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Autore: A_Liebert    07/12/2020    1 recensioni
Lance è un elfo natalizio, ma solo per lavoro, sia chiaro, in un centro commerciale con luci fin troppo accecanti e musica natalizia a ripetizione.
Keith lavora alla caffetteria vicino il villaggio di Babbo Natale e non sopporta assolutamente il cubano rumoroso con un'insana abitudine a combinare disastri che, poi, tocca a lui ripulire.
Una AU natalizia sulle note di Michael Bublé e due idioti in slow burn, cosa chiedere di più?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questa volta, Lance era prepararo.
Ancora non si era cambiato e il costume da elfo natalizio riposava sul fondo dello zaino che portava su una spalla sola.

Il centro commerciale aveva appena aperto e si riscaldò il viso soffiando tra le mani chiuse a coppa, il naso congelato per colpa di quelle temperature da freddo antartico.

Entrò frettoloso all'interno e, investito dal piacevole tepore, si abbasò un po' la sciarpa. Non si diresse subito al villaggio di Babbo Natale, ma camminò lungo il largo corridoio illuminato e, a quell'ora, deserto, verso la caffetteria lì vicino.

Si mise raso muro per non essere visto e, cautamente, sporse il collo per osservare l'interno del locale. Una luce aranciata colorava l'arredamento, le sedie messe sopra i tavoli mentre un ragazzo puliva a terra.

Lance spalancò la porta a vetri e il suono del campanello accompagnò la sua entrata.

"Ehi, tu!" esclamò, avvicinandosi rapido al ragazzo. Lui smise di pulire per voltarsi verso di lui, un'espressione dubbiosa sul volto, stringendo il manico con le mani. Indossava un grembiule beige da sopra i vestiti, le maniche della camicia bianca arrotolate fin sui gomiti.

"Ho urgente, e sottolineo urgente, bisogno di informazioni, ne va della mia sopravvivenza" esclamò, voltandosi rapido per osservare se ci fosse qualcun altro. Nessuna splendida supermodella spuntò da dietro l'angolo, purtroppo.

"Cosa?" alzò un sopracciglio il moro.

"Come si chiama quella ragazza? Quali sono i suoi orari qui? Spara" cacciò rapido un taccuino sapientemente riposto nella tasca del giubbotto e si armò di penna, pronto a prendere appunti cruciali.

Quello roteò gli occhi con un sospiro e riprese a pulire, ignorandolo.

"Ehi!" insistette, avvicinandoglisi, irritato.

"Ho appena pulito, lì" guardò male sul pavimento e Lance abbassò lo sguardo. Alzò una suola dello scarpone, notando il fango che aveva lasciato azzeccato a terra.

"Se non vuoi che combini di peggio, rispondi" insistette.

"Cosa?!" fece una faccia che era un misto di frustrazione e incredulità e Lance alzò la penna, incitandolo con lo sguardo.

"Si chiama Allura" rispose alla fine, pulendo con forza dove lui aveva appena sporcato "Ma non ti dirò altro".

Lance fu rapido a segnare il nome della ragazza, premurandosi di aggiungere qualche cuore e un rapido ritratto, perchè sì.

"Grazie, amico" iniziò ad arretrare, annuendo tra sè, soddisfatto.

"Non sono tuo amico".

"Allora tornerò più tardi per-".

La frase fu interrotta quando lui colpì involontariamente qualcosa col tallone e si voltò appena in tempo per vedere il secchio cadere a terra e tutta l'acqua spargersi ovunque, combinando un considerevole casino.

"Ops" fece.

"Ma che-!" il moro alzò le braccia e lo fulminò con gli occhi "Vattene via!".

"Non c'è bisogno di usare questo tono con me, me ne stavo già andando" sbuffò Lance, evitando con attenzione la pozzanghera in espansione con un passo lungo mentre si avviava all'uscita.

Lui e l'altro si guardarono in cagnesco un'ultima volta, poi Lance uscì dalla caffetteria e si avviò con uno sbadiglio stanco verso il villaggio di Babbo Natale.

La mattinata passò tra innumerevoli malditesta, bambini fin troppo violenti che a quanto pare si divertivano a prenderlo a calci per passare il tempo mentre aspettavano il loro turno e le battute natalizie imparate a memoria che era costretto a ripetere ogni mezz'ora.

La schiavitù era niente in confronto.

Tra l'altro, a nessuno sembrava importare che il loro Babbo Natale fosse qualche anno più giovane del normale. Anzi, le madri dei bambini sembravano più attirate da Shiro dei loro stessi figli. Non tutti i bambini però si fecero ingannare dall'enorme barba bianca che portava sul volto e la pancia finta sotto il costume e, uno di questi seduto sulle sue gambe, lo guardò dubbioso.

"Babbo, non dovresti essere più vecchio?" chiese.

Shiro si bloccò, senza sapere che dire. Lance e Hunk si scambiarono uno sguardo preoccupato, poi Lance si fiondò in aiuto dell'amico.

"Sai, il nostro è un Babbo Natale un po' speciale" spiegò, il palmo all'insù e una mano sul fianco per mostrare sicurezza mentre si inventava qualche palla sul momento "Va in palestra e si tiene in forma. Il fitness è importante".

"Il che?" chiese lui, perplesso.

"Eeeeeed è il turno del prossimo bambino!" Lance lo prese da sotto le ascelle e lo tolse da Shiro, lo passò a Hunk che lo passò a Pidge e alla fine il bambino era stato portato sufficientemente lontano, spiazzato, e un altro aveva già preso il suo posto.

Disastro scampato.

Alla fine arrivò la tanto desiderata pausa pranzo e Lance ebbe la premura di accollarsi a Shiro, quest'ultimo diretto verso la caffetteria del suo ragazzo per il consueto pranzo di coppia.

"Non sapevo ti piacesse fare la candela, Lance" fece Pidge, ma Lance non aveva alcuna intenzione di fare il terzo incomodo, oh no. Il fine ultimo era qualcosa di molto meglio.

Come un'ombra seguì Shiro all'interno e mentre lui si perdeva a parlare con Adam, Lance, sedutosi a uno dei tavoli, cercò di richiamare l'attenzione di Allura per farsi ordinare. Lei vide la sua mano alzata e gli si avvicinò un po' confusa.

"Ehilà, Allura" le sorrise, seducente. Allura si bloccò, sconvolta.

"Come sai il mio nome...?".

"Ah!" Lance sussultò e si alzò in piedi di scatto, le mani sul tavolo "Non sono uno stalker, giuro! Me l'ha detto quel tipo... quell'emo lì".

Lo indicò con un dito e il ragazzo, che stava passando con un ordine, lo guardò male.

"Non sono emo" rispose.

"I tuoi capelli dicono altro" alzò un sopracciglio Lance e il ragazzo se li toccò con fare confuso.

"Si chiama Keith" ridacchiò Allura, ora più rilassata "Mi sembra giusto che anche tu mi dica il tuo nome, a questo punto".

Gli sorrise con un volto celestiale, tanto che Lance poteva persino sentire gli angeli in coro sullo sfondo. Questa è la donna della mia vita, non ci sono dubbi al riguardo.

"Il mio nome è Lance" si mise dritto, una mano tra i capelli e un sorriso smagliante rivolto alla dea, che però non si scompose.

"Va bene, Lance, che ne dici di dirmi il tuo ordine?" cacciò il taccuino e Lance tornò seduto.

Per il resto della pausa pranzo cercò di comunicare di nuovo con lei, cosa in cui però non riuscì, purtroppo. Tuttavia, uscì di lì col cuore che volava e la determinazione che ardeva nel petto.

Piccoli passi, Lance. Oggi sa il mio nome, domani sarà mia moglie.

 

  
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