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Autore: Do me a favor    05/12/2020    1 recensioni
Se avessero detto ad Akaashi Keiji che nel giro di un mese il suo amico Bokuto avrebbe fatto un viaggio in capo al mondo si sarebbe fatto una bella risata. E probabilmente se gli avessero detto che lui lo avrebbe accompagnato nel viaggio, sarebbe morto dal ridere.
Eccome un giorno il ragazzo si presentò sotto casa sua con questa proposta.
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dapjeongneo: quando qualcuno fa una domanda ad un altro avendo già in mente una ben precisa risposta. 
“È palesemente migliore la Margarita
“Anche se hai l’età per bere sei mentalmente immaturo per parlare di alcolici. Lo sanno tutti che la caipiroska è il più buono”
La musica creava un piacevole sottofondo e una luce argentata veniva proiettata dalle lampade sparse nel locale. Bokuto sedeva assieme a tutti gli altri su dei divanetti ricoperti da uno strato di pelle chiara che però veniva resa anch’essa argentata sotto i riflessi delle luci, teneva un cocktail in mano.
Di fianco a lui sedeva Kuroo, che stava animando una discussione su quale fosse la bevanda migliore (che a suo giudizio era chiaramente la caipiroska alla fragola).
“Io non credo di aver mai bevuto!”
Si girarono tutti verso la fonte della voce, ovvero Nishinoya. Il ragazzo stava in piedi con le mani orgogliosamente posate sui fianchi e un’espressione fiera sul volto. “Ho preso una Margarita” aggiunse.
Sugawara strabuzzò gli occhi, e Bokuto dedusse che non fosse stato per lui il momento migliore per bere, dato che l’ex corvo aveva sputacchiato la sua bevanda un po’ ovunque. “Tu cosa?!”
Intanto Asahi stava tirando il ragazzo per una manica della camicia costringendolo a sedersi. “Noya, non credo che convenga… non sappiamo se reggi bene l’alcol”
“Non ti preoccupare, conosco i miei limiti!”
Ed in ogni caso era comunque troppo tardi, dato che il bicchiere era già stato svuotato per metà.
“Non è vero, è pericoloso” rispose Sugawara, ma la sua voce fu sovrastata quasi completamente da Tanaka che si sbottonò violentemente la camicia per poi urlare. “Vai così Noya! Tu si che sei un vero uomo!”
Il ragazzo ricevette uno sguardo di fuoco da parte del suo senpai, che tirò un sospiro e disse. “Vado a prendere dei tovaglioli per asciugare questo casino” indicando il tavolo bagnato di un liquido leggermente rosa.
Akaashi, che aveva assistito alla scena silenziosamente, richiamò con un gesto della mano l’attenzione di Suga e disse. “Vado io, anche perché avevo bisogno di prendere un bicchiere d’acqua” poi si voltò verso Bokuto e Kuroo. “A voi serve qualcosa?”
Bokuto sussultò leggermente e scosse la testa, incapace di aprire bocca. Akaashi quindi si avviò verso il bancone.
Non appena il moro si allontanò abbastanza da non poter più sentire le conversazioni del gruppo, Bokuto circondò le spalle di Kuroo e sussurrò nel suo orecchio. “Fratello”
Kuroo voltò leggermente la testa verso di lui, avvicinando le loro fronti come tutte le volte che volevano parlare senza farsi sentire dagli altri. “Che succede fratello?”
Bokuto non seppe come iniziare, quindi deglutì a vuoto e disse. “Ehm… ieri-”
“C’entra Akaashi?” Chiese Kuroo, gli occhi che lo osservavano da dietro il ciuffo corvino come se già avesse in mente la risposta. E in effetti ci aveva preso in pieno.
Bokuto si limitò ad annuire, emettendo un verso sommesso. 
“Cos’è successo? È da stamattina che ti comporti in maniera strana”
Prese un bel sospiro, per poi dire. “Ieri mi ha messo una crema per la scottatura alla schiena”
L’altro rimase in silenzio, come per incentivarlo a continuare. Intanto il resto del gruppo aveva continuato a parlare. Se qualcuno fosse stato curioso di sentire di cosa stavano parlando gli sarebbero risultato quasi impossibile data la musica proveniente dalle casse a un volume altissimo.
“E poi ha preso a massaggiarmi i muscoli degli addominali” proseguì Bokuto. “È stato… ipnotizzante” concluse brevemente. Aveva apportato diversi tagli alla narrazione, per esempio non aveva menzionato il tocco delicato con cui Akaashi aveva trascinato i polpastrelli lungo la sua schiena, o il respiro caldo che aveva sentito sulla nuca, o il brivido lungo la spina dorsale che lo aveva percorso quando si era reso conto di quello che stava succedendo.
“E ti è piaciuto” dal tono in cui lo aveva detto sembrava più un’affermazione che una domanda. Come faceva a saperlo se lui stesso era talmente confuso da non esserne sicuro?
“Non lo so, credo di sì ma…” si allontanò leggermente dall’amico e si mise le mani tra i capelli. “È complicato!”
“Io non ci vedo nulla di complicato”
Si voltò verso il moro, e lo vide con le mani incrociate al petto mentre osservava Akaashi dall’altro lato del locale. “Insomma, è evidente che ti piaccia. E dopo la scenata di ieri azzarderei dire che anche tu piaci a lui. Anche se le prove a favore di questa tesi sono molte di più.”
Bokuto arrossì violentemente, e si sentì travolgere da una serie di emozioni talmente contrastanti da faticare a riconoscerle. Si sentiva felice, quasi sollevato, ma anche estremamente confuso. Perché stava succedendo tutto così in fretta?
“E direi che non sei l’unico interessato a lui”
Il gufo si voltò fulmineamente verso il bancone, dove Akaashi era attorniato da un gruppo di ragazze ridacchianti.
Strabuzzò gli occhi quando si accorse che la ragazza più vicina, quella con i capelli rossi, stava audacemente allungando una mano per sfiorare l’avambraccio del moro.
“Si può sapere che stanno facendo?” Chiese a nessuno in particolare.
“Credo stiano flirtando col tuo innamorato” rispose il moro, che si stava evidentemente godendo la scena, a discapito di Bokuto che non aveva la più pallida idea di cosa fare.
“Non- non è il mio innamorato!”
“Vai a prenderlo, tigre!” Esclamò il suo amico, ignorando quello che aveva appena detto e dandogli una leggera spinta sulla schiena.
Bokuto si alzò goffamente, e prese a muoversi meccanicamente verso il bancone.
 

 
Sugawara stava cercando di salvare il salvabile, mettendo dall’altra parte del tavolino (quella asciutta, chiaramente) i bicchieri che gli altri avevano appoggiato sul tavolo, per evitare che si bagnassero ulteriormente.
La sua bevanda sicuramente era una causa persa: in parte coperta di sputo, in parte rovesciata per terra e sul tavolo... era proprio inutile continuare a bere da lì.
Mentre posava il bicchiere una mano si fece timidamente spazio nel suo campo visivo.
Daichi gli stava porgendo una limonata, la sua limonata. “Se hai sete puoi sempre bere la mia. È analcolica”
Suga strabuzzò leggermente gli occhi, sentendo un piacevole calore invadergli il petto. Le sue azioni erano però in netto contrasto con quello che provava: rifiutò la bibita offerta e sussurrò tra i denti. “Appoggiala pure sul tavolo, non vorrei che gli altri se ne accorgessero”
Nonostante la frecciatina che aveva tirato, perlustrò circospetto il resto del gruppo attorno a loro. Nessuno sembrò curarsi del loro scambio di battute. Detestava dover nascondere tutto ciò agli altri, ma non poteva smettere di farlo solo perché avevano litigato. Gli importava ancora quello che poteva provare Daichi.
Quanto era ipocrita da parte sua fare questo genere di pensieri, dato che era lui la fonte principale del malessere del suo ragazzo.
Il castano ritirò la mano, appoggiando rassegnato la schiena sul suo divanetto. “Suga, mi dispiace per quello che è successo ieri. Lo sai che per me è difficile…”
Non gli permise nemmeno di finire di parlare che intervenne di nuovo. “Cavoli Daichi, siamo in un luogo pubblico, qualcuno potrebbe sentirci. O forse adesso non ti vergogni più?”
Stava esagerando, lo sapeva benissimo. Aveva fatto male a cominciare quella discussione dal principio, e non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Daichi stava provando a riavvicinarsi e lui non stava facendo altro che allontanarlo ulteriormente. Era importante far capire a Daichi che questo suo comportamento lo faceva stare male, ma era davvero necessario trattarlo così?
Forse non si sentiva ancora pronto per parlarne civilmente, forse aveva bisogno di più tempo? Però non voleva perdere Daichi, non poteva permetterselo.
I suoi pensieri furono violentemente interrotti dalle urla di Tanaka e Nishinoya, che stavano festeggiando il fatto che quest’ultimo avesse  finito di bere il suo drink, totalmente.
Tutta la rabbia e la frustrazione che aveva accumulato fino a quel momento esplosero, e Suga non fece nulla per controllarle, quindi si alzò in piedi e le liberò come un fiume in piena.
 

 
“Un bicchiere d’acqua, per favore”
Akaashi aveva appoggiato gli avambracci sulla superficie del bancone, mentre osservava la sala silenziosamente.
Non aveva più parlato di quello che era successo il giorno precedente con Bokuto, e sembrava che quest’ultimo lo stesse evitando appositamente.
Chiuse gli occhi e strizzò le palpebre. Aveva combinato un casino… era già tanto se il senpai non lo avesse cacciato dal bungalow o dato un biglietto di ritorno per il Giappone con tanto di valigie già pronte.
Arraffò qualche tovagliolo, quando il barista gli portò un cocktail leggermente azzurro, con un simpatico ombrellino fucsia che pendeva dal bordo.
“Ehm… non lo avevo chiesto”
“Te lo offrono quelle ragazze laggiù” disse il ragazzo, o meglio, giovane uomo dall’altra parte del bancone. “Hai fatto colpo, amico” aggiunse mentre gli fece l’occhiolino, per poi allontanarsi.
Akaashi voltò la testa riluttante verso il punto indicato dal barista, e vide quattro ragazze che, non appena si accorsero che si era voltato verso di loro facendo contatto visivo, distolsero tutte lo sguardo per poi ridacchiare.
Il moro sospirò. Non solo doveva affrontare una crisi sentimentale nei confronti del suo senpai, ma adesso doveva anche spiegare la situazione a delle adolescenti latino americane in piena fase ormonale.
Alzò la mano per salutarle, pentendosi subito dopo della sua scelta. In meno di cinque secondi fu circondato come un cerbiatto in un branco di lupi affamati.
Hola” disse una di loro. Aveva i capelli rossi, indossava un top nero che lasciava poco alla fantasia e dei pantaloncini bianchi.
Akaashi si barcamenò in un inglese elementare, e disse che non sapeva parlare lo spagnolo.
“Come mai sei qui da solo?” Disse un’altra ragazza, a fianco alla rossa.
Fortunatamente, riusciva comunque a capirlo abbastanza bene l’inglese.
“Ehm… stavo cercando dei fazzoletti. Un mio amico ha rovesciato la sua bevanda…” disse, indicando col dito il punto in cui si trovavano i suoi amici.
Fu il momento peggiore per richiamare l’attenzione delle ragazze sul gruppo: Sugawara aveva preso per le spalle Nishinoya, scuotendolo selvaggiamente e urlandogli contro qualcosa, mentre l’altro aveva piano piano assunto un aspetto sempre più pallido, e Daichi stava cercando di separare i due, Kenma stava giocando ai videogiochi, Kuroo e Bokuto erano talmente vicini che sembrava si stessero prendendo a testate e Tanaka urlava ondeggiando in aria la camicia come se fosse stata una bandiera. Asahi e Yaku osservavano la scena impalati.
Così sembrava che Akaashi si fosse rifugiato al bancone per scappare dai suoi amici, quando in realtà in quel momento l’unica cosa che voleva fare era ritornare lì.
Le ragazze ridacchiarono, poi la rossa tornò all’attacco, avvicinandosi pericolosamente a dove stava Akaashi. La sua mano in particolare stava percorrendo una traiettoria la quale meta finale era molto probabilmente il suo braccio. “Se vuoi puoi sempre venire con noi. Abbiamo in mente un posticino in cui…”
L’attenzione di Akaashi in meno di un nano secondo si era spostata dalla ragazza alla figura che si stava avvicinando a loro.
Non riuscì a trattenere il sorriso che stava spuntando sulle sue labbra. “Bokuto-san” disse.
Il senpai si stava avvicinando verso di loro con la schiena leggermente curva, le mani penzolanti lungo i fianchi e lo sguardo vitreo. Quando fu a un metro da loro parve finalmente accorgersi delle cinque paia d’occhi che aveva rivolte verso di lui, e sobbalzò leggermente, per poi dire. “Ciao!”
Le ragazze lo squadrarono un secondo in silenzio, per poi ricambiare il saluto, mettendo di nuovo in atto la serie di risoline che avevano emesso anche prima.
“È un tuo amico?” Chiese la rossa ad Akaashi, con gli occhi fissi sul gufo ancora un po’ spaesato.
“Sì” dissero entrambi nello stesso momento. Akaashi senza rifletterci un momento prese i tovaglioli a si mise al fianco di Bokuto. “Ehm… è stato un piacere conoscervi. Noi andia-”
“Possiamo venire con voi!” Disse una ragazza, seguita da una serie di si! da parte delle altre.
“No!” Esclamò Bokuto, che nel mentre aveva rizzato la schiena ed era avanzato di un paso verso di loro, come quasi per proteggere Akaashi.
Le ragazze si zittirono improvvisamente, e Akaashi vide chiaramente Bokuto deglutire imbarazzato, a corto di parole da dire. “Ehm, non abbiamo sedie, quindi dovreste rimanere in piedi”
“Possiamo prendere delle sedie da un altro tavolo” disse la rossa, le braccia incrociate al petto e lo sguardo che zigzagava sospettoso tra Bokuto e Akaashi.
“Eh ma dovete sapere che…” Bokuto si fermò in una pausa riflessiva, quando un rumore inquietante provenne dall’altro lato del locale.
Akaashi si voltò verso la fonte del rumore, e vide Nishinoya che vomitava sulle bermuda di un Sugawara urlante.
“Nishinoya ha vomitato” disse urgentemente a Bokuto.
“Nishinoya ha vomitato!” Esclamò il senpai alle ragazze. “Quindi mi dispiace ma dobbiamo proprio andare”
 
Angolo autrice:
Ciao, sono ancora viva!
Mi dispiace per avervi fornito un capitolo così corto dopo un periodo di attesa così lungo, ma sono stata talmente tanto impegnata che la scrittura di questa storia è passata in secondo piano.
Ebbene, sono comunque contenta di poter pubblicare questo capitolo il giorno del compleanno di Akaashi! È il minimo che potessi fare per farmi perdonare. Auguri, piccolo gufetto.
Questa volta un ringraziamento speciale va a Gioppi che mi ha dato l'ispirazione per il paragrafetto daisuga: sei la mia musa salvatrice!!
Fatemi sapere cosa ne pensate, apprezzo sempre le vostre recensioni!
Alla prossima! 
 
P.s. 
Da come avrete intuito nemmeno io so quando pubblicherò la prossima parte, ma abbiate fede >_<
   
 
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