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Autore: Signorina Granger    29/11/2020    9 recensioni
INTERATTIVA ||
I Peccati Capitali erano un gruppo di maghi e streghe, considerati tra i più potenti della Gran Bretagna, ognuno dei quali rappresentava uno dei sette peccati capitali a causa di una grave colpa da loro commessa.
Il gruppo è stato sciolto e accusato di essere responsabile della morte del Ministro della Magia, ma quasi tutti riuscirono a fuggire, di loro si sono perse lle tracce e sulle loro teste venne messa una taglia.
Dopo tre anni il Ministero è ormai caduto nelle mani dei Cavalieri Sacri, un ordine che dovrebbe occuparsi della tutela dei maghi, e una dei Peccati decide di andare alla ricerca dei suoi vecchi amici con l'intento di trovarli e mettere fine, insieme, alla loro persecuzione, trovando il vero responsabile dell'omicidio che li fece condannare e alle tirannie messe in atto dai Cavalieri.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 14
 
 
 
Flagro aprì gli occhi e, quando se sue iridi si furono abituate all’oscurità della stanza, mise a fuoco la figura di Ebe distasa supina accanto a lui.
Il mago, rammentando ciò che era successo due giorni prima e di essere finalmente tornato da lei, fece per abbracciarla e rimettersi a dormire quando si rese conto che la strega era sveglia, gli occhi scuri spalancati e perfettamente vigili.
 
“Ebe… Ti prego, non dirmi che siamo ancora a questo punto, dopo tre anni.”
Un sorriso carico di malinconia e tenerezza increspò le labbra della Superbia, che si strinse alla strega spezzando il silenzio della stanza mentre Ebe rispondeva con un sospiro, mormorando di non riuscire a stare tranquilla, di notte, specialmente nella situazione in cui si trovavano.
 
“Loki mi ha detto che il Cavaliere ha detto…”
“Non importa che cosa ha detto. Dovrebbero trovarci, prima, e pensi che sarà facile? Raggio di Sole, non devi impedirti di dormire per assicurarti che non mi accada nulla. Di notte solo il più vulnerabile, è vero, ma se anche ci attaccassero siamo in sei, ci penserebbero gli altri. Me la sono cavata per tre anni da solo, Ebe, stando con voi non mi accadrà nulla. Non ci pensare e dormi, Raggio di Sole.”
 
Ebe non potè far altro che annuire mentre si rigirava sul fianco e Flagro l’abbracciava da dietro, lasciandole un paio di baci sul retro del collo prima di appoggiare la testa sul cuscino e cercare di dormire di nuovo.
L’Invidia restò con gli occhi spalancati ancora per qualche istante, rammentando quanto Loki le aveva riportato e in particolare la minaccia del Cavaliere.
 
Di giorno Flagro era praticamente inavvicinabile, ma non di notte. Di notte diventava un comune mago.
 
Ripetendosi che Mac, Salem, Loki e Alanis dormivano nello stesso corridoio Ebe si costrinse a chiudere gli occhi, ordinandosi di dormire mentre il respiro di Flagro, accanto a lei, si faceva sempre più regolare.
 
 
*
 
 
 
“Mamma, mi metti l’ombretto come te lo metti tu?”
 
Cristal, seduta sul bordo del letto della madre, guardò con un largo sorriso la donna seduta alla toeletta e impegnata ad applicarsi un velo di cipria sul viso con un pennello. Guardandola attraverso lo specchio ovale Cristal la vede sorridere, asserendo che quando sarebbe stata più grande le avrebbe insegnato a truccarsi a dovere.
 
“Non posso imparare ora? Voglio essere come Meg!”
 
La bambina scivolò giù dal letto e infilò i piedini nelle scarpe col tacco nere e dotate di una piccola fibbia che cingeva la caviglia che la madre aveva deciso di indossare quel giorno, iniziando a gironzolare – un po’ a fatica – per la stanza con quelle mentre la donna si voltava verso di lei, ridacchiando:
 
“Tesoro, tu e Meg siete diverse, non puoi essere proprio come lei.”
“Ma lei è come te, e anche io voglio essere come te mamma!”
 
“Sarai senza dubbio migliore di me, Cris, un giorno. Ma nel frattempo ridammi le mie scarpe!”


Cristal incespicò fuori dalla stanza con le scarpe ai piedi, ululando alle sorelle maggiori di essere riuscita a rubare le scarpe alla madre mentre la donna, esasperata, la seguiva lamentandosi di fare sempre tardi a causa delle sue ragazze.
 
 
 
“SONO IN RITARDO! Rita mi ammazzerà, mi farà a pezzi e poi mi darà in pasto ai leoni, me lo sento!”
 
Barney Blackwood, ormai abituato alle sceneggiate da drama queen della sorella e ai suoi ritardi, si limitò a roteare gli occhi mentre, seduto al tavolo della cucina, la guardava saltellare e infilarsi degli stivaletti neri col tacco prima di correre verso il frigo.
“Il latte è qui. Ecco i cereali.”
 
Barney passò alla sorella ciotola, latte e cereali con gesti abitudinari e quasi meccanici, ormai avvezzo a fare da balia a quella che in realtà per qualche tempo era stata a tutti gli effetti la sua tutrice legale. A volte si sentiva lui il vero tutore, là dentro.
 
“Come farei senza di te?”   Cristal rivolse al fratellino un sorriso carico d’affetto, arruffandogli i capelli con una mano prima di iniziare a divorare i cereali mentre la sua borsa si preparava magicamente da sola.
 
“Ho sentito storie strane su una specie di Torneo, l’altro giorno…”
“Non ci pensare, sono cose che non riguardano te, ma la tua sorellona!”
 
“Ma se senza di me non ti faresti neanche i cereali!”
 
Barney sbuffò, ma la sorella non ci badò e, mandandogli un bacio aereo, spedì le stoviglie a lavarsi nel lavello della cucina prima di afferrare la borsa e correre verso il camino per andare al Ministero.
 
Infondo era in ritardo solo di 20 minuti, forse Rita ancora non era arrivata e l’avrebbe scampata, dopotutto.
 
 
*
 
 
“Sono arrivat-AH! Rita! C-cosa stai facendo?”
 
Cristal mise piede fuori dal camino e quasi si scontrò con una delle sue più vecchie e care amiche, che si era piazzata davanti al caminetto con le braccia conserte e un’espressione molto poco rassicurante sul viso.
 
La bionda udì distintamente Jezabel ridacchiare da qualche angolo dell’ufficio, ma non ci fece caso, troppo impegnata a farsi piccola piccola di fronte allo sguardo minaccioso di Rita:
 
“Cristal Blackwood, ti conviene NON essere arrivata in ritardo perché non sapevi come abbinare la borsa, oggi!”
“N-no, certo che no! Vedi, ho preso la borsa nera, quindi si abbina con tutto!”
 
Cristal sfoggiò il suo sorriso più smagliante e guardò l’amica alzare gli occhi al cielo prima di passare alla tattica successiva: impietosirla. O almeno tentare.
 
“Ti prego Rita, ho dormito male e mi sono svegliata tardi, perdonami! So che questa settimana sono arrivata in ritardi sette giorni su sette, ma… guarda, non mi sono nemmeno truccata! Jess, diglielo che è una cosa seria!”
 
Cristal s’indicò il viso effettivamente privo di trucco, ma Jezabel sentenziò che dopo tutti quegli anni non ne voleva sapere di esse messa in mezzo alle loro diatribe, e lasciò che Rita sospirasse prima di scuotere il capo con lieve disapprovazione:
 
“Va bene Cris, come sempre soprassederò. Adesso vai in bagno a truccarti, so che lo farai comunque.”
 
Cristal sorrise, pigolò un ringraziamento, sottolineò come l’amica fosse la migliore in assoluto e poi trotterellò verso il bagno in equilibrio sui tacchi alti come al solito, lasciando le due streghe sole.
 
 
“Ormai dovrei rassegnarmi al fatto che non cambierà mai, vero?”
“Beh, ci conosciamo da quando abbiamo 11 anni, se non è ancora avvenuto non vedo perché aspettarsi che succeda adesso.”
 
 
*
 
 
“Alanis, informa la ciurma che il pranzo è pronto, per favore.”
“Se lo faccio avrò un pezzo di dolce più grande?”
 
Alanis sfoderò il più ammaliante dei suoi sorrisi, e Mac alzò gli occhi al cielo asserendo che era e sarebbe sempre rimasta la loro Avarizia mentre la strega, prendendolo come un sì, lasciava allegramente la cucina dove la Gola stava spignattando da più di un’ora per raggiungere il salotto.
 
“Il pranzo è pronto! Dove sono i ragazzi?”
Scorgendo solo Ebe e Loki, entrambi distesi sul divano con le gambe appoggiate su dei poggiapiedi e immobili, la testa leggermene reclinata all’indietro, la strega aggrottò la fronte, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra.
 
“Si stanno allenando.”
 
La placida risposta di Loki giunse proprio mentre un raggio di luce pura passava davanti alla finestra per poi essere rispedito indietro subito dopo, tanto che Alanis lo intuì ancor prima di udire l’ex compagno di Casa parlare.
 
“Ok… e voi cosa state facend- Che avete in faccia?!”
 
Alanis, facendo il giro del divano, poté finalmente scorgere i volti dei due compagni: entrambi tenevano gli occhi chiusi, le braccia appoggiate mollemente in grembo e un’espressione rilassata capeggiava sui loro volti pieni di una specie di crema verdastra.
 
“Maschera.”
“Maschera?!”
 
“Sì, maschera. Argilla purificante, prima abbiamo fatto la maschera ringiovanente. Ne vuoi un po’?”
 
“No, grazie, non mi serve.”
“Ti ricordo che sei vicina ai trenta…”
 
Loki aprì gli occhi e rivolse un’occhiata di sbieco alla strega, - trattenendo un sorrisetto solo perché l’argilla gli impediva di muovere le labbra per più di pochi millimetri – che sbuffò e asserì che a lei quella roba Babbana non serviva prima di tornare in cucina a passo di marcia, offesa.
 
“Che succede?”
“Stanno facendo una maschera e mi hanno chiesto se me ne serve una anti età! Che affronto!”
 
 
 
 
“Lasciala stare, non sa cosa si perde.”
“Hai ragione. Cetriolo?”
 
Ebe prese un paio di fettine di cetriolo dal piattino che aveva sistemato sul braccio del divano, ma Loki scosse il capo mentre Mac, aprendo la finestra della cucina, ululava a Salem e Flagro di rientrare per mangiare.
 
“No, grazie, non mi piacciono.”
“Non da mangiare, elegantone, si mettono sugli occhi! Così, vedi?”
 
Ebe, i capelli scuri tenuti indietro da una fascia di spugna rosa, si appoggiò le fettine di cetriolo sugli occhi mentre Mac, sbuffando, giungeva nella stanza a passo di marcia:
 
“Questa casa non è un albergo, poi non lamentatevi se il cibo è fredd-“
 
La Gola non finì la frase, perché scorgendo i due compagni – due dei temibilissimi Peccati Capitali con maschere verdi, cetrioli e fascette rosa addosso – scoppiò a ridere così forte che la sentirono anche Flagro e Salem, tornando in cucina quando si rese conto di non riuscire ad articolare una frase per le troppe risa.
 
“Ridete, ridete… quando sarete piene di rughe saremo noi a ridere!”
 
 
*
 
 
“Tieni Flagro, mi sembri più magro di un tempo… hai mangiato in questi tre anni?”
 
“Sicuramente in misura minore non avendo le tue prelibatezza a portata di mano, ma sì Mac, non preoccuparti.”
Flagro sorrise, quasi divertito, ma Ebe gli servì comunque un generoso bis di purea di patate sul piatto mentre Salem porgeva il piatto a Mac, asserendo che anche lui era dimagrito molto nei tre anni di latitanza e di dover recuperare.
 
“Va bene, tieni. Qualcuno vuole altre carote?”
“Dalle a me, questi maledetti uomini triturano quantità industriali di cibo e non ingrassano di un centimetro, se mangiassi io tutta quella roba diventerei una mongolfiera.”
 
Alanis prese le carote sbuffando e lanciando un’occhiata torva a Flagro, maledicendo lui e il suo metabolismo mentre Ebe, di fronte a lei, annuiva sconsolata:
 
“E’ vero, e poi dicono che il metabolismo rallenta raggiunti trent’anni!”
“Il mio no.”
 
Flagro si strinse nelle spalle, continuando a mangiare arrosto, purea e verdure cotte al forno mentre Alanis, seduta accanto a lui al tavolo rettangolare della cucina, spalancava gli occhi con orrore, guardando Ebe come se avesse appena pronunciato una mostruosità:
 
“Seriamente?”
“Pare di sì, purtroppo. Mac, penso che passerò il dolce oggi.”
Ebe appoggiò i gomiti sul tavolo e si prese il viso tra le mani, guardando tristemente la pumpkin pie che l’amica aveva preparato, posta trionfalmente su un’alzata per dolci di vetri sul bancone della cucina, mentre Alanis si disperava per il suo metabolismo prossimo al decadimento.
 
“Mac, non conosci un incantesimo che ci permetta di avere un metabolismo come quello di Salem, Flagro e Loki?”
“No, purtroppo no. Comunque scordatelo, Ebe, la torta la mangi eccome.”
 
 
 
*
 
 
 
Jess trattenne a malapena uno sbadiglio mentre si sforzava di seguire l’udienza in corso: il Ministro aveva l’adorabile abitudine di delegare a lei – sempre solo a lei – tutte quelle che non aveva “tempo” di seguire, e Jezabel era già alla terza, quel giorno.
 
La strega osservò scettica l’imputato e si domandò a quale caso fossero arrivati: odiava ammetterlo, ma aveva perso il filo. Il tentativo di furto alla Gringott? Il ladro di bacchette magiche? L’uomo che, non sopportando più la moglie, ne aveva denunciato la scomparsa per poi confessare, mesi dopo, di averla trasformata in un bollitore non riuscendo a tollerare i suoi fischi continui?
 
Esausta già di prima mattina per le poche ore di sonno, Jezabel si sforzò di seguire il contro interrogatorio, stringendo le labbra quando l’uomo asserì che di certo la “bellissima giudice” lo avrebbe assolto da tutte le accuse.
 
Il Magiavvocato della moglie strillò di essere chiaramente di fronte ad un caso di oltraggio alla Corte, ma Jezabel gli fece cenno di tacere sollevando una mano prima di schiarirsi la voce, intrecciando le dita sul banco di legno mentre si sporgeva leggermente per rivolgere un’occhiata torva al mago.
 
Merlino, in 27 anni di vita il genere maschile non faceva che deluderla di continuo.
 
“Signor Collins, lei ha trasformato sua moglie in un bollitore per… una settimana, è corretto? Non pensa che lasciarla sarebbe stato meno lenitivo per la sua dignità? In ogni caso, non ho tempo da perdere per dedicarlo ad una persona tanto ridicola, quindi informo la Signora Collins, sempre che voglia continuare ad essere chiamata così, che avrebbe tutta la mia comprensione, se intendesse trasformare il marito in un appendiabiti. E con comprensione, intendo il mio permesso. Potete andare.”
 
Jezabel diede un piccolo colpo di martelletto e l’imputato sgranò gli occhi, indignato, nella sua direzione, non più tanto incline a farle complimenti inerenti al suo aspetto:
 
“Ma lei non può farlo!”
“Signor Collins, la legge del taglione è molto più vecchia di me, non ho stabilito io le regole. Il prossimo! E vi prego, portatemi un caffè…”


 
*
 
 
 
Per violazione alla Legge Magica commessa dal qui presente Signor L. Murray. Inquisitori: Newton Jackson Hoffman, Ministro della Magia; Jeanette Rowle, Direttore dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia; Atticus Jenkins, Sottosegretario Anziano del Ministro. Scrivano della corte: Charles Langford. Le accuse sono le seguenti: che consapevolmente, deliberatamente, in pieno possesso delle sue facoltà mentali e in piena conoscenza della gravità delle sue azioni l’imputato abbia commesso il peggior crimine contemplato da questa corte. È pertanto accusata di alto tradimento e di omicidio. Lei è il suddetto Signor Murray?”
 
 
Loki, seduto sulla sedia di legno posta al centro della sala delle udienze e incatenato, sbuffò e alzò gli occhi al cielo:
 
“Ha davvero così tanto tempo da perdere per farmi questo genere di domande insulse, Ministro?”
 
Il mago strinse le labbra, forse facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non lanciare il martelletto contro l’imputato mentre i seggi del Wizengamot venivano scossi da dei vaghi mormorii.
 
“E lei ammette di essere responsabile, almeno parzialmente, della morte del nostro stimato ex Ministro, il Signor Finch?”
 
“Assolutamente no.”


“E’ stato uno dei suoi amici?”


“Non che io sappia, no.”
 
“E chi suggerisce che sia stato?”
 
“Non lo sa il Wizengamot, dovrei saperlo io?”
 
 
“Signor Murray, le ricordo che il nostro ex Ministro ha assoldato LEI e i suoi amici come guardie del corpo personali. Anche se non foste stati voi, cosa di cui tutto il Paese dubita, avreste comunque dovuto proteggerlo. In un modo o nell’altro siete comunque responsabili.”
 
“Il Signor Finch stesso non voleva essere perennemente sotto la nostra protezione. Era lui a congedarci, molto di frequente. E lei lo sa. Per quale motivo avremmo dovuto uccidere l’unica persona ad averci dato una seconda possibilità?”
 
Loki inarcò un sopracciglio, scettico, ma il Ministro sbraitò che era lui a fare le domande, e non certo un imputato su cui pendeva l’accusa più grave possibile, ossia l’assassinio di un Ministro della Magia.
Il mago roteò gli occhi e si voltò appena verso la strega seduta in una angolo della sala, dietro di lui, immobilizzata da delle spesse corde e tenuta sott’occhio da un Cavaliere Sacro in uniforme.
 
Inarcò un sopracciglio e guardò la strega inclinando leggermente la testa, come a volerle chiedere se lo reputasse ancora un’inguaribile drama queen a seguito del comportamento dell’attuale Ministro.
Ebe, dal canto suo, dovete trattenere una risatina nonostante la tragica situazione, non potendo immaginare che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe visto per tre lunghi anni.
 
 
 
 
“C’è una cosa che non ti ho mai chiesto.”
“Ossia?”
“Il tuo vero nome. So che eravamo a scuola insieme, anche se tu hai un anno in più di me… ma non riesco a ricordarmi di te, a scuola.”
 
“Non mi sorprende, dedicavi le tue attenzioni a ragazze più… estroverse di me sotto certi punti di vista, per così dire.”
 
Ebe abbozzò un sorriso mentre camminava sull’erba accanto all’amico dopo essersi allenati sotto lo sguardo vigile di Mac, che stava cercando di insegnare loro ad usare la magia anche senza bacchetta.
 
La strega esitò alla domanda dell’amico, facendo distrattamente fiorire un intero campo di pannocchie lì vicino prima di stringersi nelle spalle mentre si guardava attorno:
 
“Una volta i miei amici mi chiamavano Will.”
 
“Ma è un nome da maschio.”
“E’ un soprannome, testa vuota!”


Ebe rise e, voltatasi verso il mago, gli diede un lieve pugno sul braccio mentre Loki alzava gli occhi sul cielo azzurro, scrutandolo pensieroso:
 
“Beh, vediamo… Willelmina?”
“Merlino, per carità, no! E’ un nome da mucca.”
 
“Allora…”
 
Loki fece vagare lo sguardo attorno a sé finchè, all’improvviso, non scorse un salice. A quel punto il mago sorrise vittorioso, schioccando le dita prima di voltarsi:
 
“Willow, vero?”
 
Ebe si strinse nelle spalle e poi, inavvertitamente, sollevò un braccio: Loki ebbe appena il tempo di fischio di un corpo che si avvicinava ad alta velocità sferzando l’aria prima che Gideon approdasse nella mano della strega, che sorrise rigirandosi l’impugnatura tra le dita.
 
“devo dire che mi era mancato quanto la mia bacchetta… è come una parte di me, ormai. Allora Loki, direi che per oggi abbiamo chiacchierato a sufficienza.”
“Mi stai sfidando a duello?”
 
“Certo, ora che ho recuperato Gideon siamo ad armi pari. Fatti sotto, elegantone.”


Loki sospirò come annoiato, ma si abbassò pigramente gli straccali dalle spalle per essere più libero nei movimenti, asserendo che non amava picchiare le piccolette più vecchie di lui, ma che se insisteva tanto non gli lasciava altra scelta.
 
*
 
 
 
“Ecco.”
“Grazie Mac.”


Flagro le rivolse un debole sorriso, che Mac ricambiò dopo avergli appoggiato una tazza di thè davanti. Il mago aveva appena raccontato a lei, Alanis e Salem cosa avesse fatto in quei tre anni mentre, fuori di casa, Loki ed Ebe se le davano di santa ragione.
 
“Di nulla.”
 
 
“Devo anche ringraziarti per altro, in realtà. Penso che senza di te non sarei riuscito a scampare Azkaban, tre anni fa. O ad avere ancora Rhitta con me.”
 
 
“Ho fatto quello che dovevo… Ti hanno processato in piena notte, direi che non potevi difenderti da solo senza bacchetta.”
 
La strega si strinse nelle spalle con noncuranza nel ricordare quando, dopo il suo processo, aveva intercettato Flagro che veniva portato via. Avevano processato la Superbia a notte fonda, per renderlo il più vulnerabile possibile, e Mac aveva aiutato l’amico a scappare ferendo due Cavalieri Sacri e sciogliendo le catene che lo tenevano legato. La Gola le spalle agli amici mentre Salem le scoccava un’occhiata torva, asserendo che prima o poi avrebbe dovuto smettere di sminuire le sue buone azioni.
 
“Hai fatto evadere tu Loki, no? Pensi sia una cosa da poco?”
“Ci ho messo tre anni, però. Ammetto che rubare un Thestral da Hogwarts non è stato facile neanche per me.”
 
La strega abbozzò un sorriso mentre prendeva il bollitore per pulirlo e Flagro, confuso, aggrottava la fronte:
 
“In che senso un Thestral?”
“Oh, giusto, non te l’abbiamo raccontato… Mac è andata a salvare Loki con un Thestral, sai. Ha iniziato lei a cercarci, di sicuro le mancavamo.”
 
“Oh, certo, mi mancava avere sei bambini a cui badare… Ebe, Loki, non fatevi male!”


 
*
 
 
 
Ebe, seduta sul divano con le gambe strette al petto, fissava il muro assorta nei suoi pensieri quando udì dei passi scendere le scale: istintivamente la strega si voltò, e si ritrovò a sorridere quando scorse un paio di piedi scnedere i gradini in un modo piuttosto bizzarro che lei, ormai, conosceva bene.
 
Fin da quando l’aveva conosciuto ad Hogwarts, Flagro scendeva le scale saltando un gradino ogni due in una specie di rito scaramantico.
 
 
“AHI! Ma insomma Vanugan, perché diavolo saltelli sulle scale come un grillo?”
“Scusami Evergreen… non ti ho vista, pensavo ad altro.”


Willow sbuffò, contrariata, e borbottò qualcosa contro l’idiozia del ragazzo che le porse una mano per aiutarla a rialzarsi. Suo malgrado, Willow sentì tutta la sua irritazione svanire di fronte al sorriso sghembo, ma sincero, che il ragazzo dai grandi occhi blu le rivolgeva, lasciando che il Tassorosso l’aiutasse ad alzarsi.
 
“Ecco, tieni le tue cose.”
“Grazie Vanugan.”
 
La Grifondoro abbozzò un lieve sorriso al ragazzo mentre questi le porgeva la sua borsa caduta sul pavimento, ricevendo un cenno di saluto prima che il Tassorosso la superasse infilandosi le mani nelle tasche, riprendendo a scendere le scale in quello schema a dir poco curioso.
Willow lo seguì con lo sguardo brevemente prima di scuotere la testa, chiedendosi perché in tanti, a scuola, avessero quasi timore di quello studente del settimo anno.
 
A lei sembrava piuttosto innocuo, solo un po’ strambo, anche se senza dubbio era un mago eccezionale.
Infondo però, nemmeno il suo super talento gli aveva mai permesso di batterla ad Erbologia, constatò la strega con un sorrisetto prima di dirigersi verso la Torre di Grifondoro.
 
 
“Ciao Raggio di Sole. Ti senti bene, vero?”
 
Flagro le sorrise, inclinando le labbra sottili in quella splendida smorfia che rivolgeva quasi solo ed esclusivamente a lei, mentre la raggiungeva. Si fermò alle spalle del divano e, chinandosi, la circondò con le braccia per darle un bacio sulla tempia, facendola sorridere a sua volta mentre stringeva le braccia dell’uomo con le sue:
 
“Certo, soprattutto perché ti ho ritrovato. Scusa per lo schiaffo, ma è stato un po’… strano, svegliarmi e trovarti vicino a me.”
“Non scusarti, è comprensibile. Mi dispiace per averti fatto soffrire, Ebe. Mi sei mancata tantissimo.”
 
Flagro la guardò ed Ebe, in quelle iridi chiare così diverse dalle proprie, scorse un rammarico così sincero da farla sorridere mentre gli portava una mano sul viso, accarezzandogli una guancia. Scosse debolmente il capo e mormorò che non aveva più importanza, ormai, visto che erano di nuovo assieme e che non gli avrebbe mai permesso di lasciarla un’altra volta, prima di baciarlo dolcemente.
 
 
 
 
 
“Perché mi chiami così? Intendo “Raggio di Sole?”
 
Ebe si appoggiò sui gomiti e osservò curiosa il mago steso supino sul prato accanto a lei, intendo a risposarsi all’ombra di uno dei due alberi che adornava il giardino del cottage in cui vivevano col resto della squadra per concessione del Ministro.
 
Flagro non aprì gli occhi, ma mosse la mano sinistra per carezzarle delicatamente il braccio prima di abbozzare un sorriso, parlando come se stesse spiegando qualcosa di ovvio:
 
“Ti si addice.”
“Ma perché?”
 
“Beh, mi fai ridere. Mi hai sempre fatto ridere, sai? Porti allegria ovunque tu vada, ed è qualcosa di meraviglioso, secondo me. Ma non è solo questo… Sai che la luce del sole è ciò che mi dà forza, no?”
“Certo.”
 
“Per me il Sole è vitale, Ebe. Non sono quasi nulla, senza di esso. E tu per me sei questo… sei la più grande luce della mia vita, e non so cosa sarei, senza di te.”
 
Flagro aprì gli occhi e li puntò sulla strega senza smetterle di accarezzarle il braccio e di sorriderle, guardandola ammutolire prima di sorridere e gettarsi tra le sue braccia, rischiando di mozzargli il respiro prima che la risata del mago riempisse il giardino con la sua intensità.
 
 
 
*
 
 
“Ti ho portato un regalino per farmi perdonare.”
 
Cristal sorrise mentre porgeva un pacchetto a Rita, che alzò gli occhi dalle cartelle cliniche di alcuni pazienti che stava leggendo prima di aggrottare la fronte:
 
“Quando lo hai preso?”
“Mentre eri al San Mungo. Aprilo.”
 
Il sorriso vivace di Cristal non vacillò mentre l’amica strappava la carta, ritrovandosi a sorridere di fronte ai due libri che l’amica le aveva comprato.
 
“Il Don Giovanni di Byron e il Prometeo liberato di Shelley. Mi conosci bene.”
“E me lo domandi? Leggi sempre queste cose, no? Io non ne so molto, a dire il vero, ma ormai so cosa ti piace. E poi, già che c’ero, ti ho portato questi. Potresti anche fare una pausa, in effetti.”
 
Cristal le porse un vassoio pieno di biscotti, conscia di quanto l’amica li adorasse, e sorrise mentre Rita la guardava scettica, come se il significato della parola “pausa” le fosse del tutto sconosciuto.
 
“Io non faccio mai pause, a dire il vero…”
“Lo so bene, ma non è mai troppo tardi per iniziare!”
 
Cristal appoggiò il vassoio sulla scrivania e le sequestrò i fascicoli dei pazienti senza darle il tempo di opporsi, costringendola ad addentare un biscotto con rassegnazione.
 
“Va bene, ma solo dieci minuti.”
“Brava ragazza. A proposito di stacanoviste, dov’è Jess?”
 
“E’ andata da tu-sai-chi con Samuel. Non era molto entusiasta, ma io non potevo e tu non c’eri.”
 
Rita si strinse nelle spalle e Cristal appoggiò un sorrisetto beffardo, asserendo di avere una vaga idea del motivo per cui l’amica era restia ad andare dai loro amici ex carcerati.
 
“Sì, anche io, ma è una causa persa, non lo ammetterà mai.”
“Per fortuna ci siamo noi a darle una spintarella.”
 
 
*
 
 
“Ti ringrazio per avermi accompagnata, Sam.”
“Di Nulla, anche se pensavo dovesse venire la sua amica.”
 
“Cristal doveva, sì, ma Rita ha mandato me come punizione per i suoi continui ritardi. A volte mi sembra di non aver mai lasciato Hogwarts.”


Jezabel parlò con un sospiro e scosse il capo mentre Samuel, accanto a lei, ridacchiava. I due stavano camminando sul prato, risalendo la collinetta che li avrebbe portati al rifugio dei Peccati, e Jezabel si strinse il bavero dell’impermeabile nero addosso mentre una lieve brezza fredda le scompigliava i lunghi e lisci capelli scuri.
 
Moltissimi alberi attorno a loro stavano iniziando a perdere le foglie, segno che l’autunno stava inevitabilmente per arrivare, e le giornate di sole si stavano abbreviando.
All’improvviso, la Temperanza pensò alla Superbia e se il suo potere risentisse delle poche ore di luce presenti nelle stagioni fredde, ma Samuel la ridestò chiedendole qualcosa:
 
“Vi conoscete da tanto, lei e le sue amiche?”
“Forse persino da troppo. Io, May e Rita condividevamo il Dormitorio, e Cris era sempre del nostro anno, solo Grifondoro.”
 
“Si deve essere divertita, con amiche del genere.”
 
Sam sorrise e Jezabel annuì, inclinando le estremità delle labbra in un debole sorriso nel ricordare le scaramucce di Rita e Maysen in Dormitorio.
 
 
“MAY! IL BAGNO! ADESSO! E’ un’ora che sei lì dentro!”
“Ci vuole tempo per farsi belle!”
 
Rita prese a pugni la porta, spazientita, mentre Jezabel si rassettava il letto. Sapeva benissimo che c’erano decine di Elfi pronti a farlo per lei, ma suo padre l’aveva sempre abituata a sistemarselo da sola appena sveglia, ed era un’abitudine che non sembrava intenzionata a perdere.
 
“Jess, ti prego, dammi una mano!”
“Cosa sta facendo May?”
“Si sta facendo qualcosa ai capelli con una specie di pozione, non ne ho la minima idea…”
 
“Mi sto facendo le onde, e se mi permetteste di farle anche a voi sareste ancora più carine!”
 
Rita si mise una mano sul viso, strofinandosi gli occhi mentre si domandava come fosse riuscita a sopravvivere per sette anni condividendo il bagno con l’amica. Jezabel invece sorrise, asserendo a Maysen che ne avrebbe fatto a meno mentre raggiungeva Rita e la prendeva sottobraccio:
 
“Perché non andiamo in uno dei bagni comuni e poi facciamo colazione? Sto morendo di fame.”
 
“Va bene… è una fortuna che ci sia tu, Jess.”
 
 
 
Salem picchiettò la bacchetta sulla porta di legno prima di voltarsi verso la strega, rivolgendo alla Virtù un’occhiata quasi preoccupata:
 
“Sa Miss, penso che per un po’ non dovrebbe venire qui, dopo oggi. Il Ministro non è affatto contento di quello che è successo l’altro giorno con la Superbia, e non ha un’alta considerazione di voi quattro.”
 
“Sam, so benissimo che il Ministro mi disprezza. Mi consolo pensando che il sentimento è oltremodo reciproco.”
 
Jezabel non battè ciglio, parlando con tono neutro fissando la porta chiusa finchè non venne aperta da Alanis, che stringeva una sigaretta tra i denti.
 
La strega fece indugiare gli occhi verdi velati da una sfumatura quasi giallastra su Jezabel prima di rivolgersi al Cavaliere, sfoggiando un sorrisetto malizioso prima di fare un passo indietro per farli entrare:
 
“Prego. Gente, c’è il Ragazzone e quella carina che piace a Loki.”
 
Jess alle parole dell’Avarizia avvampò, per quanto le era reso possibile dal suo incarnato color caffelatte, ma entrò comunque insieme a Sam mentre la strega chiudeva la porta alle loro spalle con un calcio e la voce della Gola giungeva spazientita alle loro orecchie:
 
“Ragazzi, riunione in cucina! Alanis, osa fumare in casa e te la vedi con me, sai che non sopporto quella puzza, e il fumo passivo uccide più del fumo vero e proprio.”


Alanis scimmiottò le parole della Gola mimandole con le labbra come se conoscesse quel discorso ormai a memoria, e fece sparire la sigaretta prima di fare cenno ai due di seguirla in cucina.
 
“Ciao Jess! Come stai?”
 
Ebe, seduta sulle ginocchia di Flagro e con il braccio attorno alle sue spalle, sorrise allegra alla Virtù quando la vide entrare, ricambiata dalla strega:
 
“Ciao Ebe. Dovrei chiedertelo io.”
“Rita mi ha rimessa in sesto, a quanto pare! Dille da parte mia che è un portento.”
 
Ebe sorrise allegra e Jezabel annuì divertita, astenendosi dal farle sapere che lo sapeva bene lei stessa, visto e considerato che ci aveva persino lavorato assieme.
 
“D’accordo gente, cerchiamo di non fargli perdere più tempo del dovuto… Che cosa dovete dirci?”
 
“Beh, pare che l’altra sera i Cavalieri abbiano trovato qualcosa di molto interessante nascosto in un corridoio del livello più profondo del Ministero. Sette bacchette magiche, per l’esattezza.”
 
“Pensa che siano le nostre?”


“Non vedo di chi altro potrebbero essere. Quando avete perso le vostre, di preciso?”
 
“Ce le hanno ritirate quando siamo andati ad Azkaban la prima volta, naturalmente. Di norma vengono spezzate, ma le avevano conservate e il Ministro ce le ha riconsegnate quando ci ha fatti uscire. Poi ce le hanno tolte di nuovo, ma pensavamo che le avessero distrutte, questa volta.” 
 
Salem incrociò le braccia al petto e aggrottò la fronte, perplesso, ma Jezabel, in piedi davanti al tavolo accanto a Sam – che però si era dovuto sedere per non urtare il lampadario con la testa – si strinse nelle spalle continuando a tenere le mani nelle tasche dell’impermeabile.
 
“Evidentemente non l’hanno fatto. Dopotutto si parla di bacchette straordinarie, da quanto ho sentito, e forse il Ministro ha pensato che distruggerle sarebbe stato uno spreco. Sono tutte gemelle, vero?”
 
“Sì, hanno tutte lo stesso nucleo.”
 
Mac annuì, pensierosa, mentre Ebe volgeva lo sguardo su Loki, seduto di fronte a lei. La strega sfoderò il suo sorrisetto più malandrino cogliendolo in fragrante ad osservare Jezabel, ma la Lussuria le intimò con un’occhiata glaciale di farsi gli affari propri.
 
“E pensate di potercele… recuperare?”
“Onestamente penso che sia poco fattibile. Benchè io abbia una bassa considerazione dell’intelligenza del Ministro, nutre già sospetti su di noi. In realtà è alla ricerca di un pretesto per liberarsi di me e delle mie colleghe da sempre, quindi per noi quattro è meglio stare lontane dalla scena. Penso che dovreste essere voi stessi a recuperarle facendo irruzione al Ministero. Quando sarete tutti e sette, è chiaro.”
 
Jezabel si strinse nelle spalle, serafica, mentre la mascella di Ebe quasi si snodava: aveva appena consigliato loro di fare irruzione nel luogo più controllato della Gran Bretagna?
 
“E’ un suicidio.”
Loki aggrottò la fronte, scettico, ma Jezabel replicò senza battere ciglio:
“Se c’è qualcuno che può farlo siete voi. E noi vi aiuteremo, chiaramente.”
 
Jezabel accennò a Samuel, che sorrise allegro e annuì prima che Flagro aprisse bocca per la prima volta da quando era entrato nella stanza.
 
“Una cosa non mi è molto chiara.”
Udendo quella voce profonda a lei del tutto estranea Jess si voltò verso il mago, invitandolo a parlare inarcando un sopracciglio mentre la Superbia la studiava con interesse e un velo di diffidenza allo stesso tempo:
 
“Perché fate questo? Aiutarci, intendo. Adesso ci sta consigliando di riprenderci le nostre bacchette… non sarà un tentativo di consegnarci al Ministro?”
 
“Il nuovo Ministero mi ha stancata. Ci ha stancate, in realtà. Da quando Finch è morto non è più quello di una volta, Sam lo può confermare. Il nuovo Ministro non ha a cuore gli interessi della comunità, ma solo i propri, e usa sempre più spesso i Cavalieri come sue guardie personali per fargli favori in cambio di aumenti di stipendio. In ogni caso, sono stata io, settimane fa, a consigliare a Mackenzie di riunirvi per dimostrare la vostra innocenza, e a dirle quando far evadere il Signor Murray.”
 
“Come fa ad essere così certa della nostra innocenza?”
 
Flagro la guardò, leggermente dubbioso, ma Jezabel non rispose, limitandosi a sfoggiare un debole sorriso mentre Mac annuiva, asserendo che la strega avesse ragione.
 
“Devo ancora capire come mi ha trovata, però.”
La Gola guardò la Temperanza con sincera perplessità: se lo chiedeva da settimane, la strega non le aveva mai dato una risposta chiara.
 
“E’ stato difficile, sei stata brava, lo ammetto, ma ho i miei metodi.”
Jezabel si strinse nelle spalle e poi, dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio che teneva al polso, asseriva di dover andare.
 
Sam si alzò per scortarla fuori, salutando i presenti mentre Flagro, osservandolo, domandava qualcosa che fece scoppiare a ridere Ebe:
 
“Ma come fa a passare dalle porte?!”
 
 
La strega stava per rispondere che non ne aveva quando, all’improvviso, vide Loki alzarsi e uscire dalla stanza a a grandi passi mentre Salem, Mac e Alanis discutevano dei pro e dei contro di andare a riprendersi le proprie bacchette mettendo il Ministero sotto assedio.
 
“Io ci sto, spacchiamo tutto!”
“Alanis, il tuo entusiasmo è fantastico, ma prima dobbiamo trovare Sider, è fondamentale.”
“Va bene, allora la nostra Mac sfodererà il suo trecentesimo asso nella manica e ci dirà dove si trova, vero?”
 
Alanis sorrise alla strega, che però asserì di non averne idea, sconvolgendola:
 
“Ma tu sai sempre tutto!”
“Non sono ancora onnisciente, Alanis!”


 
 
“Piccola, che fai?”
 
Flagro aggrottò la fronte quando Ebe scivolò dalle sue ginocchia e andò in punta di piedi verso l’arco privo di porta che collegava la cucina al salotto. La strega si acquattò mesta sulla soglia, sbirciando nella stanza accanto: non voleva assolutamente perdersi la scena.
 
 
 
“Ho una domanda da farle.”
“Prego.”
 
“Perché sono l’unico a cui da del lei?”
“Soddisfo le sue manie di onnipotenza, o almeno così mi è stato detto. C’è altro?”
 
Jezabel inarcò un sopracciglio, studiando il volto del mago cercando di non farsi trafiggere dalle sue penetranti iridi chiarissime:
 
“Dare del lei è una forma di distacco.”
“E la sorprende così tanto che io cerchi di mantenere le distanze? La mia volontà di aiutarvi è sincera, ma non scordo chi siete e cosa avete fatto. Tutti voi, non solo lei.”
 
La strega si strinse debolmente nelle spalle prima di voltarsi, ma la voce di Loki le impedì di nuovo di andarsene mentre Salem l’aspettava fuori dalla porta, tenendola aperta:
 
“Flagro ha ragione, perché è così sicura della nostra innocenza? Sa chi è stato?”
 
In arte Loki non ci sperava affatto, ma la strega, dopo un istante di esitazione, si voltò, piegando le labbra in un sorriso che lo turbò non poco:
 
“Ma è chiaro che io lo sappia, Signor Murray. Devo solo riuscire a dimostrarlo. Andiamo Sam.”
 
 
La strega si voltò di nuovo, questa volta definitivamente, e uscì dall’edificio senza che Loki la richiamasse ulteriormente, impegnato a riflettere di stucco sulle sue ultime parole.
 
“Ma cosa vedono i miei begli occhi, il mio elegantone preferito… sorpreso? Non è uno spettacolo frequente, vero?”
 
Loki si voltò e rivolse un’occhiata torva all’amica, che invece sfoderò un sorrisetto divertito mentre lo studiava beffarda, come se sapesse qualcosa che lui ignorava.
 
“Solo perché a quelle non posso leggere i pensieri, Ebe.”
“Sì, certo, e allora perché eri così smanioso di rivederla?”
 
“Non è un mistero che mi piacciano le belle donne, piccoletta.”
 
“Anche le altre sono belle, e non le hai degnate di un’occhiata! Ti tengo d’occhio, elegantone.”
 
Ebe incrociò le braccia al petto, guardandolo alzare gli occhi al cielo con aria di sfida prima che il mago si dirigesse verso le scale per andare in camera sua.
 
“Vai a giocare coi modellini, Lokino?”      Ebe sbattè amorevolmente le lunga ciglia scure, parlando con un tono cantilenante che fece pulsare pericolosamente una delle tempie del mago insieme alla storpiatura melensa del suo nome:
 
“NON SONO GIOCATTOLI, PER PRISCILLA!”
 
 
Il mago la fulminò con lo sguardo, e la guardò sghignazzare conscio dell’immensa fortuna di cui la strega era dotata: era molto fortunata che avesse un debole per lei, poco ma sicuro. E che l’uomo che ne era innamorato avrebbe potuto incenerirlo agitando un dito, certo.
 



“Finirai mai di tormentarlo, Raggio di Sole?”
 
Flagro, appoggiato all’arco creato nella parete, la guardò con un sorrisetto divertito mentre la strega, voltandosi verso di lui, andava ad abbracciarlo:


“Mi sono auto proclamata sua sorella maggiore affettiva, e il ruolo delle sorelle maggiori è rompere le scatole, io lo so bene, tesoro.”


 
 
*
 
 
“Davvero sa di chi si tratta?”
 
Samuel parlò quasi timidamente mentre accompagnava la strega lungo il pendio ormai quasi buio, anche se avrebbe potuto mandarla al tappetto solo con una leggera spintarella.
 
Jezabel annuì, scrutando l’orizzonte ricco di fauna prima di parlare, seria in volto:
 
“Come ho detto, devo solo dimostrarlo.”
 
 
 
*
 
 
 
Cristal entrò in casa saltando il fratello a gran voce, sfilandosi la giacca prima di dirigersi nel salone dove, tempo addietro, aveva assistito allo scenario peggiore di tutta la sua vita.
Come sempre cercò di non pensarci e si concentrò su Barnabas, sorridendo al ragazzo che stava apparecchiando magicamente la tavola dove, una volta, mangiavano in sei invece che in due.
 
“Ciao Barney. Come va?”
“Bene, a te com’è andata al lavoro?”
 
“Le solite cose, mi diverto a tormentare Jess e Rita, ma le adoro.”


 
“Come sta Jess?”
 
“Bene, perché me lo chiedi?”
 
“Niente di particolare.”


Barney si strinse nelle spalle, appoggiando il cestino del pane sul tavolo mentre la sorella lo osservava dubbiosa, chiedendosi il perché di quella domanda, prima di sgranare gli occhi e indicare il fratellino sghignazzando, accusandolo di avere una cotta per Jezabel mentre il ragazzo arrossiva, negando con fermezza.
 
“Sì invece! Beh, come darti torto, è meravigliosa.”
“Ma io non ho nessuna cotta, falla finita!”
“Sì, certo, e io sono la strega Morgana… Non fraintendermi Barney, sei un ragazzo fantastico, ma dovresti trovarti una delle tua età, Jess è più grande di te.”
 
“Ti stai dando della vecchia, quindi.”    Barney rivolse un sorrisetto beffardo alla sorella, che si fece improvvisamente seria e lo minacciò di mandarlo a letto senza cena.
 
“Cena che ho preparato io, a dire il vero. E non sono un bambino!”
“Non importa, sono io la sorella maggiore, qui!”


Barney buffò, borbottando che si stesse solo vendicando approfittando della sua posizione dono anni passati a fare la sorella minore a sua volta.
Disgraziatamente, si dissero entrambi mentre prendevano posto al tavolo troppo grande, Meghan e Avalon non erano più lì con loro.
 
 
 
*
 
 
 
“Perché li odi così tanto?”
“E me lo domandi? Hanno ucciso Ashley.”
 
Asher ridusse gli occhi a due fessure mentre puliva nervosamente il suo bastone, e Brian aggrottò la fronte:
 
“Quando, esattamente?”
“Quando lavoravano per il Ministro. E’ stato catalogato come “incidente” perché Ashley si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato… certo, come no. Non erano nemmeno dispiaciuti. La Lussuria la guardò riversa a terra asserendo che fosse “un peccato che una così bella ragazza fosse morta”, nient’altro.”


 
Brian esitò, non sapendo bene cosa dire in proposito. Aveva sentito tante storie diverse su quelle persone, e soprattutto sulla Lussuria da Luvienne quando era stato condannato per la prima volta, anche se la collega preferiva evitare l’argomento e il solo nominarlo la rendeva nervosa e intrattabile.
 
“Pensi che l’Invidia sia sopravvissuta?”
“Non ne ho idea. Spero di no. Seminano distruzione e dolore da anni, è ora che la smettano. Ha ucciso sua sorella, quella. Non sono dei santi.”
 
 
“Tu cerca di non affezionarti troppo ad occhi belli, non so che cosa abbia in serbo il Ministro per loro. Se ne libererà non appena ne avrà l’occasione.”
 
Brian guardò l’amico alzarsi e Asher, irrigidendosi, sibilò che non si stava affezionando proprio a nessuno prima di superarlo, livido in volto.
 
 
*
 
 
Jess stava leggendo un libro, seduta contro la testiera del letto imbottita e coperta da un morbido plaid color crema.
 
Scorse di sfuggita una presenza pelosa intrufolarsi nella stanza e piazzarsi accanto al letto, guaendo piano.
 
“Tristano, no. Lo sai che non puoi.”
Jezabel parlò senza staccare gli occhi dal libro mentre il grande cane, affranto, guaiva ancora più forte facendole gli occhi dolci, accucciato sul pavimento.
 
La strega sospirò e gli lanciò un’occhiata scettica prima di annuire, puntandogli un dito contro con fare perentorio:
 
“Solo stasera, chiaro? Vieni, dai.”
 
Diede un paio di colpetti sul materasso e Tristano, felice, saltò facilmente sul letto per accoccolarsi sopra al lenzuolo ai piedi della padrona, che scosse il capo con un sospiro: la chiamavano “Temperanza”, e poi non sapeva resistere ai guaiti del suo Terranova.
 
 
*
 
 
 
Sider si tirò il cappuccio della felpa blu sulla testa, coprendo buona parte della sua chioma di capelli rossi. Passando davanti ad un cestino ci buttò dentro il giornale che aveva trovato su una panchina, incuriosita dalla foto che spiccava in prima pagina. Conosceva quel viso, anche se non lo vedeva da tempo.
 
La strega s’infilò le mani nelle tasche e pensò a ciò che aveva letto: la Superbia era apparsa dal nulla uccidendo alcuni Cavalieri a seguito del torneo di Agrardis che aveva in palio il martello magico di una sua vecchia conoscenza.
 
L’Invidia, a quanto pareva, era stata lasciata in fin di vita dai Cavalieri.
 
Sider alzò lo sguardo sul cielo stellato e pensò ad Ebe, ricordandola come una delle persone più allegre e solari che avesse mai conosciuto. Le piaceva molto, Ebe, anche se non rispondeva quasi mai alle sue domande inerenti al suo passato.
 
Sperava che non fosse morta, che in qualche modo l’avessero salvata, ma non aveva modo di ottenere quelle risposte, al momento. Probabilmente l’avrebbe saputo solo che i suoi vecchi amici l’avessero trovata, e al momento non aveva molta voglia che ciò accadesse.
 
Era questione di tempo, se mancava solo lei, ma a Sider di riabilitare il suo nome importava bene poco. La sua famiglia la odiava e la riteneva la peggiore dei criminali, e difficilmente avrebbero potuto cambiare idea su di lei, dopo quello che aveva fatto.
 
In un certo senso quello strano senso di familiarità dato dai Peccati Capitali le mancava, ma era riuscita a nascondersi molto bene per tre anni, e la prospettiva di tornare a scontrarsi con altri e rischiare la vita di continuo non l’aggradava granché. Non ne aveva voglia. Si rigirò pigramente l’anello d’oro che portava al dito, un vecchio regalo che portava sempre con sé da anni, mentre sedeva su una panchina, reclinando la testa e chiudendo gli occhi.
 
Non nutriva nessun timore verso i Cavalieri Sacri che avrebbero potuto trovarla prima dei suoi vecchi amici. Ci avrebbe pensato Chastiefol, in caso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
Buongiorno!
Mi scuso per non aver pubblicato il capitolo ieri, ma non ero soddisfatta di come stava venendo e ho preferito prendermi più tempo. Chiaramente si tratta di un capitolo di transizione, anche perché devo capire come muovermi in base a quanti e quali personaggi potrei dover eliminare prossimamente.
Ci sentiamo la prossima settimana, intanto buona domenica, e prendiamoci tutte un minuto per ammirare Tristano: Anna, dammene uno anche a me, non solo a Jess T.T 
Tristano

 
Signorina Granger
   
 
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