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Autore: StargazingMomo    04/12/2020    2 recensioni
Sono trascorsi due anni dalla sconfitta degli androidi nella dimensione mirai. Un nuovo nemico, con legami col passato, si profila all'orizzonte con l'intenzione di sfruttare il potere delle Sfere del Drago, scomparse da tempo. Ce la farà? Quale sarà il destino del futuro? [Mirai!Trunks/Nuovo Personaggio]
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mirai!Bulma, Mirai!Trunks, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dall'Act I:

La serratura dello sportello della cella d'ibernazione, d'un tratto, si aprì. La data impostata come termine della crioconservazione era scoccata e, quindi, quella misura di auto confinamento che aveva scelto era terminata. Due occhi scuri si spalancarono dietro l'oblo della cella. Era tornato."

"[...] Il suo istinto fu quello di indietreggiare per rientrare nel negozio, ma quasi inciampò nel piccolo gradino rischiando di cadere.

«Yume....»
Al suono della sua voce il cuore di lei perse quasi un battito e non riuscì a trattenersi oltre davanti al ragazzo, facendo per scappare in direzione del dojo, ma lui riuscì a fermarla afferrando la sua mano destra.
«Trunks...» esclamò con un filo di voce. "

                                                                                  ****


«Scusa, non avrei dovuto.»  
Nell'attimo in cui il ragazzo cominciò a far scivolare la mano di Yume lontano dalla sua, il ritmo forsennato e ipnotico delle aircar che saettavano lungo le corsie una dopo l'altra sembrò rallentare di colpo, come per rimanere sospeso nel tempo. Il vocio insistente dei passanti, che si intrufolava molesto fino a pochi istanti prima nelle sue orecchie, ammutolito in una dimensione lontana.
Anche il suo stesso cuore sembrava aver rallentato il suo incessante battito, quasi per provare a offrire il suo contributo nel prolungare il più possibile quei secondi preziosi. D'un tratto, gli occhi castani di lei si immersero timidamente nei suoi e Trunks sentì l'ossigeno riempire i suoi polmoni per la prima volta da quando si erano lasciati, ma le sue dita stavano per sgusciare via da lui nel giro di un battito di ciglia.

«Devo andare, sono già in ritardo.»
L'affermazione sommessa della ragazza s'incastrò perfettamente con il loro distacco definitivo. Distinse le aircar riprendere la loro velocità usuale, lo strepito della folla aumentare di volume; la bolla era scoppiata. Una nuvola di capelli miele l'accompagnò mentre si voltava e proseguiva per la sua strada.
L'aveva persa e, forse, era giusto così.
La suoneria del suo smartphone lo distolse dai suoi pensieri:

«Signor Brief, ma dov'è finito?»  una voce maschile spazientita lo apostrofò dall'apparecchio.
«Mi scusi molto del ritardo, Signor Nakama, ma la mia aircar si è guastata a pochi chilometri dal ristorante. Ho appena chiamato il soccorso stradale...» non poteva certo volarsene via come se niente fosse.

                                                            ****

Yume ebbe la sensazione che le sue sneakers quasi affondassero nell'asfalto del marciapiede, come se fosse di marmellata. Tutto sembrava come distorto intorno a lei, malfermo, dubitava quasi che le sue gambe riuscissero a condurla sana e salva al dojo.
Perché si era voltata? Si era sentita improvvisamente così coraggiosa da poter affrontare quegli di cielo senza provare nulla?  . Un nodo allo stomaco le aveva impedito di respirare. Per dei secondi che le erano sembrati eterni la sua mente le era parsa alla stregua di una scatola vuota capace solo di incamerare il suo sguardo e nient'altro. Poi aveva miracolosamente ripreso il controllo di sé ed era riuscita ad articolare qualcosa per poi allontanarsi.
Inspirò profondamente ed espirò, poggiandosi alla parete ingrigita del dojo che aveva finalmente raggiunto. Non avrebbe mai voluto deluderlo, ma purtroppo si rendeva di averlo fatto, invece.

«Trunks volevo ringraziarti.»
«Per cosa, scusa?»
«Per avermi mostrato che posso ancora sperare in un futuro senza androidi. Lo devo solo a te.»
«Io dovrei ringraziare te Yume, casomai, mi hai dimostrato che ci sono ancora persone disposte a lottare e a sperare in un domani migliore.»
«Farò di tutto per non deluderti.»
«Non potresti mai farlo.»
Quelle parole ancora risuonavano nelle sua memoria, come fosse appena successo. La ragazza si voltò appena per rubare un'ultima volta con lo sguardo la sua figura, a un centinaio di metri da lei, intenta a dare indicazioni al carro attrezzi per caricare la sua aircar in panne, a quanto pareva. Yume avvicinò una mano alle labbra e soffiò un bacio nella sua direzione, poi si obbligò a voltarsi per salire le scale del dojo.

                                        ****

Lo sportello della capsula criogenica volò via, sganciandosi dai cardini, a causa del potente colpo subìto. Una mano robusta avvolta da un guanto di pelle si aggrappò al suo bordo esterno in maniera tale da darsi lo slancio per uscire, mentre uno stivale combat color nero si apprestava a posarsi sul pavimento, vittima dell'incuria, del laboratorio sotteraneo.
Il suo esperimento era riuscito. Si era risvegliato dall'ibernazione e non aveva sofferto alcun danno; il meccanismo da lui messo a punto per la riattivazione cellulare aveva funzionato a dovere e si sentiva divinamente, come non mai. Con un pugno accese l'interruttore dell'illuminazione al neon della stanza che, dopo qualche capriccio, si avviò. Mosse i primi passi nell'ambiente abbandonato a sé stesso, la polvere si sollevava dal suolo ad ogni suo movimento dandogli così, a modo suo, quasi il benvenuto.
Anche il trattamento a cui si era sottoposto, in primo luogo, durante l'ibernazione aveva dato i suoi frutti, sentiva il peso della sua nuova struttura fisica ogni volta che metteva un piede davanti all'altro. Si stava decisamente ancora abituando, ma sarebbe stata solo questione di poco tempo. Si avvicinò al tavolo da laboratorio posto a ridosso della parete destra, allontanò con un gesto secco la polvere che si era accumulata in tutti quegli anni e, osservando con un sorriso sinistro l'immagine distorta che la superficie cromata restituiva di lui, esclamò:

«Bentornato, dottor Mesuzu.»

                                                               ****

Lo shoji del dojo Hirano si aprì, scorrendo verso destra, facendo comparire sulla soglia la sagoma di Yume che, dopo aver lasciato le scarpe nel genkan, si guardò intorno nell'ingresso immerso in un bagno di sole che filtrava da una finestrella alle sue spalle, sempre sulla destra.
Si diresse in calzini verso sinistra, alla ricerca dello spogliatoio, pregando in cuor suo di non aver fatto veramente troppo tardi. Aveva risposto a un'inserzione che aveva trovato sul giornale, al che Everett le aveva detto di provarci e sicuramente sarebbe stata la persona più indicata per ricoprire un posto vacante come sensei. Era un modo un po' peculiare, a suo avviso, per cercarne uno ma d'altra parte in quella società che si stava ricostruendo dalle sue ceneri c'era spazio per qualche strappo alla regola.
Una volta trovato lo spogliatoio vi si addentrò e, portando una mano sulla tasca destra dei suoi treggings, esclamò:

«Grazie kami...!» aveva lasciato lì l'astuccio con le capsule dall'ultima volta che l'aveva usato.
Non si era nemmeno ricordata di controllare di avere tutto con sé tra i vari voli pindarici a cui si dedicava; basta però. Prese l'astuccio, cercando di non pensare a chi le ricordava, e premette il pulsante posto sulla sommità della capsula n.5: in una nuvola di fumo ecco apparire il suo karategi bianco.
Quindi Yume si svestì e lo infilò di corsa, per poi dirigersi verso la washitsu, la stanza che ospitava il tatami. Il parquet le sembrò insolitamente freddo durante il tragitto, anche se forse era solo lei ad essere nervosa. Fece scorrere lo shoji e gettò la sua prima occhiata all'interno. Non c'era nessuno. Sospirò. Non è che le avevano giocato un brutto tiro...? Il dojo Hirano sembrava rispettabile così a vedersi, non credeva sarebbe stato il caso. Forse lei era arrivata troppo tardi...

«Hiya!!»
Voltandosi repentinamente verso sinistra tutto quello che riusciì a distinguere fu una macchia bianca che si stava avventando su di lei e il suo istinto fu quello di respingere l'attacco con un calcio. La macchia lo schivò e poggiò i piedi nuovamente sul tatami.
«Così sei tu la ragazza per il posto di sensei, giusto?»
Gli occhi nocciola della ragazza si soffermarono sulle rughe che parevano quasi una cartina geografica sul volto dell'uomo che l'aveva appena interpellata.
«Sorpresa? Io sono Hirano-sensei. Come puoi notare dal mio aspetto, ho molto esperienza e sono sopravvissuto agli androidi, esattamente come te. E' stato per via dei tuoi buoni riflessi?»
L'aveva colta veramente alla sprovvista. Non si sarebbe mai aspettata un attacco così a sorpresa.
«Mi perdoni per il ritardo, Hirano-sensei...! Non era mia intenzione mancarle di rispetto!» quindi congiunse le mani e si inchinò davanti al maestro.
«Posso vedere che il tuo cuore è turbato...»
A quell'affermazione Yume sgranò gli occhi. Era così evidente? Da quale particolare l'aveva notato? Eppure aveva cercato di  reagire in maniera più rapida possibile e, infatti, anche lui aveva sottolineato i suoi buoni riflessi.
Hirano-sensei scoppiò in una sonora risata.
«Una di quelle baggianate pseudo-mistiche?! Dai, seguimi in posizione e cominciamo il combattimento.» la ragazza, però, notò che l'uomo la stava osservando di sottecchi mentre si avviava al centro del washitsu, ma sul lato opposto del tatami rispetto a lei. La sua statura non gli permetteva di superarla in altezza, che già non era esattamente una spilungona, ma in compenso si era rivelato piuttosto agile.
Si esibirono entrambi nell'inchino rituale e, lo shomen, ovvero la parete cerimoniale, alla loro destra. Hirano-sensei esordì con un pugno che Yume parò senza difficoltà, al che lui esclamò:

«Come hai cominciato con il karate? Chi ti ha dato le basi?» mentre respingeva un calcio.
«Mio padre. Sfortunatamente non ho mai avuto la possibiltà di entrare nel suo dojo, anche lui era sensei, visto che è stato distrutto dagli androidi.» si scansò per evitare un colpo di gomito.
«Mi dispiace. E' ancora in vita o...?»
Perché tutte quelle domande? Stava perdendo la concentrazione; doveva rimanere focalizzata in modo da dimostrare le sue capacità, voleva impressionarlo. Pensò di non rispondere alla domanda e procedere con una finta per poi colpirlo con uno sgambetto, facendogli perdere l'equilibrio. Sperava così di guadagnare un vantaggio e dimostrare le sue doti tecniche.
«A cosa stai pensando? Non distrarti!» l'impatto con il tatami fu improvviso e deludente.
Yume rimase immobile, a terra, constatando la sua sconfitta. Lo sguardo perso nel vuoto. Cosa aveva creduto di dimostrare?

«Forza, dammi la mano, ti aiuto ad alzarti. Come hai detto che ti chiami?»
«Ancora non l'ho detto. Comunque sono Yume, anche se non credo farà molta differenza sapere il mio nome o no.» rispose lei, afferrando la mano tesa del sensei.
«Perché dici così? Dovrei conoscere il nome del mia nuova sensei.»
La ragazza lo osservò stralunata, come se avesse ricevuto un altro colpo inatteso.
«Ma io ho perso! Mi sono comportata peggio di una principiante, figurarsi insegnare!»
«Ascolta, eri troppo concentrata a voler far una buona impressione su di me e in più io ti ho giocato volontariamente qualche brutto tiro parlandoti e cercando di far diminuire la tua concentrazione.» 
«Appunto, non sarei dovuta cadere in tranelli così banali.» era convinta di poter fare meglio.
Hirano-sensei rise di nuovo. 
«Sei piuttosto severa con te stessa, il che può essere un bene, ma non esagerare. Proprio per questo sai benissimo quali sono le tecniche migliori per ottenere un certo tipo di risultato, devi solo riuscire a gestire meglio l'emotività. Ci sono passato anch'io, non siamo certo macchine. Poi se fossi stata un bluff l'avrei capito in trenta secondi.» quindi le sorrise e aggiunse:
«Allora, vuoi rimanere ad assistere alla prima lezione di oggi? Cominci domani


                                                                    ****

«Mamma! Sono tornato.»
La voce stentorea di Trunks echeggiò nell'ingresso del piano residenziale della Capsule Corporation. Si tolse le scarpe di vernice nera nel gekkan e si infilò le pantofole; avanzò di poco in direzione del salotto, quando pensò di controllare l'ora sullo smartphone. Si fermò accanto una delle finestre strette e lunghe del tondo edificio, estrasse l'apparecchio dalla tasca interna della giacca, uno spicchio di luna si riflettè sullo schermo. Lo accese, ormai erano le venti e trentuno.
I suoi occhi acquamarina si soffermarono sullo sfondo del lockscreen, che lo ritraeva mentre dava un bacio sulla guancia di una sorridente Yume. Avevano deciso di avere impostata lo stessa immagine, magari era una vera stupidaggine però in quel momento li aveva resi felici. Chissà se adesso lei l'aveva cambiata.
Gli era sembrata così distante quella mattina. Si erano incontrati per caso e il ragazzo non sperava neanche di riuscire a rivederla così relativamente presto dopo la loro rottura, ma forse sarebbe stato meglio non incontrarsi affatto.

«Trunks, tesoro! Sei stato impegnato tutto il giorno tra quel colloquio col direttore dell'agenzia di marketing, i fornitori... vero? Spero sia andata bene col signor Nakama, raccontami tutto! Ti ho lasciato la cena in caldo.»
Bulma si affacciò dal salotto, infagottata in una vestaglia lunga fino ai piedi, a braccia aperte pronta per abbracciare il figlio.
Il ragazzo si fece avvolgere dalle braccia materne, lasciandosi sfuggire un sospiro.

«Che succede, perché quel sospirone?» gli domandò la donna, una volta allontanato Trunks da sé.
«Ho fame, ti dispiace se te lo racconto dopo che ho messo qualcosa nello stomaco?»

Dopo che il ragazzo si fu rifocillato a dovere, la madre lo incalzò:
«Allora? Qualche brutta notizia?»
«No, non proprio. Con Nakama alla fine è andata bene, ha deciso di occuparsi della nuova campagna di marketing, anche se sono arrivato in ritardo perché l'aircar è andata in panne.»
L'espressione sorpresa di Bulma non fece che aumentare nel momento in cui lui le disse:
«Così ho incontrato Yume.»
«Come stava? L'hai trovata bene? Secondo te mangerà abbastanza?» non poteva trattenere quell'istinto materno che aveva sempre avuto anche nei confronti della ragazza, avendole messo un tetto sopra la testa da che era tredicenne, pensò Trunks.
«Non mi assillare di domande, ma! Credo di sì. Comunque è stato solo un attimo, non ci siamo detti nulla, praticamente.»
«Ma che faceva? Dove stava andando?»
Il ragazzo si passò due dita sulla base del naso e rispose:  
«Andava in direzione di un dojo poco distante.»
«Beh, avrebbe tutte le carte in regola per lavorarci. Potrei farle visita...!»
«Mamma!»
«Senti, io non le fatto niente, quindi potrebbe anche volermi vedere! Io sono la cosa più simile a una madre che ha, dopotutto.»
A seguito di queste parole, la donna raccolse le stoviglie sporche e uscì dalla sala da pranzo. Trunks si tolse del tutto la cravatta, che lanciò lontano, e accese la televisione. Chissà se davano qualcosa in grado di distrarlo.

                                                                                                                                End of Act II

 

   
 
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