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Autore: Emmastory    05/12/2020    3 recensioni
Muovendosi lentamente, anche ad Eltaria il tempo ha continuato a scorrere, dettando legge nella selva, al villaggio e nelle vite dei suoi abitanti. Il freddo inverno ha fatto visita a sua volta, e solo pochi giorni dopo un lieto evento che cambierà le loro vite per sempre, in modi che solo il futuro potrà rivelare, la giovane fata Kaleia e Christopher, suo amato protettore, si preparano ad affrontare mano nella mano il resto della loro esistenza insieme, costellata per loro fortuna di visi amici in una comunità fiorente. Ad ogni modo, luci e ombre si impegnano in una lotta costante, mentre eventi inaspettati attendono un'occasione, sperando di poter dar vita, voce e volto al vero e proprio rovescio di una sempre aurea medaglia. Si può riscrivere il proprio destino? Cosa accadrà? Addentratevi di nuovo nella foresta, camminate assieme ai protagonisti e seguiteli in un nuovo viaggio fatto di novità, cambiamenti, e coraggiose scelte.
(Seguito di: Luce e ombra: Il Giardino segreto di Eltaria
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-IV-mod
 
 
Capitolo XX 
 
Vento che si rialza 
 
Ancora alla grotta, mi stavo rialzando da terra. Ero rimasta in ginocchio e con le mani giunte per quelle che mi erano sembrate ore, e a giudicare dalla quasi totale assenza di luce nella caverna, dovevano esserne passate parecchie. Non ero a casa, non avrei certo trovato un orologio appeso alle mura della grotta, e scuotendo la testa, decisi di non badarci. Da ormai due, quasi tre giorni, il sole mi faceva da meridiana, e osservando alcune ombre che già si stagliavano contro le pareti di roccia, capii che si stava di nuovo avvicinando la notte. A dirla tutta, anche solo guardare ciò che mi accadeva intorno mi aiutava ad orientarmi nel tempo. Sempre al mio fianco proprio come Christopher, anche Cosmo aveva provato a recitare delle preghiere tutte sue, e ora che mi ero rimessa in piedi, lui restava seduto al mio fianco, silenzioso e impegnato a guardarmi con i suoi grandi occhi azzurri. “Come ti senti? Bene?” sembra chiedere, con un debole uggiolio che ha tutta l’aria di un breve, mesto saluto. Silenziosa quanto e forse più di lui, sul momento non dissi nulla, e poi, con la schiena posata contro uno degli alberi lì intorno, sicuramente piantato da Aster, Amelie o le loro sorelle come parte di qualche rito, molto probabilmente una celebrazione della vita nella foresta nonostante le avversità, sospirai. “Giornata lunga?” mi chiese qualcuno, sorprendendomi. Del tutto impreparata, mi guardai intorno, e proprio allora, tutto mi fu chiaro. “Lea! Santo cielo, non prendermi così alle spalle!” sbottai, fingendo rabbia realmente non provata. Mi aveva spaventata, certo, ma forse l’aveva fatto senza volere, e in più sorrideva, il che significava che non c’erano cattiveria né malizia nel suo gesto. “Hai detto santo? È soltanto una massa di stelle, fatina.” rispose, il suo solito e pungente sarcasmo chiaro come il sole. “Potrà anche esserlo, Lea, ma a volte anche quelle possono essere simbolo di speranza, sai?” le feci notare, parlandole tranquillamente. “Voi e le vostre credenze... per un bel periodo anche Chris e i nostri hanno cercato di inculcarmele. Inutile dire che non abbia mai funzionato. È come diceva alla bambina, lì. Susie, o come si chiama.” Breve e concisa, la sua spiegazione non faceva una piega, e nonostante non fossi del suo stesso avviso, in quanto credente, decisi di non dar peso alla cosa né imporle nulla, e anzi, rispettarla. “Non preoccuparti, non ho alcun problema con questo. Ovvio, io invece credo, al contrario di te, ma non ha poi chissà che importanza. Se anche Chris fosse stato ateo probabilmente ci saremmo innamorati lo stesso.” Commentai, sorridendo lievemente e buttando un occhio a mio marito, ora impegnato a giocare con Lune al caro vecchio Magimani. In quanto umano, era in netto svantaggio rispetto a lei, ma c’era da dire che era anche una bambina, e la cosa più importante che si divertisse. E per qualche attimo restai lì a guardarla, mentre battendo le manine dava ogni volta vita a spettacoli e giochi di luce sempre diversi. Poco dopo, però, la voce di Leara mi riportò al presente. “Ti credo, Kia, davvero. Nonostante sia atea.” Esattamente come prima, un’altra delle sue battute, alla quale, riscuotendomi dal torpore in cui sembravo essere caduta, risi di cuore. “E non alta?” azzardai, stando al suo gioco e trattenendo a stento una piccola risata. “Esatto.” replicò subito lei, mangiando la foglia e scoppiando a ridere a sua volta. “Parola di Lucy.” Conclusi infine, senza smettere di ridere. Chiamata in casa, la pixie si voltò verso di noi, e non appena mi strinsi nelle spalle, tornò a giocare con Esteban, che, ne ero certa, nonostante le orecchie grandi e l’innata goffaggine, l’avrebbe protetta per il resto dell’infanzia. Notandoci, Christopher fu il primo ad avvicinarsi, seguito poi da Danny, che fino a quel momento mi era sembrato perso in un mondo tutto suo, dato il modo in cui studiava le pareti di roccia alla ricerca di chissà cosa. “Non troverai iscrizione alcuna in questo luogo, mio caro.” Gli aveva detto Amelie, seccata dal suo continuo investigare. “Va bene, d’accordo!” si era limitato a rispondere lui, alzando le mani in segno di resa e indietreggiando fino ad allontanarsi definitivamente. Subito dopo aveva sussurrato qualcosa, ma non avevo capito cosa. Scrollando di nuovo le spalle, scelsi di non badarci, e avvicinandomi a Christopher per un abbraccio, gli sorrisi. Ero davvero felice, non mentivo, ma nonostante tutto, il mio fu un sorriso amaro. Era bello avere intorno tante persone, tutte pronte a sostenermi a modo loro, come mia madre, impegnata a discutere con i suoi genitori per distrarsi e quelli di Lucy e Lune, che anche a quell’ora della notte si davano un gran da fare per tenere occupata la più piccola, tutt’altro che stanca e piena di voglia di giocare. A quella vista, lasciai che un secondo sorriso mi spuntasse in volto, e sempre fra le braccia di Christopher, lasciai che mi accarezzasse piano la schiena e i capelli. Memore delle magre figure del passato, anche se in realtà nessuno mi aveva mai giudicata quando succedeva, sperai di non lasciarmi prendere la mano ed esagerare davanti a tutti i presenti, e per fortuna, almeno in quel frangente, il mio cuore sembrò darmi retta. “Cos’è, vi stavate divertendo?” chiese, sfoggiando il solito, luminoso sorriso del quale mi ero innamorata. “Si vedeva così tanto?” gli dissi, rispondendo a quella domanda con un’altra. “Devo dire di sì, tesoro.” Quella la sua replica, di fronte alla quale mi sciolsi come neve al sole, anche se, nonostante la stagione, di quella non ce n’era traccia da tempo. “E io posso dire aria, ragazzi?” intervenne sua sorella, chiaramente a disagio, o forse solo annoiata dal nostro chiacchiericcio. “Lea!” la riprese qualcuno poco distante, quasi richiamandola all’ordine. “Cosa, mamma? Non dirmi che non li sentivi anche tu!” si lamentò lei, in evidente imbarazzo per essere stata sgridata, anche alla sua età. Aveva solo qualche anno più di me e Chris, lo ricordavo bene, eppure ecco che a volte veniva fuori il suo lato più infantile, come in quel caso. “Non preoccuparti, Andrea, non ci ha offesi.” Dissi allora io, intervenendo senza preavviso e correndo metaforicamente in suo soccorso. “Meglio così, Kia cara, a volte mia figlia esagera.” Replicò la donna, sinceramente sollevata. Ad essere onesta, non sapevo se ciò che avesse detto sul conto della figlia fosse vero, e pur fidandomi del suo giudizio, scelsi di lasciarmelo scivolare addosso, lasciando parlare i fatti e osservando da me. In fin dei conti, fino ad ora non mi aveva certo mortificata, e ridacchiando, tornai a concentrarmi su Chris. “Scusa, dicevamo?” tentai, nella speranza di ritrovare il filo del discorso. “No, niente, tranquilla. Ero venuto a vedere come ve la passavate.” Replicò lui, regalandomi ancora quello stesso sorriso. Imitandolo, sentii le guance bruciare, e presa dall’emozione, mi ersi sulle punte per un bacio. “Benissimo, ti ringrazio.” Gli risposi, non appena ci staccammo. “Aspetto ancora il momento dei piccoli.” Sussurrai poco dopo, abbassando la voce per non essere udita che da lui. “Anch’io, fatina, anch’io. Sarà bellissimo, vedrai.” In poche e semplici parole, la rassicurazione che non mi aspettavo di ricevere, ma che prevista o no, mi rese felice. “Ti credo, custode mio, e ti amo.” Dissi poco dopo, con la voce ancora ridotta a un sussurro. Da allora in poi, scivolai nel silenzio, e al sicuro in quell’abbraccio, ascoltai il battito del suo cuore unito al mio. Distratta da qualcos’altro, probabilmente di nuovo la diavoleria da cui Chris l’aveva convinta a staccarsi, Leara non ci stava più guardando, e anzi, con la schiena appoggiata a una delle pareti della grotta, teneva gli occhi bassi. Di tanto in tanto, ridacchiava fra sé e sé, e ormai sicuro che andasse tutto per il meglio, anche Christopher mi lasciò da sola, dirigendosi infatti verso Danny. Solo anche lui, aveva in mano un marchingegno simile a quello della fidanzata, mentre Cosmo, triste all’idea di essere ignorato, e stanco di giocare con Valiant e gli altri volpacchiotti, restava seduto davanti a lui, mugolando nella speranza di attirare la sua attenzione. Troppo concentrato su quello strano oggetto, però, Danny non sembrò notarlo, almeno finché il mio Arylu, che fino ad allora le aveva davvero provate tutte, non gli piantò le zampe sulle ginocchia, come per fare le feste. Un’abitudine tipica di tutti i cani, che nessuno, nemmeno io, gli avrebbe mai tolto. “Ma cosa...” biascicò, confuso. “Scusa!” non potei non rispondere, imbarazzata. Sollevando finalmente lo sguardo, il ragazzo di Leara sembrò capire, e con un lieve sorriso, si rivolse al mio lui. “Chris, che cos’è? Un cane, questo?” azzardò poco dopo, regalando un sorriso al caro Cosmo. Prima che Chris potesse rispondere, però, il diretto interessato prese la parola, e abbaiando, gli si fece più vicino. Sedendosi con lui, scosse anche la testa, e in breve, udii il tintinnio della sua medaglietta. Nulla di speciale a dire il vero, solo un dischetto di metallo con sopra incisi il suo nome, quello della nostra famiglia e l’indirizzo. “Sono Cosmo, e voglio esserti amico.” Pareva voler dire mentre si pavoneggiava, buffo come pochi. “Sì, Dan, quelli come lui si chiamano Arylu. Ovvio, non sono draghi, ma...” Provò a rispondergli Christopher, non riuscendo però a finire quella frase perché distratto da qualcosa, anzi, qualcuno. Desideroso di restare al centro dell’attenzione, proprio Cosmo, che ora, seduto su due zampe, aspettava. Una posa e uno spettacolo teneri, dovevo ammetterlo, per i quali provai anche una punta d’orgoglio dati i risultati del nostro addestramento. “E adesso cos’ha?” non potè evitare di chiedere Danny, nuovamente confuso. “Sempre il solito. È un pasticcione, e vuole giocare. Vuoi avere tu l’onore?” gli rispose il mio amato, sorridendo all’amico quattrozampe e indicando con lo sguardo un rametto lì in terra. Perfetto per una breve sessione di riporto, se Danny avesse voluto. “No, amico, non ora. Ma ascolta, hai davvero detto draghi?” continuò poco dopo quest’ultimo, curioso come non mai. A quanto sembrava, anche il mondo degli umani era istruito sul nostro, e alcuni di loro erano più assetati di conoscenza di altri. Danny era l’esempio perfetto, e lo stesso valeva per Leara, anche se ora se ne stava lì ferma a fissare quello strano oggetto liscio e quasi del tutto privo di pulsanti. Fermandomi a pensare, scavai in fretta e alla rinfusa fra i miei ricordi, e solo allora, capii. Ne avevo già visto uno, apparteneva a Chris e si chiamava cellulare. Divertita, ridacchiai appena, e nel silenzio, calato di nuovo fra tutti noi come una coltre di umida nebbia, solo il mugolio di Cosmo, ancora in attesa di un compagno di giochi. Provando pena per lui, feci per avvicinarmi, ma ancor prima che potessi muovere un passo, qualcos’altro accadde. Inaspettata, ma non per questo sgradita, un’altra ospite si era appena presentata alla grotta, accompagnata da qualcuno che sul momento non seppi se considerare o meno un amico. Confusa, aguzzai la vista, e all’improvviso, un guizzo di memoria mi saltò in mente. Stentavo a crederci, ma era lo stesso ragazzo che avevo visto con lei. Capelli rossi, occhi grigi e mantello nero. Sulla spalla un cucciolo di Pyrados che parve sorridere, e in altre parole, nell’insieme un mago a tutti gli effetti. “Al volo, bello!” gli disse, lanciandogli qualcosa che non riuscii ad identificare. Veloce, il mio amico Arylu non se lo fece ripetere, e spiccando un balzo, afferrò l’oggetto. Preoccupata, sperai che non fosse nulla di pericoloso, ma poi, vedendo come si leccava il muso, tirai un sospiro di sollievo. “Misa, grazie!” esclamai, grata e felice di vederla. Camminando, mi avvicinai di qualche passo, e seppur sorpresa, lei fece lo stesso, fino ad abbracciarmi. “Kaleia, non ringraziare me, è stata un’idea di Robert. Sai, lui adora gli animali.” Rispose, sforzandosi di parlare in tono tranquillo nonostante l’emozione. “Robert?” biascicai, non sapendo cos’altro dire. “Esatto. Vedi, lui è...” iniziò a dire lei, indecisa. Comprendendo appieno l’emozione del momento, annuii per incoraggiarla, e con un cenno del capo, informai mutamente Christopher, occupato come le ninfe a mostrare a Danny e Leara la tana di Blaze, ancora protettiva e gelosa delle uova rimastele. Non sapevo quando, ma un giorno si sarebbero schiuse rivelando i suoi piccoli, e in un certo senso lo stesso sarebbe accaduto ai miei bambini, ragion per cui non la biasimavo affatto. Capendo al volo, Christopher si congedò dalla sorella e dal ragazzo, e raggiungendomi, non esitò a presentarmi. “Marisa, un piacere rivederti. Chi è il tuo amico?” disse soltanto, per poi scivolare nel silenzio in attesa di una risposta. “Chris, lui è più che un amico. È Robert, il mio fidanzato.” Confessò infine, arrossendo in volto per un misto di emozione e imbarazzo. “Cosa? Sul serio? Cielo, congratulazioni!” esplosi in quel momento, con la parte più umana ed emotiva di me a farla da padrone. “Ti ringraziamo, anche se vorremmo tanto che sua madre fosse contenta come voi. Chris e Kia, giusto?” replicò il giovane, sorridendo appena e chiudendosi in un silenzio tutto suo. “Kaleia, a dire il vero, ma rispondo anche a quello, non preoccuparti.” Gli dissi gentilmente, per poi sorridere e lasciar cadere l’argomento. “Davvero?” sussurrai poco dopo, sinceramente dispiaciuta. “Già, al momento non approva di noi e della nostra relazione, ma a me non importa. Se sono nata, significa che anche lei ha conosciuto l’amore, un tempo, no?” confermò, per poi chiudere con un’osservazione semplice e al tempo stesso degna di nota. Poteva sembrare strano, ma nonostante fosse ancora giovane, Marisa era insieme saggia e forte, e malgrado mi spiacesse per lei e per il rapporto con sua madre, che avrei potuto unicamente definire conflittuale, ero anche fiera di lei. Stando a ciò che avevo imparato con il tempo, infatti, specialmente dalle anziane, era giusto ribellarsi e combattere per ciò in cui si credeva, nel caso di Marisa, come nel mio del resto, in nome dell’amore. Un amore che forse la strega Zaria non avrebbe mai visto di buon occhio, o forse sì, eventualmente, ma che per ora avrebbe continuato a crescere ed evolvere, con o senza la sua benedizione. Restando in silenzio, i miei due amici si strinsero la mano, e felice per loro, regalai una carezza al loro cucciolo di drago. Contento di tante attenzioni, il piccoletto mosse il collo come un gattino alla ricerca di coccole, ricordandomi tanto Willow, e incredibilmente, prese ad emettere un verso tutto suo, simile, appunto, alle fusa di un gatto. “E tu chi sei?” gli chiesi, alzando la voce di qualche ottava fino a renderla stridula. Come c’era d’aspettarsi, il draghetto non rispose, e poco dopo, Robert riprese la parola, facendo le sue veci. “Non ha ancora un nome, temo. Misa ed io gliene troveremo uno, con il tempo, anche perché in parte è grazie a lui se ci siamo incontrati. Vero, streghetta?” si limitò a dirmi, per poi voltarsi verso la fidanzata e stringerla a sé in un delicato abbraccio. “Vero. Sapete, ero lì che passeggiavo nella foresta, e lui è spuntato all’improvviso. Era solo e ferito, con un’ala incastrata nel ramo di un albero. Robert l’ha aiutato, e poi abbiamo scoperto di essere entrambi maghi, così mi ha offerto qualche lezione di magia, e il resto... è storia.” Raccontò allora Marisa, parlando per sé e per l’amato che ancora la stringeva. Ascoltando senza interrompere, Chris ed io ci limitammo a sorridere per l’ennesima volta, e in quell’istante, fui distratta da un’altra voce. Nonostante il buio e l’ora tarda, si trattava ancora di Lunie, che seduta in terra con un album da colorare sulle gambe, non si dava ancora pace. Non sapendo cosa pensare, mi scambiai un’occhiata d’intesa con i genitori, e un gesto di Oberon misto all’eloquente silenzio di Isla bastò ad aprirmi gli occhi. “Mi sa che ha già una piccola ammiratrice.” Commentai, scherzosa. “Allora andremo da lei perché lo ammiri ancora meglio.” Rispose subito Robert, capendo al volo. E così, lui e Marisa si allontanarono per presentarsi a Lucy e Lune e giocare con loro, mentre io e Chris, tristemente certi del motivo di quella sorta di riunione, tornammo al piccolo altare dedicato a Sky. Già con lei, mia madre Eliza non aveva smesso di pregare un istante, e come mi aspettavo, alcune lacrime avevano già bagnato quella pietra. “Andrà tutto bene, Eliza, non preoccuparti. È come ha detto Carlos. Non le accadrà nulla e andrà tutto per il meglio.” Le disse Christopher, avvicinandosi per confortarla e traducendo per lei le parole del satiro. Anche lui lì vicino, annuì per dare manforte a mio marito, e abbracciandola, lasciai che si sfogasse. Svegliati da tanto movimento, poi, i miei bambini riprese ad agitarsi, le loro piccole luci veri fari in questa notte di tempesta. Il cielo era scuro ma pieno di stelle, le nuvole grigie e pesanti le nascondevano, e stando almeno al rombo di un tuono in lontananza, stava per piovere. “Crediamo, ragazzi. Crediamoci insieme, tutti quanti.” Biascicò ancora lei, con la voce spezzata e rovinata dal pianto. Annuendo ancora, mi strinsi forte a lei, capendo solo allora quanto stesse tremando, mentre Christopher, a voce o con qualche gesto delle mani, richiamava gli altri ospiti presenti alla nostra veglia. Per nostra fortuna, nessuno di loro si fece attendere, e in breve tutti, ninfe comprese, ci ritrovammo insieme a stringerci le mani e sperare. Volendo partecipare, gli animali del gruppo reagirono a modo loro, ergendosi su due zampe come Cosmo o restando seduti, fermi e fieri come Red, Anya e la loro nidiata di volpacchiotti, e fra un attimo e l’altro, tutti concentrati sulla stessa nenia, pregavamo. Fu questione di pochi istanti, e il buio attorno a noi iniziò a scemare, soppiantato da una luce così forte da costringerci a chiudere o proteggerci gli occhi. Coraggiosa, feci del mio meglio per non soccombere, e finalmente, eccola. La trasformazione che tanto stavo aspettando, il primo traguardo dei miei piccoli Darius e Delia. Se ben ricordavo, il libro della famiglia di Christopher conteneva un capitolo pieno di informazioni a riguardo, e un giorno, piena di curiosità e ansia miste assieme, l’avevo letto. Era stato allora che avevo scoperto una delle grandi verità su noi fate e sul nostro stadio larvale. “Al momento della nascita, fate e altri esseri magici sono estremamente deboli, e proprio come da adulti, sin da allora segnati e formati dalle esperienze e dal mondo che li circonda. Di vitale importanza la loro educazione, che garantirà un corretto sviluppo dei poteri, destinati, a secondi di casi e fattori, a diventare magia bianca, e positiva, o nera, e distruttiva.” In quelle poche righe, l’ultima parola era bastata a spaventarmi, facendomi saltare il cuore in gola, e se non ne avevo parlato con Christopher era stato per non preoccuparlo. L’avrei fatto, certo, ma solo quando mi fossi sentita pronta, nella speranza che il momento da me considerato più opportuno non arrivasse troppo tardi. Lunghi attimi dopo, il bagliore cessò diradandosi come nebbia, e colpita ma silenziosa, Amelie mosse qualche passo verso le due lanterne. “È arrivato il loro momento, giovane fata. I tuoi figli hanno deciso di aprirsi a questo mondo, e starà a te e al tuo protettore prepararli nel tempo a venire. Buona fortuna, e sappi che nel bisogno la grotta vi accoglierà a braccia aperte.” Un discorso che ascoltai senza proferire parola, e al termine del quale, mi ritrovai a piangere come una bambina. Troppo emozionata per calmarmi, cercai rifugio fra le braccia di Christopher, e ben presto a noi si aggiunse mia madre. Commossa, anche lei piangeva in silenzio, poi, alle nostre spalle, un rantolo unito a un altro fascio di luce. “Dolce Dea, Sky!” Biascicai appena, colta alla sprovvista. Veloce come un fulmine, mi precipitai all’altare e alla sua bolla seguita da Christopher e da tutti gli altri, e quando anche il secondo lampo di luce scomparve, e la bolla si dissolse, come fatta di sapone, agii senza pensare. In fretta, protesi una mano in avanti, e di colpo, il colore del mio elemento l’avvolse completamente, permettendole per qualche istante di levitare. Cauta, l’adagiai sul pavimento di roccia perché non si facesse alcun male, e pur senza voltarmi, riuscii a sentire il calore del sole sulla pelle e il sibilo di una gentilissima brezza fra i capelli. Concentrata, non osai spezzare quell’incanto, e poi, finalmente, mia sorella riaprì gli occhi. “Sky!” quasi urlai, chiamandola per nome. “Grazie al cielo!” commentò nostra madre, con il tono sospeso a metà fra stupore e sollievo. Mantenendo il silenzio, lei non seppe cosa dirci, e massaggiandosi piano una tempia indolenzita, si guardò intorno, osservandoci alternativamente uno per uno. Me, Christopher, nostra madre, nessuno escluso. Perfino Cosmo, che irrequieto come al solito, ma mai inopportuno, corse a leccarle il viso. “Ciao! Per fortuna stai bene, ero preoccupato.” Ancora una volta, una delle frasi che potendo avrebbe sicuramente pronunciato, ma che sul momento si tradusse nel modo che aveva di comportarsi. Felice, prese a saltellarle intorno come faceva da cucciolo, e riscuotendosi, lei rise. “Cosmo, cagnolone ingombrante, smettila! Sto bene, d’accordo?” Classica Sky. Apparentemente fredda e senza modi, come l’aria che controllava, alle volte algida e senza controllo, ma segretamente calda, calma e di buon cuore. Seppur con gli occhi ancora velati di lacrime, non riuscii a trattenere una risata, che in breve, amplificata anche dall’ambiente roccioso tutto intorno a noi, si propagò echeggiando apertamente. “Sempre la solita, anche dopo un’esperienza come questa.” Commentò poco dopo Amelie, affatto sorpresa. Pur condividendo il suo pensiero, non dissi altro, e da allora in poi, finalmente davvero felice e libera dalla negatività di quelle dannate voci, che di certo sarebbero tornate, decisi di tornare a casa, e godermi, assieme a Christopher e ai miei amici, il sole, la natura e la sensazione di un vento che si rialza.  




Buon pomeriggio a tutti! Sono di nuovo colpevole di un ritardo nell'aggiornamento della storia, ma come al solito tanti impegni e altri imprevisti, fra cui, di nuovo, una mancanza d'ispirazione, mi hanno impedito di portare a termine questo capitolo. Oggi ci sono riuscita, e spero che vi sia piaciuto nella sua interezza fortemente emotiva. Finalmente Sky sembra riprendersi, e le cose tornare alla normalità grazie all'aiuto e alla speranza di tanti visi amici, ma sarà davvero così? Solo il tempo potrà dirlo, ma intanto grazie a ognuno di voi del supporto, e al prossimo capitolo,


Emmastory :)
   
 
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