove si è nascosta, fino ad oggi…”
 
 
 
*
Sei ore prima
 
 
“E’ laggiù?”
“Proprio così.”
“Stai dicendo che il mio Gideon è in mano a questa gente? Che male al cuore…”
 
 
Le labbra carnose di Ebe si piegarono in una smorfia mentre, insieme a Mac, Loki, Alanis e Salem studiava il villaggio magico di Agrardis, invisibile e irraggiungibile per i Babbani, da lontano.
 
“Beh, se non te lo fossi lasciata prendere dai Cavalieri non sarebbe successo.”
“Disse il mago che si fece catturare e sbattere ad Azkaban per la seconda volta in meno di 30 anni di vita.”
 
 
Loki aprì la bocca per ribattere, ma l’occhiata che Salem lanciò ai due compagni li convinse a mettere i battibecchi da parte mentre Mac, le braccia strette al petto, asseriva che dovevano andare ad iscriversi al torneo.
 
“Inutile dire che il primo che si azzarda ad utilizzare il suo vero nome verrà utilizzato da me per lavare i pavimenti quando torneremo. Pensate ad un nome da inventarvi mentre bevete queste.”
 
La Gola estrasse da una borsa di pelle cinque fiaschette contenenti liquidi dai colori poco invitanti e li porse ai compagni: nessuno parve gioire, e Alanis ne prese una con una smorfia, asserendo di sperare almeno di prendere le sembianze di qualcuno di bell’aspetto.
 
“Perché io devo avere quella dal color vomito?! Loki, facciamo a cambio.”
“Scordatelo, non la voglia la più schifosa!”
 
“Loki. Quella che hai preso tu è quella di una donna.”
 
Alle parole di Mac Salem ridacchiò, guardando Loki esitare prima di porgere la sua fiaschetta ad Ebe senza proferire parola e infine bi bere metà del contenuto della sua in un solo sorso.
Era assolutamente terribile, ma ormai ci aveva fatto l’abitudine.
 
“Bene, quando avremo cambiato aspetto potremo avviarci… Ho usato il mio trucchetto mentre la preparavo, quindi l’effetto non durerà un’ora, ma cinque, direi che dovrebbero bastare. In caso contrario prendetene qualche altra sorsata. E vi prego, non fate i bambini e non usate nomi stupidi, per una volta!”
 
 
Alle parole di Mac gli amici protestarono sonoramente, asserendo che quelle accuse fossero del tutto infondate: la Gola però, che non aveva scordato nessuna delle loro scorribande degli anni passati, si limitò ad alzare gli occhi al cielo, scettica, prima di bere la sua razione di Pozione Polisucco.
 
 
*
 
 
“LOKI, mi hai per caso registrata al Torneo con il nome “Genoveffa”? MA CHE RAZZA DI NOME E’?!”
“Non ti piace? Preferivi Ermintrude? Ci avevo pensato, in effetti…”
 
Ebe – che aveva temporaneamente assunto l’aspetto di una strega bionda molto più alta della vera lei, permettendole di svettare su Loki per la prima volta in tutta la sua vita – stava per informarlo su dove poteva mettersi quel nome quando Mac, sbuffando, sibilò a denti stretti di fingere di non conoscersi per destare meno sospetti.
 
Le parole della Gola andarono a segno, perché l’Invidia tacque, ma scoccò un’occhiata velenosa all’amico prima di allontanarsi, stizzita.
 
“Pensa che non sappia che al momento sta pensando “dopo ti farò il culo, elegantone”?”
“Ho idea che lo sappia benissimo, Lo… Anzi, che nome hai scelto?”
 
“Louis.”
“Che fantasia…”
“Il mio nome è troppo bello per non essere utilizzato, di tanto in tanto.”
 
“Come credi… penso che non serva ricordarti di “contenerti” durante il torneo, vero?”
“Tranquilla Mac, non voglio strafare. Strano che sia a dirlo, ma è la verità.”
 
 
*
 
 
“Ne hai riconosciuto qualcuno?”
“No. Ma immagino che dovremmo concentrarci su quelli che vincono.”
 
Brian si spolverò una spalla con disinvoltura mentre scendeva dalla pedana di combattimento per raggiungere Asher, che se ne stava a braccia conserte e impegnato a studiare la folla di iscritti al torneo.
Lo sventurato che aveva dovuto sfidare Brian venne portato via da dei Medimaghi su una barella, e il mago borbottò che così era anche troppo semplice, anche se potevano usare solo la bacchetta e non le loro armi magiche.
 
“O forse alcuni di loro perderanno di proposito proprio per non destare sospetti… Quello che conta è che uno di loro vinca, dopotutto.”
“Forse. Quello che non mi è chiaro è perché io debba farmi il culo e combattere mentre tu te ne stai qui a fare l’osservatore.”
 
Brian rivolse un’occhiata torva all’amico, che per tutta risposta piegò le labbra in un sorriso amabile, gli occhi chiari luccicanti di divertimento:
 
“Beh, qualcuno deve pur monitorare la situazione per individuarli, no?”
“Sì, certo, come no.”
 
 
 
 
“Li vedi quei due?”
“Pensi quello che penso io?”
“Sei tu che leggi i pensieri della gente, ma penso proprio di sì.”
 
Salem, con l’aspetto di un ragazzo sui vent’anni e dai capelli castano chiaro, scrutava due maghi che, anche senza la divisa, avevano tutta l’aria di essere due Cavalieri Sacri.
 
“Quello coi capelli scuri ci ha messo due secondi a vincere.”
“Non mi sorprende. Sarebbe divertente sfidarne uno dei due, non credi?”
“Mac ci ha detto di non strafare, ma sì, direi di sì.”
 
 
*
 
 
Il Torneo era iniziato da un’ora e Alanis, scendendo dalla pedana, sorrise soddisfatta: ovviamente non aveva utilizzato il suo Tesoro Sacro, ma solo la bacchetta, e anche se non l’aveva sua a disposizione vincere l’incontro era stato piuttosto semplice. Aveva persino accontentato Mac, e ci aveva messo ben dieci minuti.
 
“Ho persino finto di essere in difficoltà ad un certo punto, che ne pensi della mia esibizione?”
Alanis sorrise allegra a Loki, che parlò senza voltarsi verso di lei e distogliere lo sguardo da Brian: il secondo giro di eliminatorie stava per iniziare e il Cavaliere stava per duellare per la seconda volta.
 
“Sei un’attrice mancata. Credo che quello sia un Cavaliere Sacro. Con il suo amichetto. Mac li ha visti a Fortressea.”
“Ma perché sono sempre di bell’aspetto… Che spreco!”
 
 
 
 
“Che cosa facciamo con i Cavalieri?”
“Assolutamente niente Sal, facciamo finta di nulla e ci portiamo a casa Gideon il più rapidamente possibile. So che sei il Capitano, ma ti prego, dammi retta.”
 
Mac rivolse un’occhiata quasi apprensiva al fidanzato, che si sforzò di sorriderle e annuì:
 
“D’accordo, come preferisci.”
 
 
*
 
 
“Chiaramente ho perso per non destare troppi sospetti.” 
Loki si strinse nelle spalle mentre scendeva dalla pedana, rivolgendosi ad un’Alanis sghignazzante mentre Ebe, passandogli accanto, sfoderava un sorrisetto asserendo che non gli credeva nessuno.
 
“Ti avevo detto che ti avrei fatto il culo, elegantone.”
“Pensa a vincere e falla finita, Genoveffa.”
 
Ebe si voltò e scoccò un’occhiata di fuoco all’amico, che per un istante temette seriamente per la propria incolumità, ma fortunatamente l’Invidia parve ricordarsi di essere in presenza di alcuni Cavalieri e si allontanò borbottando a mezza voce.
 
 
Nell’incontro successivo Salem dovette sfidare Brian, sforzandosi di non usare Contrattacco troppo di frequente per destare meno sospetti possibili. Battere un Cavaliere Sacro gli conferì una considerevole dose di soddisfazione, e il Capitano scese dalla pedana più allegro che mai e sempre più vicino alla finale.
 
Alanis spostò lo sguardo da lui a Mac, che aveva seguito l’incontro con scarsa preoccupazione (l’idea che Salem perdesse non l’aveva sfiorata neanche per un istante) e l’Avarizia abbozzò un sorriso mentre, in piedi a braccia conserte, mormorava qualcosa a Loki:


 
“Qualcosa mi dice che in finale se la vedranno loro. Sarà uno spasso.”
“Lo spero vivamente… non voglio essere l’unico ad essersi fatto battere da una ragazza, oggi.”
 
 
 
 
Brian scese dalla pedana e raggiunse Asher massaggiandosi un braccio, borbottando insulti contro il suo avversario mentre l’amico lo scrutava con attenzione:
“Quello lì. Teniamolo d’occhio.”
 
 
*
 
 
Jezabel aveva assistito al Torneo in silenzio, restando in disparte e con il cappuccio del suo mantello sempre tirato sul capo.
Sapeva perfettamente che i Peccati erano presenti, e seppur sotto mentite spoglie era piuttosto sicura di averli riconosciuti tutti. Si erano sforzati di “contenersi”, ma certe abilità straordinarie erano molto difficili da celare.
 
Era difficile non restare impressionati dall’abilità con cui un partecipante respingeva ogni attacco, o ancora come un’altra usasse la bacchetta come se fosse stato un vero e proprio quinto arto.
 
Quando poi uno scontro era stato sospeso perché uno dei due avversari era svenuto appena messo piede sulla pedana, Jezabel non era riuscita a trattenere un piccolo sorriso e aveva guardato il mago dai capelli scuri che si rigirava pigramente la bacchetta tra le mani mentre i medici esaminavano il malcapitato certa di sapere di chi si trattasse.
 
 
Doveva ammettere di aver seguito lo scontro finale con il fiato sospeso, non potendo fare a meno di restare ammaliata e rapita dall’abilità straordinaria e dall’invidiabile maestria di quei due maghi che celavano l’aspetto dell’Ira e della Gola. Era come assistere ad una partita di Quidditch, dove non si riusciva a seguire chiaramente i movimenti della Pluffa tra i Cacciatori, tanta era la rapidità con cui il mago e la strega si scagliavano contro incantesimi e li paravano. Nessuno dei due si era particolarmente risparmiato, ma alla fine la strega era riuscita a strappare al rivale il primo premio – distruggendo quasi interamente la pedana di combattimento durante il duello – e le era stato consegnato il fantomatico martello magico le cui storie leggendarie venivano narrate da diversi anni, da quando era stato requisito alla legittima proprietaria ed esposto come una reliquia.
 
Aveva osservato la vincitrice liquidarsi rapidamente e allontanarsi in compagnia di un altre due streghe, e le aveva seguite da lontano per assicurarsi che se ne andassero con il martello quando, all’improvviso, una voce che aveva udito soltanto un paio di volte – e che eppure era rimasta così tremendamente vivida nella sua mente – le solleticò l’udito.
Una voce dal timbro profondo, calmo e rilassato.
 
 
“Che cosa ci fa qui?”
“Abbiamo pensato che era il caso che una di noi venisse a controllare la situazione.”
 
Si stavano ormai allontanando dal villaggio e Jezabel parlò senza voltare la testa, continuando a guardare dritto davanti a sé mentre Loki, accanto a lei, si portava una sigaretta alle labbra. La voce era già tornata la sua, e i capelli si stavano scurendo e accorciando mentre la carnagione si faceva più pallida, in netto contrasto con quella molto più scura della donna che gli camminava accanto.
 
 
“L’effetto sta svanendo. La cosa non la tange?”
“L’obbiettivo era che uno di noi vincesse Gideon, e così è stato. Li ho visti, i Cavalieri, ma abbiamo cercato di dare meno nell’occhio possibile.”
 
“Penso proprio che se lo aspettassero e che stiano seguendo il vincitore, ora. La sua è una faccia nota, dovrebbe fare più attenzione.”


“L’ho nascosta anche troppo a lungo, la mia faccia. E se anche fosse, non saranno due Cavalieri a spaventarci, soprattutto ora che siamo in cinque.”
Loki si strinse nelle spalle, incurante, e Jess gli rivolse un’occhiata di sbieco, poco convinta.

 
 
All’improvviso però, mentre attraversavano una radura, Loki si fermò, la mano che stringeva la sigaretta a pochi centimetri dalle labbra mentre i suoi occhi chiarissimi si riducevano a due fessure.
Jezabel stava per voltarsi, incuriosita, ma la mano del mago scattò sulla sua spalla e le sibilò di non voltarsi.
 
“La mia faccia già la conoscono, la sua è meglio che non la vedano qui, oggi. Un vero peccato nasconderla, ma sono sacrifici che vanno fatti.”
 
Loki parlò con tutta la calma del mondo mentre si scrutava alle spalle con attenzione, e Jezabel fu quasi sollevata che il mago non la stesse guardando, così da non avere modo di scorgere l’imbarazzo con cui accolse quel complimento poco velato.
 
La strega stava per dire qualcosa, ma s’interruppe sul nascere quando, all’improvviso, sentì il suolo sottostante iniziare a tremare.
Jezabel abbassò lo sguardo ai propri piedi, e udì appena Loki imprecare prima di lanciare via la sigaretta e dirle qualcosa:
 
“Sparisca di qui. ADESSO.”
“Ma io…”


“Se ne vada, ho detto! MAC!”
 
La Lussuria si allontanò di corsa prima di darle il tempo di dire altro, e a Jezabel non restò che Smaterializzarsi mentre Loki cercava di raggiungere Mac ed Ebe.
Cosa che però non ebbe modo di fare, visto che poco dopo l’impatto di un’esplosione lo scagliò lontano dalle due streghe.
 
 
*
 
 
 
“Signor Ministro? I sospetti erano fondati. C’è almeno una talpa che fa il doppio gioco e collabora con i Peccati.”
“Qualcos’altro, Flint?”
 
“La Superbia, signore. Lo abbiamo visto. Ha… ucciso Thomas, Watson, Johnson e Gray.”
 
Asher chinò il capo mentre il Ministro gli dava le spalle, in piedi dietro la sua scrivania. Teneva le mani strette dietro la schiena e fissava la fotografia del suo predecessore.
 
“Sono certo che c’entrino quelle donne, Flint. Almeno una di loro.”
“Intende le virtù, signore?”
“Ovviamente. Cerca di scoprire quello che puoi, Flint.”
 
“Sì, signore.”
 
 
Poco dopo Asher venne congedato e, lasciato l’ufficio del Ministro, si chiese chi avesse origliato la conversazione tra lui e Brian, il giorno prima: chiunque fosse stato, doveva essere corso ad avvisare i Peccati.
 
Asher stava pensando all’Invidia, chiedendosi se fosse sopravvissuta, quando una voce familiare lo distolse dai suoi pensieri:
 
“Tutto bene? Ho sentito che oggi è stata una giornata intensa.”
 
Maysen si sforzò di sorridergli e Asher ricambiò, annuendo appena:
 
“Intensa è un eufemismo.”
“Vuoi parlarne?”
 
Non era solito fare cose del genere, non da quando sua sorella era morta, una volta era a lei che diceva sempre tutto… Ma Maysen gli piaceva – il Ministro gli aveva ordinato di avvicinarsi ad una Virtù, ma doveva ammettere che la sua compagnia era davvero gradevole, e così facendo avrebbe guadagnato ancora di più la sua fiducia –, così annuì:
 
“D’accordo.”
 
 
*
 
 
 
Lì sotto c’era qualcosa che veniva sempre messo sotto sorveglianza serrata, e si era spesso chiesta di che cosa si trattasse. Negli ultimi tempi si era convinta che avesse a che fare con i Peccati, così quella sera aveva convinto Melissa ad intrufolarsi dietro quella porta insieme a lei approfittando del trambusto in cui il Ministero riversava.
 
Le due streghe si aspettavano una sala, ma Belle, sollevando la lampada ad olio, si accorse di trovarsi in un corridoio buio, illuminato solo da due torce appese al muro.
 
“C’è una porta, lì infondo?”
“Non riesco a vedere.”
 
Melissa fece un passo avanti e prese la bacchetta, mormorando “Revelio” prima di addentrarsi nel corridoio insieme alla collega, asserendo che quel posto doveva essere pieno di trappole.
 
“Mel, anche a te sembra che la porta… si muova?”
 
Belle strabuzzò gli occhi e, sollevando la lampada, indicò la porta a doppio battente infondo al corridoio di pietra, scorgendola muoversi ondeggiando quasi come se fosse solo il riflesso sull’acqua di una porta vera.
 
“Belle… Guarda.”   Melissa indicò qualcosa appeso alla parete e Belle, voltandosi, trattenne il fiato: facendo luce sollevando il braccio permise ad entrambe di vedere una teca di vetro rettangolare dove erano allineate, una accanto all’altra, delle bacchette.
 
“Sono…”
“Sette. Sette bacchette magiche… Belle, credo che siano loro. Sono le bacchette dei Peccati. Sono sempre state sotto il nostro naso.”
 
 
 
*
 
 
“C’è una cosa che mi ha colpito.”
“E cioè?”
 
“Ho visto un forte attaccamento tra loro, oggi. Non lo so, era qualcosa che non mi aspettavo. Sembra che si proteggano a vicenda… Come una famiglia. Ho sempre immaginato, e così mi è stato sempre descritto, la Lussuria come un individuo egoista e meschino. Eppure sembrava davvero legato all’Invidia, non è scappato, è rimasto con lei fino alla fine.”
 
“Forse, come hai detto tu, hanno trovato una famiglia l’uno nell’altro. A volte le nostre vere famiglie ci deludono e troviamo maggiore conforto in quelle che ci possiamo costruire. Loro sono stati messi a lavorare fianco a fianco contro la loro volontà, ma forse sono diventati amici, oltre che “colleghi”.”
 
Maysen si strinse nelle spalle e abbozzò un sorriso mentre Asher, osservando il suo boccale di Burrobirra, aggrottava la fronte, assorto:
 
“Forse. Non ci avevo mai riflettuto. Li ho sempre e solo immaginati come sporchi criminali. E la Superbia… è stato bravissimo a nascondersi per anni, e oggi non appena l’Invidia è in pericolo salta fuori dal nulla e carbonizza dei Cavalieri Sacri per lei. Anche lui mi è sembrato molto attaccato a lei, anche se in modo diverso. Credo che l’ami.”
 
“Non mi sorprende. Avranno commesso degli errori, ma anche i peggior criminali possono innamorarsi. A parte gli psicopatici, ma non è questo il loro caso, direi. Sono felice che tu sia vivo, comunque.”
 
Maysen sorrise e si scoprì sincera nel pronunciare quelle parole, guardando il Cavaliere alzare lo sguardo su di lei e imitarla:
 
“Anche io.”
 
Entrambi si sentirono terribilmente in colpa, in quell’istante. Quello che nessuno dei due poteva sapere era che anche l’altro si sentiva allo stesso modo.
 
 
*
 
 
 
“Ehy… Come stai?”
“Benissimo, sono già come nuova. Semmai mi preoccupo per voi e mi domando se sopravvivrete, visto che non posso cucinare la cena.”
 
“Sopravvivremo, useremo la magia. Non devi fare sempre tutto tu, Mac. A volte dovresti lasciare che altri si occupino di qualcosa.”
 
Un sorriso dolce increspò il volto affilato di Salem, che sfiorò il viso di Mac con la mano mentre la strega borbottava che non si fidava di nessuno tanto quanto di se stessa, per questo voleva sempre occuparsi di tutto in prima persona.
 
“Lo so, ti conosco da molto tempo, l’hai scordato? Ma per una volta non cucinerai, è un ordine dal tuo Capitano.”
“Io non ho mai preso ordini da te, e mai accadrà. Chiaro?”
 
Salem ridacchiò, asserendo che ne era consapevole prima di chinarsi e darle un bacio sulla fronte. Mac abbandonò la sua espressione cupa e distese il volto in un sorriso, chiedendogli se Rita avesse finito di visitare Ebe.
 
“Sì, è appena andata via. Dice che Ebe si riprenderà in fretta, anche grazie a Flagro. Non hai idea di quanto sia stato strano vederlo, oggi.”
“Com’è stato?”
 
“Terrificante. Non l’avevo ma visto così furioso, credo. Oppure avevo semplicemente dimenticato come fosse vederlo arrabbiato, dopo tanto tempo. Comunque, ora che anche lui è tornato, dobbiamo pensare ad una cosa.”
 
“Che cosa?”
 
Mac inarcò un sopracciglio e Salem sorrise, carezzandole una ciocca di capelli castano chiaro con aria divertita:
 
“Beh, fare i pigiama party è divertente, ma penso che ci serva più spazio… ovviamente io e te dormiamo insieme e Flagro dormirà con Ebe, ma qualcuno esige una stanza propria.”
“Fammi indovinare, la nostra primadonna?”
“Già.”
“Va bene, dì a Loki che quando potrò usare il mio braccio buono creerò una stanza in più. Anzi, due, Alanis dormirà in stanza con Sider, quando la troveremo.”
 
“Oh, Alanis ne sarà deliziata.”
“Alanis se lo farà andar bene, questo posto non è un albergo!”


 
*
 
 
Alistair si era appena cambiato, ed era pronto a tornare a casa dalla sua “principessa”, come il Cavaliere era solito chiamare la figlia, quando venne avvicinato da Belle, che gli sibilò di avere qualcosa da dirgli prima di uscire dallo spogliatoio in fretta e furia.
Il mago, accigliato, la seguì a debita distanza fino a varcare la soglia di un ufficio ormai lasciato vuoto, vista l’ora, non stupendosi affatto nel vedere Melissa seduta su una scrivania con le braccia strette al petto e le gambe accavallate.
 
“Allora, che avete scoperto?”
“Aspettiamo Sam.”
 
Alistair non osò controbattere al tono fermo di Melissa, attendendo che anche l’amico li raggiungesse mentre Belle si avvicinava all’amica, chiedendole qualcosa a bassa voce e facendola annuire di conseguenza.
Il Cavaliere, curioso ma in parte anche preoccupato, stava per domandare alle due streghe se fosse successo qualcosa di grave quando finalmente Sam varcò la soglia dell’ufficio con la sua figura imponente, abbozzando un sorriso di scuse in direzione dei colleghi mentre si chiudeva la porta alle spalle:
 
“Allora, di che si tratta? I nostri… amici come se la passano?”
“Da quel che ho visto e sentito, stanno bene. Ma io e Mel vogliamo parlavi di un’altra cosa. Qualcosa che penso vorrebbero sapere.”
 
Belle rivolse un’occhiata eloquente all’amica, che annuì prima di schiarirsi la voce e prendere la parola, facendo ben attenzione a come esprimersi:
 
“Io e Belle ci siamo imbattute in qualcosa che hanno perso e che molto probabilmente stanno cercando da tempo. Qualcosa che sicuramente rivorrebbero indietro… Penso che dovremmo dirglielo il prima possibile. E’ molto importante.”
 
Melissa estrasse la sua bacchetta e, senza proferire una sillaba, accennò al sottile bastoncino con un’espressione tanto eloquente che né Alistair, né Sam poterono sbagliarsi. Alistair spalancò gli occhi, e Sam sfoggiò un’espressione accigliata prima di dire che era certo le avessero distrutte già molto tempo prima.
 
“Lo pensavamo tutti, ma a quanto pare non è così. Forse si sono resi conto che erano troppo preziose, e che sarebbe stato un errore. Perciò, direi che dobbiamo pensare a come… agire a riguardo.”
 
 
*
 
 
Quando aprì gli occhi Ebe ci mise qualche istante a rendersi conto di ciò che era successo, ma quando ricordò tutto si chiese come potesse essere ancora viva e ritrovarsi in quella stanza ormai familiare.
 
“Sei sveglia.”
 
Ciò che la strega non si aspettava, e che la investì in pieno, era udire quella voce. Erano passati anni ed era certa di averla dimenticata, ma non appena lo sentì parlare riconobbe la voce profonda di Flagro. Aveva amato troppo il suo suono, in passato, per non poterla riconoscere.
 
Ebe, raggelata, si tirò a sedere di scatto mentre gli occhi scuri fissavano increduli l’uomo che sedeva accanto al letto, sorridendole.
 
“Fitzroy…”
“Come ti senti?”
 
Flagro stava per sporgersi e accarezzarle il viso quando si sentì colpire in pieno volto: Ebe lo aveva schiaffeggiato prima ancora che potesse toccarla, e ora lo guardava tremando da capo a piedi e con gli occhi improvvisamente lucidi.
 
“Tre anni… Ti ho cercato per tre anni, Fitzroy. Perché non mi hai cercata?”
“Ebe, era rischioso restare insieme. Mi sei mancata immensamente, ma non era prudente stare insieme, nascondersi sarebbe stato molto più difficile. Ti prego…”
 
Flagro cercò di prendere la mano della strega, che però la ritrasse mentre scuoteva il capo e le lacrime le rigavano il volto:
 
“CREDEVO CHE FOSSI MORTO ORMAI! Ti sei almeno chiesto come stessi io, che fine avessi fatto? O ti importava solo di te stesso?”
“Certo che me lo sono chiesto, raggio di Sole. Ogni giorno. Non sapevo dove fossi, ma oggi… ho visto quelle immagini ad un notiziario, e ho capito che eri in pericolo. E sono corso da te, non ti avrei mai lasciata sola. Ti prego…”
 
Si sarebbe aspettato che iniziasse a picchiarlo, e l’avrebbe lasciata fare, ma Ebe fece qualcosa che Flagro non aveva previsto: nascose la testa tra le braccia, appoggiate sulle proprie ginocchia attirate al petto, e iniziò a piangere. Dopo un attimo di smarrimento, chiedendosi se non dovesse lasciarla sola, la Superbia sedette accanto a lei sul letto e la strinse a sé, appoggiando la testa sulla sua per nascondere il viso tra i suoi capelli scuri e mormorare che gli dispiaceva.
 
“Credevo che ti fossi scordato di me, se eri ancora vivo.”
“Questo mai, raggio di Sole. Sono qui adesso, e non ti lascerò mai più.”
 
 
*
 
 
“Come stanno?”
“Ho sistemato il braccio di Mac, e penso proprio che Ebe tornerà come nuova. Direi che se la sono cavata.”
 
Rita appoggiò la borsa con i medicinali sul divanetto e Cristal sfoggiò un sorriso sollevato, stiracchiandosi con uno sbadiglio prima di asserire di essere esausta dopo quella giornata fin troppo carica di emozioni.
 
“Ci credo che sei stanca, scorrazzi tutto il giorno su quei trampoli assurdi!”
“I miei tacchi alti non hanno nulla a che fare con la stanchezza, Rita. I tacchi alti sono uno stile di vita.”
 
Rita alzò gli occhi al cielo, e Jezabel ridacchiò – anche se non poteva che trovarsi d’accordo con l’ex collega, affermando che mai avrebbe potuto indossare calzature simili con la stessa naturalezza con cui lo faceva Cristal – prima di asserire che forse era giunto per tutto il momento di tornare a casa e riposarsi.
 
“Avete visto May?”
“Credo che dovesse vedere il Cavaliere. No, non penso che sia una buona idea, prima che una di voi me lo chieda… ma non possiamo dirle che cosa fare. Spero solo che non le provochi qualche guaio.”
 
Jezabel aggrottò la fronte, dubbiosa, e Rita mormorò che anche se poteva essere utile che una di loro si avvicinasse ad un Cavaliere Sacro fedele al nuovo Ministro la cosa comunque non le suonava granchè bene.
 
“Via ragazze, vi preoccupate troppo, May sa badare a se stessa!, e se lei gli piace non le accadrà nulla. Chiederemo a Sam di controllarla, penso che nessuno oserebbe avvicinarlesi con lui intorno. Io non di sicuro!”
 
Cristal sorrise mentre prendeva le due ex compagne di scuola sottobraccio, conducendole entrambe verso l’uscita del loro grande ufficio personale asserendo che lavoravano troppo e che avevano bisogno di una pausa.
 
 
*
 
 
Ebe si era addormentata, e Flagro aveva deciso di lasciarla riposare ed era sceso di sotto, udendo un discreto vociare provenire dalla cucina. Quando la stanza entrò nella sua visuale, Flagro vide Mac, Alanis, Salem e Loki seduti attorno al tavolo, tutti illuminati dal lampadario che pendeva sopra le loro teste e con un bicchiere davanti.
 
Salem, seduto a capotavola, fu il primo a scorgerlo e gli sorrise, gli occhi azzurri luccicanti:
 
“Stavamo giusto parlando di te, Flagro. Bentornato a casa. Ci sei mancato.”
 
“Sì, al nostro Flagro.”
 
Mac sollevò il suo bicchiere e tutti gli altri lo imitarono mentre la Superbia, raggiungendoli, abbozzava un sorriso leggermente imbarazzato a mormorava di non meritare alcun caloroso benvenuto.
 
Mac, il braccio destro fasciato e appeso al collo grazie all’intervento di Rita, che li aveva raggiunti scortata da Belle per dare un occhio a lei e ad Ebe, lanciò un’occhiata di sbieco a Loki e gli diede un leggero colpetto col piede sotto al tavolo.
 
“Ti ho visto, sai? Ebe non sarebbe di sopra, se non fosse stato per te. Signori, brindiamo anche alla nostra primadonna, nonché la persona più elegante che conosca. A Loki.”
 
Loki sbuffò e asserì che, per quanto essere celebrato gli piacesse, fossero tutti diventati delle mammolette sentimentali. Flagro però, serio in volto, gli mise una mano sulla spalla e asserì che sarebbe stato eternamente in debito con lui.
 
“Qualsiasi cosa tu voglia, in qualsiasi momento… fammelo sapere, Loki.”
 
Loki esitò, ma alla fine si strinse nelle spalle e parlò con tono neutro prima di vuotare il suo bicchiere:
 
“Occupati della piccoletta. E’ una calamita per i guai travestita da strega.”
 
Alanis suggerì con tono cantilenante che forse era lui quello diventato sentimentale, ma Loki minacciò di tagliarle i capelli nel sonno e la donna sbiancò, asserendo che se ci avesse solo provato lei gli avrebbe tagliato qualcos’altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
*sabbie mobili: prima che arrivino a dirmelo in frotte, anticipo che contrariamente a quanto i vecchi film d’avventura ci insegnano, è praticamente impossibile morire risucchiati dalle sabbie mobili poiché esse fanno sprofondare, solitamente, un corpo solo per metà. E’ comunque possibile morire intrappolati nelle sabbie, dalle quali è molto difficile liberare un corpo, ad esempio per disidratazione, ma qui ovviamente si parla di sabbie mobili magiche e quindi di una situazione lontana dalla realtà.
 
 
 
 
 
 
 
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Angolo Autrice:
 
Se ve le steste chiedendo no, non è un miraggio, sono proprio io. Negli ultimi mesi ho continuato ad aggiornare le mie storie regolarmente, ma non questa. Mi dispiace molto per avervi fatto aspettare ancora, ma volevo aspettare di risentire almeno buona parte di voi per assicurarmi di non dover riprendere la storia in mano e poi bloccarmi due settimane causa eliminazione di metà dei personaggi.
A questo proposito, colgo la palla al balzo per chiedere gentilmente a chi sta leggendo e che partecipa alla storia di battere un colpo, fare un fischio o qualsiasi altra cosa il prima possibile. Ho sempre tenuto in ballo la regola dei tre capitoli, ma questa volta penso che la restringerò a due visto che la storia ormai va avanti da un po’ e i personaggi sono tanti. Non ho quindi intenzione di sprecare spazio e tempo scrivendo di personaggi che poi andrò ad eliminare nei prossimi capitoli, quindi se ci siete fatemelo sapere subito, per favore, altrimenti nei prossimi capitoli procederò con eliminare chi non è più presente.
 
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto, ormai all’appello manca solo la nostra Accidia. Alcune di voi già lo sanno, ma comunico alle altre che qualche mese fa ho aperto una pagina IG dedita ad Efp, quindi se volete restare aggiornate sulle pubblicazioni e ricevere extra/anticipazioni, vi consiglio di seguire la pagina (mi trovate come SignorinaGranger_efp)
 
Infine, ultima nota ma non meno importante, ho deciso di adottare qui come nell’altra storia che sto portando avanti  la pubblicazione fissa settimanale, ergo i capitoli arriveranno ogni sabato. Quasi sempre di sera, temo, visto che mi prendo sempre in ritardo.
 
A presto!
Signorina Granger 

 
 
 
   
 
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